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4.5 – Il diritto in Johann Caspar Schimdt aka Max Stirner

Autore complesso e discusso Stirner infuenzò molto, con le sue idee, l'opera di Tucker. Come si è già potuto vedere nel secondo capitolo del presente lavoro, il dibattito sull'egoismo di matrice stirneriana fu particolarmente acceso e condizionò in maniera decisiva il pensiero di Tucker. Senza ripetere l'intero percorso della diatriba, si tenterà ora di dare qualche informazione in più sugli aspetti salienti che l'anarchismo flosofco assunse dall'egoista tedesco.

Il pensiero di Stirner, è bene dirlo, si presta ben poco ad una classifcazione defnitiva; egli fu un flosofo, un individualista, un radicale sostenitore dell'anti-statalismo e il portavoce di un primordiale concetto di anarchismo. Si potrebbe addirittura dire che fu il maggior anarchico della storia, un anarchico a tutto tondo, integrale, che mosse guerra ad ogni sorta di dominio, dispotismo, autoritarismo e trascendentalismo, tanto esterno e societario quanto interno e ideologico. Proprio a causa del precario equilibrio delle sue posizioni e della mancanza di un centro e di un punto fsso all'interno di tutto il suo sistema di pensiero – se di sistema si può parlare – ci si limiterà qui ad esporre la tematica che interessò direttamente il redattore di "Liberty": quella del diritto. A partire da questo breve quadro introduttivo si capirà che, tanto quanto gli autori succitati se non di più, il pensiero “egoista” rinnega ogni tipo di Stato e ogni tipo di autorità che si pone come esterna e superiore all'individuo. L'individuo, scopertosi unico attraverso un processo di desacralizzazione, è per se stesso il nulla creatore, non nulla nel senso di vuotezza ma un nulla inteso come condizione di possibilità per la creazione di forme esistenziali potenzialmente infnite. L'unico, non fondato se non sul nulla e privo di alcuna cosa al di sopra di sé, diventa così il centro di se stesso, non il centro assoluto, ma un centro: il suo. In questo centro egli è assoluto, ma assoluto nella sua esistenza, cioè nella sua unicità-fattualità, per cui egli è l'unico di se stesso e il nulla di tutti gli altri. Da queste considerazioni, si genera “l'ateismo stirneriano” che consiste nel

dissolvimento di ogni genere di gerarchia: “non si uccide Dio spodestandolo dal cielo per farlo rivivere sotto le spoglie dell'uomo, ma abolendo lo stesso rapporto di dipendenza tra il singolo individuo e ogni entità che gli è estranea e lo sovrasta. […] Dio è negato non perché Dio, ma perché viene annullato il rapporto di dipendenza tra soggetto e oggetto. […] In questa prospettiva Dio non è più un essere pensato e identifcato per via metafsica, ma è concepito come una dimensione di estraneità che può abbracciare ogni aspetto della vita umana”144, compresi il diritto, lo Stato e il concetto stesso di

umanità.

In questo senso si può dire che l'anarchismo di Stirner taglia i ponti con qualsiasi concezione possibile della politica, compresa quella venuta dal basso, compreso il caso in cui si dia nella concretezza storica una qualche volontà generale perfettamente realizzata. Qui sta tutta la diffcoltà di inserire un autore simile all'interno del teatro politico, il suo individualismo è talmente forte che sarà libero di affermare che:

Ogni Stato è dispotico, sia il despota uno solo oppure siano molti o addirittura tutti, come si presume avvenga in una repubblica, dove ciascuno tiranneggia l'altro. Questo è infatti ciò che avviene nel caso in cui una legge, stabilita una volta a seguito dell'opinione, della volontà espressa, mettiamo, in un'assemblea popolare, debba poi essere legge per il singolo, alla quale egli deve ubbidienza, ossia nei confronti della quale egli ha l'obbligo di ubbidire. Anche se ci s'immaginasse che ciascuno, nel popolo, avesse espresso la medesima volontà e si fosse realizzata, quindi, una perfetta volontà generale, la cosa tuttavia non cambierebbe. Non sarei forse legato oggi e domani alla mia volontà di ieri? La mia volontà verrebbe in tal caso irrigidita. Maledetta stabilità! La mia creatura, cioè una determinata espressione della mia volontà, sarebbe diventata il mio dominatore. Ma io, con la mia volontà, io, il creatore, verrei bloccato nel mio fuire e nel mio dissolvermi. Siccome ieri sono stato pazzo, dovrei restarlo per tutta la vita. Così, nella vita statale, io sono nel migliore dei casi – e potrei dire altrettanto bene: nel peggiore dei casi – schiavo di me stesso. Siccome ieri ho voluto, oggi

sono privo di volontà: ieri libero, oggi costretto.145

L'apertura di questo passo ricorda - come lo ricordavano anche Spencer in The Man versus the State ed Herbert in Volontarismo e libertà – quel famoso articolo di Tucker (The Relation of the State to the Individual) nel quale fa notare che il numero dei governanti non legittima in alcun modo il rapporto di autorità e dominio che si genera nei confronti del singolo. Non sono le modalità con le quali il governo si esplicita a renderne l'operato legittimo e valido, il governo è sinonimo di invasione, governare è invadere la sfera decisionale individuale e come tale è sempre inammissibile; per cui Tucker può a ragione dirci che “la natura di tale invasione non cambia se è fatta da un uomo su un altro uomo, alla maniera del criminale comune, o da un uomo su tutti gli altri uomini, alla maniera di un monarca assoluto, o da tutti gli uomini su un uomo, alla maniera di una democrazia moderna”.146 Allo

stesso modo Stirner, dopo aver affermato che “ogni Stato è dispotico”, specifca che non sono le forme con cui il potere si esplicita ad assicurarne la legittimità, o le procedure con le quali esso viene diviso; nessuna norma o prassi può purifcare il potere dello Stato che si manifesterà sempre e comunque come una gerarchia e quindi come una concretizzazione del principio di autorità, come un potere esercitato contro l'individuo, tant'è che scriverà:

Si suole classifcare gli Stati a seconda del modo in cui il “potere supremo” vi è distribuito. Se l'ha uno solo, si tratta di una monarchia, se l'hanno tutti, si tratta di una democrazia, ecc. Il potere supremo, dunque! Verso chi? Contro chi? Contro il singolo e la sua “volontà personale”. Lo Stato esercita il suo potere, il singolo non può farlo. Il comportamento dello Stato è espressione del suo potere, della sua violenza, ma egli la chiama “diritto”, quella del singolo “delitto”.147

La dimensione anarchica del pensiero di Stirner si rende evidente soprattutto nell'analisi del diritto e della legge. Consapevole dei rapporti di

145 M. Stirner, op. cit., p. 206.

146 B.R. Tucker, The Relation, cit., p. 21. 147 M. Stirner, op cit., p. 207.

forza che innervono e tessono ogni società umana, il flosofo tedesco sostiene che “la forza precede il diritto e invero – a pieno diritto!”148, per cui

quest'ultimo, lungi dall'essere naturale, sacro e disceso dal cielo per imporsi ai singoli, si manifesta come privilegio e il privilegio come potenza e prepotenza. A Stirner non interessa la genesi del diritto o le sue determinazioni particolari - diritto borghese, feudale ecc. - il suo interesse si focalizza sull'analisi del concetto stesso di diritto, al fne di enucleare la valenza universale del rapporto tra forza e diritto. Per Stirner non esiste una società senza diritto, tant'è che per lui “il diritto è lo spirito della società. Se la società ha una volontà, questa è appunto il diritto: la società esiste solo grazie al diritto. Ma siccome essa esiste solo per il fatto che esercita un dominio sui singoli, il diritto non è che la volontà del dominatore”.149 E' in quest'ottica che

l'egoista si può giustamente schierare contro il giusnaturalismo, ed è sempre in quest'ottica, come si è mostrato nel secondo capitolo, che si inserisce il pensiero di Tucker. Convinto partigiano dell'egoismo stirneriano, l'anarchico di Boston non si trattiene dal condannare ogni forma di giusnaturalismo come privo di realismo. Per lui, la credenza nei diritti naturali mistifca l'essenziale rapporto di forza sotteso ad ogni formulazione giuridica, e per questo è d'accordo con Stirner quando afferma che “ogni diritto esistente è un - diritto estraneo, un diritto che mi viene concesso, di cui mi si lascia godere”150

La tigre che mi assale ha i suoi diritti e io che la uccido ho i miei. Ma contro di lei non difendo i miei diritti, bensì me stesso. Siccome ogni diritto umano è sempre una concessione, esso si riduce in realtà sempre al diritto che gli uomini si attribuiscono, si “concedono” a vicenda. Se si concede ai neonati il diritto alla vita, essi hanno quel diritto; se non viene loro concesso, come succedeva presso gli spartani e gli antichi romani, essi non lo hanno. Infatti solo la società può attribuire o “concedere” loro quel diritto, perché essi non possono prenderselo né darselo.151

148 Ibidem, p. 200. 149 Ibidem, p. 196. 150 Ivi.

Detta in altri termini, utilizzando le parole di Berti: “la natura [per Stirner] non è più vera e reale dell'umanità, o della libertà, o dell'uguaglianza: è anch'essa soltanto un nome, un attributo universale inesistente. Alla fne ciò che decide l'effettività di un diritto è la reale capacità di metterlo in opera: tu hai il diritto di essere ciò che hai il potere di essere, chi ha il potere ha il diritto: se non avete il primo, non avete nemmeno il secondo”.152 E' in questi termini che Tucker potrà affermare che “la forza è

l'unica misura del diritto”153, o che “man’s only right over the land is his

might over it”154, o anche che “the results of skill are not inseparably attached

to the individual, and that the right of might recognizes nothing sacred about the individual”155.

Radicalmente proiettati a scardinare ogni tipologia di relazione di dominio e di potere gerarchico, per i due anarchici la radice dell'autorità non risiede in un determinato comandamento, ma nel comandamento stesso, nel fatto di comandare. Si vede ancora una volta come, tanto per Tucker quanto per Stirner, non è la fonte del diritto ad essere messa in discussione ma l'esistenza del diritto in quanto tale. Sulla base di un tale pensiero, l'anarchico di Boston sarà in grado di sviluppare tutta la sua teoria della society by contract nella quale il diritto non sarà un astratto diritto di natura calato dal cielo sul capo degli uomini ma neppure una costruzione universalizzante prodotta dalla maggioranza nell'assemblea parlamentare. Se nel primo caso, infatti, il diritto si identifcherebbe con un idea fssa, con una trascendenza rispetto al singolo, ossia con un'alterità che in quanto tale genera un rapporto gerarchico e di sudditanza, nel secondo si identifcherebbe con l'invasione arbitraria di un determinato numero di individui (che sia l'1% o il 99% della popolazione non ha importanza) nello spazio d'azione dei singoli, ovverosia con un'aggressione e una limitazione della libertà individuale. Le norme

152 G.P. Berti, Il pensiero anarchico dal Settecento al Novecento, Piero Lacaita Editore, Manduria- Bari-Roma 1998, p. 124.

153 B.R. Tucker, The Relation, cit., p. 22.

154 B.R. Tucker, Economic Rent, ora in Individual Liberty, cit., p. 116, trad. propria: “l'unico diritto dell'uomo sulla terra è il suo potere su di essa”.

155 B.R. Tucker, Liberty, Land and Labour, ora in Individual Liberty, cit., p. 127, trad. propria: “il risultato delle abilità non è inseparabilmente attaccato all'individuo, e che il diritto della forza non riconosce niente di sacro nell'individuo”.

societarie, così come il diritto in generale, emergeranno per Tucker dal semplice e libero accordo degli individui tra loro, ossia dal contratto tra adulti consenzienti che portano avanti ed esprimono le proprie preferenze in maniera non coercitiva.