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Il concetto di economia circolare si ispira all’idea secondo la quale tutto deve essere riutilizzato e niente perso, perciò l’economia dovrebbe imitare la natura e riconoscere l’esistenza di limiti invalicabili che impongono il riutilizzo dei beni.

Mentre l’economia lineare si basa su un modello che prevede la produzione di un bene, il suo utilizzo ed infine il suo abbandono, cosa che comporta un elevato spreco di risorse ed un forte impatto ambientale, nell’economia circolare i materiali e l’energia utilizzati per fabbricare i prodotti mantengono il loro valore il più a lungo possibile, i rifiuti sono ridotti al minimo e si utilizzano meno risorse possibili19.

Nel suo saggio sull’economia circolare, De Leonardis fa presente che «una volta accantonata definitivamente la red economy (l'economia tradizionale che prende a prestito dalla natura, dall'umanità e dai beni

19 DE LEONARDIS F., Economia circolare: saggio sui tre diversi aspetti giuridici. Verso uno stato circolare?, in Diritto amministrativo, marzo 2017, fasc. 1, p.4

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comuni senza preoccuparsi di come ripagare il debito se non consegnandolo al futuro e in cui i rifiuti sono considerati delle res derelictae), si è passati dalla green economy che è quella che richiede alle imprese di investire di più e ai consumatori di spendere di più per preservare anche l'ambiente (ma che vede l'ambiente come un “costo”, certamente nobile, ma pur sempre costo per le imprese e, quindi, un aggravio e un peso per l'economia) alla blue economy che è, appunto, quella dell'economia circolare, che “affronta le problematiche della sostenibilità al di là della semplice conservazione e il cui scopo non è semplicemente quello di investire di più nella tutela dell'ambiente ma invece quello di spingersi verso la rigenerazione” e per la quale l'ambiente è un vero e proprio driver dello sviluppo economico e istituzionale (in questo caso l'ambiente non viene considerato un costo ma un'opportunità ed è ciò che consente alle imprese di fare profitto)20».

Da sottolineare che la blue economy non si esaurisce nella gestione dei rifiuti ma si estende ad ambiti più ampi, proprio perché i rifiuti rappresentano soltanto una parte del circuito economico.

Per comprendere appieno il concetto di economia circolare, secondo De Leonardis, esso va analizzato secondo tre prospettive:

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- la prima è quella che mette in relazione l’economia circolare con la gerarchia dei rifiuti,

- la seconda è la prospettiva che parte dal fondo, dal fine vita del prodotto e

- la terza è la bioeconomia, che parte dall’origine dei prodotti.

Nella prima prospettiva l’interesse a cui è finalizzata l’economia circolare è soltanto quello della tutela ambientale, infatti nella gerarchia della gestione dei rifiuti la volontà del legislatore è quella di preferire la prevenzione, la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e di scoraggiare il conferimento in discarica.

Nella seconda prospettiva si sottolinea come la diminuzione dello smaltimento non solo sia finalizzata ad eliminare rifiuti ma anche a produrre materie prime di seconda generazione. Qui non compare solo un interesse ambientale, ma anche un interesse economico, dal momento che il riciclo viene visto come una modalità con la quale il prodotto usato torna ad essere, alla fine della sua vita, una materia riutilizzabile. Secondo questa visione ciò che costituisce rifiuto per qualcuno, può essere rigenerato e diventare risorsa per qualcun altro.

Come sottolinea De Leonardis «ecco dunque il passaggio dei rifiuti da esternalità negative, da costi, da oneri per il sistema a vere e proprie

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risorse, beni, ricchezze del sistema con tutte le conseguenze, giuridiche ed economiche, che ciò comporta21».

Inoltre, l’obiettivo a cui punta il legislatore europeo non è soltanto quello di tutelare l’ambiente ma è anche quello di potersi dotare di materie prime, essendo le risorse per lo più concentrate al di fuori dell’Unione Europea, infatti quest’ultima dipende molto dalle importazioni ed è sempre più vulnerabile all’aumento dei prezzi, alla volatilità dei mercati ed alla situazione politica dei Paesi fornitori. Utilizzando materie derivanti dal riciclaggio l’UE può gradualmente ottenere l’indipendenza da Paesi terzi22.

La terza prospettiva è quella che mette in evidenza il fatto che l’economia circolare riguarda sia il fine vita dei prodotti ma anche il loro inizio vita. La novità è data dalla riscoperta delle materie prime di cui disponiamo ma che non sappiamo di avere: la bioeconomia, che parte dall’agricoltura, dalla disponibilità di materie prime in loco e arriva ai rifiuti, per tornare di nuovo all’agricoltura. L’idea di fondo è quella di sostituire le materie prime ottenute utilizzando combustibili fossili con fonti rinnovabili per la produzione di imballaggi, ove vantaggioso in una prospettiva basata sul ciclo di vita e di sostenere maggiormente il riciclaggio organico.

21 DE LEONARDIS F., Economia circolare: saggio sui tre diversi aspetti giuridici. Verso uno stato circolare?, in Diritto amministrativo, marzo 2017, fasc. 1, p.10

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Per bioeconomia si intende l'insieme delle «attività economiche connesse all'invenzione, sviluppo, produzione e uso di prodotti e processi a base biologica all'interno di alcuni macro-settori: quello agroalimentare, le foreste, la bioindustria e la bioeconomia marina. Questi settori presentano due caratteristiche distinte ma complementari: la prima è relativa alla produzione basata su materie prime rinnovabili, la seconda al riuso e riciclo di rifiuti biologici23».

De Leonardis sostiene che «il graduale passaggio, nell'ambito dei processi produttivi, dall'utilizzo di risorse non rinnovabili a quelle rinnovabili è tale da limitare la pressione ambientale sugli ecosistemi e potenziarne il valore ai fini della loro conservazione, non solo per il loro valore intrinseco o quello collegato ai servizi ecosistemici, che sono soluzioni “naturali” per contrastare i cambiamenti climatici e il rischio idrogeologico, ma in quanto fonte di servizi rilevanti anche per l'economia.

In secondo luogo la possibilità di utilizzare i residui di tali prodotti in modo tale da reimmetterli nel circuito produttivo come compost o nella produzione di energia. In altre parole il potenziamento delle attività produttive derivanti da fonti rinnovabili può facilitare la gestione dei rifiuti, in quanto tali fonti sono maggiormente riassimilabili24».

23 DE LEONARDIS F., Economia circolare: saggio sui tre diversi aspetti giuridici. Verso uno stato circolare?, in Diritto amministrativo, marzo 2017, fasc. 1, p.14

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Sempre secondo De Leonardis, occorre che «la transizione avvenga anche ad un livello sociale, stimolando consapevolezza e dialogo, nonché sostenendo maggiormente l'innovazione nelle strutture sociali al fine di promuovere condotte più consapevoli. Una maggiore conoscenza di ciò che si consuma (in particolare dei prodotti alimentari e dei relativi processi) favorirebbe il miglioramento delle condizioni di salute e dello stile di vita delle persone, stimolando una domanda che spinga all'innovazione sostenibile da parte delle imprese25».

In tale ambito, occorre un doveroso cenno al così detto “Pacchetto economia circolare” rappresentato dalle direttive 849, 850, 851 e 582 del 2018 che dovrebbero essere recepite dal legislatore italiano entro il 5 luglio 2020 e prevedono modifiche per alcune direttive europee che si occupano di rifiuti, in particolare:

-Dir.Ue2018/849 modifica le Dir. 2000/53/Ce sui veicoli fuori uso, 2006/66/CE su pile e accumulatori e 2012/19/Ue sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE);

- Dir. Ue 2018/850 modifica la Dir. 1999/31/Ce relativa alle discariche; - Dir. Ue 2018/851 modifica la Dir. 2008/98/CE relativa ai rifiuti;

- Dir. Ue 2018/852 modifica la Dir. 1994/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio.

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Il 5 marzo 2020 il Consiglio dei Ministri ha approvato, in esame preliminare, gli schemi di Decreto legislativo recanti attuazione:

- degli artt. 2 e 3, Dir. Ue2018/849, che modificano le Dir. 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche; - dell’art. 1, Dir. Ue 2018/849, che modifica la Dir. 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso;

- della Dir.Ue2018/851, che modifica la Dir. 2008/ 98/CE relativa ai rifiuti, e

- della Dir.Ue2018/852, che modifica la Dir. 1994/ 62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio.

Come osservano Ronchetti e Medugno, «la Commissione detta linee programmatiche per incentivare un modello unico e coordinato di gestione dei rifiuti e delle risorse, che sottolinea la necessità di evitare la produzione di rifiuti urbani, di armonizzare la raccolta differenziata in tutta Europa, di limitare i prodotti monouso e promuovere il mercato delle materie prime seconde di alta qualità, oltre che la durabilità dei prodotti26».

26 RONCHETTI T. e MEDUGNO M., La riforma del sistema di tracciabilità dei rifiuti, anche in materia di spedizione transfrontaliere, in Ambiente & Sviluppo, 3/2020, XXVIII, p. 279

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CAPITOLO SECONDO

END OF WASTE

1. Definizione di End of Waste

Il termine End of waste, in italiano cessazione della qualifica di rifiuto, indica un processo di recupero eseguito su un rifiuto, al termine del quale esso cessa di avere tale qualifica ed acquisisce quella di prodotto.

Per End of waste non si intende, quindi, il risultato finale, bensì l’intero processo che consente al rifiuto di tornare a svolgere un ruolo utile come prodotto27.

Il concetto di End of waste costituisce un importante atto di distacco dal concetto per cui «un rifiuto resta per sempre un rifiuto» e di avvicinamento verso una società di recupero e di riciclo28, fortemente auspicata dalla

Thematic Strategy on the Prevention and Recycling of Waste29, adottata

27 MAGLIA S. e MAESTRI L, Che cos’è l’End of Waste?, reperibile al sito https://tuttoambiente.it 28 RÖTTGEN D., La fine del rifiuto (end of Waste): finalmente arrivano le indicazioni di Bruxelles, in Ambiente & Sviluppo, 11/2008, p.26

29 «La politica dell'Unione europea in materia di rifiuti contribuisce a rendere più efficiente l'uso delle risorse dell'UE e a ridurre le ripercussioni negative sull'ambiente e sulla salute nell'intero ciclo di vita delle risorse. La strategia tematica sulla prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti, adottata nel 2005, stabilisce per l'UE un obiettivo di lungo termine, cioè diventare una società fondata sul riciclaggio, che

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dalla Commissione Europea nel 2005, nella quale venivano definite le condizioni necessarie per la cessazione della qualifica di rifiuto, Al Considerando 6 della direttiva 2008/98/CE (direttiva quadro in materia di rifiuti) si legge che «l’obiettivo principale di qualsiasi politica in materia di rifiuti dovrebbe essere di ridurre al minimo le conseguenze negative della produzione e della gestione dei rifiuti per la salute umana e l’ambiente. La politica in materia di rifiuti dovrebbe altresì puntare a ridurre l’uso di risorse e promuovere l’applicazione pratica della gerarchia dei rifiuti».

2. Il recupero dei rifiuti secondo il decreto legislativo 5 febbraio 1997