7. Discussione
7.5. Limitazioni e punti di forza
Il presente lavoro di tesi utilizza un approccio innovativo nell’epidemiologia ambientale, utilizzando dati di inquinamento a risoluzione spaziale elevata, stimati da precedenti studi mediante metodologie statistiche avanzate (machine learning), per valutare l’esposizione a livello individuale, esprimendo quindi condizioni di inquinamento locali e superando così i problemi relativi alla copertura spaziale e interpolazione che si verificano utilizzando solamente i dati provenienti da stazioni di monitoraggio. Per quanto riguarda i dati di PM, precedenti studi hanno dimostrato l’accuratezza dei dati misurati dalle centraline e quelli stimati mediante modellistica (Stafoggia et al., 2019). Tuttavia, gli inquinanti a risoluzione spaziale di 1 km e 200 m sono stati stimati con due metodologie differenti, causando una possibile discrepanza nella valutazione degli effetti sulla salute.
La valutazione dell’esposizione ambientale individuale, considerando solo quella agli inquinanti outdoor sulla base dell’indirizzo residenziale, introduce una sottostima dell’esposizione, in quanto non vengono considerate l’esposizione dei soggetti agli inquinanti indoor ed il pattern di attività del singolo individuo durante la giornata. Comunque, in letteratura è stato mostrato, per quanto riguarda i PM, che l’inquinamento
indoor e outdoor sono fortemente correlati (Guo et al., 2018).
Un’ulteriore limitazione riguarda l’utilizzo di dati ambientali successivi (2013) ai periodi di raccolta dei dati sanitari (1991-1993; 2009-2011). D’altra parte, per alcuni inquinanti come PM2.5 e O3, i sistemi di monitoraggio sono stati installati abbastanza recentemente in Italia, quindi non sono stati disponibili dati di monitoraggio prima di tale data (Fasola et al., 2020). Analogamente a quanto riportato da Fasola e colleghi per i dati di PM (Fasola et al., 2020), abbiamo ipotizzato che le differenze relative (contrasti spaziali) nei livelli medi di esposizione agli inquinanti tra le varie aree (indirizzi residenziali) siano rimaste approssimativamente costanti rispetto ad una diminuzione della media di concentrazione degli inquinanti nel periodo 1991-2011 (periodo intercorso tra l’inizio di PI2 ed il termine di PI3). Fasola e colleghi hanno effettivamente dimostrato che le differenze relative tra i
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trend temporali di concentrazione media annuale dei PM dal 2011 al 2015, in 10 aree
residenziali selezionate casualmente, rimangono approssimativamente costanti negli anni (Fasola et al., 2020). Pertanto, si può assumere che per l’esposizione risultano essere più rilevanti le variazioni di concentrazione degli inquinanti a livello spaziale rispetto alle variazioni temporali: i soggetti più esposti rimangono tali nonostante vi sia una diminuzione delle concentrazioni degli inquinanti nel tempo. Questa ipotesi è rafforzata da studi precedenti (Hoek, 2017; Schikowski et al., 2014; Downs et al., 2007; Laden et al., 2006; Jacquemin et al., 2009a). Come riportato da Hoek, la stabilità dei contrasti spaziali dell’inquinamento atmosferico è un presupposto necessario per l’applicazione di modelli recentemente sviluppati per l’esposizione a lungo termine (Hoek, 2017). Lo stesso autore osserva che, per gli inquinanti relazionati al traffico, la stabilità spaziale può essere prevista (Hoek, 2017). Inoltre, anche nell’ambito del progetto ESCAPE è stata fatta l’assunzione che i pattern spaziali all’interno della città rimangano costanti nel corso degli anni, anche quando le concentrazioni medie degli inquinanti cambiano nel tempo (Schikowski et al., 2014).
Pattern tra città similari sono stati osservati anche nelle coorti degli studi SAPALDIA e Harvard Six Cities (Downs et al., 2007; Laden et al., 2006). Inoltre, anche nello studio
ECRHS, gli autori usano le stime dell’inquinamento atmosferico solo al tempo della seconda indagine al fine di valutare la relazione con l’incidenza degli outcome respiratori (Jacquemin et al., 2009a).
Per quanto riguarda l’esposizione al traffico veicolare, come detto precedentemente, sono stati utilizzati i dati relativi a PI3, in maniera da poter confrontare i risultati con quelli relativi all’esposizione ambientale agli inquinanti stimati per l’anno 2013.
Tuttavia, nonostante i dati ambientali utilizzati siano successivi alle indagini epidemiologiche, e quindi abbiano concentrazioni presumibilmente minori rispetto agli anni passati (confrontati ai dati ARPAT), i risultati riescono ad evidenziare associazioni con gli
outcome sanitari. Pertanto, per quanto riguarda la valutazione del rischio di incidenza,
possiamo ipotizzare che se avessimo utilizzato dati ambientali relativi al periodo 1991-1993 dell’indagine basale, gli effetti sulla salute respiratoria sarebbero stati maggiori.
Nonostante la diversa rappresentatività dei dati di esposizione ambientale (i dati di concentrazione degli inquinanti si riferiscono alla totalità delle sorgenti di inquinamento presenti nell’area di Pisa e di Cascina, mentre i dati da questionario sono relativi solamente alla sorgente di traffico veicolare), il confronto tra metodi diversi ha permesso di valutare alcune differenze in relazione agli impatti sulla salute respiratoria. I metodi tradizionali
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evidenziano principalmente associazioni tra l’esposizione a traffico veicolare e sintomi asmatici e malattie allergiche, mentre i metodi innovativi rilevano anche un’associazione tra l’esposizione agli inquinanti e sintomi bronchitici e BPCO. L’utilizzo di modelli multi- inquinante ha costituito un valore aggiunto in questa tesi, in quanto ha evidenziato la robustezza di alcune associazioni significative tra gli inquinanti e gli outcome sanitari. L’uso del questionario per raccogliere informazioni sui sintomi e malattie respiratori può essere una limitazione, in quanto si basa sulla memoria individuale ed è potenzialmente influenzato dalla percezione personale nella valutazione del proprio stato di salute. Anche i dati di esposizione al traffico possono esser stati soggetti ad una sotto- o sovra -stima, a causa della diversa percezione del rischio, dell’attenzione soggettiva nella valutazione della frequenza del passaggio dei veicoli e del tempo effettivo che il soggetto passa nella propria abitazione. Tuttavia, il questionario standardizzato è uno dei migliori strumenti di investigazione nell’epidemiologia respiratoria (Fasola et al., 2020). È da sottolineare che il questionario utilizzato in PI3 era leggermente diverso rispetto a quello utilizzato in PI2, ma sono state scelte solo domande comparabili o identiche (Allegato 1).
Un’ulteriore misclassificazione può essere legata alla numerosità relativamente bassa dei soggetti che riportano sviluppo di sintomi e malattie asma-correlate nell’indagine longitudinale, in particolare quando stratificati per gruppi di età. Ciò ha determinato un’elevata incertezza nella stima del rischio di incidenza di asma in associazione con il PM2.5 a risoluzione spaziale di 200 m. Inoltre, l’utilizzo di dati ambientali a risoluzione elevata potrebbe determinare errori dovuti alla eterogeneità delle aree urbane (effetto canyon, aree edificate a diverso livello di urbanizzazione, aree miste urbana/aperta, aree chiuse al traffico, aree con strade secondarie/locali).
Per motivi di numerosità e di robustezza delle analisi è stato scelto di utilizzare un campione di popolazione generale misto, che comprende sia i soggetti che hanno mantenuto la residenza nel corso del periodo di follow-up di 18 anni sia i soggetti che hanno cambiato residenza, costituendo così un possibile errore di misclassificazione dell’esposizione. Per superare questo limite sono state svolte analisi di sensibilità sui soggetti lungo residenti, le quali hanno generalmente confermato i risultati ottenuti con il campione di popolazione misto per quanto riguarda l’aumentato rischio di esiti respiratori nei soggetti esposti, mentre non hanno confermato gli effetti protettivi, a parte per gli attacchi di difficoltà di respiro e i sibili (solo per gli anziani) (Allegato 2). Le conclusioni tratte dall’analisi del nostro
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campione che include soggetti che hanno cambiato residenza sembrano essere quindi consistenti.
Per quanto riguarda l’effetto protettivo degli inquinanti su sintomi e malattie respiratori, potrebbe rappresentare un’associazione artificiale determinata da una circostanza esterna (fattore di confondimento) o da qualche distorsione (bias) della metodologia adottata. In particolare nei soggetti con patologie asmatiche, il possibile allontanamento da aree con più alti livelli di inquinamento, potrebbe aver determinato un apparente effetto protettivo dell’inquinamento dell’aria su asma e sintomi dell’asma. Ciò sembra essere confermato dalla perdita di significatività dei risultati protettivi nelle analisi svolte sui lungo residenti (Allegato 2).
Anche l’autocontrollo delle patologie asmatiche da parte dei soggetti potrebbe aver influito sui risultati. D’altra parte gli effetti protettivi, potrebbero indicare anche l’influenza di altri tipi di inquinamento sui soggetti, come quello biologico. È probabile che la minor quota di aree verdi nella zona urbana determini una minor presenza di allergeni (pollini, spore fungine) in aria e quindi un minor effetto su sintomi asmatici di natura allergica. Tuttavia, come riportato in precedenza nello studio di Maio e colleghi, l’ambiente urbano costituisce un fattore di rischio per la rinite allergica (Maio et al., 2016).
In generale, i nostri risultati mostrano associazioni tra gli inquinanti e lo sviluppo di sintomi respiratori cronici, ma una generale assenza di associazioni con l’incidenza di BPCO; ciò potrebbe essere dovuto alla definizione della malattia sulla base della diagnosi auto riferita e non dei sintomi respiratori cronici, risultati invece associati agli inquinanti atmosferici. Altri fattori influenti potrebbero essere la scarsa numerosità dei casi incidenti nel campione longitudinale oppure la mancanza di diagnosi della malattia nei soggetti con i sintomi respiratori bronchitici.
Un punto di forza di questa tesi è di aver studiato un campione di popolazione generale indagato in due indagini trasversali, a distanza di 18 anni, in cui è stato utilizzato lo stesso disegno di studio, metodo di campionamento e protocollo di studio. In tale popolazione la valutazione degli effetti a lungo termine dell’esposizione all’inquinamento atmosferico è stata effettuata in termini di probabilità dei soggetti sia di avere sia di sviluppare uno specifico outcome sanitario.
Gli studi epidemiologici tendono a focalizzarsi sulle categorie di popolazione più vulnerabili all’inquinamento atmosferico, come i bambini. Con il nostro studio, abbiamo potuto
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evidenziare che anche sugli adulti gli effetti dell’inquinamento atmosferico sono importanti, sebbene essi siano considerati una categoria a minore rischio, in particolare fornendo nuove informazioni sull’incidenza di sintomi e malattie respiratori, come asma e rinite allergica.
Anche la stratificazione per gruppi di età costituisce un punto di forza di questa tesi, in quanto ha permesso di evidenziare effetti dell’inquinamento atmosferico sulla salute nei soggetti anziani, i quali sono considerati essere una delle categorie più vulnerabili. Infatti, in letteratura esistono molte evidenze riguardo alla relazione tra esposizione a breve termine all’inquinamento atmosferico e mortalità e ricoveri ospedalieri negli anziani, mentre poche evidenze scientifiche riguardano gli effetti a lungo termine su questa categoria di popolazione.
Infine, questa tesi, integrando dati individuali sanitari e di esposizione a fattori di rischio, raccolti con il questionario, con misure individuali di esposizione, ha permesso di valutare la relazione fra esposizione agli inquinanti ambientali e salute respiratoria, tenendo conto dell’effetto di potenziali confondenti quali l’età, il sesso, la scolarità, l’area di residenza, l’abitudine al fumo e l’esposizione occupazionale. Inoltre, l’utilizzo di metodi tradizionali e innovativi per la valutazione dell’esposizione ambientale ha fatto emergere associazioni diverse con gli outcome sanitari, sottolineando l’importanza dell’utilizzo di entrambe queste fonti per una valutazione integrata e completa degli effetti sanitari dell’esposizione cronica all’inquinamento nella popolazione generale.
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