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LA MATRICE, LA STAMPA E IL LIBRO

48 EDIZIONI REPERITE

34 Edizioni con incisioni Barberini reperite dai saggi

di F. Petrucci Nardelli

14 Edizioni con incisioni Barberini reperite attraverso l’analisi di alcuni manoscritti Barberiniani, materiale d’archivio, ricerche bibliografiche, repertori delle

biblioteche e strumenti di ricerca online

INCISIONI IDENTIFICATE 289

MATRICI USATE 200

126 matrici usate 1 volta 10 matrici usate 3 volte 61 matrici usate 2 volte 1 matrice usata 4 volte 1 matrice usata 7 volte

STAMPE SCIOLTE O IN ALBUM REPERITE ATTRAVERSO I CATALOGHI CARTACEI E ONLINE 167

Esaminando nel dettaglio i dati della tabella qui riportata se ne deduce che: 126 matrici sono state impiegate una sola volta e ognuna delle incisioni si trova in un solo volume, mentre 61 matrici sono state utilizzate per due volte, 10 matrici per tre; 1 matrice per quattro e 1 matrice per ben sette volte.

Inoltre, utilizzando i cataloghi cartacei e online, la ricerca è stata estesa anche al reperimento delle stampe in fogli sciolti o in album nelle collezioni di alcune delle principali

biblioteche di Roma71, del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi e della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Il risultato di questa indagine va ben oltre le aspettative iniziali, poiché è stata rilevata la presenza di 167 esemplari che sono stati visionati e descritti nelle relative schede matrici. Inoltre, svolgendo una ricerca tramite i principali strumenti on line, sono state individuate 37 stampe provenienti da altre biblioteche italiane e straniere.

Dopo tali premesse mi è sembrato opportuno a questo punto del lavoro tracciare un quadro generale delle edizioni nelle quali sono state rintracciate le stampe barberiniane, senza escludere la possibilità che possano esserci altri volumi sfuggiti dalle maglie di questa ricerca.

La storia delle edizioni illustrate dalle stampe tirate dai rami Barberini ha inizio con il volumetto di Teodoro Filippo Di Liagno Horarum fallax mors incertissima rerum attamen horarum cur tibi cura datur (scheda A.1), la cui pubblicazione, secondo lo studioso Gabrieli72 che per primo individuò questo libretto, si presume sia avvenuta a Firenze tra il 1620 e il 1621. L’unico esemplare noto, da me visionato, è conservato presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze e raccoglie ventuno tavole calcografiche di scheletri di animali, tratte dai disegni che il Liagno aveva realizzato nel periodo trascorso a Roma tra il 1614 e 1617, prendendo spunto dalla collezione del noto zoologo Giovanni Faber, al quale è dedicata l’opera. I Barberini, dunque, non furono i committenti delle calcografie73. Attualmente le

lastre che compongono questa serie sono diciannove74, mancano le tavole con lo scheletro dell’istrice e del pipistrello, ma in origine la famiglia doveva essere entrata in possesso di ben venti rami, come testimoniano gli inventari delle matrici conservati nell’Archivio Barberini75.

Alcuni anni più tardi venne pubblicato il volume Memorie sacre delle sette chiese di Roma (scheda C.3) di Giovanni Severano, edito a Roma nel 1630 dal tipografo Giacomo Mascardi. L’opera è corredata da sei illustrazioni calcografiche, due delle quali provenienti dai rami incisi da Matthäus Greuter per la prima edizione di Niccolò Alemanni De

71 Sono state verificate le collezioni di stampe del Gabinetto Disegni e Stampe dell’Istituto Centrale per la

Grafica, il Gabinetto delle Stampe della BAV, la Biblioteca Alessandrina, la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, la Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte, la Biblioteca Casanatense, la Biblioteca della Fondazione Marco Besso, la Biblioteca dell’Archivio Capitolino, la Biblioteca provinciale, la Biblioteca dell’Accademia dei Lincei, l’Istituto francese di Palazzo Farnese, la Biblioteca e l’Archivio dell’Accademia di San Luca, la Biblioteca Angelica, il Gabinetto comunale delle stampe di Palazzo Braschi.

72 Per la datazione e le fonti a riguardo si rimanda al saggio di Gabrieli 1939, pp. 253-260, e alle schede relative

alle matrici della serie.

73 Peter Black nel saggio più recente sull’argomento ipotizza che i Barberini avessero acquistato i rami attorno

al 1629, ma non viene specificata la fonte di questa notizia (Black 2009, p. 347).

74 La serie di riferimento è VIC 1811/1-19 (schede 1- 19).

75 Gli inventari delle matrici sono in BAV, Barb. Lat. 3105, cc. 197r.- 199v.; Barb. lat. 3166, cc. 129r-130v.;

Lateranensibus parietinis (scheda B.2) del 1625. Nello specifico si tratta delle due incisioni raffiguranti i mosaici posti ai lati dell’arcone dell’abside centrale del Triclinio realizzato da papa Leone III76.

L’edizione è stata rintracciata attraverso lo spoglio dell’antico Catalogo topografico della Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele77, ed è inoltre citata in una Nota de’ Rami che si conseruano nella Biblioteca Barberini78 del manoscritto barberiniano 3105.

A distanza di quarantacinque anni da questa prima edizione del Severano, gli stessi due rami con i mosaici del Triclinio leoniano vennero riutilizzati dal tipografo Michele Ercole per il volume Historie delle Chiese di Roma79 (scheda HH.34) pubblicato nel 1675 con dedica al cardinale Francesco Barberini. L’opera presenta anche altre due calcografie che non provengono però dai rami del fondo. Di questo volume, individuato tramite le ricerche bibliografiche, non sono emerse fonti che attestino i pagamenti da parte della famiglia.

Nel 1631 venne data alle stampe la celebre edizione delle poesie di Urbano VIII Maphaei S.R.E card. Barberini nunc Vrbani PP. VIII Poemata (scheda E.5), stampata dal tipografo Andrea Brogiotti, con i caratteri della Stamperia Vaticana, nel Collegio romano dei Gesuiti a Roma. Il volume è impreziosito dalle due belle incisioni di Claude Mellan, su disegni di Gian Lorenzo Bernini, raffiguranti Davide che strangola il Leone, che funge da frontespizio calcografico, e il ritratto di Urbano VIII80. I rispettivi rami si conservano nella raccolta Barberini. L’edizione da me visionata presenta anche una terza stampa con l’immagine di tre laboriose api intente ad arare, non firmata, che però non proviene da una matrice Barberini. I Poemata del 1631 non sono menzionati nel saggio della Petrucci Nardelli del 1985, tuttavia, data la celebrità delle sue incisioni, i riferimenti bibliografici a questa edizione sono diversi81.

Tra le matrici realizzate per il volume dell’Alemanni 1625, vi è una lastra con l’immagine del re Carlo Magno assiso in trono82, tratta dalla pagina miniata posta all'inizio

della Bibbia carolingia dell'Abbazia di San Paolo fuori le Mura, che i Barberini misero nuovamente a disposizione per le Inscriptiones antiquae basilicae S. Pauli ad Viam Ostiensem (scheda L.12), edite a Roma nel 1654 dallo stampatore Francesco Moneta.

76 Le due matrici riutilizzate sono VIC 1839/28 e VIC 1839/29 (schede 23 e 24). 77 BCNR, 18.4.C.2

78 BAV, Barb. lat. 3105, c. 196v. 79 Si veda Scano 2001, pp. 14, 65.

80 Matrici VIC 1822 (scheda 33) e VIC 1823 (scheda 34).

81 I Poemata del 1631 sono citati in Samek Ludovici 1974, p. 202; Galleria Nazionale d’Arte Antica 1989, pp.

279-285; Fagiolo dell’Arco 1999, pp. 233-262; Borea 2009, p. 285.

L’edizione venne curata dal monaco benedettino Cornelio Margarini, che raccolse le iscrizioni cristiane visibili nel XVII secolo nella Basilica ostiense e dedicò l’opera a papa Innocenzo X. Il volume è emerso da una Nota de Libri uenduti, à conto della Lib.a Barberina, il prezzo da quali è calato in mano di Franc:o Velli cominciando l’anno 170183

proveniente dal manoscritto barberiniano 3105, ed è inoltre citato in alcune carte dell’Archivio Barberini, rispettivamente nell’Inventario delli Libri, Protocolli di Lettere, et altro, che si ritroua nelle due soffitte contigue alla Pma Stanza della Libreria Barberina _ Marzo L 1744_84 dell’Indice II 305 e in un Registro de’ Rami… Dell’Eccmo Signor Principe Palestrina85 dell’Indice II 322.

Nel 1657 vedeva la luce un’edizione sulla storia della basilica lateranense De basilica et patriarchio lateranensi libri quattuor (scheda N.12) scritta dal suo canonico Cesare Rasponi che la dedicò a papa Innocenzo X. Il volume, che ho individuato tramite l’OPAC Sbn, venne stampato a Roma da Ignazio Lazzari. Apre l’edizione una bella antiporta calcografica incisa da Giuseppe Testana su disegno di Giuseppe Belloni, mentre il testo è corredato da undici illustrazioni, tre delle quali sono state tirate dai rami Barberini: una Ichonographia della Basilica e del Patriarchio lateranense di Giuseppe Testana, un Prospetto dell’antico edificio di San Giovanni in Laterano di Louis Rouhier, entrambe su disegni di Domenico Castelli86, ed infine una Pianta del Triclinio Lateranense di Matthäus Greuter87, già incontrata nel volume di Alemanni del 1625. Dall’analisi della lastra raffigurante l’Ichonographia era evidente che si fosse intervento sul numero di tavola posto in alto a destra, che non corrispondeva tra l’altro con quello riscontrato nel volume dell’Alemanni del 1625. È questo uno degli esempi in cui la rilevazione di un cambiamento di stato della lastra mi ha indotta ad approfondire la ricerca nella certezza che essa fosse stata riutilizzata per un’altra edizione.

Sempre dall’OPAC Sbn è affiorato il Centumvirale propugnaculum conclusionum canonico-ciuilium (scheda T.20), ossia le conclusioni di Martinho De Mesquita, segretario del cardinale Antonio Barberini, stampate a Roma da Francisco Corbelletti nel 1662. Sul frontespizio compare uno stemma calcografico dei Barberini e subito dopo vi è un ritratto del cardinale Antonio, la cui incisione, di notevole qualità esecutiva, è firmata da Robert Nanteuil. La lastra è confluita nel fondo88.

83 BAV, Barb. lat., 3105, c. 132r./v. 84 Arch. Barb., Indice II, 305, c. 3v.

85 BAV, Arch. Barb., Indice II, 322, c. 390v. Questo inventario è trascritto a pp. 33-36 e 91-94. 86 Matrici VIC 1817/1-2 (schede 110 e 111)

87 Matrice VIC 1839/59 (scheda 31).

Tra le opere di interesse storico-antiquario sovvenzionate dal cardinale Francesco Barberini si ricorda la villa dell’imperatore Adriano a Tivoli pubblicata in Dechiaratione generale della pianta della Villa Adriana (scheda X.24), dal tipografo romano Fabio de Falco nel 1668. Nell’edizione, affiorata da specifiche ricerche bibliografiche sul tema, venne delineata la prima planimetria integrale della villa, la cui realizzazione grafica era stata affidata circa due anni prima all’architetto Francesco Contini, il quale, attraverso le ricognizioni sul luogo e tenendo presente alcuni disegni ligoriani, realizzò undici tavole, poi tradotte in incisione da Baldassare Morone89. Questi rami sono conservati nella raccolta Barberini.

Nel 1674 vennero pubblicate a Roma dagli eredi di Corbelletti, le Conclusiones philosophicae (scheda GG.33) di Gregorio Gallucci, studente dell’Almo Collegio di Capranica, sotto gli auspici del cardinale Francesco Barberini, che mise a disposizione per l’antiporta calcografica una matrice del fondo raffigurante Melissa mutata in api e Florilla in fiori90, che appartiene alla serie utilizzata per i due volumi De Florum cultura del 1633 e

Flora del 1638 del padre Giovanni Battista Ferrari. L’edizione è stata individuata utilizzando gli strumenti di ricerca on line.

Dopo la prima edizione del 1660 della Vita della venerabile madre suor Francesca Farnese (scheda Q.17) di Andrea Nicoletti, stampata da Giacomo Dragondelli, tramite l’OPAC Sbn ne ho rintracciato una seconda del 1678 (scheda KK.37) per la quale questa volta i Barberini si rivolsero al tipografo Michele Ercole. La matrice Barberini raffigurante l’effige di suor Francesca Farnese, incisa da Giovanni Francesco Bonacina su disegno di Pietro da Cortona91, che era apparsa nella precedente edizione, venne nuovamente riutilizzata. L’opera fu commissionata dal cardinale Francesco e dedicata a Lucrezia Barberini D’Este (1628-1699).

L’unica pubblicazione settecentesca da me individuata è l’edizione Vetus Latium profanum (scheda UU.47) di Giuseppe Rocco Volpi, dedicata al cardinale Francesco Barberini junior, dal quale l’autore aveva avuto in concessione i rami per la stampa del volume, mentre era principe di Palestrina Don Giulio Cesare Colonna, sposato a Cornelia Costanza, erede Barberini. L’opera, pubblicata a Roma nel 1743 da Giovanni Battista Bernabò e Giuseppe Lazzarini, presenta dieci illustrazioni92 tirate dalle matrici che i

89 Matrici sono VIC 1836/1-11 (schede 137-147). 90 Matrice VIC 1809/23 (scheda 41).

91 Matrice VIC 1839/39 (scheda 123)

92 Matrici VIC 1813/1-2-3 (schede 98-100), VIC 1813/6-7-8 (schede 103-105), VIC 1839/48-49 (schede 107-

Barberini avevano realizzato per l’edizione di Joseph Marie Suares Praenestes antiquae libri duo (scheda M.13) del 1655 e in aggiunta una nuova calcografia sul frontespizio che però non fa parte del fondo. Tra le tavole pubblicate nell’edizione del Volpi trovò posto anche la stampa con il prospetto del tempio di Palestrina che proveniva da uno dei tre rami che il cardinale Francesco senior aveva ereditato nel 1631 dalla vedova del principe linceo Federico Cesi93, ma che per l’edizione del Suares del 1655 venne scartato. Inoltre, diverse lastre di questa serie presentavano segni evidenti di interventi avvenuti dopo la pubblicazione del 1655, ad esempio l’aggiunta delle iscrizioni in alto o del numero di tavola, che lasciavano supporre un riutilizzo delle lastre per un altro volume. Svolgendo pertanto delle ricerche approfondite sulle antichità prenestine e sulle matrici di Federico Cesi si è pervenuti all’edizione del Volpi.

Infine, per mezzo di specifiche indagini sui soggetti iconografici incisi, sono state individuate tre pubblicazioni ottocentesche riferite al bibliotecario barberiniano Sante Pieralisi.

La prima è una monografia sul mosaico nilotico: Osservazioni sul musaico di Palestrina (scheda W.49) edita a Roma nel 1858 dalla Tipografia Salviucci. Il 31 dicembre dello stesso anno Sante Pieralisi pagò ad un certo Giordani le spese per la sua pubblicazione94. Il testo è accompagnato da sette tavole calcografiche, di cui una realizzata appositamente95, mentre per le altre il Pieralisi si servì delle lastre già esistenti presso la Biblioteca Barberini. Nello specifico egli riutilizzò i quattro rami raffiguranti il mosaico96 che erano stati commissionati nel 1721 dal cardinale Francesco Barberini junior e le due lastre97, sempre relative all’opera musiva, che erano già state pubblicate in Praenestes antiquae libri duo di Joseph Marie Suares del 1655 e in Vetus Latium profanum (scheda UU.47) di Giuseppe Rocco Volpi del 1743. Queste matrici fanno tutte parte della raccolta Barberini. È probabile che il rinato interesse per il mosaico nilotico fosse scaturito a seguito degli avvenimenti di poco precedenti, quando tra il 1853 e il 1855 l’opera venne divisa in ventisette lastre e portata a Roma, poiché la sede che l'ospitava a Palestrina era ritenuta poco idonea. Dopo il restauro a cura di Giovanni Azzurri fu restituito alla sua città per essere nuovamente collocato nel Palazzo Colonna-Barberini.

Il secondo volume legato al nome del Pieralisi è De vita et lipsanis s. Marci

93 Le matrici ereditate dal principe linceo sono VIC 1813/4,5 e 9 (schede 101-103). La lastra del prospetto del

tempio di Palestrina è la VIC 1813/9 (scheda 106).

94 BAV, Arch. Barb., Comp. 739, p. 205. 95 Matrice VIC 1813/17 (scheda 189). 96 Matrici 1813/13-16 (schede 185-188). 97 Matrici 1813/4-5 (schede 101-102).

Evangelistae libri duo (scheda XX.50), che uscì nel 1864 a Roma dalla tipografia del Collegio Urbano. Il testo curato da Agostino Maria Molini è accompagnato da nove incisioni anonime, nelle quali sono presentate alcune immagini della Basilica di San Marco e delle reliquie del suo santo98, i relativi rami sono conservati nel fondo Barberini.

L’ultima edizione individuata è un opuscolo dedicato a donna Teresa Orsini Barberini, principessa di Palestrina: Lettera sopra una cista prenestina in bronzo (scheda YY.51) del 1867, nella quale il Pieralisi fornì un’interpretazione della scena graffita sulla superficie della cista ritrovata nei terreni di Enrico Colonna Barberini di Sciarra. Il rame non firmato, da cui fu tirata la tavola calcografica che riproduce nelle dimensioni originali l’antico oggetto99, è

confluito nella collezione calcografica della famiglia.

2.4 Edizioni con stampe Barberini dal saggio Il cardinale Francesco