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Le procuratele presidial

49 T HOMASSON 1983; F AORO 2009.

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Il procurator presidiale compiva tutte le operazioni connesse al governo pro- vinciale come i colleghi senatori; anzi, ad essere precisi, in quanto procuratore imperiale, la sua sfera di competenze si estendeva al di là delle attribuzioni di un senatore parigrado, essendo delegato all’ambito patrimoniale e finanziario51. In ambito civile, il governatore-procuratore risiedeva in un capoluogo ed aveva al pro- prio servizio una cancelleria che lo coadiuvava nell’azione di governo52; attraverso l’istituto conventuale, amministrava la giustizia; si interessava alla realizzazione o al ripristino di infrastrutture ad uso pubblico53. Quale massima autorità nella provin- cia, era ordinariamente posto al comando delle truppe, cohortes, alae e numeri. Il procuratore concedeva la honesta missio (sebbene formalmente l’interlocutore rimanesse l’imperatore)54attraverso la consueta formula «qui militaverunt sub pro- curatore»55; si occupava inoltre della realizzazione di infrastrutture militari56, della condotta in guerra57e della conclusione di trattati con le popolazioni limitrofe58. La forza a disposizione di ogni singolo procuratore variava a seconda dell’impor- tanza strategica e dell’estensione della provincia. Alla metà del II secolo d.C., in Mauretania Cesariense, fra alae e cohortes, erano stanziati circa 8.500 uomini, pari quasi all’effettivo di due legioni59.

Nei primi tre secoli dell’Impero, il fondamento del potere dei governatori sena- tori era l’imperium, delegato ai legati, proprio dei proconsoli. Quanto ai procuratori, la storiografia moderna ha negato a più riprese che la base delle prerogative dei pro- curatori presidiali fosse l’imperium, così come esso è espresso dai fasces. Un’opinione legittima, verosimilmente corretta, ma eccessivamente ‘repubblicana’ in relazione al tempo ed ai protagonisti. Il problema, inevitabile, sorge nel momento in cui, respin- gendo qualsiasi connessione fra potere dei procuratori presidiali ed imperium, non si è voluto, o potuto, offrire nessuna valida alternativa. La natura della procuratio è rimasta con ciò in larga parte ignota60.

51 HAENSCH2006b.

52 Sotto, paragrafo 4.

53 Per le viae si vedano gli interessanti esempi ben documentati di Sardinia (MELONI1953; BONINU-

STYLOW1982-1983; ZUCCA2002) e delle procuratele delle Alpi (WALSER1986).

54 ECK2003.

55 A volte senza l’indicazione del titolo procurator (cfr. le decine di esempi in RMD I-V); sui diplo- mi come fonte storico-istituzionale, ECK-WOLFF1986.

56 Cfr. fra gli altri, R, n. 2. 57 N, n. 4.

58 MT, nn. 34, 37+38. 59 RMD I, 53.

60 Un esempio è offerto da un’opera dall’ampio respiro come la Storia della costituzione romana, in cui DEMARTINO1974, p. 809, riconoscendo che «i poteri dei procuratori inviati a governare le

province erano abbastanza ampi e non si esaurivano semplicemente nell’amministrazione fiscale o patrimoniale», si limitava a concludere che «non si può pensare che essi fossero investiti di

imperium, come lo erano i legati».

È evidente che una mancata risposta non muta l’evidenza delle prerogative che questi funzionari detennero nell’arco di tre secoli. La provenienza, l’origine prima del potere era l’imperium che il principe possedeva sulle province di sua competenza. Non è infatti possibile, né immaginabile, che esso differisse all’interno delle provin- ciae Caesaris. E dunque, se la fonte, ossia l’imperium del principe, è la medesima, si dovrà convenire che la differenza d’attribuzioni fra le due categorie di governatori imperiali, legati e procuratores, risiedeva nelle modalità, nella forma con cui il potere originario veniva trasferito al rappresentante del suddetto potere.

L’esclusione storiografica dei procuratores presidiali da ogni connessione con l’imperium si può riassumere in tre punti: 1) l’appartenenza di quest’ultimi all’ordi- ne equestre; 2) lo status giuridico dell’esercito, esclusivamente ausiliario, destinato a difendere le province procuratorie; 3) il raffronto con le modalità attraverso le quali si assegnò l’imperium al praefectus Aegypti.

Quanto alla prima obiezione, essa potrebbe essere facilmente superata grazie all’esempio egiziano; ma, come risaputo, nella storia degli studi, l’Egitto romano non ha goduto di un ruolo esplicativo del «sistema Impero», casomai il contrario, divenen- do nel tempo l’eccezione, l’unicum per eccellenza61. Le modalità con le quali venne concesso l’imperium a C. Cornelius Gallus ed ai suoi successori, una lex comiziale, sono eccezionali, ma lo sono a buon diritto: come abbiamo ampiamente voluto dimostra- re, esse sono figlie di un contesto eccezionale ed irripetibile. Il solo fatto che l’istituzio- ne della prefettura egiziana fosse avvenuta all’indomani della guerra civile e ancor prima della creazione delle figure dei legati pro praetore ne evidenzia la singolarità. Ciononostante, la massima carica presidiale in terra d’Egitto non può essere accanto- nata in un particolarismo fine a se stesso, non fosse altro che per la creazione qualche decennio più tardi di una prefettura equestre in un’antica provincia proconsolare, la Sardinia, per la quale è altamente probabile fosse stato seguito un percorso legislativo assai simile. Risulta quindi storiograficamente tanto agevole quanto fuorviante risol- vere la natura del potere procuratorio nello specchio della praefectura Aegypti: agevole, dal momento che si tratta dell’unica carica presidiale equestre per cui conosciamo l’at- to costitutivo; fuorviante, in virtù del momento in cui essa fu istituita.

In questa prospettiva, non possono passare in secondo piano i quasi ottant’an- ni che separano il mandato di Cornelio Gallo dalla prima procuratela presidiale atte- stata. Ciò che era ritenuto istituzionalmente e giuridicamente necessario ancora vivente la Repubblica, difficilmente o, quantomeno, non necessariamente, era senti- to tale in pieno Principato. Il passaggio dal titolo praefectus, di repubblicana memo- ria, al titolo privatistico di procurator è il segno più appariscente di questo processo.

Quanto alla natura dell’esercito, esclusivamente ausiliario, proprio delle provin- ce procuratorie, essa non inficia la qualità del potere procuratorio, per il semplice fatto che il cosiddetto «imperium militiae», la possibilità di comandare legioni, era una facoltà superflua per una categoria di governanti che non disponeva di questa

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tipologia di truppe. Certamente, qualora si volesse restringere il concetto d’imperium al solo comando legionario, non avremmo di che discutere, essendo tale facoltà esclu- sa dalla sfera di competenze di un procuratore presidiale. L’equivalenza tra imperium militiae e imperium in senso lato e onnicomprensivo è stata perseguita ancora in scrit- ti recenti62, senza però essere in grado di soddisfare interamente le riserve sulla natu- ra delle prerogative concesse ai procuratori-governatori. Seguendo l’approccio tradi- zionale al problema, difatti, ci si imbatte in una figura istituzionale, la quale, pur sprovvista di imperium, opera e agisce come un magistrato.

La codificazione giuridica più risalente è contenuta nei brani ulpianei riportati dal Digesto, nei quali si ribadisce che «praeses provinciae maius imperium in ea provin- cia habet omnibus post principem»63. Negli studi in materia procuratoria, questo passo è stato variamente interpretato, quasi esclusivamente in direzione di un ridimensio- namento dell’informazione contenuta. Secondo Pflaum, «le titre de praeses […] symbolise une extension réelle du […] pouvoir»64; per altri65, il praeses provinciae di Ulpiano è da intendere esclusivamente limitato al praeses senatore, ancorché, in un altro luogo del Digesto, si rammenti che «praesidis nomen generale est […] proconsu- lis appellatio specialis est»66.

Quale sia stato il contenuto giuridico dell’imperium secondo i giuristi d’epoca severiana, certamente esso non presupponeva forzatamente l’imperium militiae o comunque il comando su truppe legionarie, giacché, anche dopo i Severi, nulla era mutato nel rapporto esclusivo che legava le province procuratorie alla guarnigione ausiliaria. L’imperium in questione sarà perciò piuttosto da intendere come supremo potere civile, militare, giudiziario che ogni governatore possedeva nella propria pro- vincia, con l’eccezione, ovvia, dell’imperatore.

Quali erano dunque tali poteri? Un carmen epigrafico quanto mai noto, prove- niente dal capoluogo della piccola provincia delle Alpi Graie (Atrectianae), Forum Claudii Ceutronum, riporta le uniche parole direttamente attribuibili ad un procura- tore presidiale67. Il documento citato, una composizione dedicata al dio Silvano, non è certo una summa stilistica fra i carmina epigrafici pervenuteci; il testo, tuttavia, pos- siede una peculiarità che lo rende pressoché unico nel panorama documentario: for- nisce la descrizione dei poteri dell’ufficio presidiale così come essi venivano intesi dal

62 LORETO2000.

63 D. 1.18.4.

64 PFLAUM1950, pp. 116 s.

65 LORETO2000, pp. 37 ss.

66 D. 1.18.1 su cui vedi paragrafo seguente; cfr. MANTOVANI1993-1994, pp. 230 ss.

67 CIL XII, 103 = ILAlp I, 6 = ILS 3528 = AE 1961, 215 = AE 2001, 135: Silvane sacra semicluse

fra[xino] / et huius alti summe custos hor[tuli] / tibi hasce grates dedicamus musicas / quod nos per arva perq(ue) montis Alpicos / tuique luci suaveolentis hospites / dum ius guberno remq(ue) fungor Caesarum / tuo favore prosperanti sospitas / tu me meosque reduces Romam sistito / daque itala rura te colamus praeside / ego iam dicabo mil(l)e magnas arbor[es] / T(iti) Pomponi Victoris proc(uratoris) Augustor[um].

fruitore di tali prerogative, un procurator Augustorum di inizio III secolo d.C., T. Pomponius Victor. L’autore del poemetto prega il dio Silvano di continuare a proteg- gere lui stesso e i propri cari durante il soggiorno nelle Alpi e di ricondurli sani e salvi a Roma e agli itala rura. Il governatore non nasconde il disagio di doversi muovere «per arva perq(ue) montis alpicos», ma è costretto a farlo per ragioni di servizio, chia- rite dal notissimo verso «dum ius guberno remque fungor Caesarum».

Fortuna ha voluto che T. Pomponius Victor non fosse ricordato unicamente per il suo componimento di Aime (Forum Claudii Ceutronum), ma anche per un’altra iscrizione, questa volta dal capoluogo delle Alpi Pennine, Forum Claudii Vallensium (Martigny), circoscrizione al tempo annessa alle Alpi Atrectiane68. Si tratta di una dedica alla Salus69, offerta dai Foroclaudienses Vallenses cum T. Pomponio Victore proc(uratore) [Augusto]rum. Il tragitto che separa l’odierna Martigny da Aime era allora70, come oggi, tutt’altro che agevole. Si possono pertanto comprendere le dif- ficoltà ed i timori espressi dal procuratore. La presenza nei due maggiori centri della provincia di T. Pomponius Victor non può che dipendere dal conventus che il gover- natore era tenuto ad espletare nelle sue funzioni di amministratore della giustizia, di gubernator dello ius71.

La vicenda istituzionale e privata di Pomponius Victor è la più viva e chiara testi- monianza delle prerogative civili, dunque giudiziarie e finanziarie, demandate ad un procuratore presidiale. Per lungo tempo (e ancor oggi per parte della critica)72, le pre- rogative giudiziarie dei procuratori-governatori nei confronti dei cives nel corso del I e II secolo d.C. sono state considerate nulle o assai limitate. La ragione principale risie- deva, oltre che nell’eccessivo costituzionalismo proprio degli studi più datati, dalla menzione sporadica dello ius gladii nella titolatura epigrafica dei procuratori-governa- tori. Quest’evidenza occasionale ha portato alla conclusione che, fra le prerogative concesse ai procuratori presidiali, lo ius gladii fosse un conferimento specifico che l’im- peratore si riservava di assegnare solo in casi particolari e che veniva regolarmente enunciato fra i titoli del governatore. Solo in un imprecisato momento, sotto i Severi, si sarebbe avuta l’estensione di tale prerogativa a tutti i praesides, compresi i cavalieri.

Prima di addentrarsi nella questione, è opportuno soffermarsi brevemente sul significato, reale e supposto, del diritto della spada, dello ius gladii (xivfou~ a[deia)73,

68 Capitolo 5, paragrafo 1.

69 ILGN 20 = ILS 3823 = AE 1897, 75 = AE 1898, 98: Saluti sacrum / Foroclaudien/ses Vallenses /

cum / T(ito) Pomponio / Victore / proc(uratore) [Augusto]/rum. 70 WALSER1986.

71 È verosimile che nel caput della Vallis Poenina egli avesse presieduto il tribunale presso l’audito-

rium, dotato di ipocausto, tabernae e porticato, noto da una Bauinschrift coeva, AE 1945, 124;

cfr. AA, n. 9. 72 DIMARCO1999.

73 Sulla vasta bibliografia in materia prodotta fra il XIX e XIX secolo, si veda MANFREDINI1991; un

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variamente definito «Criminaljurisdiction» 74, «Criminalgewalt» 75, «Recht auf Capitalstrafe»76, «Capitaljurisdiction»77, «Strafrecht»78, «giustizia penale»79, «the spe- cial powers which convey criminal jurisdiction»80, «droit de justice capitale et du pouvoir de condamner à la peine de mines»81, «the power to impose the death sen- tence»82, «alta giurisdizione capitale»83, «l’insieme dei poteri giurisdizionali penali (o almeno di quelli maggiori)»84 o ancora «l’ambito della pubblica disciplina e della repressione d’urgenza»85.

Dione86, in un passaggio di cui abbiamo già detto87, bollato in passato di anacro- nismo88, asserisce con chiarezza che lo ius gladii era assegnato sotto Augusto ai procon- soli, ai propretori e, scrive lo storico, «ou[te ejpitrovpw», cioè alla figura del procurator, che all’epoca non poteva che essere un praefectus. Il passo narra espressamente del dirit- to da parte di un governatore di giustiziare un soldato ed è in linea con la notizia ripor- tata da Giuseppe riguardo al conferimento di tale ius a Coponius, praefectus distrettuale di Giudea89. Sin dai primi anni dell’Impero, dunque, lo ius gladii non era vincolato né ai rappresentanti del ceto senatorio, né alla sola figura del governatore provinciale. Nel medesimo brano, Dione fornisce un supplemento d’indagine, precisando che «quel che è certo», «ouj ga;r o{ti», è che tale diritto era concesso anche ai cavalieri. A riconferma di ciò, sempre Flavio Giuseppe scrive che Cumanus, preposto alla Giudea, mandò a morte un soldato sotto Claudio90: che il cavaliere avesse ricoperto al tempo la carica di prae- fectus distrettuale o di procurator presidiale non muta la conclusione: lo ius gladii era concesso in età giulio-claudia ai membri dell’ordine equestre.

74 MOMMSEN1887, II, p. 267.

75 «P.W.» IX, 2, col. 121. 76 MOMMSEN1887, II, p. 968.

77 MOMMSEN1887, II, p. 267.

78 MOMMSEN1887, II, p. 968.

79 DERUGGIERO, «DE», III, p. 532.

80 JONES1953 = JONES1960, p. 53. 81 PFLAUM1950, p. 117. 82 GARNSEY1968, p. 55. 83 SANTALUCIA1989, p. 103. 84 SPAGNUOLOVIGORITA1990, p. 142. 85 MANFREDINI1991, p. 125.

86 Dio, LIII, 13, 7: a[llw/ ga;r oujdeni; ou[te ajnqupavtw/ ou[te ajntistrathvgw/ ou[te ejpitrovpw/ xifhfo- rei`n devdotai, w|/ mh; kai; stratiwvthn tina; ajpoktei`nai ejxei`nai nenovmistai: ouj ga;r o{ti toi`~ bouleutai`~ ajlla; kai; toi`~ iJppeu`sin, oi|~ tou`qΔ uJpavrcei, kai; ejkei`no sugkecwvrhtai. 87 Capitolo 3, paragrafo 4 e sopra in nota.

88 PFLAUM1950, p. 118.

89 Capitolo 3, paragrafo 5.

90 Ios., AI, XX, 5, 4; certamente un milite ausiliario, cfr. sopra, Capitolo 3 e paragrafo 4, a differen- za di quello che stima JONES1953 = JONES1960, p. 61, secondo cui la concessione dello ius gla-

dii a Cumanus «who would presumably have received it because citizen troops were temporarily

stationed».

Nel caso dei praefecti distrettuali di Giudea, lo ius gladii di cui erano muniti doveva concernere esclusivamente la possibilità di giustiziare un soldato. Le azioni contro i cittadini erano di competenza del governatore, il legato di Siria. Quanto alla possibilità di mandare a morte peregrini, come nel caso di Gesù, tutto lascia credere che non vi fosse alcuna particolare concessione imperiale, ma che tale facoltà fosse insita nel mandato di queste figure presidiali, inviate in distretti piuttosto turbolenti quali la Giudea, la Barbagia sarda, l’Asturia, ecc. Diversamente, è dibattuto se lo ius gladii designasse sin dall’Alto Principato la complessiva giurisdizione criminale (o ca- pitale) del governatore o se, come traspare dagli studi più recenti, esso lo sia divenu- to solo nel tempo, rimanendo, in ogni caso, solo una parte del complesso giuridico su cui si fondava la Kapitalgerichtsbarkeit91. La corrispondenza fra ius gladii ed impe- rium merum è comunque compiuta in età severiana92.

Ad un’analisi delle fonti, è possibile stimare che lo ius gladii concesso ai gover- natori contemplasse sin dal primo Impero illimitati poteri coercitivi verso i peregri- ni e limitati nei confronti dei cives93. Accanto al citato passo (LIII, 13, 6-7), in un

91 ERMANN2001 stima che lo ius gladii inizialmente fosse solo il diritto, delegato dal principe, di

mandare a morte un civile o un militare e non avesse nulla a che vedere con la giurisdizione capi- tale in senso proprio, accezione questa, che lo ius gladii si guadagnò nel corso dell’Alto Impero. GARNSEY1968, p. 52, sostiene che lo ius di uccidere un soldato fosse un aspetto di uno ius capi-

tale più ampio, tanto che con ius gladii si sarebbe sempre inteso il potere di giustiziare un citta- dino, civile o militare. Come giurisdizione illimitata, a partire da Augusto, dei governatori, lega- ti o proconsoli, sui cittadini soldati: MOMMSEN1887, II, p. 270, dove è citato Dio, LIII, 13, 6

(vedi sotto, in nota) e Dio, LIII, 14, 5. Quanto all’interpretazione di Dio, LIII, 13, 6, secondo JONES1953 p. 60, lo ius gladii illimitato dei comandanti militari sui cittadini soldati non avreb-

be avuto nulla a che vedere con la giurisdizione criminale sui civili attribuita ai governatori solo dopo il 212 d.C., chiamata ius gladii o imperium merum in senso atecnico.

92 Cfr. oltre nel testo.

93 Secondo la dottrina più datata, si ebbe una cesura con l’emanazione della constitutio Antoniniana, allorché la possibilità di animadvertere i cittadini venne estesa, tramite costituzione imperiale o senatoconsulto, a tutte le categorie di governatori. Ad un’analisi più approfondita, tuttavia, non sono pochi gli elementi che non trovano spiegazione con una concessione generale di tale prero- gativa solo a partire dal secondo decennio del III d.C. Interessante è l’accusa rivolta a Marius

Priscus, proconsole d’Africa, di aver ricevuto denaro per imprigionare e quindi strangolare un

cavaliere romano, di averne mandato in esilio un altro e di aver condannato all’ultima poena sep-

tem amicorum eius, Plin., Epist., II, 11, 8 e cfr. commento in SHERWIN-WHITE1966, pp. 164 s.

Oltre al caso di santa Perpetua, si veda il martirio di cristiani a Lione nel 177 d.C., Eus., Hist.

Eccl., V, 1, 3 ss.: alla fine del processo, il legato sacrificò i peregrini nel circo, mentre autorizzò la

decapitazione per i cristiani di cittadinanza romana senza mandarli a Roma presso il tribunale imperiale. Ad ogni modo, giacché la lex Iulia de vi publica (D., 48, 6, 7) ammetteva il ricorso al principe contro il magistrato «che avesse ucciso, ordinato di uccidere, avesse torturato, fustigato, condannato, ordinato la carcerazione» di un cittadino romano, è legittimo ritenere che sin dal primo Principato i governatori provinciali fossero dotati di poteri coercitivi verso i cittadini, con- dizione senza la quale la codificazione della provocatio nella suddetta lex apparirebbe quantome-

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altro brano94, Dione afferma che il potere da parte dei proconsoli di mandare a morte era esteso a tutti gli ajrcomevnoi, fossero essi cittadini o militari, escludendo alcune cognizioni che il principe poteva avocare a sé e giudicare personalmente. Il fatto che nel brano si distingua fra «qualitates causae» e «condiciones personae»95, lascia supporre che le prerogative coercitive detenute da un governatore compren- dessero anche i liberi cives Romani.

Tornando alla menzione epigrafica dello ius gladii nella titolatura dei procurato- ri presidiali, Pflaum si domandava «porquoi en effet ne recontrons-nous nulle part un legatus Augusti pro praetore cum iure gladii?»96. Lo studioso individuava nel caratte- re superfluo dell’informazione la ragione del mancato riferimento: lo ius gladii era già insito nell’imperium militare delegato dal principe. La risposta è corretta ma parziale, dal momento che non applica il medesimo criterio anche per le menzioni epigrafiche, in cui lo ius gladii compare a seguito del titolo procurator. Essa si basa sul principio secondo il quale, nell’espressione epigrafica di una carica, non viene mai menzionata una prerogativa o un potere che non sia già insito nella titolatura consuetudinaria con cui è epigraficamente formulata la carica stessa; è chiaro che alla base di questo postu- lato vi sono anzitutto ragioni epigrafiche, diremmo comunicative, in virtù delle quali entrambi gli interlocutori, chi scrive e chi legge, sono al corrente di quale sia la natu-

no superflua. Secondo MOMMSEN1887, II, 1, p. 269 in forza alla lex Iulia de vi, quando il pro-

cesso tendeva all’applicazione di una pena privativa della libertà, il governatore pronunciava la sentenza di condanna sotto forma di proposta all’imperatore. Se si trattava di un crimine capita- le, il governatore doveva astenersi dal sentenziare e doveva inviare l’accusato davanti al tribunale imperiale; JONES1953 = JONES1960, p. 54 s. rileva che se il cittadino non appellava formalmen-

te, il processo e l’esecuzione potevano avere luogo; secondo lo studioso, solo dall’inizio del II secolo d.C., la provocatio formale non era più necessaria e sembra fosse invalsa la pratica di non inviare più gli accusati a Roma, ma di tenerli sotto custodia in attesa della risposta dell’impera- tore per l’esecuzione. Sarebbero tuttavia riconoscibili, nelle fonti, dei casi di usurpazione della

provocatio (JONES1953 = JONES1960, p. 56) o esercizio abusivo dello ius gladii, ma anche casi in

cui l’esecuzione capitale senza provocatio era lecita. A ciò si aggiunga la progressiva tendenza al restringimento nel corso del II secolo d.C. del potere repressivo dei governatori e dell’affievoli-