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2 Le fonti e la dottrina

68 EE VIII, 742; ILS 105.

69 TARAMELLI1920, p. 348; TARAMELLI1928; Pais, Suppl. Ital., Sardegna e Corsica, I, pp. 99, n. 1;

MELONI1958, n. 3; MELONI1988, p. 469; ILSard., n. 188 = AE 1921, 86.

70 MELONI1958, p. 12 ss.; ripresa poi anche nei lavori successivi, cfr. MELONI1988, pp. 466 ss.;

ILSard., n. 185.

71 Tac., Ann., II, 85, 4; cfr. Ios., AI, XVIII, 81 ss.; Suet., Tib., 36; Dio, LVII, 18. 72 BONELLOLAI1993, p. 167.

Questa ricostruzione ha il pregio indiscutibile di delineare un quadro coerente, in cui, all’azione di repressione romana, corrispose dopo più di un decennio il par- ziale assoggettamento delle tribù dell’interno, parallelamente al riconoscimento di un certo grado di autonomia territoriale delle stesse.

In vero, il dato su cui si fonda l’intera ipotesi ricostruttiva, l’invio di forze legionarie, è privo di riscontri documentari ed è unicamente supposto dall’ambiguo titolo di pro legato. Troppo poco per tradurre le titolature attestate in una periodiz- zazione che costringa la storia istituzionale dell’isola in un quadro di cui conoscia- mo due soli episodi, relativi al 6 e al 19 d.C. In secondo luogo, non è possibile appli- care a tale periodo schemi propri dell’età postclaudiana: una provincia equestre extraegiziana in epoca augustea-tiberiana era e rimane un’eccezione. È da tale assun- to che è opportuno partire per una ricostruzione coerente della dimensione istitu- zionale e politica degli anni successivi alla cosiddetta «militarizzazione» dell’isola, piuttosto che rifarsi a parametri istituzionali propri dell’epoca imperiale più matu- ra, i quali, ancorché meglio conosciuti nelle loro forme applicative, risultano in ulti- ma analisi anacronistici e fuorvianti.

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Evocatus divi Augusti, praefectus civitatum Barbariae in Sardinia

Abbiamo ricordato la straordinarietà della situazione verificatasi in Sardegna nel 6 d.C. e dello stato d’emergenza in cui si trovava Roma in quell’anno. Ciò è oltre- modo interessante se posto in relazione alla titolatura presente nel primo documen- to sopraindicato, recante menzione del prefetto Sex. Iulius Rufus73. La precisazione evocatus divi Augusti, indica senza dubbio che l’Augusto in questione sia Augusto medesimo e prova che il decesso di Sex. Iulius Rufus si verificò dopo la morte del prin- cipe, mentre la sua evocatio avvenne quando l’imperatore era ancora in vita. Considerando che con il termine evocatus Augusti si indicava il militare che, alla fine del regolare servizio, era chiamato a proseguire la ferma, è ragionevole supporre che Sex. Iulius Rufus avesse un’età piuttosto matura, ma fosse ancora in grado di svolgere la sua missione in terra sarda prima di recarsi a Preneste, per ragioni che non cono- sciamo, dove morì certamente dopo il 14 d.C.

Ciò lascia credere che l’incarico sia da porre negli ultimi anni di Augusto, al momen- to in cui il principe assunse il controllo della provincia, il 6 d.C., o in un momento imme- diatamente seguente74. L’invio da parte di Augusto di un evocatus rispondeva direttamen- te ad una situazione di necessità contingente: l’evocatio dipendeva dall’imperatore ed era

73 DEVIJVERPME, I, 114, IV p. 2146.

74 SUOLAHTI1955, p. 366, n. 118: «ante a. 15». La critica successiva ha fornito una datazione ondi-

vaga, compresa fra la fine del principato di Augusto e i primi anni di Tiberio: cfr. LEVEAU1973,

p. 181; THOMASSON1972; ROWLAND1978, p. 166; ZUCCA1984, p. 245; LEBOHEC1990, p. 27

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limitata quasi esclusivamente a soldati di stanza a Roma, in particolare ai pretoriani75, ai quali si chiedeva di prestare servizio in uno specifico contesto senza limiti di tempo. Dione76ci informa che già sotto Augusto tali evocati costituivano una sorta di corpo spe- ciale, destinato ai più diversi e delicati compiti; non essendo inquadrati in centurie, tale corpo mancava di graduati e di un comandante, risultando così essere una milizia assai variegata di ex pretoriani, evocati di volta in volta a secondo di specifiche necessità dell’am- ministrazione, a Roma, in Italia o in provincia77.

Nel caso di Sex. Iulius Rufus si trattò di una missione extra ordinem per la quale Augusto optò per un uomo fidato, un militare d’esperienza, afferente alla sua guardia del corpo ed inviato in Sardinia perché ritenuto adatto al contenimento delle escur- sioni extra Barbariam delle popolazioni autoctone; dal momento che l’evocatio era anteriore alla nomina della prefettura sulla Barbaria, la quale a sua volta necessitava innanzitutto del comando su una coorte ausiliaria, si può presumere che la praefectu- ra civitatum Barbariae fosse stata creata in occasione dell’invio di Iulius Rufus in Sardegna o, in ogni caso, fosse stata istituita in risposta agli accadimenti del 6 d.C., dal momento che, un decennio o due dopo, essa apparirebbe colpevolmente in ritardo.

Le notizie sulla Barbaria non risalgono infatti oltre l’età augustea. Già Pais aveva intuito che fosse da attribuire ad Augusto il mutamento di considerazione verso gli indigeni del centro, da allora non «più chiamati con il nome antico e glorioso di Iolei od Oliensi, bensì con quello dispregiativo di ‘Barbari’ o di ‘Barbaricini’»78. Che la barbarie quale tratto caratteristico di tali tribù fosse un’idea piuttosto diffusa in quegli anni, lo conferma lo stesso Strabone, il quale, dopo aver ricordato che «un tempo questi popoli erano chiamati Iolei», non si esime dal definirli poco dopo sem- plicemente barbari79.

In realtà, sappiamo dai termini confinari che ancora in pieno I secolo d.C. tali popolazioni non avevano di fatto perso le proprie singole denominazioni80. La tito- latura di Sex. Iulius Rufus, al pari della dedica da Forum Traiani81, caratterizza la Barbaria come un’entità territoriale costituita da più civitates82. La citata dedica

75 Secondo SADDINGTON1992a, p. 268 «was an ex-legionary», ma in questo periodo, come peral-

tro anche più tardi, gli evocati sortivano (quasi) esclusivamente dalle coorti pretorie; PASSERINI

1939, pp. 76 ss.; BIRLEY1981, pp. 25 ss.; BRUUN1988, pp. 33 ss.

76 Dio, LV, 24, 8.

77 Se ne veda una rassegna in BIRLEY1981, pp. 25 ss.

78 PAIS1999, I, p. 194.

79 Strab., V, 2, 7.

80 Cfr. GASPERINI1989; BONELLOLAI1993; MASTINO1993b.

81 Sotto, paragrafo 5.

82 Non sappiamo quante civitates facessero parte della Barbaria, la quale doveva essere divisa al suo interno in pagi piuttosto che in oppida per noi del tutto sconosciuti in questo periodo; ZUCCA

2005, pp. 310 s. Certamente la Barbaria romana doveva essere localizzata, almeno in parte, nella regione centrale o centro-orientale dell’isola, da cui oggi la moderna Barbagia; non mi sento di escludere, tuttavia, che anche i Balari fossero compresi fra i Barbaricini, per quanto localizzati

imperiale da Fordongianus, una Bauinschrift posta sub cura del governatore, confer- ma l’idea che tale territorio fosse stato istituzionalmente definito da parte romana83. Si noti, ad esempio, il terminus iscritto nell’architrave di un nuraghe in piena Barbaria84, Ili(ensium) iur(a) in nurac Sessar85 (cioè territorio di pertinenza degli Ilienses del nuraghe Sessar)86che pare accordare la facoltà al populus degli Iliensi di esercitare i propri diritti in un territorio definito: secondo Gasperini, si trattava di una «riserva montana», dove confinare una delle più bellicose tribù della Barbaria87. Dal momento che l’iscrizione dal nuraghe Sessar è databile su base paleografica al I seco- lo d.C., forse alla prima metà, è probabile che sia stata tracciata in una (ri)definitio finium88; di certo è prova di una perpetuazione, per quanto concordata e certamen- te sfavorevole agli indigeni, della situazione instauratasi de facto nel centro dell’isola, rispetto alla quale i Romani optarono per un limitato riconoscimento dello status quo. È perciò da riconsiderare l’affermazione di Pais, troppo sbrigativamente consi- derata scorretta, secondo la quale «il governo delle regioni piane e civili fu separato da quello del centro ove i Barbaricini tumultuavano e rapinavano»89, che, ancorché in parte inesatta, coglie cionondimeno lo scopo ultimo a cui mirava l’istituzione della praefectura civitatum in esame.

Nel capitolo successivo, si dimostrerà come tali prefetture distrettuali, istituite in zone inurbanizzate e/o di recente sottomissione, sorsero in età augusteo-tiberiana quali entità territoriali, noi diremmo distretti, all’interno di una provincia. I prefetti posti a capo di tali circoscrizioni erano nominati dall’imperatore fra centurioni ed ufficiali equestri delle legioni più prossime alla prefettura medesima. L’invio in Sardinia di un evocatus ex praetorio fu pertanto una decisione in linea con tale prin- cipio. Eppure, ad un’analisi più attenta, la scelta di un evocatus potrebbe non limitar- si a semplici ragioni di contiguità geografica, ma seguire una direttiva politica più

più a settentrione (cfr. S, n. 2). Certamente il rinvenimento a Fordongianus della citata dedica imperiale porta a considerare la località assai prossima alla Barbaria, il cui cuore doveva essere situato nella catena montuosa del Gennargentu. Fra i populi che probabilmente davano il nome alle civitates vi erano i noti Ilienses, quindi i Celesitani, i Cusinitani e i Nurritani, tutte tribù la cui denominazione e il cui territorio sono noti grazie al rinvenimento dei termini confinari; BONELLO

LAI1993, pp. 158 ss.; ZUCCA2005, pp. 331 ss. con bibliografia precedente.

83 È utile ricordare che le testimonianze dei secoli successivi confermano un lungo riconoscimento istituzionale della Barbaria (con esempi sino al secolo XII), evidente lascito d’epoca romana, quali l’episcopus Barbariae e il Curatore de Barbaria; ZUCCA1988, pp. 350 s.

84 Nuraghe oggi denominato Aiggu Entos, nel comune di Bortigali, a circa un chilometro dall’abi- tato di Mulargia.

85 AE 1992, 890 = AE 1993, 849 = AE 2005, 57.

86 MASTINO1993b, pp. 509 s.; cfr. inoltre BONELLOLAI1993, pp. 161 ss.

87 GASPERINI1992, pp. 303 ss.

88 Così anche BONELLOLAI1993, pp. 160 ss. che collega questo terminus al medesimo contesto nel

quale venne inciso il terminus del «macigno dei Balari», su cui S, n. 2. 89 PAIS1999, p. 15.

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generale, sulla quale torneremo90, e una più specifica, connessa al ruolo che tale pre- fetto era destinato a ricoprire. È noto che le mansioni affidate agli evocati Augusti abbracciavano un’ampia sfera di competenze, il cui comune denominatore è rintrac- ciabile nell’aspetto logistico oltre che amministrativo91. Per un’epoca così alta, l’evi- denza epigrafica latita, mentre per la piena epoca imperiale92si rammentano due casi, in Africa93e in Macedonia94, nei quali un evocatus fu inviato a sciogliere controver- sie di confine tramite il posizionamento di termini. Non è da escludere, anche alla luce dei citati termini confinari, che sin dall’istituzione la praefectura della Barbaria non fosse finalizzata alla sola repressione armata, per quanto necessaria, bensì e in modo più accentuato, al perseguimento di una politica di contenimento che aveva nella definizione o ridefinizione dei confini di tali populi un obiettivo primario95. Una soluzione che trova paralleli in epoca augustea, particolarmente nelle prefetture alpine96, intese quali strumenti di controllo nel difficile rapporto tra le tribù monta- nare e gli ambiti romanizzati dei fondovalle. Non sappiamo quanto si protrasse l’isti- tuto prefettizio in Barbaria, del quale possediamo una sola attestazione. Tale limite è dovuto alla qualità delle nostre fonti, se non alla natura straordinaria di quest’istitu- zione, nata in seguito agli sconfinamenti dei Barbaricini e quindi esauritasi in segui- to al ridimensionamento di tale minaccia qualche anno dopo.

In relazione ad ulteriori compiti che tali prefetti erano chiamati a svolgere, fra cui la leva delle popolazioni locali, l’iscrizione prenestina in questione offre spunti

90 Vedi paragrafo successivo.

91 Logistico presso gli uffici delle singole legioni, amministrativo nella registrazione degli atti giudi- ziari in ambito civile (ab actis fori), o presso il tribunale del prefetto del pretorio (a quaestionibus); cfr. gli esempi in DERUGGIERO, «DE», II/3, pp. 2174 ss.; per una rassegna più aggiornata BIRLEY

1981, pp. 25 ss.

92 Sebbene del III secolo d.C. e in un ambito decisamente più circoscritto, si tenga presente CIL XI, 6107 = ILS 509 menzionante un evocatus, agens at latrunculum cum militibus n. XX classis

pprr (!) Ravenatis (!), destinato a combattere il brigantaggio lungo la via Flaminia.

93 CIL VIII, 23395 = ILS 5966 = AE 1898, 93 = AE 1999, 1770: [—]L[— ter]/[min]i

Aug[ust(ales)] / positi ex auc/toritate ra/tionalium / per Fabium / Celerem / ev[oc(atum)] / Aug(usti) n(ostri). Per altre ragioni, questo documento è ricordato dal GASPERINI1989, p. 296 per l’iscri-

zione del «macigno dei Balari» (S, n. 2), in relazione al «riferimento non personalizzato (contro l’uso romano) di colui che emise l’ordinanza di fissazione del finis, e che è citato col solo titolo, come auctoritas e basta».

94 CIL III, 586 = CIL III, 12306 = ILS 5947a; di età adrianea, il documento ricorda come in rela- zione alla controversia confinaria (l. 2: de controversiis finium inter Lamienses et Hypataeos) il pro- console avesse adibito alla misurazione dei confini Iulius Victor, evocatus Augusti (l. 3: adhibito a

me Iulio Victore evocato Augusti mensore placet initium / finium).

95 Il territorio lasciato ai Balari e agli Iliensi si inseriva nella categoria dell’ager per extremitatem

mensura comprehensus; era segnato da elementi naturali e da termini e comportava la misurazio-

ne del territorio nel suo complesso, ma non la divisione secondo l’uso gromatico; BONELLOLAI

1993, p. 165. 96 Cfr. Capitolo 1.

interessanti. Non sappiamo se la cohors Corsorum facesse già parte della guarnigione provinciale, o se invece, come credo, essa fosse il frutto dell’arruolamento effettuato ad hoc dal prefetto Sex. Iulius Rufus97. Rimane da chiedersi se con il termine Corsi siano da intendere i Corsi provenienti dall’isola di Corsica o i Corsi citati da Plinio, popolazione sarda situata nella Gallura98. Sappiamo che Ottaviano concesse un bene- ficium in Corsica al populus dei Vanacini, intervenendo a loro favore nella controver- sia che li opponeva dal principio del I secolo a.C. ai coloni Mariani99. I Corsi coman- dati da Sex. Iulius Rufus avrebbero potuto appartenere a questa popolazione. Al pari di altri100, non escludo ciononostante che l’evocatus avesse mosso leva presso i Corsi dell’estremo nord della Sardegna, forse nelle vicinanze dei due centri maggiormente romanizzati del settentrione, Turris e Olbia. Quest’ultima località possedeva il porto più prossimo al continente e, in un’eventuale azione d’emergenza, si sarebbe potuto iniziare dall’arruolamento delle popolazioni presso la Romania olbiense; i Corsi non sarebbero infatti l’unica popolazione sarda che avrebbe mantenuto il proprio etnico nella denominazione dell’unità. All’inizio del II secolo d.C. è testimoniata la cohors Nurritanorum operante in Mauretania101, arruolata presso i Nurritani, civitas situata nell’entroterra isolano102.

L’analisi fin qui compiuta ha portato a constatare che l’autorità romana prov- vide alla delimitazione di un distretto territoriale, situato nella Sardegna centro-orien- tale, a tutela del quale fu preposto un ufficiale di nomina imperiale al comando di una coorte ausiliaria, secondo una modalità d’intervento riconoscibile per la medesi- ma epoca in contesti assai simili. Rimane da comprendere la natura del rapporto che il praefectus Barbariae intratteneva con il governo provinciale. A questo proposito è utile tornare alle parole di Dione.

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Pro legato obtinens

Dione afferma che nel 6 d.C. il governo dell’isola fu sottratto ai senatori per diverso tempo, «e[tesiv tisi»103, e che furono inviati dei soldati con ufficiali equestri

97 Così crede anche BONELLOLAI1993, p. 168; sulla cohors Corsorum, LEBOHEC1990, pp. 27 s.

98 BONELLOLAI1993, pp. 158 s.

99 CIL X, 8038; cfr. ZUCCA1996, pp. 262 ss. e cfr. par. 6 d.

100 SPAUL2000, p. 49.

101 CIL VIII, 20978 = XVI, 56 = ILS 2003 del 107 d.C.; per le altre testimonianze SPAUL2000, p.

51.

102 BONELLOLAI1993, pp. 175 s.

103 Questa soluzione, e[tesiv tisi, è certamente preferibile alla e[tesiv trisiv, che limiterebbe l’azione imperiale a tre anni. Quest’esegesi non è stata accettata né dall’edizione curata da H.B. Foster per la collana Loeb, Dio’s Roman History, London 19804, vol. VI, p. 466, né dai più recenti commen-

tatori di Dione, fra cui SWAN2004, p. 189; a favore di e[tesiv tisi anche MELONI1958, p. 17 e

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come comandanti, «[…] stratiwvtai~ te kai; stratiavrcai~ iJppeu`sin». È evidente l’opposizione terminologica fra i proconsoli, a[rconta, e i comandanti equestri,

stratiavrcai, inseriti nella progressione logica allo stesso livello degli stratiwvtai. Dione si riferisce evidentemente ad una militarizzazione della provincia, che sin da subito vide la dislocazione di più unità comandate dai rispettivi ufficiali, cioè da prae- fecti cohortis (o alae). La notizia dionea trova conferma nell’evidenza epigrafica ed archeologica; oltre all’iscrizione di Sex. Iulius Rufus, recenti studi hanno confermato lo stanziamento in età augusteo-tiberiana presso l’odierna Austis (che richiama il dativo di luogo Augusti), in piena Barbaria, di una cohors Lusitanorum. L’acquisizione di nuovi dati104ha ora reso più consistente la già valida ipotesi basata su di una stele sepolcrale che ricordava un trombettiere della coorte dei Lusitani rinvenuta nella locale necropoli105. Il campo nacque in relazione all’apertura di un deverticulum tra la via da Turris Libisonis a Aquae Ypsitanae (Forum Traiani), di cui rimane traccia documentaria nella citata colonna miliaria del 13/14 d.C. Alla coorte dei Lusitani, si deve aggiungere la cohors III Aquitanorum equitata, arruolata inizialmente nell’Aquitania atlantica e della quale rimangono consistenti documenti epigrafici106. L’unità era acquartierata a Luguido (forse sulla radice celtica Lug-), nel territorio dei Balari e fu preposta al controllo della via Caralibus Olbiam, nonché alla variante di questa tratta, interna alla Barbagia107. L’onomastica dei personaggi, i formulari ed i supporti delle iscrizioni e, in parte, la durata del servizio indicano che il reparto operò nell’isola nella prima metà del I secolo d.C. Secondo Le Bohec, in età giulio-claudia, sotto la minaccia dei popoli della Barbaria, circa otto coorti e alcune navi delle clas- sis Misenensis furono dislocate nell’isola e dei presidi furono creati a Olbia, Luguido,

104 Si tratta di un’iscrizione edita da MASTINO1976 = AE 1978, 376 (proveniente dalla medesima

necropoli nella quale è stato ritrovato l’epitaffio di cui sotto, nota successiva): Iucunda Catu/ronis

l(iberta) annor/um L h(ic) s(ita) e(st) pos/[u]erunt filias(!) / Iulia et Spana / Gratus l(ibertus), per la

quale è stata accertata l’origine lusitana del nome Caturo, su cui ROWLAND1994-1995. Si aggiun-

ga la dedica (CIL X, 7557 = AE 1958, 258) alla dea lusitana A(tecina) T(urobrigensis), posta da un Serbulus probabilmente nel santuario delle vicine Aquae Ypsitanae (Forum Traiani). 105 CIL X, 7884: Ubasus Chi/lonis f(ilius) Nicli/nus tubic<e>n ex coho(rte) Lusi/tan(orum) an(norum)

L / stip(endiorum) XXXI h(ic) s(itus) / est posuer(unt) (h)erede[s] / Faustus Aedi(li) / et l(ibertus) Optatus.

106 Un territorio tanto ampio giustifica in pieno lo stanziamento di un’unità equitata; si veda CIL X, 7596 (località sconosciuta, forse Nostra Signora di Castro); AE 1980, 532 = AE 1982, 438 (N. Signora di Castro); AE 1920, 96 = ILSard. 222 (Bitti); Secondo LEBOHEC1990, pp. 116 s.

di probabile attribuzione a quest’unità è anche AE 1980, 533 = AE 1982, 438 (Nostra Signora di Castro). Un nuovo epitaffio di un miles della coorte degli Aquitani ora in PIRAS2004. Più in

generale, LEBOHEC1990, pp. 23 ss.; SADDINGTON1992a, pp. 266 s.; l’unità venne poi disloca-

ta in Germania almeno dall’anno 74 d.C., SPAUL2000, p. 147.

107 Sull’ubicazione di Luguido, identificabile forse con i Castra Felicia menzionati nel VII secolo d.C. dall’Anonimo Ravennate, DIDU 1980-1981; sull’ipotesi di questo centro quale sede degli

Aquitani, in ordine alla radice celtica Lug-, cfr. PORRÀ-DIDU1978-1979. 02STU_Faoro_02 copia.qxd 15-04-2011 13:27 Pagina 56

Fordongianus e nelle propaggini del Gennargentu108. Il paragone con la guarnigione di fine I-inizio II secolo d.C., composta da due coorti, è in tal senso emblematica109. L’intervento imperiale in Sardegna coincise dunque con un cospicuo aumento delle forze armate. Fra gli ufficiali ad esse preposte, in un tempo compreso fra il 6 ed il 14 d.C., vi fu, come detto, Iulius Rufus, l’unico evocatus di Augusto conosciuto per via documentaria. L’altro ufficiale attestato in epoca augustea in Sardegna110, T. Pompeius Proculus offre a sua volta la prima attestazione datata del titolo di pro lega- to. Questi ufficiali erano solitamente scelti fra gli appartenenti all’ordine equestre e la prolegatura veniva loro assegnata dopo aver rivestito almeno un tribunato, seguito o meno, da altri incarichi111. T. Pompeius Proculus ebbe quasi certamente delegate man- sioni presidiali, come lascia intendere il participio obtinens112e come suggerisce la curatela di una via, competenza che solitamente, ma non esclusivamente113, rientra- va fra le prerogative di un governatore.

A differenza di Sex. Iulius Rufus, T. Pompeius Proculus non è una figura prosopo- graficamente isolata. Conosciamo infatti un C. Pompeius C(ai) f(ilius) Ter(etina) Proculus114, che fu tribuno della XVIII legio annientata nella clades Variana115. La stele sepolcrale urbana che lo ricorda, rammenta che questo cavaliere fu sevir centur(iarum) equit(um), dunque fra i pochissimi equites (cinque su un centinaio di attestazioni) che guidò una turma di cavalieri durante la transvectio annuale116. Di origine italica, come pare dall’iscrizione alla tribù Teretina, C. Pompeius Proculus fu in attività fra il 5 a.C. e

108 LEBOHEC1990, pp. 63 ss.; altri sedi di distaccamenti militari in età augustea sono forse da indi-

viduare nella statio di Bioria e nel campo, oggi andato perduto, di Crastra (Castra); cfr. ZUCCA

1987, pp. 361 ss. In generale sulle unità di stanza in Sardegna, si veda ora con ampia bibliogra- fia IBBA2005.

109 SPAUL2000, p. 525.

110 ILS 105.

111 Sul titolo di pro legato nella storia dell’amministrazione presidiale equestre si veda più estesamente Capitolo 4, paragrafo 3; qui basti ricordare, per l’epoca augustea: CIL V, 3334 = ILS 2677; DEVIJVERPME, B 13; IV, p. 1472; V, p. 2034; ALFÖLDY1984, p. 132, n. 216; DEMOUGIN1988, p.

137, n. 140: P. Baebius Tuticanus, trib(unus) mil(itum) a populo, praef(ectus) eq(uitum) e, quindi, pro

leg(ato); AE 1938, 173 = AE 1939, 261 = AE 1992, 687; DEVIJVERPME, I 148 (aet. Augusti); IV,

p. 1621; V, p. 2153; DEMOUGIN1988, p. 227 n. 266 «dans le premières années du règne de Tibère»;

DEVIJVER1992. T. Iunius Montanus tr(ibunus) mil(itum) VI praef(ectus) equit(um) VI praef(ectus)

fabr(um) II pro leg(ato) II; CIL X, 7351: [---]ius Sex[---] / [equo public]o praef(ectus) fabr(um) [trib(unus) milit(um)] / [le]g(ionis) XII [Ful]minatae pro [legato] / Caesari[s] Cypri.

112 Vedi sotto, paragrafo 5.