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3.2 Governo, Stato e società

Nel tentativo di delineare ancor più nitidamente la posizione di Tucker all'interno del multiforme universo della politica si procederà ora col tratteggiare la linea teorica da lui sostenuta quando parla di società, di governo, di Stato e dei rapporti tra questo e l'individuo.

L'immagine dello Stato e della società che emerge dalle righe di "Liberty" risulta fondamentale per comprendere il suo pensiero. Le argomentazioni utilizzate da Tucker nella già menzionata polemica anti comunista ci forniscono un faro per illuminare alcuni nodi concettuali centrali nel sistema del radicale ottocentesco. Lungi dall'essere un discorso di stampo egualitarista, il suo appoggiare una visione per così dire liberalista della politica e della società, si basa su una concezione della giustizia fondata su alcuni principi-cardine incrollabili che possono essere riassunti dalla legge de “l'uguale libertà” - di derivazione spenceriana - e dalla “sovranità dell'individuo”. Ciò sta a signifcare che il suo ideale di libertà non ha nulla a che vedere con il cosiddetto “socialismo scientifco”. Per Tucker nessuno ha in mano la chiave della conoscenza certa e nessuno può avere la pretesa di correggere i torti della società violando i principi fondamentali che sorgono dalla libera associazione degli individui, ossia dalle semplici e libere relazioni interpersonali. La società non deve né può essere pensata a tavolino e attuata attraverso manovre e politiche egualitarie. Essa risulta in grado di organizzarsi in maniera spontanea ed autonoma nel momento in cui si rispetta la sovranità individuale e la si conforma alla legge dell'uguale libertà, ossia a quella legge per la quale a ognuno deve essere garantito il massimo della libertà possibile purché compatibile con tutte le rispettive sfere d'azione degli altri attori sociali.

Il tema delle relazioni intersoggettive, che nella visione individualista non solo tuckeriana costituiscono l'intero corpo della società civile, e quello delle relazioni tra lo Stato e l'individuo risultano strettamente legati al tema dell'anarchia e di fondamentale importanza nello scioglimento di alcuni dubbi. L'immagine delle due che sorge da numerosi articoli - tra i quai

ricordiamo: The Relatione of the State to the Individual66 e Anarchism and the

State67 - è estremamente interessante. Si può dire che all'interno del

movimento anarchico, preso nella sua interezza storica e globale, Tucker riuscì per primo a far emergere con chiarezza la differenza tra società e Stato, riconoscendo nella prima una forma associativa spontanea e volontaria – liberamente scelta da ciascun individuo come mezzo per estrinsecare se stesso in relazione agli altri – e, nel secondo, la concettualizzazione del tanto contestato principio di autorità esterna all'individuo, un'autorità basata essenzialmente su una falsa idea che agisce sul singolo condizionandolo fno al punto di portarlo a riconoscerne la legittimità e di fornire quindi allo Stato validità e potere in cambio di cieca obbedienza.

In Anarchism and the State, Tucker ci tiene a precisare che la sua critica allo Stato non è indirizzata tanto ad uno Stato particolare ma allo Stato in quanto tale:

Coloro che protestano contro lo Stato politico esistente, e sottolineo esistente, non sono anarchici, ma archici. Opponendosi ad una forma o ad un metodo particolare di invasione, essi tacitamente riconoscono la legittimità di qualche altra forma o metodo di invasione.68

In questi termini si può affermare che l'anarchia non possiede un lato “affermativo” nel senso di costruttivo ma la sua è una critica totale al principio di autorità, è una pars destruens priva di qualsivoglia pars construens, dato che la società civile ha per natura la capacita di organizzarsi autonomamente. L'anarchia tuckeriana non signifca, dunque, una semplice opposizione a un arcòs determinato, a un leader politico specifco o a un regime particolare ma una opposizione totale all'arché. Con la consueta sensibilità semantica che lo contraddistingue, Tucker decide di mettere a fuoco l'evoluzione della parola arché. Il signifcato di questo termine greco subì infatti nel corso della storia un sensibile mutamento. Se inizialmente con esso si intendeva “l'essere” o “l'origine”, da lì passò gradualmente a indicare un “principio fondamentale”, un “elemento”, fno ad assumere, via via, il

66 B.R. Tucker, The Relation, cit., p. 20.

67 B.R. Tucker, Anarchism and the State, cit., p. 26. 68 Ibidem, p. 32.

signifcato di “potere supremo”, “sovranità”, “dominio”, “comando”, “autorità”. Etimologicamente l'espressione possiede dunque una moltitudine di signifcati differenti e per questo motivo, accogliendo le critiche mosse dal signor Appleton69, si può convenire nel considerarla priva di un principio

direttivo univoco. Ciò nonostante, se la si considera esclusivamente come una parola flosofca appartenente a una ben determinata scuola flosofca, “anarchia” - come assenza di arché - fu utilizzata prima di tutto nel senso di opposizione al dominio e all'autorità. Cosi la interpreta il fondatore di “Liberty”, che spese tutta la sua carriera nel tentativo di riabilitare questa espressione e per tanto non si fece scrupoli ad affermare che “qualsiasi altro uso del termine è improprio e confuso”. Compiendo un piccolo passo in avanti e sottolineando come la sfera della politica sia coestensiva con il dominio e l'autorità, non impiega molto ad attribuire all'anarchia un ruolo ben maggiore di quello che normalmente le si assegnerebbe, liberandola dai confni delle lessicografa politica e facendole abbracciare la protesta individualista in tutta la sua interezza.

Sulla base di questa scrematura semantica e della differenziazione tra società civile e apparato statale Tucker può allora affermare che l'unica vera personifcazione del principio di autorità e l'unica vera causa effciente della tirannia sull'individuo è lo Stato. In un'esposizione tenutasi il 14 ottobre 1890 all'Unitarian Ministers Institute di Salem, Massachusetts, Tucker poté mettere in chiaro una volta di più le sue posizioni riguardo il tema della relazione tra lo Stato e l'individuo evidenziando come, secondo lui, l'anarchismo moderno sia da considerarsi come “una delle poche teorie sulla base della quale si può fondare la vita politica e sociale”70. Per il radicale di Boston:

Il futuro delle tariffe, dei contributi, delle fnanze, della proprietà, della donna, del matrimonio, della famiglia, del suffragio, dell'educazione, delle invenzioni, della letteratura, della scienza, delle arti, dei costumi personali, dell'etica, della religione, sarà determinato dalla conclusione cui l'umanità giungerà riguardo il quesito se l'individuo debba obbedienza allo Stato e, in caso affermativo, fno a dove deve arrivare

questa obbedienza71.

Come fece in altre occasioni, nel trattare il tema da lui discusso considerò indispensabile partire da una chiarifcazione terminologica. Utilizzare il vocabolario popolare per investigare scientifcamente dei parametri politici porta, per lui, il rischio di una comprensione erronea della realtà sociopolitica che confonde, molto spesso, inesattezze di espressione con inesattezze di pensiero. Per comprovare questo assunto metodologico inizia il discorso considerando la parola Stato. Infatti, pur essendo un termine sulla bocca di tutti, quante persone sanno in realtà di che cosa si tratta? E quanti hanno un'idea di tutte le variazioni esistenti in esso? D'altro canto con la parola Stato siamo soliti designare tanto l'istituzione che incarna l'assolutismo nella sua forma più estrema quanto quelle istituzioni che tentano di stemperarne l'invasività attraverso forme, maggiori o minori, di liberalismo e democrazia. A guardar bene questa parola si applica tanto alle istituzioni la cui fnalità è l'aggressione quanto a quelle il cui compito è la difesa e la protezione. Ciò che a nessuno sembra chiaro è, però, quale delle due, aggressione e difesa, sia la funzione essenziale dello Stato. I pensatori appartenenti alle svariate correnti stataliste si dividono: c'è chi, nascondendosi dietro la parola “amministrazione”, considera l'aggressione come la funzione fondamentale dello Stato e tenta di estenderla in tutte le direzioni possibili; chi, al contrario, considera la difesa la funzione fondamentale dello Stato e desidera limitare tutte le competenze di quest'ultimo alla sola polizia; e chi considera che l'esistenza dello Stato si debba simultaneamente alla difesa e all'aggressione, che si esercitano costantemente in una proporzione che varia a seconda delle contingenze o del volere di chi detiene il potere.

Di fronte a questi punti di vista si pongono gli anarchici capeggiati da Tucker, la cui missione è l'abolizione di ogni forma di aggressione possibile e di tutte le conseguenze che da essa derivano. Essi si resero conto che per essere compresi dovevano dare delle defnizioni chiare e precise dei termini che erano obbligati ad utilizzare e in particolar modo dei termini “Stato” e

“governo” (da qui l'impostazione metodologica di Tucker che tende a iniziare i propri discorsi con precisazioni di carattere semantico). Partendo da queste premesse, sviluppò la fondamentale differenza tra State e government, una differenza che a onor del vero mutò considerevolmente con l'evolversi del suo pensiero, precisamente nell'arco di tempo che divide l'articolo What We Mean, pubblicato nel numero di "Liberty" del 15 aprile 1882, e il già citato articolo The Relatione of the State to the Individual, pubblicato il 5 novembre 1890 nella medesima rivista. Nel 1882 l'autore considerava lo Stato come:

un errore flosofco nell'esistenza sociale. Lo Stato è caos, tumulto nascosto sotto la legge, l'ordine e la moralità. Lo Stato è un'aggressione basata su premesse non scientifche. Noi ci proponiamo di soppiantarla con l'ordine sociale basato sulle sovranità individuali associate per il mutuo benessere, sotto la legge della selezione e dell'attrazione naturale, cioè della Libertà. Sotto questa formula noi non scardiniamo il governo, inteso nel senso migliore del termine. Al contrario, è proprio il governo che noi perseguiamo. Lo Stato non è il governo dal momento che nega la libertà. Lo Stato diviene impossibile nel momento in cui si rimuove da esso l'elemento dell'obbligo. Ma è esattamente a questo punto che comincia il governo. Dove lo Stato cessa comincia il governo, e dove lo Stato inizia, cessa il governo.72

In questo articolo la posizione sostenuta da Tucker corrisponde a quella di un altro radicale divenuto col tempo la fgura libertaria più autorevole e più controversa degli Stati Uniti d'America: Albert Jay Nock. Di poco successivo a Tucker, Nock basa il suo pensiero sulla distinzione fondamentale tra governo e Stato mutuata dalla differenza, sostenuta da Franz Oppenheimer, tra potere sociale e potere statale. Nella sua opera più famosa Our Enemy, the State del 1935, Nock descrive, applicando questa distinzione concettuale, il processo per il quale il potere sociale viene tramutato in potere statale e da esso fagocitato. Il potere sociale è l'interazione volontaria degli individui che creano e scambiano, in modo pacifco, ricchezza e conoscenza come liberi individui. Il potere statale è, invece, la confsca coercitiva e

parassitaria dei frutti del lavoro umano. Vi sono, infatti, solo due mezzi per procurarsi la ricchezza: i mezzi economici e i mezzi politici. Lo Stato si rivela allora l'organizzazione dei mezzi politici e nasce per garantire, alla classe di individui che si sappia impadronire del suo armamentario, un'illimitata possibilità di sfruttamento della ricchezza prodotta tramite i mezzi economici. L'edifcio statale si rivela, dunque, la chiave di ogni relazione parassitaria. L'idea di Stato del radicale di fne Ottocento e del libertario di inizio Novecento risultano evidentemente sovrapponibili. Il pensiero nockiano si basa, inoltre, su un'altra opposizione affne a quella tuckeriana di questo primo articolo del 1882, quella tra Stato e ordinamento politico che ricalca quella tra Stato e governo. “Mentre non è affatto vera l'affermazione 'lo Stato è sempre esistito ed esisterà sempre', ogni società umana si è invece sempre dotata di un ordinamento politico per far fronte alle esigenze della vita in comune”73. Questa base teorica serve a Nock per procedere a

dichiarare la totale estraneità dello Stato dal governo. Per lui questi ultimi non sono differenti per grado, ma propriamente per genere e natura. Egli ritiene che lo Stato non possa essere visto come una degenerazione del governo e tanto meno, come si pensava fn da Aristotele, come originato dal raggruppamento naturale della famiglia. Il governo (sulla scia di Paine, Jefferson e della Dichiarazione d'Indipendenza) può essere riassunto, per il libertario, da due semplici ed intuitive leggi di convivenza civile riassunte dalla frase: “non fare male a nessuno e per il resto fai come ti pare” e il suo compito risulta essere quello puramente negativo di badare affnché questo codice venga rispettato. Al contrario lo Stato ha sempre avuto origine dalla confsca e dalla conquista e la sua caratteristica invariabile è lo sfruttamento economico di una classe da parte di un'altra.

Se in questo primo articolo del 1882 Tucker sembra abbracciare una visione del mondo sociopolitico nockiana, o meglio pre-nockiana, dove il governo – visto come una iniziale forma associativa spontanea e volontaria, che in qualche maniera eccede lo Stato e retrocede all'avanzare di quest'ultimo - viene differenziato e posto in netto contrasto con lo Stato

73 L.M. Bassani, Albert Jay Nock e i libertari americani: i “fedeli attardati della grande tradizione”, in A. J. Nock, Il nostro Nemico, lo Stato, Liberilibri, Macerata 2005, p. xxi.

aggressore e invasore, nel 1890 si nota un cambiamento nelle parole utilizzate per descriverne la natura che diventano decisamente meno lusinghiere. I colori con i quali viene defnito il governo assumono via via tonalità più cupe, fno a sostenere che “invasione, aggressione o governo sono termini intercambiabili”74. Infatti, nell'articolo del 1890 Tucker dichiara

lapidariamente che

l'essenza del governo è il controllo o lo sforzo di controllare. Chi cerca di controllare un altro è un governatore, un aggressore, un invasore; e la natura di tale aggressione non cambia se si realizza da un uomo contro un altro uomo, alla maniera di un delinquente ordinario; da un uomo contro tutti gli altri uomini, alla maniera di un monarca assoluto; o da tutti gli uomini contro un uomo, alla maniera delle democrazie moderne.75

In questo secondo scritto sembra che la vena polemica dell'individualista di fne Ottocento si sia rinvigorita e che il suo antistatalismo si sia accentuato, tanto da rendere estremamente labile il confne che divide il governo dallo Stato. Entrambi risultano essere istituzioni che tiranneggiano l'individuo e mentre il governo viene descritto come la “sottomissione di un individuo non aggressore, pacifco a una volontà esterna”76, lo Stato risulta essere il consolidamento del governo

all'interno di un territorio particolare o, più precisamente, “l'incarnazione del principio di invasione in un individuo o in un gruppo di individui che assumono il ruolo di rappresentanti o di padroni su tutte le persone all'interno di un'area determinata”77.

Se il ruolo giocato dal governo nel sistema del teorico anarchico ha variato nel tempo e si è evoluto con l'evolversi del suo pensiero, lo stesso non si può dire dello Stato, che dal principio alla fne ha vestito i panni del nemico numero uno, incarnazione del principio di autorità. Infatti, Tucker sosterrà, senza mai retrocedere di un millimetro, che è l'aggressione a

74 B.R. Tucker, The Relation, cit. p. 20. 75 Ibidem.

rappresentare la funzione essenziale dell'apparato statale. Questo non vuole dire che lo Stato non assuma mai il ruolo di difensore dell'individuo ma, qualora questa caratteristica difensiva sia presente, essa si viene a generare in un momento cronologicamente posteriore e viene accettata solamente per necessità. La sua introduzione, come una delle funzioni dello Stato, fu effettuata soltanto per rafforzarne la forza e per farne accettare pacifcamente l'esistenza ai singoli individui che, altrimenti, avrebbero costituito una costante minaccia per l'apparato statale. La distinzione anarchica tra aggressione e difesa diviene di vitale importanza per un'altra opposizione tutta anarchica, quella tra governo e difesa o tra Stato e difesa. La difesa, insomma, lungi dall'essere considerata un requisito esclusivamente statale, viene fatta ricadere dai radicali anche nell'individuo, in particolar modo in quell'individuo che resiste ad ogni tentativo di controllo. Se governare signifca invadere ed aggredire, allora chi resiste ai tentativi di aggressione è “simply a defender, a protector” e la natura di questa difesa “non cambia se è offerta da un uomo contro un altro uomo, come quando si resiste all'assalto di un criminale; da un uomo a tutti gli altri uomini, come quando uno si rifuta di obbedire ad una legge oppressiva; o da tutti gli uomini contro un uomo, come quando i sudditi si ribellano a un despota o quando i membri di una comunità si uniscono volontariamente per trattenere un criminale”78.

Tucker per esprimere al meglio il concetto che sorregge la visione anarchica dello Stato utilizza il termine “invasione”, invasione nella sfera della libertà individuale che, nel momento stesso in cui si attua si tramuta automaticamente in “aggressione” e in principio di autorità. Che lo Stato si sia originato da un atto di violenza e di dominazione o sia nato da una resa volontaria dell'individuo non ha importanza e data la nostra impossibilità di risalire alle cause prime costituisce soltanto una diatriba oziosa agli occhi dell'anarchico di Boston. Gli elementi di invasione, aggressione e autorità sono comuni a tutte quelle istituzioni note col nome di Stato, a prescindere dalla forma che assumono e indipendentemente dalla causa che li ha generati.

Queste peculiarità sono talmente radicate nella concezione anarchica dello Stato da estendersi anche a strumenti democratici come il voto e contaminarne l'idea. Per Tucker il voto, lungi dall'essere l'espressione della libertà politica dell'individuo in società, assume un valore coercitivo ed aggressivo. Alla stregua della difesa il suffragio è solamente una forma ben congegnata di controllo introdotta per rafforzare la presenza dello Stato nella vita personale degli individui e per giustifcarne l'esistenza e l'invasività introiettandone gli scopi. Esso agisce sul singolo illudendolo di tenere in mano le redini della macchina statale e condizionandolo fno al punto di portarlo a credere che il voto costituisca una conquista, un allargamento della sfera della sua libertà e non un restringimento di essa. In realtà, sostiene Tucker, non esiste nessuna differenza tra il voto e la baionetta in quanto entrambi riposano sulla forza:

Ora, che cos'è la scheda elettorale? Né più né meno che un pezzo di carta che simboleggia la baionetta, il manganello, la pallottola. E' un congegno che permette di risparmiare lavoro nell'evidenziare da quale parte sta la forza e nel sottomettersi all'inevitabile. La voce della maggioranza previene lo spargimento di sangue, ma non è per questo meno arbitraria del decreto del tiranno più potente spalleggiato dall'esercito più potente.79

Il voto rappresenta per Tucker soltanto un surrogato temporaneo della forza fsica. Anche qualora alla base dell'elezione e della volontà di cambiamento ci fossero dei processi mentali intellettualmente coerenti e moralmente onesti, essi durerebbero soltanto il tempo necessario, per questa o quella fazione, a raggiungere le leve di comando:

La ragione applicata alla forza politica lotta per la sua stessa abdicazione. Nel momento in cui la minoranza diventa maggioranza, cessa di ragionare e comincia a comandare, ad obbligare e a punire. Se questo è vero, ne segue che usare il voto per modifcare il governo vuol dire usare la forza per modifcare il governo.80

Chiarita quella che per Tucker è la natura del governo e dello Stato, è possibile ora procedere con l'analisi della relazione esistente tra quest'ultimo e l'individuo. Sulla base della propria visione utilitaristica ed egoistica – nel senso stirneriano del termine – del vivere comunitario, Tucker rifuta a priori l'adozione di una qualsiasi teoria etica che spieghi gli obblighi cui sono legati gli individui in società. Gli anarchici tuckeriani rifutano l'idea delle obbligazioni morali, nonché l'idea dei diritti e dei doveri inerente ad essi. Come spiegato nel capitolo precedente, in riferimento al dibattito tra difensori dei diritti naturali e sostenitori delle idee di Stirner, i seguaci di Tucker non riconoscono ai diritti e ai doveri – così come ai contratti – un valore morale. Per loro tutte le obbligazioni sono di carattere sociale, sottoscritte sulla base di considerazioni prettamente utilitaristiche e valide solo se volontariamente assunte.

Nessun uomo, per quanto ne sappiano gli anarchici, ha mai fatto un