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7. Discussione

7.3. Fattori di rischio ambientali per la salute nel campione trasversale

7.3.2. Effetti sulla salute dell’esposizione a inquinanti atmosferici

Per quanto riguarda i metodi innovativi (modellistica ambientale) per la valutazione dell’esposizione individuale, le analisi multivariate, a differenza dei metodi tradizionali, evidenziano un’associazione tra l’esposizione agli inquinanti atmosferici e un aumento del rischio di sintomi bronchitici e BPCO: in particolare, incrementi unitari di NO2 sono associati ad un aumento significativo del rischio di avere SRC (+6%) nel campione totale (Figura 7.5) e di BPCO (+12%) nei soggetti con età ≤ 64 anni (Figura 7.6). In linea con l’associazione tra la BPCO e gli incrementi unitari di NO2, i soggetti più giovani mostrano anche un aumento del rischio di avere ostruzione bronchiale (+19%) (Figura 7.6). Queste associazioni risultano confermate anche nei modelli multi-inquinante aggiustati per PM e O3 estivo. Contrariamente a quanto riportato in letteratura, non emergono associazioni tra l’esposizione agli inquinanti atmosferici e la BPCO e l’ostruzione bronchiale nei soggetti con età ≥ 65 anni (Lamichhane et al., 2018; Viegi et al., 1999; Bentayeb et al., 2012; Schikowski et al., 2014). Invece, sempre nei soggetti con età più avanzata, l’NO2 in combinazione con PM10 e O3 estivo mostra un effetto protettivo sul rischio di avere la BPCO. Questi risultati non sono stati confermati dalle analisi di sensibilità sui soggetti che hanno Figura 7.7 – Effetti respiratori significativi (% variazione del rischio) dell’esposizione ambientale a traffico veicolare e agli inquinanti ambientali nel campione trasversale stratificato per gruppi di età (≥ 65 anni) (modelli a singolo inquinante e multi-inquinante).

Q = esposizione al traffico veicolare da questionario; S_1km = Modelli di regressione logistica a singolo inquinante a risoluzione spaziale di 1km; S_200m = Modelli di regressione logistica a singolo inquinante a risoluzione spaziale di 200m; M1 = Modelli di regressione logistica multi-inquinante (PM10, NO2, O3 estivo a risoluzione spaziale di 200m); M2 = Modelli di regressione logistica multi-inquinante (PM2.5, NO2, O3 estivo a risoluzione spaziale di 200 m). In grassetto sono rappresentati i valori significativi ( p value ≤ 0.05).

88 -33 -29 -53 -44 -16 -36 -22 -9 -20 Ostruzione bronchiale Sibili Attacchi di difficoltà di respiro Attacchi di asma Diagnosi di asma Rinite allergica Dispnea SRC Diagnosi di BPCO Percentuale (%)

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mantenuto la stessa residenza nel periodo di follow-up, evidenziando inoltre un’associazione con i SRC che non emergeva con le precedenti analisi (Allegato 2).

È ben noto che l’NO2 è un gas irritante per le vie aeree, che si deposita lungo tutto il tratto respiratorio, causando processi infiammatori a livello tissutale attraverso stress ossidativo e nitrosativo (Lamichhane et al., 2018; Buckley & Farraj, 2015). Negli studi epidemiologici l’NO2 è ampiamente utilizzato come un inquinante marcatore del traffico veicolare (Jacquemin et al., 2009a; Hooper et al., 2018; Schikowski et al., 2005; De Marco et al., 2002); tuttavia le nostre analisi mostrano associazioni con l’NO2 ma non con l’esposizione al traffico da questionario.

I nostri risultati concordano con la letteratura per quanto riguarda gli effetti dell’NO2 sul rischio di avere sintomi bronchitici, BPCO ed ostruzione bronchiale (Hooper et al., 2018; Schikowski et al., 2005; Lamichhane et al., 2018; Adam et al., 2015; Schikowski et al., 2014; Sekine et al., 2004). Uno studio su 47357 donne americane con età media di 55 anni, ha evidenziato che l’esposizione a NO2 costituisce un fattore di rischio per tosse cronica (OR=1.06, IC 95% 1.02-1.10) e tosse/espettorato cronico (OR=1.04, IC 95% 1.01-1.08) (Hooper et al., 2018). Lamichhane e colleghi hanno mostrato che l’esposizione a PM2.5 e NO2, stimata mediante modelli land use regression, è associata con il rischio di BPCO, definita in base ai criteri GOLD (Global initiative for chronic Obstructive Lung Disease), e che l’esposizione a PM10 è associata con una diminuzione della funzionalità polmonare, con effetti maggiori sui soggetti anziani (Lamichhane et al., 2018). Il progetto Europeo ESCAPE, il quale ha analizzato 5 coorti europee di popolazione adulta con età tra i 43 e 73 anni, ha mostrato che un’elevata esposizione individuale dei soggetti a NO, NO2 e PM10 derivanti da traffico e stimati mediante la combinazione di campagne di misura, elaborazione di modelli

land use regression e georeferenziazione, è associata ad una diminuzione della funzionalità

polmonare (Adam et al., 2015). Sempre nell’ambito del progetto ESCAPE, uno studio ha indagato l’aumento del rischio di BPCO in 4 coorti europee con età media tra i 43 e 73 anni al follow-up, trovando delle associazioni positive non significative con l’esposizione a PM10, NO2 e NOx (Schikowski et al., 2014). Uno studio su un campione di popolazione femminile di età 30-59 anni nell’area metropolitana di Tokyo ha mostrato che vivere vicino a strade trafficate con concentrazioni medie ed alte di NO2 e PM10, misurate presso le strade con specifici monitori, costituisce un fattore di rischio per un tipico sintomo di BPCO, l’espettorato persistente (OR=1.51, IC 95% 1.11-2.04; OR=1.78, IC 95% 1.26-2.53, rispettivamente) (Sekine et al., 2004). Un altro studio che ha riguardato 4757 donne tedesche

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di età 50-59 anni che vivono in prossimità di strade trafficate ha mostrato che, per ogni incremento di range interquartile della concentrazione di NO2 (16 μg/m3), rispetto al valore medio quinquennale, si ha un eccesso del rischio di sviluppare BPCO del 43% (Schikowski et al., 2005).

L’associazione tra la rinite allergica ed esposizione ambientale nel campione totale viene confermata anche con i metodi innovativi, mostrando un’associazione borderline con il PM10 e PM2.5 a risoluzione spaziale di 1 km, ed un’associazione significativa con il PM10 aggiustato per gli altri inquinanti nei soggetti più giovani; nei soggetti con età ≥ 65 anni tale associazione non viene confermata.

Sebbene molti studi abbiano riportato associazioni tra l’esposizione ad inquinamento atmosferico relazionato al traffico e malattie respiratorie allergiche nei bambini, pochi studi hanno investigato questa associazione negli adulti (Lindgren et al., 2009; Burte et al., 2020). L’esposizione a breve termine è stata associata con l’esacerbazione di rinite, ma l’associazione tra l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico e la rinite è stata scarsamente studiata (Burte et al., 2020; Sompornrattanaphan et al., 2020), riportando risultati contrastanti (Eguiluz-Garcia et al., 2020; Lindgren et al., 2009; Burte et al., 2018; Heinrich et al., 2005), probabilmente anche a causa del peso della suscettibilità genetica in questo tipo di malattie (Baldacci et al., 2015; D’Amato et al., 2018).

Tuttavia è ben noto che l'inquinamento atmosferico provocato dal traffico, in particolare le emissioni diesel, possa riacutizzare le allergopatie respiratorie, mediante i seguenti meccanismi: a) modificando la conformazione o stabilità degli allergeni e aumentandone il potenziale allergenico, mediante processi di ossidazione o nitrazione degli allergeni indotti dagli inquinanti; b) inducendo infiammazione, ovvero determinando l’aumento della permeabilità epiteliale e permettendo alle sostanze inquinanti di superare la barriera mucosale, facilitando così le risposte infiammatorie indotte dagli allergeni; c) esercitando un effetto immunologico adiuvante sulla sintesi di immunoglobuline E (IgE) nei soggetti atopici, influenzando così la sensibilizzazione agli allergeni presenti in aria (Lindgren et al., 2009; Eguiluz-Gracia et al., 2020; D’Amato et al., 2015; D’Amato et al., 2018).

Il particolato atmosferico è il componente maggiore dell’inquinamento dell’aria urbana. Più del 90% viene prodotto dalle emissioni diesel e l’esposizione a questo inquinante, il quale funge da carrier per gli allergeni, risulta associata a sintomi respiratori ed allo sviluppo di un possibile danno a livello polmonare attraverso molteplici meccanismi, tra cui disfunzione

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ciliare, danno alle cellule epiteliali, infiammazione e stress ossidativo (Sompornrattanaphan et al., 2020; D’Amato et al., 2014; D’Amato et al., 2018). Tuttavia, i meccanismi attraverso i quali il particolato atmosferico influenza le malattie respiratorie, come asma e rinite allergica, sono ancora oggetto di approfondimenti (Wu et al., 2018; Sompornrattanaphan et al., 2020).

Dallo studio di Willers e colleghi risulta un’associazione tra l’esposizione a PM10 locale, stimato mediante modelli di dispersione, ed ostruzione nasale e febbre da fieno negli ultimi 12 mesi in campione di popolazione con età 18-80 anni (Willers et al., 2013). Nello studio sono state svolte anche analisi più specifiche sulle particelle, differenziandole in quelle generate da usura del manto stradale (incrementi di 10 µg/m3) e quelle generate da combustione (incrementi di 1 µg/m3) (Willers et al., 2013). I risultati mostrano un’associazione significativa tra l’esposizione ad entrambi i tipi di particelle ed il rischio di avere ostruzione nasale e febbre da fieno (OR=1.40, IC 95% 1.05-2.16; OR=1.09, IC 95% 1.02-1.16, rispettivamente) (Willers et al., 2013). Tra l’altro, uno studio multicentrico europeo effettuato su soggetti con rinite allergica ha mostrato che l’elevata esposizione a PM10, stimata con modelli land use regression e collegata agli indirizzi residenziali, è associata con un aumento della gravità della rinite allergica (Burte et al., 2018). Cesaroni e colleghi riportano un’associazione tra il rischio di avere rinite allergica e l’esposizione a incrementi di quartili di emissioni di PM10, stimati mediante un modello di Trasporto Energia e Ambiente (TEE) sviluppato dall’Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l'Energia e lo sviluppo Economico sostenibile (ENEA), ed incrementi nella concentrazione di NO2 pari al primo quartile, stimati mediante modelli land use regression (OR=1.41, IC 95% 1.17-1.69; OR=1.27, IC 95% 1.06-1.53, rispettivamente) (Cesaroni et al., 2008). Nell’ambito dello studio multi-centrico European Community Respiratory Health Survey (ECRHS) non sono emerse associazioni tra l’esposizione a PM2.5, misurato mediante centraline ed il rischio di aumento della sensibilizzazione allergica in un campione di popolazione di 26-59 anni (Bedada et al., 2007).

Contrariamente a quanto emerso con l’esposizione al traffico veicolare, i metodi innovativi evidenziano un effetto protettivo sull’asma e sintomi dell’asma nel campione totale e stratificato per gruppi di età (Figura 7.5; Figura 7.6; Figura 7.7). L’esposizione a incrementi unitari di PM10 e PM2.5 è associata ad una riduzione del rischio di avere sintomi asmatici nel campione totale, confermati in parte anche dai modelli multi-inquinante. Nei soggetti più giovani (Figura 7.6), risultano associazioni negative tra l’esposizione a PM e O3 estivo e gli

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attacchi di asma e di difficoltà di respiro, confermate dai modelli multi-inquinante, mentre nei soggetti con età più avanzata (Figura 7.7) risultano associazioni negative tra PM e NO2 con diagnosi di asma, e tra PM e attacchi di asma e sibili. L’effetto dell’NO2 sull’asma emerge anche nei modelli multi-inquinante, mentre l’effetto del PM10 sui sibili emerge solamente nel modello multi-inquinante.

L’effetto protettivo ottenuto può essere legato a diversi fattori. In uno studio epidemiologico svedese risulta che l’esposizione a PM10 trasportato a lungo raggio ha un effetto protettivo sul rischio di avere sintomi asmatici (Willers et al., 2013). Willers e colleghi spiegano il risultato sostenendo che i soggetti che sviluppano problemi respiratori potrebbero scegliere di allontanarsi da aree altamente inquinate, risultando così un possibile effetto protettivo dell’inquinamento atmosferico (Willers et al., 2013). Il trattamento dei soggetti con diagnosi di asma non può infatti prescindere dall’educazione sanitaria del paziente che deve essere in grado di evitare i fattori di rischio e di riconoscere i sintomi asmatici rispetto alla popolazione generale (Doiron et al., 2017; GINA, 2020). Vari programmi di educazione dei soggetti asmatici si sono dimostrati efficaci nel migliorare il controllo dell’asma. Mirabelli e colleghi hanno stimato che al 76.4% degli adulti con asma è stato insegnato come comportarsi durante un attacco di asma e al 65.6% è stato insegnato a riconoscere i sintomi di un attacco di asma (Mirabelli et al., 2015). Meno frequenti risultano gli interventi educativi riguardo ai benefici legati ai cambiamenti nell’ambiente abitativo, scolastico o lavorativo al fine di migliorare l’asma (Mirabelli et al., 2015).

L’effetto protettivo risulta essere più robusto nei soggetti più giovani rispetto a quelli con età più avanzata, probabilmente anche a causa di una maggiore aderenza al trattamento e quindi di un maggior controllo dell’asma e dei sintomi correlati. Nello studio di Mirabelli e colleghi, infatti, è stato evidenziato che l’educazione dell’autogestione dell’asma e dei sintomi asmatici diminuisce all’aumentare dell’età d’insorgenza della malattia: i soggetti che hanno sviluppato l’asma tra 65-93 anni apprendono meno le pratiche di autocontrollo della malattia rispetto ai soggetti che l’hanno sviluppata tra i 5-14 anni (Mirabelli et al., 2015). È possibile, inoltre, che i soggetti più giovani, avendo un diverso pattern di attività giornaliere caratterizzate da un maggior numero di ore trascorse all’esterno rispetto ai soggetti con età più avanzata, ricorrano ad un maggior utilizzo di farmaci anti-asmatici a scopo preventivo, oppure, se residenti in aree inquinate, si trasferiscano più frequentemente in aree meno inquinate.

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È pure vero che diversi studi mostrano associazioni significative tra l’esposizione agli inquinanti e l’aumento del rischio di avere asma e sintomi asmatici (Cai et al., 2017; Doiron et al., 2017; Bowatte et al., 2016). Tuttavia, nonostante ci siano evidenze dell’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla mortalità respiratoria e l’esacerbazione di asma, le indagini epidemiologiche sulla relazione tra l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico ed il rischio di avere asma, sibili e difficoltà di respiro negli adulti presentano risultati contrastanti, probabilmente anche a causa delle differenze nella suscettibilità genetica individuale (Doiron et al., 2017; Bowatte et al., 2016).

Nei nostri risultati l’effetto combinato dell’inquinamento atmosferico (Modello 1: PM10, NO2 e O3 estivo) fa emergere un’associazione borderline tra l’esposizione a NO2 e un aumento del rischio di avere sibili (+8%) nel campione totale (Figura 7.5), in accordo con la letteratura (Doiron et al., 2017; Bowatte et al., 2016). È noto che i sintomi respiratori, come sibili e difficoltà di respiro, siano indicatori di infiammazione delle vie aeree associata a malattie croniche respiratorie, come l’asma (Doiron et al., 2017). Nel contesto del programma BioSHaRE, uno studio congiunto su coorti britanniche ed olandesi di età media 42 e 56 anni rispettivamente, ha mostrato che l’esposizione media annuale a NO2 è associata significativamente a sibili (OR=1.11, IC 95% 1.05, 1.18) (Doiron et al., 2017). Uno studio su un campione di popolazione australiano di età media 44.8 anni ha mostrato che l’esposizione a incrementi interquartili di NO2 è associata ad un aumento del rischio di atopia (OR=1.14, IC 95% 1.02-1.28) e sibili correnti (OR=1.14, IC 95% 1.02-1.28) (Bowatte et al., 2016).

In conclusione, dai nostri risultati l’esposizione agli inquinanti atmosferici sembrerebbe mostrare un effetto maggiore sui soggetti più giovani rispetto a quelli con età più avanzata. Tuttavia, le analisi di sensibilità confermano, anche negli anziani, il ruolo dell’esposizione agli inquinanti atmosferici quale fattore di rischio per la salute respiratoria ed in particolare per i SRC (Allegato 2). Infatti gli anziani sono ritenuti essere una delle categorie più a rischio per gli effetti dell’inquinamento atmosferico, a causa della loro maggiore suscettibilità (Bentayeb et al., 2012; D’Amato et al., 2015; Simoni et al., 2015). L’invecchiamento è associato ad un declino delle difese immunitarie e della funzione respiratoria, ad un aumento delle comorbidità e della predisposizione alle infezioni respiratorie (Bentayeb et al., 2012; Simoni et al., 2015).

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7.4. Fattori di rischio ambientali per la salute nel campione longitudinale