4. Effetti sulla salute dell’inquinamento atmosferico
4.1. Effetti respiratori cronici
4.1.4. Inquinamento atmosferico e morbosità degli effetti respiratori cronici
A livello globale, lo studio Global Burden of Disease 2017 ha stimato che i DALYs attribuiti all’inquinamento atmosferico sono stati 147 milioni per tutte le cause (GBD, 2018b). Di questi, 83 milioni sono stati attribuiti all’inquinamento outdoor da particolato (GBD, 2018b). In particolare, all’inquinamento outdoor da particolato sono stati attribuiti 18.5 milioni di DALYs per infezioni delle vie respiratorie inferiori e 16 milioni per BPCO (GBD, 2018b). Dal 2007 al 2017, in termini di DALYs per l’inquinamento da particolato, è stato osservato un aumento del 13% per tutte le cause, una diminuzione del 17% per le infezioni delle vie respiratorie inferiori e un aumento del 23.5% per la BPCO (GBD, 2018b). Per quanto riguarda l’inquinamento outdoor da ozono, questo è risultato responsabile di 7 milioni di DALYs per la BPCO, con un aumento del 16.4% dal 2007 al 2017 (GBD, 2018b).
Lo studio Global Burden of Disease 2015 ha stimato che l’esposizione a lungo termine a PM2.5 ha determinato 101.3 milioni di DALYs nel 2015, mentre l’esposizione a O3 ne ha determinato 4.1 milioni (Cohen et al., 2017).
L’OMS ha stimato che il 22% dei DALYs sia attribuibile all'ambiente (WHO, 2016). Dal rapporto OMS del 2016 si evince che nel 2012 l’inquinamento dell’aria ambiente è stato responsabile del 9% di DALYs per BPCO mentre nel 2010 l’ozono del 3.1% (WHO, 2016). L'esposizione all'inquinamento atmosferico legato al traffico è stata associata al peggioramento dell'asma e al respiro sibilante (Thurston et al., 2017). Una recente revisione ha riportato evidenze "sufficienti" per concludere che l’esposizione all’inquinamento atmosferico prodotto dal traffico provoca sintomi respiratori ed esacerbazioni nei bambini con asma (Thurston et al., 2017).
Per quanto riguarda la rinite allergica, diversi studi hanno indicato che il tasso di prevalenza di questa malattia è in aumento, in particolare nei paesi industrializzati (WAO, 2013; Burte et al., 2018; D’Amato et al., 2010; Bedada et al., 2007). Questo aumento risulta essere troppo rapido per essere attribuito unicamente a modificazioni genetiche intercorse nelle
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popolazioni, facendo ipotizzare un’influenza delle abitudini di vita di tali popolazioni sullo sviluppo delle malattie allergiche (Baldacci et al., 2015; Bedada et al., 2007; De Marco et al., 2002). Numerosi studi epidemiologici hanno suggerito una relazione potenziale tra l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico ed il trend di aumento delle malattie allergiche (Baldacci et al., 2015; Bedada et al., 2007; De Marco et al., 2002). Tuttavia, vi sono alcune evidenze scientifiche che non confermano tale ipotesi (Bedada et al., 2007; Burte et al., 2018; Heinrich et al., 2005). Un ruolo importante sembra averlo anche il cambiamento climatico, mediante un’azione sull’inquinamento atmosferico che determina un peggioramento della qualità dell’aria, e mediante un’alterazione della disponibilità e distribuzione degli allergeni di origine vegetale e da miceti (D’Amato et al., 2015; Eguiluz- Gracia et al., 2020).
A livello europeo, lo studio multicentrico SAPALDIA (Swiss Study on Air Pollution and
Lung Diseases in Adults) ha mostrato un’associazione fra l’esposizione a lungo termine a
inquinanti e decremento nella funzione polmonare sia in soggetti con sintomi respiratori sia negli asintomatici (Zemp et al., 1999). Nello studio trasversale, la concentrazione media annua di NO2, TSP (Total Suspended Particles) e PM10 è risultata associata positivamente con la prevalenza di espettorato cronico, tosse o espettorato cronico, mancanza di respiro durante il giorno, mancanza di respiro durante il giorno o la notte e dispnea da sforzo nei non fumatori (Zemp et al., 1999). Per quanto riguarda l’O3, non sono state trovate associazioni (Zemp et al., 1999). Ad un incremento di 10 µg/m3 di PM10 corrispondeva un incremento del 35% nella prevalenza di espettorato cronico, del 27% nella tosse o espettorato cronico, del 50% nella mancanza di respiro durante il giorno, del 33% nella mancanza di respiro durante il giorno o la notte, del 32% nella dispnea da sforzo (Zemp et al., 1999). Lo studio trasversale eseguito dal 1985 al 1994 in Germania su un campione di 4757 donne di 50-59 anni che vivono in prossimità di strade trafficate ha mostrato che, ogni incremento di range interquartile della concentrazione di PM10 (7 μg/m3) e di NO2 (16 μg/m3), rispetto al valore medio quinquennale, è associato ad un aumento del rischio di sviluppare BPCO del 33% e 43%, rispettivamente. Inoltre, le donne che vivono a meno di 100 metri dalle strade trafficate hanno un decremento significativo della funzionalità polmonare rispetto alle donne residenti a distanza maggiore (Schikowski et alii, 2005).
Uno studio trasversale svolto in Scozia ha dimostrato che vivere in un’area rurale, rispetto all’area urbana, è associato a una minore frequenza di asma, tosse cronica, espettorato
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cronico, mancanza di respiro, sibili e attacchi di difficoltà di respiro con sibili (Iversen et al., 2005).
In Svezia, uno studio trasversale ha trovato un’associazione fra l’esposizione a lungo termine al traffico e la prevalenza di asma allergica e rinite allergica; ciò non si manifesta con asma e rinite non allergiche (Lindgren et al., 2009).
Uno studio di coorte danese su circa 54.000 anziani ha recentemente messo in evidenza un’associazione tra rischio di ricoveri per asma ed esposizione a lungo termine a NO2 (Andersen et al., 2012).
Nel progetto ESCAPE è stata valuta l’incidenza di asma in un campione di popolazione adulta appartenente a 8 paesi europei, con un follow-up di 10 anni (Jacquemin et al., 2015). I risultati suggeriscono un effetto negativo seppure non significativo dell’inquinamento dell’aria sull’incidenza di asma negli adulti (Jacquemin et al., 2015).
Nel follow-up di 12 anni sul campione di popolazione francese precedentemente descritto, i ricoveri ospedalieri per cause respiratorie sono risultati associati a PM2.5, PM10 e NO2 mentre nessuna relazione significativa è stata osservata con l’O3 (Sanyal et al., 2018).
A livello italiano, il progetto multicentrico SIDRIA2 (Studi Italiani sui Disturbi Respiratori nell'Infanzia e l'Ambiente) effettuato in 12 città italiane, ha stimato gli effetti sulla salute dell’esposizione a traffico su bambini ed adolescenti (Migliore et al., 2009). Dallo studio risulta che la densità di traffico è associata debolmente con sintomi di asma ma l’associazione risulta essere maggiore se l’asma è accompagnata da tosse o espettorato (Migliore et al., 2009). L’associazione più forte è stata trovata per tosse o espettorato con il traffico pesante, sebbene sia stato trovato un effetto indipendente anche del passaggio continuo di traffico veicolare (Migliore et al., 2009).
A livello locale, nel citato studio condotto su un campione di popolazione generale residente nell’area di Pisa/Cascina sono state osservate associazioni in coloro che vivono a meno di 100 metri dalle strade trafficate rispetto a coloro che vivono a distanza maggiore: i maschi avevano un rischio significativamente più elevato di avere sibili persistenti (76%), diagnosi di BPCO (80%) ed ostruzione bronchiale (107%); le femmine mostravano un incremento significativo del rischio di avere dispnea (61%), atopia (83%), diagnosi di asma (68%) e attacchi di difficoltà di respiro con sibili (67%) (Nuvolone et al., 2011).
Più recentemente, gli stessi autori hanno mostrato come la residenza in area urbana (Pisa) rispetto alla residenza in area suburbana (Cascina) sia un fattore di rischio per incremento di
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rinite allergica (19%) e sintomi/diagnosi di BPCO (30% espettorato cronico e 54% BPCO) (Maio et al., 2016).
Confrontando due campioni di popolazione generale italiana residenti in aree a differente livello d’inquinamento (area rurale del Delta Padano meno inquinata e area urbana di Pisa più inquinata), è emersa una più elevata prevalenza di sintomi (dispnea, sibili, difficoltà di respiro) e malattie respiratorie (asma e bronchite cronica) nei soggetti residenti nell’area urbana, i quali hanno riportato anche un maggior rischio di iper-reattività bronchiale rispetto ai soggetti residenti in area rurale (Viegi et al., 1999; Maio et al., 2009).
Maio e colleghi, nello studio longitudinale con follow-up di 18 anni sul campione residente a Pisa (due indagini: 1991-1993 e 2009-2011), hanno riportato un’associazione significativa fra l’esposizione al traffico veicolare e l’aumento di rischio di incidenza di BPCO (140%), rinite allergica (80%) e attacchi di asma (120%) (Maio et al., 2019). Più recentemente, nell’ambito del progetto BEEP (Bigdata in Epidemiologia ambiEntale ed occuPazionale), è stata valutata l’incidenza di sintomi/malattie respiratori sullo stesso campione di Pisa, con un particolare focus sui soggetti residenti allo stesso indirizzo in entrambe le indagini (1991- 1993 e 2009-2011). I risultati mostrano un’associazione tra incrementi di 1 µg/m3 nella media annua di PM2.5 e gli aumenti di rischio di sviluppare rinite (125%) ed espettorato cronico (317%) e tra incrementi di 1 µg/m3 nella media annua di PM10 e l’aumento di rischio di sviluppare BPCO (196%) (Fasola et al., 2020).