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Nel parlare della disciplina dell’end of waste non possiamo non menzionare i sottoprodotti, considerando che nella produzione industriale, oltre al prodotto primario, si produce spesso anche un’altra tipologia di prodotti, secondari, che possono poi essere riutilizzati nel medesimo processo produttivo o in un processo produttivo differente. Inizialmente si riteneva che tali prodotti secondari dovessero essere qualificati come rifiuti poiché il possessore tendeva a disfarsene; a seguito della sentenza Palin Granit del 2002 (Corte di Giustizia, sez.VI, 18 aprile 2002, Causa C-9/00) si è iniziata ad operare una distinzione tra residui di produzione, ossia quelle sostanze che in quanto tali non hanno un possibile utilizzo ulteriore (considerati veri e propri rifiuti) ed i sottoprodotti, ossia sostanze e materiali che pur non costituendo lo scopo primario della produzione, «l’impresa intende sfruttare e commercializzare a condizioni per lei favorevoli, in un processo successivo, senza operare trasformazioni preliminari».

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Dalla sentenza Palin Granit la nozione di sottoprodotto si è arricchita giungendo all’attuale definizione disciplinata dall’art. 184-bis del d.lgs. n. 152/2006 che così dispone:

«1. È un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:

a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;

b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;

c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana. 2. Sulla base delle condizioni previste al comma 1, possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché

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specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti. All’adozione di tali criteri si provvede con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in conformità a quanto previsto dalla disciplina comunitaria».

La sostanza o l’oggetto non sarà assoggettata alla normativa in materia di rifiuti a condizione che tali condizioni siano tutte soddisfatte48.

Al quadro normativo si è aggiunto il decreto ministeriale n. 264/2016 che ha come fine principale quello di definire criteri certi, volti ad agevolare gli operatori economici interessati a dimostrare che sono soddisfatte le condizioni generali dell’art. 184-bis del d.lgs. n. 152/2006, definendo alcune modalità per provare la sussistenza delle circostanze di cui ai punti da a) a d) sopra riportati, fatta salva la possibilità di ricorrere con ogni mezzo, ed anche con modalità e con riferimento a sostanze ed oggetti diversi da quelli precisati nel decreto, o che soddisfano criteri differenti, che una sostanza o un oggetto derivante da un ciclo di produzione non è un rifiuto, ma un sottoprodotto.

Partendo dalla provenienza, si richiede che il sottoprodotto derivi da un processo di produzione che assume rilievo sotto due profili:

48 Sui sottoprodotti cfr. LEONARDI R., La qualifica dei residui di produzione ai sensi del decreto ministeriale n. 264/2016: rifiuto o sottoprodotto?, in Rivista giuridica dell’edilizia, giugno 2017, fasc. 3, pp. 89-ss.

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- il sottoprodotto costituisce parte integrante del processo di produzione;

- il sottoprodotto non costituisce lo scopo primario della produzione. Circa il requisito della certezza dell’utilizzo, il produttore o il detentore devono dimostrare la sua sussistenza, assicurando un sistema di gestione del bene dalla produzione del residuo al momento dell’impiego del sottoprodotto, inclusa la fase del trasporto e del deposito dello stesso, per cui devono garantire la separazione dei sottoprodotti dai rifiuti, dai prodotti e da oggetti e sostanze con caratteristiche chimico-fisiche differenti o, comunque, destinati ad un utilizzo diverso. Devono, inoltre, adottare cautele volte ad evitare l’insorgenza di qualsiasi problematica ambientale o sanitaria, oltre a fenomeni di combustione o alla formulazione di miscele pericolose o esplosive, nonché per evitare l’alterazione delle proprietà chimico-fisiche del prodotto devono inoltre, garantirne la congruità delle tempistiche e delle modalità di gestione, considerate le peculiarità e le caratteristiche del sottoprodotto49.

Costituisce elemento di prova dell’esistenza di un sottoprodotto un rapporto contrattuale che impegni il produttore del sottoprodotto, eventuali intermediari ed utilizzatori, indicando sempre le caratteristiche

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tecniche del sottoprodotto, le relative modalità di utilizzo e le modalità della cessione da cui desumere l’utilità economica del sottoprodotto50.

Ulteriore condizione ai fini della definizione di sottoprodotto è l’utilizzo diretto del bene senza trattamenti diversi dalla normale pratica industriale, per cui lo stesso decreto ministeriale n. 264/2016 dispone che «rientrano, in ogni caso, nella normale pratica industriale le attività e le operazioni che costituiscono parte integrante del ciclo di produzione del residuo, anche se progettate e realizzate allo specifico fine di rendere le caratteristiche ambientali o sanitarie della sostanza o dell'oggetto idonee a consentire e favorire, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e a non portare ad impatti complessivi negativi sull'ambiente51».

Per normale pratica industriale si intende, quindi, la totalità delle operazioni ordinarie o di fasi produttive che caratterizza un dato ciclo di produzione di beni52.

Ultima condizione per individuare un residuo di produzione come sottoprodotto è la conformità del prodotto al processo di destinazione ed all’impiego previsto. Ciò deve essere oggetto di un’apposita

50 Decreto ministeriale n. 264/2016, art. 5, comma 4 51 Decreto Ministeriale n. 264/2016, art. 6, comma 2

52 MAGLIA S., La gestione dei rifiuti dalla A alla Z. 500 problemi, 500 soluzioni, 6ª ediz., s.l., Edizioni Tutto Ambiente, 2019, pp. 336-337

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dichiarazione, che deve essere resa nuovamente ogni qual volta vi siano modifiche nel processo di produzione e di destinazione tali da implicare la variazione delle informazioni rese in precedenza53. La norma richiede

che l’ulteriore utilizzo sia legale riferendosi al rispetto dei requisiti riguardanti i prodotti, la salute e l’ambiente. Inoltre, l’impatto ambientale del sottoprodotto non deve essere peggiore, né qualitativamente, né quantitativamente, rispetto a quello provocato da quello dei materiali di cui funge da sostituto54.

Dunque, in conclusione, è possibile che un materiale sia identificato come sottoprodotto e non come rifiuto, a condizione che il soggetto che vuole agire in regime di favore, rispetto a quello dei rifiuti, fornisca la prova della distinzione effettiva, oggettiva e completa dell’impiego produttivo del sottoprodotto e di tutte le condizioni previste dall’art. 184-bis, comma 1 del d.lgs. n. 152/2006.

A titolo di esempio, possiamo prendere a modello il documento ufficiale di Federalimentare del 26 giugno 2006 in cui si fa presente che l’industria della trasformazione alimentare si caratterizza per una significativa produzione di sottoprodotti che dispongono di qualità nutrizionali, chimiche, energetiche ed agronomiche rendendoli utilizzabili in settori

53 LEONARDI R., La qualifica dei residui di produzione ai sensi del decreto ministeriale n. 264/2016: rifiuto o sottoprodotto?, in Rivista giuridica dell’edilizia, giugno 2017, fasc. 3, pp. 89-ss.

54 MAGLIA S., La gestione dei rifiuti dalla A alla Z. 500 problemi, 500 soluzioni, 6ª ediz., s.l., Edizioni Tutto Ambiente, 2019, p. 337

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come la mangimistica, la cosmetica-farmaceutica e come biomasse e fertilizzanti55. In detto documento, leggiamo che «i sottoprodotti

dell’industria alimentare derivano prevalentemente dalla trasformazione di materie prime agricole, caratterizzate da un basso impatto ambientale e da un elevato grado di biodegradabilità. I processi produttivi del settore agroalimentare possono pertanto essere definiti come bio-refining, laddove le risorse vengono separate nelle loro diverse componenti, ciascuna con le sue specifiche caratteristiche di utilità ed applicazioni sul mercato56».

Gestione e utilizzo dei sottoprodotti alimentari trovano, inoltre, una vasta disciplina in norme comunitarie e nazionali che dimostrano la volontà del legislatore di regolamentare coerentemente un rilevante aspetto della catena produttiva agroalimentare e rispondono alle esigenze di sicurezza e qualità, anche ambientale, del processo e del prodotto, basilare priorità strategica dell’Industria alimentare, come testimoniato dal fatto che il

55 «Le principali aree di utilizzo dei sottoprodotti alimentari consistono in:

-Produzione di mangimi per animali da allevamento e da compagnia: (p. e. polpa di barbabietola da zucchero, glutine di mais, cereali impiegati per la produzione della birra, siero del latte, sottoprodotti della trasformazione delle carni).

-Industria farmaceutica e cosmetica.

-Produzione di fertilizzanti e riutilizzo delle terre di pulitura: (p.e., sottoprodotti della trasformazione del grano, della barbabietola da zucchero o dell’industria casearia impiegati come biofertilizzanti per arricchire il suolo; terre di pulitura rimosse da prodotti agricoli al momento della raccolta, cernita e lavaggio e destinate ad usi agricoli o ad altre destinazioni civili).

-Ingredienti alimentari: (p.e., glutine, germe e fibre, utilizzati come ingredienti in altri prodotti alimentari);

-Biocombustibili: derivanti sia da sottoprodotti di origine vegetale (biomasse da barbabietola e cereali, sottoprodotti dell’industria olearia) che animale.», www.federalimentare.it, Sottoprodotti dell’industria alimentare, 26 giugno 2006

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settore marca, tra quelli manifatturieri, il più alto numero di imprese certificate ISO 9001 e ISO 1400157.

13. Sottoprodotti ed End of Waste: confronto tra le due discipline