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2 I praefecti distrettuali nelle fonti epigrafiche

73 S HERWIN W HITE 1939.

74 DEMOUGIN1981.

75 PFLAUM1950, p. 28.

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La duttilità amministrativa, propria di questo genere di distretti, fece sì che ai prefetti fosse a volte assegnato un cumulo di incarichi, conseguente all’ambito territoriale nel quale erano chiamati ad operare. È questo l’esempio offerto dall’ac- cumulo della prefettura delle Baleari e dell’ora maritima della Tarraconense (n. 17), mansione per la quale sappiamo esservi stato un praefectus specifico77. È pro- babile che in tale occasione l’arcipelago fosse stato direttamente interessato da un’attività di brigantaggio o di pirateria, tanto da assegnare al prefetto colà distac- cato anche compiti di controllo costiero altrimenti destinati ad un terza figura. In altre circostanze, la praefectura civitatum è conseguente ad un incarico preminen- te, come nel caso della praefectura ripae Danuvii et civitatum duarum Boiorum et Azaliorum (n. 6), in cui il presidio dell’ansa del grande fiume (epigraficamente in prima posizione) necessitava del controllo sulle popolazioni che vivevano nella regione. Non sempre, tuttavia, una variabile titolatura epigrafica è prova di un incarico straordinario o di un cumulo di cariche. In Egitto, il titolo portato dai prefetti del «deserto di Berenice» è documentato in varie soluzioni, fra cui praefec- tura praesidiorum et montis Beronices (n. 29), sebbene il mantenimento della rete di praesidia del deserto Orientale egiziano sia sempre stata la principale occupazio- ne dei prefetti ivi inviati.

Almeno per tutta l’età giulio-claudia, il prefetto distrettuale era considerato innanzitutto un centurio, un primus pilus, un praefectus alae/cohortis o ancora un tri- bunus militum. Il rango C o CC78che dalla seconda metà del I secolo d.C. andrà a definire il rango delle cariche presidiali equestri non è riferibile, almeno per i primi decenni, a questa categoria di incarichi. Nella maggior parte dei casi, questi prefetti provenivano dall’esercito più prossimo al territorio abitato dalle civitates amministra- te. Ciò chiarisce il legame di subordinazione che tale prefetti detenevano con il comandante della legione da cui provenivano o dal governatore provinciale, qualora distaccati da una provincia con più legioni. Quest’evidenza emerge in modo limpi- do dalla tabella riassuntiva di cui sotto, riferita ad attestazioni comprese fra l’età augu- stea e quella flavia:

77 Cfr. paragrafo 5. 78 Capitolo 5, paragrafo 4.

Tabella 1

Nome Prefettura Grado e unità Provincia o settore

di appartenenza di stanziamento dell’unità di appartenenza

Sex. Pedius Lusianus Raeti, Vindolici, Primus pilus, Germania Inferiore

Hirrutus et Vallis Poenina XXI Rapax

C. Baebius Atticus Civitates Moesiae Centurio, Macedonia

et Treballiae V Macedonica

Antonius Naso Civitas Centurio, Illirico

Colaphianorum XIII Gemina

Marcellus Civitates Maezeiorum Centurio, Illirico

[Daesid]iatum XI Claudia

L. Volcacius Primus Civitates Praefectus, Illirico

Boiorum et Azaliorum cohors I Noricorum

Sex. Iulius Rufus Civitates Barbariae Evocatus Roma

in Sardinia

L. Pomponius Lupus Insulae Baliares Tribunus militum, Tarraconense

IV Macedonica

L. Titinius Glaucus Insulae Baliares Tribunus militum, Tarraconense

Lucretianus VI Victrix

L. Marcius Optatus Asturia Tribunus militum, Tarraconense

II Augusta

Anonimo Commagene Praefectus veteranorum, Siria XII Fulminata

Anonimo Decapolis Praefectus, Siria

ala II Pannoniorum

P. Iuventius Rufus Berenice Tribunus militum, Egitto

legio III Cyrenaica

L. Pinarius Natta Berenice Tribunus militum, Egitto

legio III Cyrenaica

Caesellius Berenice Praefectus, Egitto

ala Gallorum

3

I prefetti distrettuali nelle fonti letterarie

Fra la fine del I secolo a.C. e la fine del I secolo d.C., il distaccamento di uffi- ciali equestri in zone periferiche o marginali dell’Impero era una realtà decisamente secondaria nell’ampio universo delle province romane. Piccoli distretti quali le Alpes Maritimae o la Barbaria sarda erano sconosciuti alla stragrande maggioranza, a Roma come in provincia. Anche in opere di vasto respiro come quella straboniana, in cui si

108 Davide Faoro

dava notizia degli angoli più remoti dell’Impero, vi è un solo accenno a questa subal- terna e secondaria forma di amministrazione militare. Non è forse un caso che la menzione più risalente nella letteratura latina di un prefetto distrettuale sia in un’o- pera onnicomprensiva come la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio. La citazione riguarda le osservazioni ornitologiche di un certo Egnatius Calvinus79, personaggio altrimenti ignoto, il quale affermava di aver visto l’Ibis nelle Alpi, allorché era prae- fectus earum80. Benché parte della critica moderna abbia dubitato di quest’informa- zione81, la probabile genuinità della notizia di Plinio risiede appunto nel titolo di praefectus. Non sappiamo di quale distretto delle Alpi Egnatius Calvinus fosse stato prefetto, probabilmente delle Alpi Marittime, prossime al mare, che furono sottopo- ste all’autorità di un praefectus civitatum sino al 63/64 d.C., quando Nerone conces- se loro lo ius Latii e verosimilmente le elevò a provincia procuratoria82. Plinio, che completò la sua opera fra gli anni 60 e 70 del I secolo d.C., ebbe certamente modo di conoscere, fors’anche in quanto funzionario equestre, la forma attraverso la quale erano stati amministrati i distretti alpini sino allora.

Strabone e Plinio riportano i titoli di u{parco~ tw`n iJppikw`n ajndrw`n e di praefec- tus e non ejpivtropo~ o procurator, non solo o non tanto perché meglio informati, ma poiché entrambi non avevano (Strabone) o avevano solo in parte (Plinio) vissuto la successiva evoluzione che aveva visto la progressiva eclissi (beninteso mai assoluta) di queste forme in favore delle autonome province procuratorie. Essi quindi non sono vittime di quell’«interpretazione attualizzante» propria invece delle fonti più tarde.

La questione non è terminologica, limitata ai titoli, dal momento che quest’ul- timi determinano nella storia dell’amministrazione provinciale, sebbene non in asso- luto, un profondo mutamento istituzionale. L’uso improprio del termine provincia, d’altra parte, è largamente attestato nella letteratura greca e latina sin dall’inizio del I secolo d.C. In tal senso, Velleio descriveva con queste parole le imprese di Tiberio:

At Ti. Caesar quam certam Hispanis parendi confessionem extorserat parens, Illyriis Delmatisque extorsit. Raetiam autem et Vindelicos ac Noricos Pannoniamque et Scordiscos novas imperio nostro subiunxit provincias. Ut has armis, ita auctoritate Cappadociam populo Romano fecit stipendiariam83.

Ancorché la Raetia e la Pannonia non compaiano sotto forma di etnici, il con- testo e la citazione dei Norici, dei Vindelici e degli Scordisci confermano l’idea che si tratti di un’enunciazione delle regioni e dei popoli sottomessi da Tiberio, senza nes-

79 PIR2E 16; «P.W.» V, col. 1996, n. 13.

80 Plin., NH, X; 134: visam in Alpibus ab se peculiarem Aegypti et ibim Egnatius Calvinus praefectus

earum prodidit.

81 Cfr. THOMASSON1984, col. 68, n. 16 «tamen de officio eius dubitare licet».

82 Tac., Ann., XV, 3: eodem anno Caesar nationes Alpium Maritimarum in ius Latii transtulit. 83 Vell., II, 39, 3.

suna pretesa di chiarezza rispetto allo status amministrativo dei singoli territori84. Lo stesso autore, d’altra parte, non avrebbe certo passato sotto silenzio, oppure enuncia- to in maniera tanto imprecisa, un’eventuale costituzione tiberiana della provincia di Rezia. Nell’adulatorio passo di Velleio provincia non possiede alcun significato tecni- co, quanto quello assai vago di territorio conquistato. Questo brano si presta assai bene all’analisi, dal momento che l’autore cita l’annessione del regno di Cappadocia nel 17 d.C. Qui Velleio è più preciso. A differenza di tutte le fonti successive (Tacito85, Svetonio86, Eutropio87, Aurelio Vittore88), che ripetono la formula regnum in formam provinciae redigere, Velleio, unica fonte coeva, riferisce che «[Tiberio]Cappadociam populo Romano fecit stipendiariam». Sappiamo da Tacito89 che, grazie ai proventi della Cappadocia, Tiberio, per sua esplicita ammissione, aveva potuto ridurre la centesima rerum venalium dall 1% allo 0,5%. La Cappadocia, pur non essendo stata elevata, con buona probabilità90, al rango di provincia autonoma, aveva però validamente contribuito con la propria annessione alle casse del fisco, cir- costanza che puntualmente Velleio richiama.

Come detto, il carattere adulatorio di Velleio si traveste in un’anacronistica attualizzazione per gli autori più tardi. Sempre riguardo alla Rezia d’età tiberiana, Tacito91narra che:

secuti exemplum veterani haud multo post in Raetiam mittuntur, specie defendendae provinciae ob imminentis Suebos, ceterum ut avellerentur castris trucibus adhuc non minus asperitate remedii quam sceleris memoria.

Al tempo in cui Tacito scriveva, la Raetia era una provincia da oltre mezzo secolo92. Nella sua vita politica e privata, lo storico non aveva conosciuto che la pro- vincia procuratoria di Raetia, inserita, al pari delle altre amministrazioni equestri, in un sistema nel quale le province procuratorie si intervallavano alle province legata- rie. E così, ancora Tacito, in Oriente come in Occidente, cade nel medesimo erro- re quando parla delle richieste di alleggerimento tributario avanzate da Siria e Giudea nel 17 d.C.: «provinciae Syria atque Iudaea, fessae oneribus, deminutionem tributi orabant»93. Allorché Tacito procedeva alla redazione degli Annales, la Giudea

84 Cfr. Capitolo 5, paragrafo 2. 85 Tac., Ann., II, 42, 4. 86 Suet., Tib., 37, 4; Gaius, 1, 2. 87 Eutr., VII, 11.

88 Aur. Vict., Caes., 2, 3; Epit. de Caes., 2, 8. 89 Tac., Ann., II, 42, 4.

90 Cfr. paragrafo successivo. 91 Tac., Ann., I, 44, 4. 92 FAORO2008a.

93 Tac., Ann., II, 42, 5; secondo GHIRETTI1985, p. 763 si tratterebbe di «due circoscrizioni ammi-

110 Davide Faoro

e la Siria erano già da diversi decenni due province legatarie con due distinte ammi- nistrazioni fiscali94; lo storico, che pur sapeva della presenza in età augusteo-tiberia- na di un cavaliere in Iudaea, stimava che quest’ultima godesse già dell’autonomia provinciale che all’inizio del II secolo d.C. le era stata riconosciuta da tempo. Il motivo risiedeva essenzialmente nell’identificazione del praefectus Iudaeae con la più tarda figura del procurator Augusti provinciae95. Dato che nel II secolo d.C. un prae- fectus presidiale sottoposto all’autorità di un legatus pro praetore, tranne qualche caso, era uno schema per lo più superato, Tacito non poteva che ricondurre l’esperienza all’unica figura che in epoca traianea designava in gran parte dell’Impero un cava- liere con compiti presidiali, cioè il procurator. Che Tacito non avesse ben presente la carica di praefectus distrettuale, è desumibile nondimeno dall’unica attestazione di un praefectus civitatum in Germania. Nel IV libro degli Annali si rammenta una rivolta dei Frisi durante il 28 d.C.96, dovuta al pesante tributo imposto da Druso97, alla cui riscossione, scrive Tacito, era allora preposto «Olennius, e primipilaribus regendis Frisiis impositus». L’esempio offerto dai coevi primipili C. Baebius Atticus98, prefetto nelle Alpi Marittime e Lusianus Hirrutus99, prefetto in Rezia-Vindelicia, lascia validamente supporre che lo stesso Olennius rivestisse in realtà la carica di pre- fetto distrettuale, con il presumibile titolo di praefectus civitatum Frisorum.

A differenza di Tacito, il quale si avvale della realtà istituzionale della sua epoca nel narrare della prefettura di Giudea, Flavio Giuseppe offre un campionario ben più assortito di imprecisioni, contraddizioni, fraintendimenti, in cui puntuali e corretti riferimenti si combinano non di rado con anacronismi ed inesattezze di ogni gene- re. Il problema non è di poco conto, dal momento che, sino a qualche decennio fa, due luoghi del Bellum Iudaicum erano l’unica prova sulla quale si ipotizzava la crea- zione di una provincia equestre di Giudea nel 6 d.C.:

materia fiscale, per tutta la Siria, comprese le prefetture annesse, vi era un unico procurator; cfr. sotto, paragrafo 4. Di diverso avviso LICANDRO2007, p. 47, che in questo passo rintraccia una

prova decisiva a favore della nascita della provincia di Giudea nel 6 d.C. 94 ECK1984 e cfr. ECK1998.

95 Tac., Ann., XV, 44, 3.

96 Tac., Ann., IV, 72: eodem anno Frisii, transrhenanus populus, pacem exuere, nostra magis avaritia quam

obsequii impatientes. Tributum iis Drusus iusserat modicum pro angustia rerum, ut in usus militaris coria boum penderent, non intenta cuiusquam cura, quae firmitudo, quae mensura, donec Olennius, e primipilaribus regendis Frisiis impositus, terga urorum delegit, quorum ad formam acciperentur. Id aliis quoque nationibus arduum apud Germanos difficilius tolerabatur, quis ingentium beluarum feraces sal- tus, modica domi armenta sunt. Ac primo boves ipsos, mox agros, postremo corpora coniugum aut libe- rorum servitio tradebant. hinc ira et questus et postquam non subveniebatur, remedium ex bello. Rapti qui tributo aderant milites et patibulo adfixi: Olennius infensos fuga praevenit, receptus castello cui nomen Flevum; et haud spernenda illic civium sociorumque manus litora Oceani praesidebat. 97 Sulle competenze dei prefetti distrettuali cfr. sotto, paragrafo 4.

98 Sopra, paragrafo 2, n.1. 99 Sopra, paragrafo 2, n. 2.

1) BI, II, 117: Th`" de; ΔArcelavou cwvra~ eij" ejparcivan perigrafeivsh" ejpivtro- po~ th`" iJppikh`" para; ÔRwmaivoi" tavxew" Kwpwvnio" pevmpetai mevcri tou` kteivnein labw;n para; Kaivsaro" ejxousivan

2) BI, II, 8-9: Th`" ΔArcelavou d’ejqnarciva" metapesouvsh" eij" ejparcivan oiJ loipoiv, Fivlippo" kai; ‘Hrwvdh.

A ben guardare, nel complesso degli scritti di Giuseppe questi due brani si ritrovano piuttosto isolati rispetto ad un’incontestabile quantità di indicazioni che va nella direzione contraria. In particolare, la subordinazione del prefetto è chiara nei seguenti passi:

3) AI, XVII, 355: Th'" dΔ ΔArcelavou cwvra~ uJpotelou`" prosnemhqeivsh~ th`/ Suvrwn pevmpetai Kurivnio~ uJpo; Kaivsaro~ ajnh;r uJpatiko;~ ajpotimhsovmenov~ te ta; ejn Suriva/ kai; to;n ΔArcelavou ajpodwsovmeno~ oi\kon.

4) AI, XVIII, 1-4: Kurivnio~ de; tw`n eij~ th;n boulh;n sunagomevnwn ajnh;r tav~ te a[lla~ ajrca;~ ejpitetelekw;~ kai; dia; pasw`n oJdeuvsa~ u{pato~ genevsqai tav te a[lla ajxiwvmati mevga~ su;n ojlivgoi~ ejpi; Suriva~ parh`n, uJpo; Kaivsaro~ dikaiodovth~ tou` e[qnou~ ajpestalmevno~ kai; timhth;~ tw`n oujsiw`n genhsovme- no~, Kwpwvniov~ te aujtw`/ sugkatapevmpetai tavgmato~ tw`n iJppevwn, hJghsovmeno~ ΔIoudaivwn th`/ ejpi; pa`sin ejxousiva/. parh`n de; kai; Kurivnio~ eij~ th;n ΔIoudaivan prosqhvkhn th`~ Suriva~ genomevnhn ajpotimhsovmenov~ te aujtw`n ta;~ oujsiva~ kai; ajpodwsovmeno~ ta; ΔArcelavou crhvmata.

La differenza fra le due coppie di brani è racchiusa nella qualità e nella quan- tità delle informazioni che vengono fornite. Nei primi due l’informazione è essen- ziale e riguarda la provincializzazione dei possedimenti dell’etnarca Archelao. Di per sé non si tratta di un’indicazione sbagliata, semmai eccessivamente sintetica. L’invio da parte di Augusto di un cavaliere munito di ius gladii non è infatti una notizia errata, ma certo non bastevole ad indicare un governatore autocefalo100. Il problema è il medesimo riscontrato per le supposte province di Commagene in Strabone o di Rezia in Velleio e risiede nel valore da assegnare all’espressione con la quale si ammette la riduzione a provincia, da non intendere come creazione di una nuova provincia101. La controprova è che Giuseppe, quando entra nello spe- cifico della questione, non esita a precisare distintamente il fatto che il territorio giudaico era stato annesso (prosqhvkh) alla Siria e fatto oggetto di un censimento da parte del legatus consolare.

Le due coppie di brani sono dunque solo apparentemente contraddittorie, poiché, laddove vi è una menzione en passant di quanto avvenuto nel 6 d.C.,

100 Sotto, paragrafo 4. 101 ECK2008, p. 219 ss.

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Giuseppe ricorda semplicemente che la Giudea fu ridotta allo status di provincia, mentre, quando reputa necessario precisarne il contesto, lo storico riferisce estesa- mente e puntualmente le modalità attraverso le quali avvenne l’annessione. Ne con- segue che fra i vari passi meritino maggiore attenzione quelli più argomentati, cioè quelli in cui si chiarisce il ruolo subalterno della prefettura di Giudea rispetto alla provincia di Siria, condizione che peraltro si palesa in diversi episodi di entrambe le opere. La causa principale è rintracciabile nell’incostante metodo di Flavio Giuseppe, il quale inverte più volte la successione dei fatti, mescola gli avvenimen- ti, salta nessi decisivi per il senso. A cio si aggiunga che Giuseppe non eccelle certo nell’utilizzo della terminologia istituzionale romana102. In particolare rispetto ai titoli assegnati ai cavalieri presidiali di Giudea, possiamo apporre il seguente sche- ma riassuntivo:

102 Da ultimo sull’argomento cfr. ECK2008, in cui sono trattati anche l’uso e le ricorrenze nell’ope-

ra di Flavio Giuseppe dei titoli senatorii. 103 THOMASSON1984, col. 231, n. 1.

104 PIR2A 557; «P.W.» I, col. 1798, n. 1; THOMASSON1984, col. 231, n. 2.

105 PIR2A 686; «P.W.» I, col. 2277, n. 79; THOMASSON1984, col. 321, n. 3

106 THOMASSON1984, col. 321, n. 4. Tabella

Nome Riferimento Titolo assegnato

Coponius103 AI, VIII, 2 Kwpwvniov~ te aujtw/` sugkatapevmpetai

BI, II, 117 tavgmato~ tw`n iJppevwn, hJghsovmeno~ jIoudaivwn th/` ejpi; pa`sin ejxousiva

ejpivtropo~

M. Ambibulus104 AI, XVIII, 3 diavdoco~

Annius Rufus105 AI, XVIII, 32 diavdoco~

AI, XVIII, 33 e[parco~

diavdoco~

Valerius Gratus106 AI, XVIII, 33 e[parco~

AI, XVIII, 177 dioikh``sa~ to; e[qno~

Pontius Pilatus BI, II, 169 ejpivtropo~

AI, XVIII, 35 diavdoco~ hJgemw``n

AI, XVIII, 55 oJ th``~ jIoudaiva~

AI, XVIII, 177 dioikh``sa~ to; e[qno~

Marullus AI, XVIII, 237 iJppavrch~ (segue)

L’utilizzo indiscriminato di e[parco~, iJppavrch~, ejpivtropo~, hJgemw``n, diavdoco~, dioikh``sa~ to; e[qno~ o espressioni cometa; kata; th``n ΔIoudaivan pravgmata dioikhvsa~,

evidenziano la mancanza di attenzione e di conoscenza delle istituzioni romane114. Ritroviamo in tre casi (Cuspius Fadus, Ventidius Cumanus, Porcius Festus) la designa- zione del medesimo personaggio sia come e[parco~ sia come ejpivtropo~.Pontius Pilatus è nominato oJ th``~ ΔIoudaiva~ hJgemw``n, dioikh``sa~ to; e[qno~ed ejpivtropo~.

107 PIR2C 1636; «P.W.» IV, col. 1895, n. 2; THOMASSON1984, col. 232, n. 8.

108 PIR2I 139; «P.W.» Suppl. VIII, col. 528; X, col. 153, n. 59; XXII, col. 2370; BURR1955; PFLAUM

1960-1961, n. 17; BARZANÒ1988.

109 PIR V 250; «P.W.» VIII A, col. 816, n. 7; THOMASSON1984, col. 322, n. 10

110 PIR V 250; «P.W.» VIII A, col. 816, n. 7; THOMASSON1984, col. 322, n. 11

111 PIR2L 354; «P.W.» XXII, col. 220, n. 36; THOMASSON1984, col. 232, n. 12.

112 Cfr. MC, n. 2.

113 PIR2G 170; «P.W.» VII, col. 1325, n. 5; THOMASSON1984, col. 323, n. 14.

114 Cfr. JONES1960, p. 119; ECK2008. Tabella 2

Nome Riferimento Titolo assegnato

C. Cuspius Fadus107 BI, II, 220 ejpivtropo~

AI, XIX, 363 e[parco~ th``~ jIoudaiva~ kai; th``~ aJpavsh~ basileiva~

AI, XV, 406 oJ th``~ jIoudaiva~ ejpivtropo~

AI, XX, 2 ejpivtropo~ th``~ jIoudaiva~

AI, XX, 97 ejpitropeuvonto~

Ti. Iulius Alexander108 BI, II, 223 ejpivtropo~

Ventidius Cumanus109 BI, II, 223 ejpivtropo~

AI, XX, 105 ta; kata; th``n jIoudaivan pravgmata dioikhvsa~

AI, XX, 107 oi} pro; aujtou`` th``~ jIoudaiva~ ejpitropeuvsante~

AI, XX, 133 ejpivtropo~

M. Antonius Felix110 BI, II, 247; 252; 271 ejpivtropo~

AI, XX, 142 th``~ jIoudaiva~ ejpetropeuv~

AI, XX, 162 th``~ jIoudaiva~ ejpetropeuv~

Porcius Festus111 BI, II, 271 ejpivtropo~

AI, XX, 182 diavdoco~

AI, XX, 197 e[parco~

Lucceius Albinus112 BI, VI, 303 e[parco~

AI, XX, 197 e[parco~

Gessius Florus113 AI, XX, 257 ejpivtropo~

114 Davide Faoro

L’epiteto hJgemwvn, riferito a Pilato e a Gessius Florus, possiede tuttavia nell’opera di Giuseppe un significato piuttosto vago, dal momento che è indistintamente asse- gnato sia ad un procuratore fiscale di Siria, sia ai comandanti delle legioni di Varo115. A differenza di Tacito116, Giuseppe si avvale del titolo di e[parco~ e non solo dell’a- nacronistico procurator; è pertanto ragionevole credere che in taluni casi, quantome- no per il periodo antecedente al 44 d.C., lo storico si rifaccia direttamente a fonti attendibili. Lo si deduce da alcuni brani, nei quali l’esattezza con la quale vengono elencate cariche e titoli romani, presuppone necessariamente la citazione puntuale di un documento o di una fonte bene informata117.

Sarebbe tuttavia un errore assegnare all’alternanza di e[parco~ o di ejpivtropo~

un valore utile alla definizione dello status della Giudea dopo il 44 d.C.118, tanto evi- dente risulta il disordine con cui si susseguono i due titoli. È però significativo il fatto che il penultimo cavaliere posto a capo della Giudea prima della seditio del 66 d.C., Lucceius Albinus, personaggio coevo di Giuseppe, sia nominato da quest’ultimo sem- pre e solo e[parco~.