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La negazione dell’“ordinamento morale del mondo” è probabilmente il più ampio tra i punti elencati da Nietzsche nella cartolina ad Overbeck e all’interno di esso possono essere riassunti gli altri: la critica del libero arbitrio, la negazione dei fini e quella del male213. Un discorso a parte merita invece il “disinteresse”, che individua un percorso parzialmente differente all’interno dell’interpretazione nietzschiana di Spinoza. Attraverso la critica dell’apparato concettuale della morale, Nietzsche si avvicina al “naturalismo” di Spinoza, ossia alla decostruzione della morale stessa, intesa come costruzione fittizia volta a nasconde l’unico piano di realtà esistente, quello naturale214.

La questione ha un’anticipazione nel 1875, quando Nietzsche trascrive numerosi passaggi da

Der Wert des Lebens di Eugen Dühring, tra cui: «Con Spinoza: niente è abominevole (verwerflich) in sé;

solo il volere dell’uomo imprime su una cosa il sigillo del bene, sull’altra quello del male»215. È però la prima lettura di Kuno Fischer a fornire a Nietzsche gli strumenti fondamentali.

L I B E R T À, F I N I E M A L E D A L Q U A D E RN O M III 1 A LA G AI A S C I E N Z A

Alla negazione del libero arbitrio, in direzione di una visione più attenta alla determinatezza della volontà, sono riconducibili alcuni passi: «Spinoza: nelle nostre azioni noi siamo determinati esclusivamente da desideri e affetti (wir werden nur durch Begierden und Affekte in unserem Handeln

213 Per alcune considerazioni introduttive cfr. H.R.MORA CALVO, De Spinoza a Nietzsche: breves consideraciones sobre la

libertad de la voluntad, el orden moral del mundo y el amor al destino, in «Revista de Filosofia de la Universidad de Costa Rica», n.

91, 1999, pp. 123-134.

214 Richard Schacht ha giustamente indicato un utile punto d’osservazione della relazione Nietzsche-Spinoza nella

nozione “naturalismo”, così descritta: «“To translate man back into nature,” and then to read ourselves out of it again, this time more tenably, as a natural, and yet also more than merely natural, form of existence» (cfr. R.SCHACHT, The

Spinoza-Nietzsche Problem, cit., pp. 211-212). In primo luogo, dunque, non bisogna attribuire all’uomo alcuna posizione

privilegiata nella natura né attribuirgli pregiudizialmente specifiche “facoltà”, bensì comprendere i concreti modi in cui si determina la sua esistenza. Ciò non significa però dare l’assenso a un qualche obiettivismo di matrice fisicalista: «Both [Nietzsche e Spinoza] were fundamentally naturalistic in their construal of our nature – but naturalistic in a non- reductionist sense» (ivi, p. 212). La natura non è dunque interpretabile, né per Nietzsche né per Spinoza, nel senso di una materia inerte. Si tratta piuttosto di una materia viva, da interpretare in termini di azione e potenza; una materia che ha più a che fare con la biologia, che con la fisica. Sul tema cfr. anche F.KAULBACH, Nietzsches Interpretation der Natur, in «Nietzsche-Studien», n. 10/11, 1981/82, pp. 442-464. Sempre in riferimento alla “naturalizzazione” dell’uomo Fredrika Spindler ha giustamente notato come tale operazione, per entrambi gli autori, «ne signifie jamais un anonymat ou une dissolution de l’homme dans la nature» (F.SPINDLER,Philosophie de la puissance et détermination de l’homme chez Spinoza et chez Nietzsche, cit., p. 52).

215 F.NIETZSCHE, Nachgelassene Fragmente: Anfang 1875 bis Frühling 1876, in KGW [trad. it. di G. Colli e M. Montinari,

Frammenti postumi 1875-1876, in OFN], §9[1]. Fonte: E.DÜHRING, Der Werth des Lebens: Eine Philosophische Betrachtung, Trewendt, Breslau 1865, BN, p. 6. Quest’aspetto del pensiero di Spinoza è illustrato anche da Schopenhauer, in un passo che reca tracce di lettura nietzschiane. Dopo aver notato come all’interno di una concezione panteista non vi sia spazio per l’etica, Schopenhauer aggiunge: «Spinoza – questo è vero – tenta qua e là di salvarla con dei sofismi; il più delle volte però ci rinuncia apertamente e, con un’impudenza che provoca stupore e indignazione, sostiene che la differenza tra giusto e ingiusto, e in generale tra bene e male, è puramente convenzionale, è dunque, in se stessa, nulla» (A. SCHOPENHAUER, Il mondo come volontà e rappresentazione, cit., p. 1509; cfr. ID., Die Welt als Wille und Vorstellung II, cit., p. 677).

bestimmt)»216. Più oltre: «Nello spirito non vi è volontà libera (keinen freien Willen), bensì lo spirito, onde volere questa o quella cosa, è determinato da una causa (von einer Ursache bestimmt), che a sua volta è determinata da un’altra, e questa da un’altra ancora, e così all’infinito»217. Infine: «La volontà è la facoltà (Vermögen) di affermare e negare: nient’altro»218.

Questi aspetti sono accolti favorevolmente da Nietzsche che, stimolato anche da altri studi, lavora in quel periodo su temi affini. Recita ad esempio un frammento in cui è possibile rinvenire le tracce della lettura del fisiologo Michael Foster e del biologo Wilhelm Roux:

Affinché uno stimolo (Reiz) agisca realmente come scatenante (wirklich auslösend wirkt), bisogna che sia più forte dello stimolo opposto (Gegenreiz) […]. Vi è una lotta (Kampf), sebbene non sappiamo chi lotti. La volontà che conduce all’azione subentra, quando lo stimolo contrario (widerstrebende Reiz) è più debole – noi osserviamo sempre un che di resistenza (Widerstande), e ciò dà, INTERPRETATO FALSAMENTE (falsch gedeutet), quel sentimento secondario (Nebengefühl) di VITTORIA, quando riesce ciò che si è voluto. In questa falsa interpretazione, abbiamo l’origine della fede nella volontà libera (den Ursprung vom Glauben an den freien Willen)219.

Possiamo quindi comprendere meglio in che senso Nietzsche dichiari la propria affinità a Spinoza sul tema della negazione del libero arbitrio220. Si tratta, in particolare, di negare alla volontà la capacità di funzionare come “punto zero” dell’azione, ossia la capacità di sospendere in modo autonomo la connessione delle cause affettive (Spinoza) o di annullare la differenza di potenza sussistente tra due stimoli (Nietzsche). Altrimenti detto, la volontà non può essere pensata facendo astrazione dall’intreccio di forze all’interno del quale accade e che ne determina la direzione221.

216 F.NIETZSCHE, Frammenti postumi 1881-1882, cit., §11[193]; cfr. K.FISCHER,Descartes’ Schule – Geulinx, Malebranche,

Baruch Spinoza, cit., p. 489.

217 F.NIETZSCHE, Frammenti postumi 1881-1882, cit., §11[193]; cfr. K.FISCHER,Descartes’ Schule – Geulinx, Malebranche,

Baruch Spinoza, cit., p. 480. La citazione corrisponde alla proposizione 48 del De mente.

218 F.NIETZSCHE, Frammenti postumi 1881-1882, cit., §11[193]; cfr. K.FISCHER,Descartes’ Schule – Geulinx, Malebranche,

Baruch Spinoza, cit., p. 479.

219 F.NIETZSCHE, Frammenti postumi 1881-1882, cit., §11[131]. Su tali letture cfr. W.MÜLLER-LAUTER, Der Organismus als

innerer Kampf: der Einfluß von Wilhelm Roux auf Friedrich Nietzsche, in «Nietzsche-Studien», n. 7, 1978, pp. 189-223 [trad. it. di

F. Iurlano, L'organismo come lotta interna: l'influsso di Wilhelm Roux su Friedrich Nietzsche, in G. Campioni, A. Venturelli (a cura di), La “biblioteca ideale” di Nietzsche, Guida, Napoli 1992]. Si tratta rispettivamente di M.FOSTER,Lehrbuch der Physiologie,

Winter, Heidelberg 1881, BN e W. ROUX, Der Kampf der Theile im Organismus: Ein Beitrag zur Vervollständigung der

mechanischen Zweckmäßigkeitslehre, Engelmann, Leipzig 1881, BN.

220 Può essere utile, in proposito, ricordare come Schopenhauer avesse assunto una posizione differente sul tema della

libertà del volere, commentando in particolare un famoso esempio spinoziano: «Spinoza dice (epistola 62) che una pietra lanciata in aria, se avesse coscienza, si immaginerebbe di volare per volontà propria. Ed io aggiungo che la pietra avrebbe ragione. L’urto è per la pietra ciò che il motivo è per me; quello che appare nella pietra come coesione, peso, perseveranza dello stato acquisito, è nella sua essenza identico a quello che io riconosco in me come volontà, e che anche la pietra riconoscerebbe come volontà se fosse dotata di conoscenza. Spinoza, nel passo citato, ha in mente la necessità con cui la pietra percorre lo spazio, e vuole trasferirla con ragione ai singoli atti volontari della persona. Io, al contrario, ho in mente l’essenza intima che sola dà un senso e un valore ad ogni necessità reale (cioè ad ogni effetto derivante da una causa), come sua condizione necessaria; questa essenza, nell’uomo si chiama carattere, nella pietra qualità; ma è in ambedue la medesima, e si chiama volontà quando la si riconosce in maniera immediata; l’unica differenza sta in questo: che nella pietra è all’infimo grado di visibilità e di oggettità, nell’uomo è al grado massimo» (A. SCHOPENHAUER, Il mondo

come volontà e rappresentazione, cit., p. 197; cfr. ID., Die Welt als Wille und Vorstellung I, cit., p. 150). La discussione è poi ripresa nell’Anhang (cfr. ivi, p. 597) e, con una raccolta di citazioni sul tema, in Ueber die Freiheit des menschlichen Willens (cfr. A.SCHOPENHAUER, Schriften zur Naturphilosophie und zur Ethik, Brockhaus, Leipzig 1874, BN, Die beiden Grundprobleme der

Ethik, pp. 76-77). Ritrovando l’esempio in Zur Analysis der Wirklichkeit di Otto Liebmann, Nietzsche nota a margine

“sehr gut” (cfr. W.S.WURZER,Nietzsche und Spinoza, cit., p. 127).

221 «Chez Nietzsche comme chez Spinoza, l’affect véhicule une conception déterministe de l’agir dont la pensée apparaît

Passando ora alla critica alla teleologia, Nietzsche prende il seguente appunto: «Moses Mendelssohn, questo arcangelo della saccenteria, riteneva, a proposito degli scopi (Zwecke), che Spinoza non sarebbe stato così folle (närrisch) da negarli!»222. Marco Brusotti ha indicato la fonte di questo passaggio223; si tratta del paragrafo in cui Kuno Fischer espone la posizione di Mendelssohn, ricordando per l’appunto come egli preferisse ritenere la negazione degli scopi una “calunnia” di Jacobi, anziché ammettere che Spinoza potesse compiere una tale “pazzia”224. Nietzsche è inoltre colpito da una formula che trascriverà nuovamente nel 1887: «Spinoza, la teleologia l’Asylum

ignorantiae»225.

La questione del “male” non è invece espressamente richiamata nelle trascrizioni di Nietzsche del 1881. È però possibile capire meglio il senso della “negazione del male” richiamata nella cartolina a Overbeck, analizzando gli appunti del quaderno M III 1, nei quali Nietzsche lavora sull’idea che la crudeltà sia necessaria alla salute del vivente. Tra gli obiettivi polemici c’è, ad esempio, Spencer: «Questi esaltatori del finalismo della selezione (Selektions-Zweckmäßigkeit) (come Spencer) credono di sapere quali siano le circostanze favorevoli di uno sviluppo! E non ci mettono il male!»226.

Nietzsche sviluppa inoltre il tema in una serie di riflessioni sul fenomeno della stregoneria, ad esempio:

Nella stregoneria il fatto è che masse immense di uomini in quel tempo provavano piacere (Lust) a danneggiare (schaden) gli altri e a pensare di essere loro a danneggiarli, così pure ad abbandonarsi, col pensiero, a eccessi sensuali, e a sentirsi potenti nel male e nelle cose più volgari (mächtig im Bösen und Gemeinsten). Perché tutto ciò? – è la questione227.

Queste riflessioni portano Nietzsche a presentare una sorta di “antropologia del male”:

Il voler fare del male (Wehethunwollen), il piacere della crudeltà (Lust an der Grausamkeit) – ha una grande storia. I cristiani nel loro comportamento verso i pagani; i popoli verso i loro vicini e avversari; i filosofi verso persone di altra opinione; tutti i liberi pensatori; i giornalisti; tutti coloro che vivono in disparte, come i santi. Quasi tutti gli scrittori. […] Così pure tutte le volte che si ride, così la commedia. Del pari il piacere della dissimulazione (Verstellung): grande storia. – Per questo l’uomo è cattivo (böse)?228

Appare dunque chiaro come Nietzsche possa apprezzare la visione spinoziana dei valori morali, in cui essi appaiono come effetti immaginativi di una variazione di potenza. Una precisazione è però necessaria. Se il quaderno di studio M III 1 è relativamente sottoutilizzato per la

humaine s’écarterait du cours naturel du monde, ou même s’en arracherait. Répondant au refus d’extraire l’action humaine de l’ordre du monde, l’affectivité se présente alors comme une forme de la nécessité caractéristique du vivant, notamment humain» (Y. GALLAIS, Spinoza et Nietzsche: le problème du statut de l’affectivité dans la modélisation de l’unité

psychophysique, in «Philonsorbonne», n. 5, 2010-2011, pp. 23-46, p. 35).

222 F.NIETZSCHE, Frammenti postumi 1881-1882, cit., §11[137]. 223 M.BRUSOTTI, Die Leidenschaft der Erkenntnis, cit., p. 352.

224 Cfr. K.FISCHER,Descartes’ Schule – Geulinx, Malebranche, Baruch Spinoza, cit., p. 562. Sulla disputa Mendelssohn-Jacobi

cfr. V. MORFINO (a cura di), La Spinoza-renaissance nella Germania di fine Settecento, cit., pp. 14-18 e pp. 73-157.

225 F.NIETZSCHE, Frammenti postumi 1881-1882, cit., §11[194]; cfr. K.FISCHER,Descartes’ Schule – Geulinx, Malebranche,

Baruch Spinoza, cit., p. 235.

226 F.NIETZSCHE, Frammenti postumi 1881-1882, cit., §11[43].

227 Ivi, §11[86]. Le osservazioni di Nietzsche sulla stregoneria sembrano legate alla lettura di W.I.E.LECKY,Geschichte des

Ursprungs und Einflusses der Aufklärung in Europa I, trad. di H. Jolowicy, Winter, Leipzig 1873, BN, che dedica un capitolo a

“Magie und Hexerei”.

composizione di La gaia scienza, le riflessioni sul “male” sono invece tra quelle riprese da Nietzsche nell’opera edita. Negli aforismi su tale tema permane la critica (implicita) a Spencer, non v’è però traccia dell’“apprezzamento” per Spinoza:

Sono stati gli spiriti più vigorosi e più malvagi ad aver fino a oggi maggiormente spinto innanzi l’umanità. […] La stessa “malvagità”, che fa il discredito di un conquistatore, si trova in ogni maestro e predicatore di cose nuove […]. Ma in tutte le situazioni il nuovo è il male, in quanto vuole conquistare (erobern), vuole rovesciare le antiche pietre di confine e i vecchi culti (Pietäten); e soltanto l’antico è il bene. […] Ma ogni terra alla fine sarà esaurita e sempre di nuovo dovrà tornare il vomere del male. Esiste oggi una dottrina morale, fondamentalmente errata, che è molto celebrata, segnatamente in Inghilterra: stando ad essa i giudizi “buono” e “cattivo” sono la collezione delle esperienze di ciò che è “adeguato al fine” („zweckmässig“) e “inadeguato al fine”; stando ad essa ciò che chiamiamo buono è quel che conserva la specie (das Arterhaltende), cattivo invece ciò che la danneggia. Ma in verità i cattivi istinti sono adeguati al fine, utile alla conservazione della specie e indispensabili nello stesso grado in cui lo sono i buoni229.

Tornando al confronto con Spinoza, esso sembra inserirsi all’interno del progetto nietzschiano di “redenzione” della natura dalla morale, seppur con qualche riserva. Scrive Nietzsche in un piano per un’opera del 1881: «Chaos sive natura: “Della disumanizzazione (Entmenschlichung) della natura”»230. Da un lato Nietzsche riprende una formula spinoziana in riferimento al proprio “naturalismo”, dall’altro sente l’esigenza di modificarla, sostituendo al deus il caos, nozione sulla quale lavora in altri appunti del periodo231.

Questi temi appaiono più compiutamente formulati, sempre in un contesto antiteologico, nell’aforisma Stiamo all’erta! di La gaia scienza, per la cui stesura Nietzsche utilizza il “grosso quaderno di studio” (così Montinari) M III 1, in cui sono presenti anche gli appunti su Spinoza:

Il carattere complessivo del mondo è invece caos per tutta l’eternità (in alle Ewigkeit Chaos), non nel senso di un difetto di necessità, ma di un difetto di ordine, articolazione, forma, bellezza, sapienza (Ordnung, Gliederung, Form, Schönheit, Weisheit) e di tutto quanto sia espressione delle nostre estetiche nature umane (unsere ästhetischen Menschlichkeiten). […] Quando sarà che tutte queste ombre di Dio non ci offuscheranno più? Quando avremo del tutto sdivinizzato (entgöttlicht) la natura! Quando potremo iniziare a naturalizzare noi uomini, insieme alla pura natura, nuovamente ritrovata, nuovamente redenta (uns Menschen mit der reinen, neu gefundenen, neu erlösten Natur zu vernatürlichen)!232

La genesi dell’aforisma è complessa e non sarebbe corretto ricondurla né direttamente né primariamente a Spinoza, il cui nome tra l’altro non compare233. Vi è tuttavia qualche indizio che

229 F. NIETZSCHE, La gaia scienza, cit., §4, Ciò che conserva la specie. Un altro aforisma è dedicato espressamente a

sintetizzare questa linea di ricerca nietzschiana: «Mettete alla prova la vita degli uomini e dei popoli migliori e più fecondi (fruchtbarsten), e domandatevi se un albero, che deve crescere superbo in altezza, possa fare a meno del maltempo e della bufera. […] Il veleno, che fa perire la natura più fragile, rinvigorisce il vigoroso – per costui non ha neppure il nome di veleno» (Ivi, §19, Il male).

230 F. NIETZSCHE, Frammenti postumi 1881-1882, cit., §11[197]. L’espressione “chaos sive natura” ritorna in una rubrica

dell’anno successivo (cfr. ivi, §21[3]).

231 La nozione appare connessa alla teoria dell’eterno ritorno. Cfr. ad esempio: «Il “caos del cosmo (Chaos des Alls)” come

esclusione di qualsiasi attività finalistica (Zweckthätigkeit) non è in contraddizione con il pensiero del corso circolare (Gedanken des Kreislaufs): quest’ultimo è appunto una necessità irrazionale senza riguardi formali, etici, estetici. Non c’è libero piacimento né nel piccolo né nella totalità» (F.NIETZSCHE, Frammenti postumi 1881-1882, cit., §11[225]).

232 F.NIETZSCHE, La gaia scienza, cit., §109, Stiamo all’erta.

233 Cfr. in proposito la puntuale ricostruzione del confronto di Nietzsche con O.CASPARI, Der Zusammenhang der Dinge:

Gesammelte philosophiesche Aufsätze, Trewendt, Breslau 1881, BN e altre fonti in P. D’IORIO, Das Gespräch zwischen Büchern

lascia ipotizzare che anche Spinoza sia una delle figure tacitamente coinvolte in queste riflessioni nietzschiane.

Il locus classicus della critica alla teleologia di Spinoza è l’appendice del De Deo, un passaggio della quale è citato da Fischer nel paragrafo “Die Teleologie als „asylum ignorantiae“” – ripreso, come visto, da Nietzsche. Tale passo riguarda il modo in cui gli uomini “delirano” per poter spiegare il “male della natura” (così traduce Fischer) all’interno di una visione finalistica234. Più interessante è però la sintesi data nel paragrafo precedente (“Die Unmöglichkeit der Zwecke”):

Là dove noi supponiamo, permeati dall’idea degli scopi, che nella natura tali scopi siano pienamente conseguiti, là chiamiamo le cose perfette, ben ordinate, buone, belle (vollkommen, wohlgeordnet, gut, schön), ecc. E quando crediamo di vedere che tali scopi non vengono conseguiti o centrati, allora diciamo il contrario e chiamiamo le cose imperfette, confuse, cattive, brutte, ecc. Gli scopi mancati sono miserevoli, ridicoli o ripugnanti, a seconda di come li si consideri. Dal punto di vista di Spinoza non v’è nulla, che possa o debba essere altrimenti da com’è in realtà235.

Categorie come quelle di “bellezza” o di “bontà” non esprimono dunque una proprietà del reale, bensì i (pre)giudizi dell’immaginazione umana. Anche se nell’aforisma 109 i riferimenti polemici immediati di Nietzsche sono Caspari, Dühring, von Hartmann236 e, soprattutto, Lange237, non pare perciò scorretto porre il passo richiamato anche in una connessione “positiva” con l’antiteleologia spinoziana238.

È però soprattutto la frase conclusiva ad indicare una possibile eco dello studio di Spinoza. Un frammento preparatorio reca, infatti, ancora la dizione “disumanizzazione” al posto di “sdivinizzazione”: «Il mio compito: la disumanizzazione (Entmenschung) della natura e poi la naturalizzazione (Vernatürlichung) dell’uomo, una volta che egli sia giunto al puro concetto di “natura”»239. Può essere in proposito utile ricordare che la categoria di “pura natura” è una di quelle

utilizzate da Kuno Fischer per presentare la filosofia di Spinoza, letta come “puro naturalismo” o “sistema della pura natura”240.

unterirdischen Wirkung von Dynamit: Vom Umgang Nietzsches mit Büchern zum Umgang mit Nietzsches Büchern, Harrassowitz,

Wiesbaden 2006.

234 K.FISCHER,Descartes’ Schule – Geulinx, Malebranche, Baruch Spinoza, cit., p. 236. 235 Ivi, p. 234 (trad. mia).

236 Cfr. P. D’IORIO, Das Gespräch zwischen Büchern und Handschriften am Beispiel der ewigen Wiederkehr des Gleichen, cit., pp. 111-

112.

237 Cfr. C.GENTILI, Kants „kindischer“ Anthropomorphismus: Nietzsches Kritik der „objektiven“ Teleologie, cit., pp. 112-113. 238 Blaise Benoit ha riconosciuto in alcuni passi antiteleologici di La gaia scienza una componente “spinoziana” (cfr. B.

BENOIT,Le quatrième livre du Gai Savoir et l’éternel retour, in «Nietzsche-Studien», n. 32, 2003, pp. 1-28, p. 16).

239 F.NIETZSCHE, Frammenti postumi 1881-1882, cit., §11[211]. Sullo sviluppo di questa variazione terminologica cfr. M.

BRUSOTTI, Die Leidenschaft der Erkenntnis, cit., p. 354.

240 Alla luce di queste analisi, l’aforisma Stiamo all’erta! sembra maggiormente vicino, seppur in maniera implicita, alla

critica alla teleologia di Spinoza di quanto non lo sia l’aforisma I teorici del fine dell’esistenza, nel quale William Stefan Wurzer ha voluto rintracciare un’eco in La gaia scienza della lettura di Fischer (cfr. W.S.WURZER, Nietzsche und Spinoza, cit., pp. 78-79). È vero che tale aforisma è chiaramente antiteleologico e riveste un ruolo strategico per la sua collocazione all’inizio del libro; tuttavia Nietzsche si concentra in esso sul concetto di “conservazione della specie”, scarsamente connesso al pensiero di Spinoza.

SP I N O Z A E I L P E N S I E R O M O D E R N O

Qualche tempo dopo Nietzsche sembra dubitare della buona riuscita del naturalismo spinoziano. In due appunti del 1884 Nietzsche delinea un possibile “sentiero della saggezza” in tre passaggi per superare la morale e Spinoza compare nell’ultimo “gradino” del secondo frammento: «3. Al di là del bene e del male. Egli fa propria la concezione meccanicistica del mondo e non si sente umiliato (gedemüthigt) nel sottostare al destino: egli è destino. Egli ha in mano la sorte degli uomini. Solo per pochi: i più si perderanno già al secondo gradino. Platone, Spinoza? Forse

riusciti?»241. È stato in grado Spinoza di raggiungere lo stadio propriamente affermativo? Nietzsche lascia la questione in forma interrogativa.

È però interessante notare come in quest’appunto Nietzsche riconosca un valore formativo al meccanicismo, in riferimento all’accettazione di una visione “fatalistica” del mondo242. Tale nodo ritorna in un importante appunto dello stesso periodo:

Se penso alla mia genealogia filosofica, mi sento connesso al movimento antiteleologico, cioè spinoziano, della nostra epoca; ma con la differenza che io ritengo un’illusione (Täuschung) anche “lo scopo (Zweck)” e “la volontà” in noi;

Egualmente con il movimento meccanicistico (riduzione di tutte le questioni morali ed estetiche a questioni fisiologiche, di queste a chimiche, di queste ultime a meccaniche); ma con la differenza che io