I L P U N T O D I V I S T A E S T E T I CO
Il primo frammento che Nietzsche dedica a Spinoza si colloca tra il 1872 e il 1873:
La bellezza e la grandiosità di una costruzione del mondo (alias filosofia) decidono oggi sul valore di tale costruzione – in altre parole, questa viene giudicata in quanto arte. La sua forma verosimilmente cambierà! La rigida formulazione matematica (come in Spinoza) – che aveva un effetto così acquietante su Goethe, ha una ragione di esistere ormai soltanto come mezzo espressivo estetico (ästhetisches Ausdrucksmittel)147.
Nietzsche applica dunque anche a Spinoza, che all’epoca conosceva probabilmente poco, l’apparato argomentativo che appare dispiegato nella Filosofia nell’epoca tragica dei greci, alla cui preparazione lavora nello stesso periodo. Ciò appare chiaro da un frammento di poco precedente:
In che rapporto sta con l’arte il genio filosofico? […] Per quale aspetto la sua filosofia è arte, è opera d’arte? Che cosa rimane, quando il suo sistema, in quanto scienza, è annientato? Il valore della filosofia […] non si trova nella sfera conoscitiva, bensì nella sfera della vita: la volontà di esistere (Wille zum Dasein) utilizza la filosofia in vista di una forma superiore di esistenza148.
Ogni sistema filosofico, considerato per sé, si dissolve secondo Nietzsche nel progredire temporale. Il suo significato non è quindi da ricercare sul piano “logico”, bensì su quello estetico, ossia su quello della vita, della quale l’arte è un espediente. La filosofia ha valore solo in quanto, nella sua “falsità”, esprime la grandezza dell’esistenza filosofica149. Ogni sistema filosofico è dunque
interpretato da Nietzsche come un “sintomo” del filosofo150.
Il riferimento a Goethe rimanda al seguente passo di Poesia e verità:
Questo spirito che agiva su di me in maniera così decisa e che doveva avere tanta grande influenza su tutto il mio modo di pensare, era Spinoza. Dopo aver infatti cercato invano in tutto il mondo un mezzo per educare la mia singolare natura, incontrai finalmente l’Etica di quest’uomo. Quanto io abbia potuto trarre dalla lettura di questo libro, quanto vi abbia messo di mio nell’interpretarlo, di tutto ciò non saprei più render conto; ma in sostanza vi trovai un acquietamento delle mie passioni, e parve
147 F.NIETZSCHE, Nachgelassene Fragmente: Sommer 1872 bis Ende 1874, in KGW[trad. it. di G. Colli e C. Colli Staude,
Frammenti postumi 1872-1874, in OFN], §19[47].
148 Ivi, cit., §19[45].
149 Cfr. C.GENTILI, Nietzsche, Il mulino, Bologna 2001, pp. 146-153. In proposito è opportuno ricordare come nel XIX
secolo acquisti importanza anche il prologo del Tractatus de intellectus emendatione, interpretato in chiave “tragico- esistenziale”: «Spinoza devient attachant pour son authenticité humaine, c’est-à-dire qu’on lit en lui les valeurs de la souffrance, du déchirement et de la possibilité de les surmonter» (P.-F.MOREAU, Spinoza: L'expérience et l'éternité, PUF, Paris 1994, p. 12). Schopenahuer, in particolare, raccomanda quei passi «come quanto di più energico e di più efficace sia stato mai scritto per calmare la tempesta delle passioni» (A. SCHOPENHAUER, Il mondo come volontà e rappresentazione, cit., p. 540; cfr. ID., Die Welt als Wille und Vorstellung I, Brockhaus, Leipzig 1873, BN, p. 455).
150 Prendiamo a prestito un termine del linguaggio più tardo di Nietzsche, adottato nel Tentativo di autocritica per
descrivere l’impostazione del periodo della Nascita della tragedia. Possiamo anche ricordare, come esempio, il titolo di una sezione di uno dei corsi tenuti all’università di Basilea: “Platons Philosophie als Hauptzeugniß für den Menschen Plato” (cfr. F. NIETZSCHE, Vorlesungsaufzeichnungen (WS 1871/72 - WS 1874/75), in KGW, p. 148). Bisogna inoltre ricordare che il sintomo, per il peculiare statuto della “psicologia” nietzschiana, non è tanto segno di un individuo, quanto di una civiltà o di un modo dell’interpretazione (su questi temi cfr. P.WOTLING, Nietzsche et le problème de la civilisation, PUF, Paris 1995, pp. 111-135).
schiudermisi una visione vasta e libera del mondo morale e del mondo sensibile. Ma quel che particolarmente mi avvinse a lui fu la sconfinata abnegazione che risplendeva da ogni frase. Quele meravigliose parole: “Chi ama veramente Dio non deve pretendere di essere da Lui riamato”, con tutti presupposti sui quali si basa e con tutte le conseguenze che ne derivano, appagavano tutto il mio pensiero. Essere disinteressato in tutto, esserlo al massimo nell’amore e nell’amicizia, fu il mio desiderio più alto, la mia massima, la mia realizzazione, cosicché quelle ardite parole scritte più tardi: “Se io ti amo, che cosa ti importa?” mi sono venute direttamente dal cuore. A questo proposito non tralascerò di dire anche qui che in realtà i legami più sentiti derivano solo dal contrasto. La calma di Spinoza che tutto livellava contrastava con le mie aspirazioni sempre eccitanti, il suo metodo matematico era l’opposto del mio modo poetico di pensare e di raffigurare, e proprio quella sua regolata esposizione, che si voleva giudicare non adeguata ad argomenti morali, faceva di me il suo discepolo appassionato, il suo più deciso veneratore. Spirito e cuore, intelletto e senso si cercavano con necessaria affinità elettiva, e attraverso questa si realizzava l’unione degli esseri più diversi151.
La rielaborazione della proposizione spinoziana proposta da Goethe nel Wilhelm Meister attira l’attenzione di Nietzsche, che torna a farvi riferimento anche in altre occasioni152. Nel frammento del 1872-1873, l’ammirazione di Goethe per Spinoza è inserita nel quadro concettuale che Nietzsche elabora in quel periodo: l’ordine geometrico ha valore solo come espressione estetica, ossia in quanto prodotto del genio filosofico-artistico. La filosofia esprime il filosofo, ossia la sua vitalità creatrice. Questa concezione “sintomatica” della filosofia permane lungo tutta l’opera di Nietzsche, anche se alla domanda sul significato estetico della filosofia di Spinoza si sostituirà quella sul suo significato psico-fisiologico, dai tratti certo meno eroici. Che cosa ci dice la filosofia di Spinoza dell’“uomo” Spinoza o, più correttamente, del suo “tipo”?
Come detto quest’impostazione non nasce in riferimento a Spinoza, bensì soprattutto ai pensatori greci: la sua applicazione al filosofo olandese nel 1873 appare come un caso isolato. Successivamente essa appare con una certa frequenza (anche se con altri toni), in conseguenza dell’aumentato interesse di Nietzsche per Spinoza. Anche allora Spinoza non ricopre comunque un ruolo privilegiato, perché Nietzsche applica quest’approccio “sintomatologico” praticamente a tutti i filosofi (e non solo ai filosofi) di cui si occupa. Vediamo dunque come si configura questa prima linea interpretativa nel corso del tempo.
151 J.W. VON GOETHE, Dalla mia vita: poesia e verità II, a cura di A. Cori, UTET, Torino 1957, pp. 828-829 (cfr. ID.,Aus
meinem Leben: Wahrheit und Dichtung III, Cotta, Stuttgart-Tübingen 1855, BN (perduto), §14).
152 «Come? Un Dio che ama gli uomini a condizione che abbiano fede in lui, e che fulmina con sguardi terribili e minacce
chi non crede in questo amore! Come? Un amore patteggiato (verclausulirte Liebe) sarebbe il sentimento di un Dio onnipotente! […] “Se io ti amo, a te che importa?” è già una critica sufficiente di tutto il cristianesimo» (F.NIETZSCHE,
La gaia scienza, cit., §141, Troppo orientale). Come notato da Chiara Piazzesi, Nietzsche inverte in questo caso la prospettiva
rispetto a Goethe e a Spinoza (cfr. C.PIAZZESI, Liebe und Gerechtigkeit: eine Ethik der Erkenntnis, in «Nietzsche-Studien», n. 39, 2010, pp. 352-381, pp. 371-372). Il passo è in seguito ripreso nuovamente da Nietzsche: «Giacché in media gli artisti fanno come tutti, e anche peggio – essi misconoscono l’amore. Anche Wagner l’ha misconosciuto. Credono di essere disinteressati (selbstlos) ad esso per il fatto che vogliono il vantaggio di un altro essere, spesso contro il loro proprio vantaggio. Ma in cambio vogliono possedere quest’altro essere… Perfino Dio non fa eccezione a questo proposito. Egli è lontano dal pensare “e se ti amo, a te che importa?” – diventa tremendo quando non lo si riama» (F.NIETZSCHE, Der
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In Aurora essa compare in due aforismi. Nel primo Spinoza è inserito in un gruppo di pensatori (con Platone, Pascal, Rousseau, Goethe e in contrapposizione a Kant e Schopenhauer) le cui idee costituiscono «un’appassionata storia di anime (eine leidenschaftliche Seelen-Geschichte)» e «un’involontaria biografia»153. Nel secondo, non senza una certa contraddizione, Spinoza appare
invece tra coloro «in cui lo spirito appare soltanto lievemente annodato al carattere e al temperamento»154 e sono dunque in grado di esercitare uno sguardo “puro” sul mondo155.
Nel 1883 il sistema filosofico appare come una conseguenza di un comportamento morale pregiudizialmente adottato dal singolo filosofo: «Una teoria della morale fondamentalmente erronea (eine moral<ische> Grundfehler-Theorie) costituisce per lo più l’origine dei grandi sistemi filosofici: deve venir dimostrato qualcosa con cui concordi la prassi del filosofo (per es. Spinoza)»156.
Un anno più tardi Spinoza appare in un gruppo di pensatori che Nietzsche utilizza come esempi per illustrare una sua tesi sulla filosofia “moderna”: «I grandi filosofi di rado sono uomini riusciti. Che cosa sono mai questi Kant, Hegel, Schopenhauer, Spinoza! Come poveri, come unilaterali (einseitig)!»157. La questione della natura “unilaterale” del filosofo era già stata discussa nello scritto del 1873 sui pensatori dell’epoca tragica, che difatti compaiono anche nel frammento del 1884: «Mi ha educato la conoscenza dei grandi greci: in Eraclito, Empedocle, Parmenide, Anassagora, Democrito, vi sono più cose da venerare, essi sono più ricchi»158. Ritroviamo quindi
l’interpretazione “sintomatica” della filosofia, anche se i poli appaiono invertiti, in conseguenza della rivalutazione nietzschiana della “multiformità”. Nello scritto del 1873, infatti, erano proprio Platone e i suoi epigoni a rompere, con le loro nature ibride, la bella unità di filosofia e vita propria delle grandi figure dell’epoca tragica159.
Nel 1885 l’interpretazione psico-fisiologica della filosofia è alla base della spiegazione di uno dei tratti dello spinozismo: «Felicità e conoscenza resi ingenuamente interdipendenti (ciò esprime una volontà di ottimismo (ist Ausdruck eines Willens zum Optimismus), in cui si tradisce un individuo profondamente sofferente (ein tief Leidender))»160. Tale approccio diviene ancor più esplicito in Al di là
del bene e del male. In un primo passaggio Nietzsche torna a riflettere sul metodo geometrico,
153 F.NIETZSCHE, Morgenröthe, in KGW [trad. it. di F. Masini, Aurora, in OFN], §481, Due tedeschi. 154 Ivi, §497, L’occhio purificante.
155 Su tale ambiguità commenta Marco Brusotti: «Daß Nietzsche für diese scheinbare Unabhängigkeit des Intellektes von
Charakter und Temperament plädiert, schließt nicht aus, daß er ein noch höheres Ideal sieht: die Versöhnung von Charakter und Intellekt» (M.BRUSOTTI, Die Leidenschaft der Erkenntnis: Philosophische und ästhetische Lebensgestaltung bei Nietzsche von
„Morgenröthe“ bis „Also sprach Zarathustra“, De Gruyter, Berlin-New York 1997, p. 273).
156 F. NIETZSCHE, Nachgelassene Fragmente: Juli 1882 bis Winter 1883-1884, in KGW [trad. it. di L. Amoroso e M.
Montinari, Frammenti postumi 1882-1884, in OFN], §7[20].
157F.NIETZSCHE, Frammenti postumi 1884, cit., §26[3]. 158 Ibid.
159 Cfr. F.NIETZSCHE, Nachgelassene Schriften: 1870-1873, in KGW [trad. it. di G. Colli, La filosofia nell’epoca tragica dei greci e
scritti 1870-1873, in OFN], La filosofia nell’epoca tragica dei greci, §2. Sul rovesciamento di tale giudizio, con riferimento alla
figura di Platone, cfr. M.SCANDELLA, La filosofia e la soggettività pubblica: Nietzsche interprete di Platone, in «Nóema», n. 1, 2010.
mettendolo in relazione non con la creatività estetica, bensì con la malattia di Spinoza. Torna anche l’idea che esso nasconda dietro una parvenza di oggettività le preferenze soggettive del filosofo:
Quel che ci stimola a guardare, con aria tra diffidente e sarcastica, tutti i filosofi, non consiste nel fatto che si scopre continuamente quanto essi siano ingenui […] bensì nel fatto che non c’è in loro sufficiente onestà: pur levando, tutti quanti sono, un grande e virtuoso strepito, non appena, anche soltanto da lontano, viene sfiorato il problema della veracità (Wahrhaftigkeit). Fanno tutti le viste di aver scoperto e raggiunto le loro proprie opinioni attraverso l’autonomo sviluppo di una dialettica fredda, pura, divinamente imperturbabile (unbekümmerten) […]: mentre invece, in fondo, una tesi pregiudizialmente adottata (vorweggenommener Satz), un’idea improvvisa (Einfall), una “suggestione” („Eingebung“), per lo più un desiderio interiore (Herzenswunsch) reso astratto e filtrato al setaccio vengono sostenuti da costoro con ragioni posteriormente cercate – sono tutti quanti degli avvocati che non vogliono farsi chiamare tali e in realtà, il più delle volte, persino scaltriti patrocinatori (Fürsprecher) dei loro stessi pregiudizi (Vorurtheile), cui danno il battesimo di “verità” – […] quel giuoco di prestigio (Hocuspocus) in forma matematica con cui Spinoza fasciava come d’una bronzea corazza e mascherava la sua filosofia – in definitiva, “l’amore per la propria saggezza”, interpretando queste parole nel loro esatto e ragionevole significato, – allo scopo di intimidire fin da principio il coraggio dell’attaccante che osasse gettare lo sguardo su questa invincibile vergine, questa Pallade Atena – quanta timidezza e vulnerabilità (Angreifbarkeit) tradisce questa mascherata di un infermo solitario (einsiedlerischen Kranken)161.
Sull’eremitismo di Spinoza quale fondamento nascosto della sua filosofia Nietzsche ritorna poco dopo:
Questi ripudiati (Ausgestossenen) dalla società, questi lungamente perseguitati, questi incalzati nel modo peggiore – ed anche gli eremiti per forza (Zwangs-Einsiedler), gli Spinoza o i Giordano Bruno – finiscono sempre per diventare, sia pure sotto i più spirituali camuffamenti, e forse a loro stessa insaputa, degli assetati di vendetta (Rachsüchtigen) e dei raffinati avvelenatori (si dissotterri una buona volta il fondamento dell’etica e della teologia spinozista!)162
Nel quinto libro di La gaia scienza, l’approccio “sintomatologico” appare applicato ad un problema specifico: «Si prenda come sintomatico il fatto che alcuni filosofi, quali ad esempio il tisico Spinoza, videro, non potevano non vedere, proprio nel cosiddetto istinto di conservazione (Selbsterhaltungs-Trieb), l’elemento decisivo – erano appunto uomini posti in condizioni estremamente penose (Menschen in Nothlagen)»163. Di nuovo una componente soggettiva appare come “spiegazione”
di una teoria filosofica. Senza approfondire la questione in questa fase preliminare, si tenga però presente che questa tesi, apparentemente semplicistica, va letta in parallelo con la nietzschiana “critica del soggetto”, che rende evidentemente più complesso afferrare cosa Nietzsche intenda quando allude al “soggetto” Spinoza.
161 F.NIETZSCHE, Jenseits von Gut und Böse, in KGW [trad. it. di F. Masini, Al di là del bene e del male, in OFN], §5. Vorstufe:
«Oder gar der mathematische Anschein, wodurch Spinoza seinen Herzenswünschen einen festungsartigen Charakter <gab>, etwas, das wie unabweislich den Angreifenden einschüchtern soll» (KSA 14, p. 348).
162 F.NIETZSCHE, Al di là del bene e del male, cit., §25 (traduzione modificata). Il nome di Giordano Bruno compare poche
volte negli scritti di Nietzsche, ma è menzionato in molte sue letture, non di rado in associazione a Spinoza. A titolo di esempio è possibile ricordare il seguente passo in cui Schopenhauer presenta i due autori come le eccezioni dell’età della filosofia scolastica (cioè, secondo Schopenhauer, la filosofia fino a Kant): «Bruno e Spinoza sono qui da eccettuarsi. Essi stanno ognuno per sé e solitari, e non appartengono al loro tempo e alla parte del mondo in cui vissero, che ripagarono il primo con la morte l’altro con la persecuzione e la gogna. La loro miserevole esistenza e morte in questo Occidente è simile a quella di una pianta tropicale in Europa. Le rive del sacro Gange erano la loro vera patria spirituale: là avrebbero potuto condurre un’esistenza tranquilla e onorata, fra gente di opinioni simili alle loro» (A. SCHOPENHAUER, Il mondo
come volontà e rappresentazione, cit., p. 588; cfr. ID.,Die Welt als Wille und Vorstellung I, cit., p. 500).
La lettura della filosofia come prodotto di un pregiudizio riappare in una rubrica di poco successiva: «Sia Kant sia Hegel sia Schopenhauer sono determinati da un giudizio morale di fondo (durch moral<isches> Grundurtheil bestimmt). Lo stesso per Platone, Spinoza»164. Gli appunti tratti dalla seconda lettura di Kuno Fischer riportano invece in apertura: «Lo sfondo psicologico di Spinoza. Debole! (Spinoza’s psychologischer Hintergrund. Spärlich!)»165. Inoltre il sistema di Spinoza appare come
una superfetazione del suo istinto logico: «Massima e comica pedanteria di un logico che divinizza il
suo istinto (der seinen Trieb vergöttert)»166.
Infine consideriamo un appunto del 1888, dove la “causa” della filosofia di Spinoza è di nuovo indicata nella sua malattia: «Verificata fisiologicamente (physiologisch nachgerechnet), la “Critica della ragione pura” è già la forma di preesistenza del cretinismo; e il sistema di Spinoza una fenomenologia della tisi (Phänomenologie der Schwindsucht)»167. Come nel 1873, anche se a partire da una prospettiva nel frattempo profondamente mutata, il “sistema” filosofico appare dunque a Nietzsche come un sintomo del pensatore.
164 F.NIETZSCHE,Frammenti postumi 1885-1887, §5[50]. 165 Ivi, §7[4].
166 Ibid.