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2.3 – L'egoismo stirneriano

Se queste due - la sovranità dell'individuo e la teoria del valore-lavoro - rimangono le tematiche fondamentali che costituiscono la trama delle pagine di “Liberty”, altri consistenti dibattiti appaiono in maniera tutt'altro che marginale. Primo per importanza quello che verte sull'emergente ideologia dell'egoismo stirneriano, che si tenne tra i collaboratori interni al giornale stesso. Questa discussione fu la prima di ampio respiro flosofco tanto da essere defnita dall'anarchica canadese Wendy McElroy “a window into the tone and level of intellectual discussion Liberty promoted”40.

Il dibattito si concentrava su quale fosse la strada teorica da prendere per intendere il concetto di diritto. A fondare la teoria dell'individualismo radicale doveva essere l'egoismo di matrice stirneriana o l'impostazione giusnaturalistica del diritto naturale? Solo apparentemente di secondaria importanza, questa contesa teorico-concettuale aprì una voragine tra le frange dell'individualismo statunitense.

Nel tentativo di delineare una genesi storica del contenzioso, è necessario ricordare che l'interesse per le idee di Stirner nacque, negli States, alla fne dell'Ottocento, quando le traduzioni e le divulgazioni fornite da James L. Walker, Steven T. Byington e John Beverly Robinson, agitarono l'ambiente intellettuale americano. Dal maggio del 1890 al settembre del 1891 Walker, protagonista principale della questione, pubblicò infatti i primi dodici capitoli di una sua opera pionieristica intitolata Philosophy of Egoism41

nella rivista anarchica Egoism, periodico californiano che infuenzò considerevolmente il pensiero di Tucker in questo ambito. Prima di questa serie di saggi però “Liberty” aveva già introdotto l'egoismo attraverso gli articoli di Walker e di George Schumm42.

La miccia polemica la ritroviamo infatti nel numero di "Liberty" del 6

40 W. McElroy, op cit., p. 426.

41 J.L. Walker, Philosophy of Egoism. 1905, interamente disponibile in tutti i suoi dodici capitoli in lingua originale nella pagina web: Anarchy Archives, An Online Research Center on the History

and Theory of Anarchism.

42 Uno stretto collaboratore di Tucker che trascorse gran parte della sua vita facendo da correttore di bozze per il settimanale liberale “The Nation”.

marzo 1886, dove al suo interno viene pubblicato un articolo di Walker intitolato What is Justice?. L'autore, sotto lo pseudonimo di Tak Kak, dichiara senza tanti fronzoli che concetti quali “giusto”, “sbagliato” e “giustizia” non hanno affatto una base ontologica, né una fssità oggettiva ma sono “merely words with vague, chimerical meanings”.

La risonanza e l'effetto che provocarono queste poche parole fu impressionante. Se prima di allora la legge di natura era acriticamente assunta come il fondamento di tutte le varie correnti individualiste, fossero esse radicali o no, da ora la questione non si poteva più eludere o passare in sordina poiché l'irrompere dell'istanza stirneriana ne scompaginò rumorosamente il quadro teorico.

La nuova visione infatti, rifuta dichiaratamente il concetto di dovere (ought) come punto prospettico privilegiato dal quale guardare e spiegare le relazioni intersoggettive. Il dovere non è più, secondo gli egoisti, l'adeguato fattore che governa le emozioni e il comportamento umano. Essi sostengono invece che, per comprendere il movente dell'azione umana è più che suffciente il puro self-interest e che esso fornisce la sola base “realistica” per la comprensione della condotta umana.

La risposta non si fece attendere e i sostenitori del diritto naturale - William Lloyd, Sidney Morse e soprattutto John Kelly - contestarono apertamente la forte presa di posizione del collega. Quest'ultimi, a differenza di Walker e dell'anarchico tedesco, ritenevano infatti esistessero dei concetti naturali ed oggettivi del right and wrong tali che da soli potessero guidare il comportamento umano. L'importanza di tale concezione non si esaurisce però in questa mera presa di posizione, l'esistenza di una griglia assiologica oggettiva giocava per loro un ruolo fondamentale proprio all'interno della sfera politica e della critica alle ingiustizie sociali. I diritti naturali fornivano, infatti, uno standard oggettivo di riferimento grazie al quale la gente poteva avere un punto fermo da opporre al governo e mediante il quale sarebbe stata in grado di giudicare la giustezza della legge promulgata ed imposta da quest'ultimo.

tanto l'egoismo quanto la teoria dei diritti naturali dal punto di vista prasseologico erano identici, così come identici erano i loro obbiettivi, entrambi erano, infatti, apertamente antistatalisti ed entrambi condividevano il comune scopo del rovesciamento dello Stato. La sola differenza risiedeva allora nella diversa base teorica assunta per l'edifcazione della costruzione anarchica.

L'opposizione e il rifuto dello Stato da parte degli egoisti non era certo di minor forza polemica di coloro che si richiamavano a un discorso moralistico sulla difesa di presunti diritti naturali. Rifutando in toto qualsiasi forma di autorità o principio trascendente l'unicità individuale, gli stirneriani non potevano che guardare con orrore ad una organizzazione in grado di incatenare senza troppi problemi l'individuo alla volontà generale. Bisogna però stare attenti ad una cosa, se lo Stato viene visto come un'istanza inaccettabile e costrittiva, non dobbiamo con questo estendere la rifessione alla società tutta. Gli argomenti contro lo Stato non devono essere confusi con il rifuto della società in generale, poiché essa al contrario gode di una spontanea luce positiva che, generata forse per contrasto con lo Stato, la fa risaltare ancor più come un bene da salvaguardare. Non disdegnando affatto un'impostazione di carattere utilitarista, la società, chiamata da quest'ultimi union by advantage, viene vista come un'inestimabile fonte di civiltà e progresso. Soltanto essa è in grado di fornire all'individuo dei veri e propri vantaggi che al contrario lo Stato disgrega.

A questo punto, se gli obbiettivi da conseguire si rivelano gli stessi e il giudizio riguardo Stato e società è il medesimo, per quale ragione lo scontro di fazioni così agguerrite? Come si è già avuto modo di accennare, l'agitazione che gli egoisti furono in grado di creare ha natura prettamente concettuale e di principio. Il problema di fondo è, come venne fatto loro notare dai partigiani della frangia opposta, che essi rigettano più dei semplici diritti naturali perché insieme ad essi abbandonarono il concetto di principio stesso.

Tak Kak dichiara infatti nel suo articolo - parafrasando e riportando quasi intatte le parole di Stirner - che “the devote of a fxed idea is a mad. He

either runs amuck, or cowers as mesmerized by the idea”, ossia che la persona impossessata e devota ad un'idea fssa è un pazzo e si comporta come tale correndo freneticamente o rannicchiandosi come ipnotizzato dall'idea.

J. Kelly, convinto spenceriano, a tale presa di posizione non poté fare a meno che replicare agguerritamente; tant'è che nello stesso anno risponderà a Walker sostenendo, con un gioco di parole, che “the idea that there are no rights but mine, is to say that there are not rights, only mights” ovverosia che il sostenere che non ci sono diritti ma solo “il mio”, è come dire che non esistono giusti ma solo forti.

In parole povere i sostenitori dei natural rights accusano la stirneriana presa di posizione di fronte a qualsiasi tipo di autorità, sia essa fsica o concettuale, come un estremismo che porta alla distruzione non solo dei diritti naturali ma dell'anarchismo individualista stesso. A questa critica gli egoisti ribattono sostenendo che loro non fanno nulla di tutto questo ma riconducono semplicemente il concetto di diritto al suo posto corretto: come un utile costrutto artifciale con cui strutturare ed organizzare la società.

E' in questo acceso dibattito che si manifesta la svolta più signifcativa nel pensiero di Tucker. Convinto dalle idee di Walker si convertì infatti in un partigiano dell'egoismo senza per questo rinnegare le proprie posizioni circa gli altri assunti individualistici, riuscendo così a creare una originalissima sintesi priva di uguali nel panorama dell'anarchismo mondiale.

Egli continuò a credere in ciò che ha sempre chiamato society by contract ma arriva ad identifcare i diritti come co-prodotti dei contratti inter- individuali, quindi non come sussistenti di per se stessi, bensì come delle conseguenze, più o meno involontarie, della volontà dell'individuo di stringere contratti con gli altri soggetti, tutti ugualmente mossi dal puro self- interest. I diritti vengono allora a confgurarsi come un:

Tacit agreement or understanding between human beings ... as individuals living in daily contact and dependent upon some sort of cooperation with each other for the satisfaction of their daily wants, not to trespass upon each other’s individualism, the motive of this

agreement being the purely egoist desire of each for the peaceful preservation of his own individuality.43

cioè un tacito accordo tra esseri umani intesi come individui che vivono quotidianamente a contatto tra loro attraverso reciproche forme di cooperazione atte a soddisfare i loro voleri senza sconfnare nella sfera d'azione degli altri. Il motivo di questo accordo è il desiderio puramente egoistico di una pacifca convivenza e di conservazione della propria individualità.

A questo nuovo atteggiamento promosso da Tucker, risponde criticamente il suo collega J. Kelly che, saltando all'attacco del redattore di "Liberty" e della sua versione del diritto interpretato come springing full grown, come “nato pienamente cresciuto” nell'atto del contratto, afferma l'insostenibilità logica di una posizione siffatta. Quello che si contesta in questo caso è l'impossibilità di basare una cosiddetta “società per contratto” su una visione che non consideri il contratto come possessore di un qualche effetto obbligante. Tutt'altro che sprovveduto, Kelly nega la possibilità che l'effetto obbligante di un particolare contratto possa derivare dal contratto stesso, e sostiene al contrario che, se un qualsiasi contratto risulta effcace la sua effcacia deriva dal fatto che l'effetto obbligante (che sta alla base della capacità del contratto di produrre pienamente lo scopo desiderato) risiede al di fuori di esso e preesiste ad esso.

Dichiarando ciò, Kelly sottolinea quello che credeva essere il difetto principale dell'egoismo. Un contratto presuppone per lui un sistema morale cui fare riferimento, infatti, che cosa si intende per contratto se non uno scambio volontario di ciò che è mio con qualcosa che è tuo? Incastrati all'interno dell'idea stessa di contratto sono presenti allora per lo meno due concetti: quello di proprietà, cioè del mio contro il tuo, e quello di un azione volontaria in contrapposizione ad uno scambio forzato. I diritti naturali, quali la proprietà (mio, tuo) e la libertà (azione volontaria) costituiscono allora l'effetto obbligante che garantisce il corretto funzionamento di ogni azione contrattuale e questi, lungi dal sorgere posteriormente o

contemporaneamente all'atto del contratto, appartengono a quel quadro morale di riferimento che necessariamente precede e preesiste ad esso.

Sostenere a questo punto, come fa Tucker, che i diritti nascono artifciosamente “già cresciuti” vuol dire, per Kelly, manifestare una lampante inversione dell'ordine logico. I contratti possono sussistere solamente in relazione a dei diritti già presenti e operanti, e una società civile senza Stato che si vuole basata e costruita su legittimi contratti volontari tra individui consenzienti deve essere consapevole di ciò.

Questo è il nucleo di una delle più celebri controversie apparse tra le righe di “Liberty” che vide contrapposti da un lato i sostenitori della nuova istanza egoistica di matrice stirneriana e dall'altro i sostenitori del diritto natutale, e che porterà quest'ultimi a ritirarsi permanentemente dalla collaborazione col giornale. Da allora in poi “Liberty” si spostò in modo sempre più deciso verso il pensiero stirneriano, anche se il risultato dal punto di vista contenutistico cambierà di poco. Un dato signifcativo, da questo punto di vista, sarà l'impegno speso nella traduzione inglese ”The Ego and Its Own” de Der Einzige und sein Eigentum. Tucker sarà, infatti, talmente assorbito da questo lavoro che nel mese di febbraio del 1907 la pubblicazione di “Liberty” verrà sospesa per riprendere il mese successivo. In quell'anno vedrà la luce la prima traduzione integrale dell'opera di Stirner ad opera di Byington e curata da Tucker, che nei ringraziamenti dichiarerà essere “superior to any translation that has appeared in any other language and even to the German original”. L'impegno di Tucker nei confronti della dottrina egoistica - che sposerà interamente - può essere giudicato in ultima analisi dalle stesse parole che pronuncerà nel 1907 e che manifestano tutta la soddisfazione ricevuta dalle fatiche spese nella divulgazione dell'ormai classico tedesco:

I have been engaged for more than 30 years in the propaganda of Anarchism, and have achieved somethings of which I am proud; but I feel that I have done nothing for the cause that compares in value with my publication of this illuminating document.44

CAP. 3