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E GOISMO E AUTOCONSERVAZIONE

Il quarto punto nominato nella cartolina a Overbeck è la negazione del disinteresse (Unegoistische). Quest’aspetto è apprezzato da Nietzsche in quanto utile alla critica della compassione da lui condotta e per la connessione con l’idea di innocenza della crudeltà naturale (in connessione, dunque, al già discusso tema del “male”). Tuttavia la possibilità di marcare l’accento sull’ego, piuttosto che sulla critica all’altruismo, è anche alla base della connessione tra Spinoza e il darwinismo costruita da Nietzsche, con le relative critiche all’idea di “autoconservazione”310.

Anche in questo caso la questione ha un’anticipazione nella lettura di Dühring, durante la quale Nietzsche trascrive: «Certi maestri presuntuosi cercano certamente il soggettivismo isolato e per soprammercato anche una astratta unità di tutte le affezioni: essi fondano un regno dell’egoismo. Spinoza non si può assolvere da questa colpa»311. Si tratta di un riferimento isolato (eccettuata l’occorrenza sul male nello stesso appunto) e che probabilmente ha una scarsa influenza sull’immagine che Nietzsche ha di Spinoza. Tuttavia esso è indicativo di uno dei “luoghi comuni” associati a Spinoza e con i quali certamente anche Nietzsche si confronta.

V O R E G O I S M U S

Tornando al 1881, un frammento del quaderno M III 1 illustra bene il concetto di egoismo con cui lavora Nietzsche e sul quale si innesta il confronto con Spinoza:

Idea fondamentale (Hauptgedanke)! La natura non inganna noi individui, e non promuove i suoi scopi abbindolandoci: bensì siamo noi, gli individui, a costringere tutta l’esistenza in metri individuali, cioè sbagliati […]. – Ma io distinguo tra gli individui, esistenti solo nell’immaginazione (die eingebildeten Individuen), e i “sistemi vitali” reali, dei quali ciascuno di noi è uno; le due cose vengono fuse in una sola, mentre l’“individuo” è solo una somma di sensazioni, giudizi, errori coscienti, una fede, un piccolo frammento del reale sistema vitale o molti frammenti, riuniti insieme col pensiero e nella fantasia (zusammengedacht und zusammengefabelt), un’“unità” che non regge. […] Smettere di sentirsi come questo fantastico (phantastisches) ego! Imparare gradualmente a liberarci di questo presunto individuo (das vermeintliche Individuum abzuwerfen)! Scoprire gli errori dell’ego! Capire l’egoismo in quanto errore (Irrthum)! L’opposto non è affatto l’altruismo, che sarebbe amore verso altri presunti individui! No! AL DI LÀ di “me”, e di “te”! SENTIRE IN MODO COSMICO (kosmisch empfinden)!312

L’egoismo si dice dunque per Nietzsche in due sensi. C’è l’egoismo che dice “io” e apparentemente contrapposto all’altruismo. Quest’ultimo non è però che un riflesso di esso, in

310 «Man dürfte also sagen, daß Nietzsche zunächst nicht so sehr an der Selbsterhaltung, sondern eher an der

Selbsterhaltung Anstoß nimmt. Er scheint die Erhaltung noch nicht durch Steigerung oder Überwindung ersetzen zu

wollen, selbst wenn er das Ideal sukzessiver Selbstüberwindungen schon vertritt» (M.BRUSOTTI, Die Leidenschaft der

Erkenntnis, cit., p. 355, n. 93).

311 F.NIETZSCHE, Frammenti postumi 1875-1876, cit., §9[1]. Fonte: E.DÜHRING, Der Werth des Lebens, cit., p. 26. 312 F.NIETZSCHE, Frammenti postumi 1881-1882, cit., §11[7].

quanto pensa l’altro come altro “ego”, cioè sempre secondo le forme in errore dell’immaginazione313. Tale immagine individuale non comprende infatti che l’“agente” dell’egoismo è in realtà di natura pre-egoica, pensata nel transito delle incarnazioni che dispiegano la sua potenza314.

La questione non è certamente una novità per Nietzsche. Di essa si è occupato ad esempio Paul Rée, proprio in apertura del suo L’origine dei sentimenti morali: «Ogni uomo ha in sé congiunte due pulsioni, ossia una pulsione egoistica ed una non egoistica (den egoistischen und den unegoistischen

Trieb)»315. Più in generale, il quadro di riferimento è il dibattito sulla natura originariamente “sociale” o “individualista” dell’uomo, in particolare all’interno di quella morale anglosassone – dalle “etiche della simpatia” settecentesche al darwinismo – con cui Nietzsche si confronta sino a La genealogia

della morale316.

Negli appunti tratti dalla lettura di Fischer del 1881, Nietzsche raccoglie alcune citazioni dall’Etica su tali temi. Dapprima la sua attenzione si indirizza sul paragrafo Die Selbsterhaltung als

Grundlage der Tugend, in cui Fischer discute le proposizioni 21-25 del De servitute, citandone alcuni

passaggi:

“Ex virtute absolute agere = ex ductu rationis agere, vivere, suum Esse conservare”. “Cercare radicalmente nient’altro che il proprio utile (Nutzen)”.

“Nessuno aspira (strebt) a conservare il proprio essere per un altro essere (um eines anderen Wesens willen das eigene Sein zu erhalten)”.

“L’aspirazione all’autoconservazione (Streben nach Selbsterhaltung) è il presupposto di ogni virtù”317.

Gli appunti fanno poi riferimento ad un’altra sezione del De servitute, che discute – come vedremo – alcune conseguenze socio-politiche dell’“antropologia” spinoziana. Nelle note seguenti Nietzsche torna invece a riflettere sul conatus “individuale”, attraverso il confronto con il paragrafo

Die Begierde als Tugend, che riprende alcuni passi dalle proposizioni 18, 20 e 22, sempre dalla quarta

parte dell’Etica:

313 «L’erreur capitale», scrive Patrick Wotling indicando il limite comune a egoismo e altruismo, «est donc ici la croyance

à l’individuum» (P. WOTLING, La philosophie de l’esprit libre: introduction à Nietzsche, Flammarion, Paris 2008, p. 255).

314 Nietzsche sviluppa il tema in forma compiuta nello Zarathustra, proponendo la distinzione tra Selbst (o Leib) e Ich:

«“Io” dici tu, e sei orgoglioso di questa parola. Ma la cosa ancora più grande, cui tu non vuoi credere, – il tuo corpo (Leib) e la sua grande ragione: essa non dice “io”, ma fa (thut) “io”» (F. NIETZSCHE, Così parlò Zarathustra, cit., Dei

dispregiatori del corpo). Peter Sedgwick ha proposto un’interessante lettura “normativa” di questi passaggi: «Il Sé […] non è

nulla di analogo a un “soggetto” individuale, a un cogito. Piuttosto, è la più complessa manifestazione di una primitiva ragione collettiva. Il Sé non è una “persona” ma una struttura di comando che dice “io”, che dapprima si manifesta come un

corpo sociale organizzato – la comunità – e successivamente come un corpo organizzato, intrattenente rapporti sociali e, quindi,

individuato» (P.SEDGWICK, Nietzsche, Normativity, and Will to Power, in «Nietzsche-Studien», n. 36, 2007, pp. 201-229, pp. 221-222).

315 P. RÉE, L’origine dei sentimenti morali, a cura di D. Vignali, Il melangolo, Genova 2005, p. 35; cfr. ID.,Der Ursprung der

moralischen Empfindungen, cit., p. 1. Sul tema cfr. M.C.FORNARI, La morale evolutiva del gregge: Nietzsche legge Spencer e Mill, ETS, Pisa 2006, pp. 60-73 (“Egoista e altruista, buono e cattivo”).

316 È necessario ricordare a questo proposito che nel “quaderno di studio” M III 1 Nietzsche si confronta anche con H.

SPENCER, Die Thatsachen der Ethik, trad. di B. Vetter, Schweizerbart, Stuttgart 1879, BN. Sul rapporto Nietzsche-Spencer cfr. M.C.FORNARI, La morale evolutiva del gregge: Nietzsche legge Spencer e Mill, cit., pp. 121-217; cfr. anche P.WOTLING, La morale sans métaphysique: “vitalisme” et psychologie de la morale chez Darwin, Spencer et Nietzsche, in J.-F.BALAUDÉ, P.WOTLING (a cura di), Lectures de Nietzsche, cit.

317 F.NIETZSCHE, Frammenti postumi 1881-1882, cit., §11[193]; cfr. K.FISCHER,Descartes’ Schule – Geulinx, Malebranche,

(“Il desiderio (Begierde) è l’essenza dell’uomo, esso è l’aspirazione (Streben) per la quale l’uomo vuol persistere (beharren) nel suo essere”.

“Ognuno è impotente nella misura in cui trascura il proprio utile, cioè la sua conservazione (Selbsterhaltung)”.

“L’aspirazione all’autoconservazione è il primo e unico fondamento della virtù”318.

L’ordine delle citazioni dipende dal fatto che Nietzsche le trascrive ripercorrendo il testo a ritroso (la parentesi “politica” corrisponde invece a una scelta espositiva di Fischer). L’ultima parte del frammento contiene le due citazioni contro la libertà del volere già ricordate e infine il commento di Nietzsche sulla questione dell’autoconservazione, ossia in sostanza sui passi delle proposizioni 18-25 del De servitute trascritti dal testo di Fischer:

Al contrario, io: lo stadio che precede l’egoismo (Voregoismus), l’istinto gregario (Heerdentrieb), sono più antichi della “volontà di autoconservazione” (“Sich-selbst-erhalten-wollen”). Per prima cosa si sviluppa l’uomo in quanto funzione: di qui si distacca in seguito, a sua volta, l’individuo, in quanto egli in qualità di funzione è venuto a CONOSCERE e ha gradualmente assimilato innumerevoli condizioni della totalità, dell’organismo (als Funktion unzählige Bedingungen des Ganzen, des Organismus, kennen gelernt und allmählich sich einverleibt hat)319.

Nietzsche propone dunque in opposizione a Spinoza la propria tesi della “posterità” dell’individuo rispetto alla società, sviluppata proprio in quel periodo attraverso il confronto con la biologia a lui contemporanea320. Questo commento è in effetti una sintesi delle riflessioni elaborate in un frammento di poco precedente, in cui Nietzsche, partendo dalle tesi del biologo Wilhelm Roux, elabora un’interessante ipotesi sulle dinamiche di costituzione e di sviluppo degli organismi socio-politici:

Egli [l’uomo], invece, ha cominciato come parte di una totalità (Theil eines Ganzen), che aveva le sue qualità organiche e rendeva il singolo un proprio organo – in modo tale che gli uomini, per una vecchissima consuetudine, DAPPRIMA sentono gli affetti della società verso le altre società, gli altri singoli e tutto ciò che è vivo o morto, non in quanto individui! Per esempio, l’uomo, in quanto membro di una stirpe o di uno Stato, teme e odia di più e nel modo più intenso non il suo nemico personale, bensì quello pubblico […] È la società che educa all’inizio il singolo (Einzelwesen) e lo prepara a diventare individuo, intero o a metà; essa NON consiste di singoli uomini né dei loro contratti! […] Dunque: non è che lo Stato reprima originariamente gli individui: questi non esistono ancora affatto! In generale, esso rende possibile l’esistenza agli uomini, in quanto animali del gregge (Heerdenthieren). I nostri istinti (Triebe), affetti, ci vengono insegnati solo in questa sede: non sono nulla di originario! Per essi non esiste uno “stato di natura”! Come parti di un intero, partecipiamo alle sue condizioni di esistenza e funzioni, e ci assimiliamo (einverleiben) le esperienze che così facciamo e i giudizi321.

L’incontro tra la lettura di Fischer e quella di Roux rappresenta un momento importante – anche se non sufficientemente posto in risalto dalla critica – per la comprensione degli appunti di Nietzsche su Spinoza e su di esso avremo modo di tornare. L’intreccio con l’ambito teorico della biologia consente inoltre di osservare un aspetto generale dell’approccio di Nietzsche a Spinoza,

318 F. NIETZSCHE, Frammenti postumi 1881-1882, cit., §11[193] (traduzione modificata secondo la nuova lezione dei

manoscritti); cfr. K.FISCHER,Descartes’ Schule – Geulinx, Malebranche, Baruch Spinoza, cit., pp. 483-484.

319 F.NIETZSCHE, Frammenti postumi 1881-1882, cit., §11[193].

320 Sul tema cfr. B.STIEGLER, Nietzsche et la biologie, PUF, Paris 2001 [trad. it. di F. Leoni, Nietzsche e la biologia, Negretto,

Mantova 2010].

321 F.NIETZSCHE, Frammenti postumi 1881-1882, cit., §11[182]. Per un commento a quest’appunto cfr. M.SCANDELLA,

ossia il modo in cui il confronto con il filosofo olandese si inserisce all’interno di un nucleo di problematiche già sviluppato. Ciò comporta che Spinoza sia chiamato in un certo senso a “rispondere” in merito a questioni che trovano la propria formulazione originaria e la propria impostazione di fondo in modo autonomo rispetto allo specifico confronto di Nietzsche con lo spinozismo.

È inoltre interessante confrontare questo appunto di Nietzsche con il paragrafo “Nationalhaß” del testo di Fischer, che illustra la proposizione 46 del De affectibus, secondo la quale l’odio nei confronti di un membro di una classe o nazione si estende a tutti i componenti di essa:

Noi amiamo tra gli esseri a noi simili in particolare quelli coi quali siamo legati [...]. Così ognuno ama i membri della sua famiglia, della sua classe, del suo popolo, della sua religione. Dobbiamo però odiare ciò che odia l’oggetto del nostro amore o è da esso odiato. Con ciò si spiega l’odio collettivo a cui partecipiamo come membri di tale famiglia, di tale classe, di tale popolo, di tale Chiesa. Questo è il motivo per cui si originano passioni così violente e così ricche di conseguenze nella società umana come l’ostilità delle classi, l’odio nazionale e confessionale, ecc322.

A partire dalla visione “funzionale” dei membri di una collettività Nietzsche procede anche ad illustrare il fenomeno del non-egoistico:

Obbedienza, senso della funzione (Funktionsgefühl), senso della debolezza hanno introdotto il valore “del NON EGOISTICO”. […] In verità si agisce “non egoisticamente” („unegoistisch“), perché questa è la condizione alla quale solamente si può continuare a esistere, cioè abitualmente si pensa all’esistenza dell’altro piuttosto che alla propria (per esempio, il sovrano al popolo, la madre al figlio), perché altrimenti il sovrano non potrebbe esistere come sovrano, né la madre come madre: essi vogliono conservare il sentimento della propria potenza (Erhaltung ihres Machtgefühls)323.

Un’altra annotazione, sempre nello stesso gruppo di frammenti, fornisce una sintesi della posizione nietzschiana sul tema egoismo-altruismo:

Voi dite: “Certi articoli di fede sono salutari per l’umanità, quindi bisogna crederci” (ogni comunità ha giudicato così). Ma questa è la MIA impresa, aver preteso per la prima volta una verifica dei conti (Gegenrechnung)! – dunque aver posto il problema dell’indicibile miseria (Elend), del peggioramento che gli uomini hanno subìto, perché si è innalzato a ideale l’altruismo (Selbstlosigkeit), e conseguentemente si è definito cattivo e si è fatto sentire come tale l’egoismo!! – perché la volontà umana si è detto che è libera e all’uomo è stata imputata tutta la responsabilità, quindi la responsabilità (Verantwortlichkeit) per ogni elemento egoistico – “ciò che è chiamato male” – vale a dire naturalmente necessario nel suo essere: affibbiandogli in tal modo una cattiva reputazione e una cattiva coscienza (schlechtes Gewissen)324.

Spinoza non è nominato, anche se in questi passaggi sono presenti vari elementi del confronto di Nietzsche con il filosofo olandese: la negazione dell’altruismo, della libertà e del male. È però interessante notare come tali temi saranno ripresi con riferimento a Spinoza in Genealogia della morale proprio in connessione ai temi della responsabilità e della cattiva coscienza: si tratta dunque di un nodo teorico profondamente radicato nel pensiero di Nietzsche.

In ogni caso, anche nell’aforisma di La gaia scienza in cui confluiscono alcune delle ricerche sul tema del disinteresse condotte nel quaderno M III 1, il nome di Spinoza non compare:

322 K.FISCHER,Descartes’ Schule – Geulinx, Malebranche, Baruch Spinoza, cit., pp. 360-361 (trad. mia). 323 F.NIETZSCHE, Frammenti postumi 1881-1882, cit., §11[199].

Si dicono buone le virtù di un uomo […] in considerazione degli effetti che si suppone ne discendano per noi e per la società: da tempo immemorabile si è stati pochissimo “disinteressati” („selbstlos“), pochissimo “altruisti” („unegoistisch“) nella lode delle virtù! […] È dunque in primo luogo la loro natura strumentale (Werkzeug-Natur) che propriamente viene lodata quando si lodano le virtù, e poi il cieco istinto dominante in ogni virtù, quell’istinto che non si lascia costringere in limi dagli interessi generali dell’individuo, insomma: l’irrazionale nella virtù, in forza del quale l’essere del singolo si lascia convertire nella funzione del tutto. […] L’educazione procede sempre in questo modo: attraverso una serie di allettamenti (Reize) e di vantaggi cerca di determinare il singolo a un certo modo di pensare e d’agire che una volta diventato abitudine, istinto (Trieb) e passione, è contrario alla sua ultima utilità, ma che ciò nonostante domina in lui e sopra di lui “per il bene comune” („zum allgemeinen Besten“)325.

Dopo questo breve excursus sul tema egoismo-disinteresse è possibile comprendere meglio il riferimento di Nietzsche al “Voregoismus” nel commento alle citazioni spinoziane sul tema dell’autoconservazione. Da un lato Spinoza ha ragione, non si agisce per motivazioni “esterne” (ad esempio per il bene altrui), bensì ogni azione è determinata da motivi “interni”. Tale “interno” non è però propriamente ciò che è definito da un “ego” individuale, da un “sé stesso”. Qualche tempo dopo Nietzsche chiamerà tale “interno” con il nome di volontà di potenza e proprio la critica all’idea spinoziana di “conservazione” gioca un ruolo importante nello sviluppo di tale nozione326.

In tale processo il nome di Spinoza si lega ad altre due figure centrali nel pensiero di Nietzsche: Schopenhauer e Darwin. La teoria della volontà di potenza, che implica l’impulso del vivente alla crescita, anche a costo della propria distruzione in un eccesso di dispendio energetico, è infatti contrapposta all’asse “conatus”–“volontà di vita”–“istinto di conservazione”327. È però bene

ricordare, per comprendere l’immagine che Nietzsche ha di Spinoza, che tale asse è costruito cronologicamente a ritroso. Spinoza si inserisce quindi all’interno del confronto di Nietzsche con Schopenhauer e con il darwinismo che ha un nucleo tematico per certi aspetti già consolidato328.

Non è quindi un caso che, nel corso della sua prima lettura di Kuno Fischer, il capitolo dal quale Nietzsche prende più annotazioni sia quello dedicato a Der menschliche Wille. Se dunque da un lato si tratta di comprendere perché Nietzsche compia tale operazione (ossia il significato dell’ingresso di Spinoza in questo trittico), dall’altro bisogna però tener presente che è uno Spinoza “filtrato” da Darwin e Schopenhauer quello a cui Nietzsche fa talvolta riferimento.

325 F. NIETZSCHE, La gaia scienza, cit., §21, Ai maestri del disinteresse.

326 La costituzione dell’opposizione volontà di potenza-conatus da parte di Nietzsche è in parte connessa ad una visione

“monodirezionale” di quest’ultimo. In realtà esso è per Spinoza un fenomeno complesso e articolato in una pluralità di appetiti, fatto questo che riduce l’effettiva portata dell’opposizione con la volontà di potenza (cfr. in proposito B.LOOK,

“Becoming Who One Is” in Spinoza and Nietzsche, in «Iyyun», n. 50, 2001, pp. 327-338).

327 Cfr. V. GERHARDT, Vom Willen zur Macht: Anthropologie und Metaphysik der Macht am exemplarischen Fall Friedrich

Nietzsches, De Gruyter, Berlin-New York 1996, pp. 184-193 (“Macht und Selbsterhaltung”; “Spinozas Einfluß”).

328 Günter Abel ha giustamente osservato come il confronto di Nietzsche con Spinoza sia per certi aspetti “pre-

orientato”: «Die Kritik am Darwinismus und die Aufnahme des Auslösungsgedankens lassen vermuten, daß Nietzsche mit einer Einstellung an Spinozas Philosophie herantritt, der deren zentrales Lehrstück, der Gedanke „conatus sese conservandi est ipsa rei essentia“, ins Auge springen und doch zugleich als ungenügend erscheinen muß. Das Wachsenwollen als Argument gegen den darwinistischen Selbsterhaltungstrieb und das durch Reize ausgelöste Sich- Entladen von zur Verfügung stehendem aufgestautem Kraftpotential, dies sind Denkfiguren, denen gegenüber Spinozas „conatus in suo esse perseverare“ als Grundcharakterisierung alles Wirklichen und Lebendigen bei weitem zu wenig darstellt» (G.ABEL, Nietzsche: Die Dynamik der Willen zur Macht und die ewige Wiederkehr, De Gruyter, Berlin-New York 1984, p. 50). Cfr. anche ID., Nietzsche contra ‚Selbsterhaltung‘. Steigerung der Macht und ewige Wiederkehr, in «Nietzsche-Studien», n. 10/11, 1981/82, pp. 367–384.

In un frammento di poco successivo Nietzsche espone la radice spinoziana della “volontà di vita”: «Nel cuore di Schopenhauer era certamente rimasta un’idea di Spinoza: che, cioè, l’essenza di ogni cosa sia appetitus, e che tale appetitus consista nel perseverare a esistere (im Dasein zu beharren)»329. In un aforisma di La gaia scienza prevale invece l’altro accento, focalizzato sull’egoismo come espressione della crudeltà naturale. Le figure di Schopenhauer e Spinoza perciò si dividono:

Nulla è esattamente tanto contrario allo spirito di Schopenhauer, quanto le caratteristiche wagneriane negli eroi di Wagner: mi riferisco all’innocenza dell’egoismo più alto (Unschuld der höchsten Selbstsucht), alla fede nella grande passione (Leidenschaft) come bene in sé, in una parola, a quel che v’è di sigfridiano nel volto dei suoi eroi. “Tutto ciò sa molto più (riecht eher noch) di Spinoza che di me” direbbe forse Schopenhauer330.

Nietzsche avrebbe potuto trovare una conferma relativamente a questi temi anche durante la lettura di Von Hartmann, che discute la filosofia di Spinoza all’interno del capitolo dedicato a “Die

egoistische Pseudomoral”331. Quando però si delinea in modo più definito il nucleo teorico della teoria

della volontà di potenza, che sostituisce il Voregoismus nel ruolo di strumento critico, è la questione dell’“autoconservazione” ad apparire prevalente: Nietzsche mira infatti a definire il concetto per differenza da Spinoza, Darwin e Schopenhauer.

V O L O N T À D I P O T EN Z A E C O N AT U S

Montinari ha posto in risalto un gruppo di annotazioni dedicate al tema della volontà di potenza risalenti all’estate-autunno del 1884332. Poco oltre Nietzsche scrive:

La nostra posizione nei riguardi della “certezza” (Gewißheit) è diversa. Poiché nell’uomo è stata inculcata per lunghissimo tempo la paura (Furcht), e ogni esistenza tollerabile ebbe inizio con il “sentimento di sicurezza” (alles erträgliche Dasein mit dem „Sicherheits-Gefühl“ begann), ciò continua ad agire anche oggi nei pensatori. Ma, non appena regredisce la “pericolosità” (Gefährlichkeit) esterna dell’esistenza, nasce un piacere dell’insicurezza (Unsicherheit), dell’illimitatezza delle linee di orizzonte. La felicità dei grandi scopritori, nell’aspirazione alla certezza (Streben nach Gewißheit), potrebbe trasformarsi in felicità di constatare ovunque incertezza (Ungewißheit) e temerarietà (Wagniß). Parimenti, l’angosciosità (Ängstlichkeit) della passata esistenza è la ragione per la quale i filosofi sottolineano tanto la conservazione (Erhaltung) (dell’ego o della specie) e la concepiscono come principio: mentre, in realtà, noi giochiamo continuamente alla lotteria contro questo principio. In questo quadro, rientrano tutte le proposizioni di Spinoza, cioè la base dell’utilitarismo inglese333.

329 F.NIETZSCHE, Frammenti postumi 1881-1882, cit., §11[307]. È possibile che la fonte di Nietzsche sia il paragrafo “Das

menschliche Streben. Der Wille”, in cui Fischer scrive in nota: «Appetitus = ipsa hominis essentia» (K. FISCHER,

Descartes’ Schule – Geulinx, Malebranche, Baruch Spinoza, cit., p. 353).

330 F.NIETZSCHE, La gaia scienza, cit., §99, I discepoli di Schopenhauer. Vorschrift: «Gewiß scheint mir, daß die Unschuld des

Wollens, die innere [?] Rechtfertigung aller großen Leidenschaften, die Siegfried-Auslegung des Egoismus (welcher Recht hat, ein Wesen aus Ekel zu tödten trotz der Pietät und Dankbarkeit) ist [sic] tief gegen den Geist Schopenhauer’s»