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L'anarchismo individualista di Benjamin Ricketson Tucker

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Academic year: 2021

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INDICE

INTRODUZIONE...3

CAP. 1 LE RADICI DELLA “LIBERTA'”: UN'INTRODUZIONE STORICA...8

CAP. 2 VITA E OPERE...15

2.1 - Benjamin R. Tucker e la sua “Libertà” da 50 centesimi l'anno...15

2.2 - La sovranità dell'individuo e la teoria del valore-lavoro...29

2.3 – L'egoismo stirneriano…...34

CAP. 3 TUCKER SOCIALISTA …...40

3.1 - Socialismo di Stato e Anarchia…...40

3.2 - Governo, Stato e società …...53

CAP. 4 FONTI...64

4.1 - Le fonti dell'anarchismo filosofico …...64

4.2 - Herbert Spencer e la legge dell'uguale libertà …...66

4.3 – Auberon Herbert e la voluntary taxation...77

4.4 – Pierre-Joseph Proudhon e la teoria del valore-lavoro...85

4.5 – Il diritto in Johann Caspar Schimdt aka Max Stirner...94

4.6 – Josiah Warren e William B. Greene...100

CAP. 5 EREDITARIETA' LIBERTARIE...107

5.1 – L'anarco-capitalismo e Benjamin R. Tucker...107

5.2 - Benjamin R. Tucker e l'anarco-capitalismo...121

CONCLUSIONI...126

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INTRODUZIONE

Il presente lavoro nasce dalla presa di coscienza di un vuoto nella storia della flosofa politica in Italia. Sebbene da una trentina di anni a questa parte il lavoro intrapreso da alcuni pensatori nostrani1 abbia portato a fare una

notevole chiarezza tra le diverse etichette politiche, le tematiche da approfondire rimangono molte. Le pubblicazioni promosse da diverse case editrici2 sono riuscite a fornire una buona fnestra sul panorama

teorico-politico internazionale, ma rimane tuttavia in larga misura inesplorato un ambito signifcativo del pensiero politico che ricade sotto il nome di individualismo radicale o anarco-individualismo.

Nonostante questa poliedrica istanza abbia avuto un ciclo vitale assai breve - una sessantina d'anni circa - gli echi che da essa scaturirono restano vivi tuttora animando il dibattito teorico e fornendo un retroterra concettuale dal quale si continua ad attingere, spesso senza riconoscerne il merito. A dover collocare l'anarco-individualismo in uno spazio e in un periodo determinato, esso può essere inserito interamente in quell'arco di tempo, identifcato da Nico Berti come “periodo dell'anarchismo classico”, che va dall'ultimo terzo dell'Ottocento al primo terzo del Novecento e il suo cuore pulsante può essere situato negli Stati Uniti d'America, in particolar modo a Boston.

La fgura che personifca questo pensiero é Benjamin Rickeston Tucker. Il presente elaborato ha l'obiettivo di voler riconoscere alla sua opera quel valore e quella rilevanza, date per scontate durante il corso della sua vita ma taciute al giorno d'oggi. Come si cercherà di evidenziare, il suo lascito è più vivo che mai, soprattutto all'interno di quel flone critico che, solo, è in grado di mettere in discussione lo stato moderno. Si sta parlando dell'anarco-capitalismo e, in particolare, di Murray N. Rothbard che svolgerà

1 Si veda ad esempio: Raimondo Cubeddu, Antonio Donno, Nicola Iannello e Carlo Lottieri, Lorenzo Infantino per citarne alcuni.

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il ruolo di principale interlocutore nel capitolo fnale di questo scritto.

A chi si sia scoperto interessato all'argomento qui esposto e si sia spinto ad approfondirne gli aspetti principali, non sarà sfuggita l'incomprensibile assenza di questo autore certamente non marginale. Le biblioteche italiane si trovano completamente sguarnite di testi inerenti alla sua vita e alla sua opera, e anche a voler cercare alcune pubblicazioni in lingua originale la strada non risulta affatto in discesa. La corrente stessa di cui Tucker si fece portavoce viene raramente presa in considerazione e, quando questo accade, il ruolo che le viene assegnato è marginale e di semplice menzione. E' l'atteggiamento tipico di chi si trova costretto, per onestà storico-intellettuale, a citarne l'esistenza ma non vuole entrare troppo nel dettaglio così da poter evitare un confronto aperto con essa.

La causa del vuoto di fonti che avvolge l'anarchismo individualista la si può rintracciare in tre fattori di differente entità. I primi due rappresentano contingenze limitative pragmatiche delle quali si può solamente prendere atto. Sono fattori circostanziali che non hanno nulla a che vedere con le posizioni teoriche sostenute da Tucker ma che costituiscono dei semplici scogli pratici cui si scontra la divulgazione. Il terzo, invece, ritrae la superfcialità immeritata con cui fu accolto, o per meglio dire accantonato, il pensiero dell'anarchico di Boston.

Il primo di questi fattori è rappresentato da una caratteristica interna al pensiero stesso dell'autore. La mancanza di sistematicità di uno scrittore che si trovava attivo su molti fronti e non ha mai dato un proflo organico alle sue opere, solleva non poche diffcoltà. A riprova di questa disorganicità, basti pensare che l'unico libro da lui pubblicato si intitola - in maniera scherzosa ma non troppo - Instead of a Book: by a Man Too Busy to Write One che in italiano può essere riportato come: “Al posto di un libro, di un uomo troppo occupato per scriverne uno”. Questo testo consiste in una corposa raccolta di articoli da lui scritti e raggruppati secondo nuclei tematici che, pur dando una buona visione d'insieme del suo pensiero, può disorientare un lettore amatoriale privo di quel retroterra conoscitivo che gli potrebbe garantire una solida presa contenutistica. Nonostante il sottotitolo A Fragmentary Exposition

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of Philosophical Anarchism non ne nasconda la natura e, anzi mette in guardia il potenziale lettore della sua esplicita frammentarietà, gli scritti raccolti risultano ugualmente problematici anche per chi si assume e accetta la complessità della loro asistematicità. La maggior parte dei suoi articoli presenta un carattere polemico che, muovendo da necessità pratiche, sfocia spesso in discussioni critiche di natura molto spesso personale. Questa scrittura dispersiva richiede al lettore uno sforzo interpretativo costante e profondo, e prima di cogliere il nocciolo di una questione bisogna avere molto spesso la pazienza di passare al setaccio, al pari di cercatori d'oro californiani, un numero considerevole di articoli infarciti di riferimenti a personalità politiche dimenticate e a dibattiti interni al panorama storico statunitense, per ricavarne, al pari di pagliuzze d'oro, poche frasi esplicative dei principi sottostanti le lunghe pagine polemiche.

Il secondo fattore rintracciato è l'assenza pressoché totale3 di una

traduzione italiana degli scritti dell'anarchico che, pur non essendo al giorno d'oggi un limite invalicabile, rimane, nonostante tutto, un evidente limite alla diffusione di massa della sua opera. Si aggiunga poi che l'inglese utilizzato da Tucker è quello di un americano di fne Ottocento e si capirà perché una sua circolazione capillare sia al momento lungi dall'avvenire.

Questo secondo fattore conduce indirettamente al terzo scoglio: il disinteresse. Infatti, perché non fu mai tradotto se non per disinteresse? Il silenzio che continua a vegliare su di lui può essere ricondotto a molti elementi, in primis la disistima che lo accompagna. L'atteggiamento volto a sminuirne l'importanza è comune tanto a coloro che sorvolano sulla sua esistenza quanto a chi, pur menzionandolo, non ne riconosce alcun merito se non una spiccata dote giornalistica. Si badi bene, questo atteggiamento non è proprio soltanto degli studiosi italiani ma presente anche all'estero, dove le idee radicali non vengono certo accolte a braccia aperte e dove il commento più lusinghiero potrebbe essere quello sintetizzato dalle parole di Johan

3 Uniche eccezioni sono: Il rapporto tra stato e individuo in La società senza stato. I fondatori del

pensiero libertario, Antologia a cura di N. Iannello, Rubettino, Soveria Mannelli 2004, Il diritto di copiare e Libertà e proibizione, in Copia pure! Il diritto di copiare nei saggi dell'anarchico Benjamin R. Tucker, a cura di A. Mingardi e G. Piombini, Millelire Stampa Alternativa, Viterbo

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Rudolf Rocker4, che fa di lui “un semplice allievo di Warren che nulla

aggiunge al panorama politico”5.

L'autore che per primo ha richiamato l'attenzione su Tucker, rispolverandone i meriti, fu l'ormai celebre Murray N. Rothbard il quale si sentì così vicino all'anarchico di Boston da ritenere il proprio pensiero “una modernizzazione”6 di quello dell'individualista ottocentesco. Inutile a dirsi,

l'interesse dimostrato dal libertario allievo di Ludwig von Mises incuriosì i critici che, pur ai margini del dibattito, iniziarono a manifestare un maggiore interesse per il pensiero tuckeriano.

All'interno dello stivale, interessante è la posizione in cui lo colloca N. Iannello il quale nella sua antologia La società senza stato. I fondatori del pensiero libertario, pur non ritagliandogli molto spazio, fa di lui l'anello di congiunzione tra un liberalismo europeo “sul flo dell'anarchia” (rappresentato da Gustave de Molinari, Herbert Spencer e Auberon Herbert) e il libertarismo americano contemporaneo, defnendolo “utilissimo per comprendere certe anse del lungo fume liberale”7.

Il presente lavoro si propone, dunque, di mostrare l'importanza che l'anarchismo di stampo individualista ha ricoperto nella storia e di sottolinearne l'attualità. Come si tenterà di mettere in evidenza, l'anarchismo individualista è oggi uno dei pochi pensieri sociali e politici in grado di ridare vita ad una flosofa politica che è andata piano piano assopendosi, ovvero ad un pensiero flosofco in grado di rifettere sul miglior governo e sul miglior ordine sociale. Per fare ciò, l'elaborato qui presente si offre di dare al lettore un proflo della personalità dell'anarchico di Boston descrivendo: in un primo capitolo il contesto storico nel quale si trovò immerso e nel quale operò; in un secondo la vita di Tucker, le esperienze più signifcative della

4 J.R. Rocker, nato a Magonza il 25 marzo 1873 e morto a New York il 19 settembre 1958, è stato una anarchico, scrittore e sindacalista tedesco naturalizzato statunitense, tra i principali teorici dell'anarco-sindacalismo. Autodichiaratosi “anarchico senza aggettivi”, Rocker arrivò alla conclusione che le diverse correnti anarchiche rappresentano solo “diversi modi dell'economia” e che il primo obbiettivo degli anarchici era “garantire la libertà personale e sociale degli uomini. Di lui si veda I pionieri della libertà, Antistato, Milano 1982; La gioventù di un ribelle e Nella

tormenta, trad. it. a cura del Centro studi libertari/Archivio Giuseppe Pinelli, Milano 1990.

5 R. Rocker, Las corrientes liberales en los estados unidos, Americalee, Buenos Aires 1944, p. 195. 6 M.N. Rothbard, The Spooner-Tucker doctrine: An Economist's view, in “Journal of Libertarian

Studies”, vol. 20, n.1, winter 2006.

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sua storia personale e il suo contributo maggiore, ossia la redazione del periodico "Liberty"; in un terzo la possibilità di etichettare un pensiero così atipico; in un quarto le fonti da cui trasse ispirazione e dalle quali attinse; ed infne un ultimo capitolo all'interno del quale si proporrà un confronto ed un dialogo tra Tucker e la corrente libertaria contemporanea maggiormente infuente, cioè l'anarchismo capitalista.

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CAP. 1

LE RADICI DELLA “LIBERTA'”: UN'INTRODUZIONE

STORICA

Nell'ultimo ventennio dell'Ottocento l'America si stava ormai avviando verso la fase matura dell'industrializzazione con tutte le conseguenze confittuali che questa poteva comportare tanto sul piano sociopolitico quanto su quello psicologico. Queste ultime si manifestavano principalmente in una sempre più lacerante insicurezza, sia a livello individuale che a livello dei diversi gruppi sociali che si trovarono improvvisamente alle prese con la più grande trasformazione economica che il Paese avesse mai visto. L'insicurezza di fondo portò con sé sconvolgimenti radicali e conseguenti scosse di assestamento in tutte le diverse sfere della società. Penetrando in profondità in tutti gli spazi economici e sociali, l'industrializzazione, con i cambiamenti che ne seguivano, iniziava a disfare l'identità americana che si era spontaneamente coagulata nel corso del tempo, ponendo in evidenza problematiche che fno ad allora si erano taciute o si erano neutralizzate sulla base di una concezione, dalle sfumature un po' mitiche, che sosteneva l'esistenza di una naturale armonia tra le diverse classi produttive e lavorative. Questo periodo, che potrebbe essere defnito come la golden age americana, cominciava ad assumere le sfumature di un passato nostalgico che non sarebbe più tornato e la necessità di una riorganizzazione assiologica si faceva via via più pressante. Mentre “lo sviluppo industriale andava spostando sempre più il baricentro dalla campagna alla città, dalla farm alla fabbrica, portandosi dietro le lacerazioni derivanti dal confronto tra un'America come frontiera e un'America come mercato”8, il cittadino

americano si trovò costretto a scendere a patti con la sua nuova ed accelerata

8 G. Iurlano, Radicalismo e tradizioni americane nella seconda metà del XIX secolo:

l'anarco-individualismo di B.R.Tucker, in La sovranità dell'individuo. Tre saggi sull'anarchismo negli Stati Uniti, a cura di A. Donno, Lacaita, Bari 1982, p. 12.

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contemporaneità, generando così una rottura drammatica che nonostante tutto porterà ad una incredibile sintesi tra i valori tradizionali e quelli moderni. La forente realtà capitalistica era ormai penetrata a fondo anche in quel mondo rurale che, tanto nella visione esterna quanto in quella interna, si era consolidato come l'american mind con la sua celebrazione del primato morale del piccolo agricoltore proprietario, dell'homo faber, del pioniere e dell'esploratore duro ed autosuffciente.

Da allora in avanti, con l'avanzamento della tecnica e lo sfruttamento industriale del territorio, con lo sviluppo delle fabbriche e la nascita dei grandi conglomerati urbani, la caratteristica peculiare dell'identità americana si sposterà sempre più sulla cruda realtà del proftto. “L'etica protestante e lo spirito del capitalismo” stavano radicandosi tenacemente al fertile terreno statunitense. Il metodismo protestante e la concezione morale calvinista che faceva coincidere la povertà e l'insuccesso economico con il peccato, si stavano piano piano fondendo e armonizzando a visioni del mondo maggiormente laiche che trovavano il loro punto di riferimento fsso nel darwinismo sociale. La visione laica delle nuove idee europee di sviluppo e progresso, che a poco a poco stavano penetrando nel territorio statunitense, e la visione morale delle diverse correnti protestanti, che fn dalle origini aveva accompagnato i coloni americani, si tendevano sempre più la mano in una concezione di “premio e castigo” che fungeva da ottimo strumento facilitante il corretto funzionamento di quello che era un mercato in piena espansione.

L'America, insomma, stava cambiando e l'unica maniera che restava ai suoi abitanti per comprendere il corso degli eventi, ed avere così l'illusione di poterli controllare, era quella di assimilare questo cambiamento e integrarlo in una nuova identità di sé, che non si fossilizzasse in una immutabile e reazionaria staticità.

Le proteste dei nuovi gruppi sociali e le lotte dell'emergente classe operaia nacquero e presero vita in questo determinato periodo storico e, sebbene si confgurassero apparentemente come delle forze contrarie alla sfrenata modernizzazione e alla piega progressista che la società stava prendendo, ne furono in realtà le fglie legittime. Le loro manifestazioni e le

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loro rivolte presupponevano una generale accettazione di fondo del nuovo sistema economico, depurato però da tutti quegli elementi che potessero contrastare con la tradizione americana. L'emergere di una neonata coscienza di classe si fece portavoce della necessità di una svolta nella nuova economia capitalistica. Questa coscienza operaia, unita alle nuove teorie introdotte nel suolo americano dai migranti europei, fece nascere un forente dibattito e un'altrettanta viva proliferazione di idee che esplosero e si concretizzarono nel grande sciopero organizzato dei ferrovieri del 18779 e nei celebri eventi

accaduti i primi giorni di maggio del 1886 a Chicago conosciuti come la rivolta di Haymarket10.

Fu in questo contesto di scontri e di disordine, scandito anche dal costante richiamo degli anarchici tanto europei quanto americani a una “propaganda attraverso i fatti”, che si consoliderà il passaggio da un'anarchia, vista come un'istanza prettamente culturale derivante più o meno direttamente della secolarizzazione illuministica e dalla critica dell'esistente, a un'anarchia sempre più spesso associata al terrorismo e allo stereotipo dell'anarchico bombarolo, che nuocerà infnitamente al movimento nel suo complesso il quale fnirà per ritrovarsi più frammentato che mai e molto spesso accusato ingiustamente di delitti non commessi.

9 Evento di grande rilevanza storica. Il settore ferroviario era ,infatti, da sempre il simbolo della modernizzazione e della rispettabilità americana, il fiore all'occhiello di una società fresca che si avviava allo sviluppo industriale. Il grande sciopero del '77, indetto contro le pesanti riduzioni salariali, mise in evidenza una nuova combattività operaia e un forte senso di solidarietà tra la manodopera dei diversi settori industriali e non solo del ferroviario.

10 Altro fatto destinato a restare nei rotocalchi di storia, la rivolta di Haymarket fu uno degli eventi che maggiormente indignò l'opinione pubblica mondiale, tanto che sarà in memoria delle sue vittime che verrà indetta la giornata nazionale dei lavoratori fissata il primo di maggio. Il primo maggio 1886 i sindacati organizzarono a Chicago uno sciopero per rivendicare la giornata lavorativa di otto ore. Le condizioni di lavoro in città erano miserabili, con molti operai impegnati nelle loro mansioni dalle dieci alle dodici ore giornaliere, spesso in condizioni pericolose. Il 3 maggio gli scioperanti si incontrarono di fronte alla fabbrica di mietitrici McCormick e vennero attaccati senza preavviso dalla polizia di Chicago; l'attacco provocò due morti e molti feriti. La notizia si diffuse rapidamente tra gli operai della città, seminando non poca indignazione. A questa indignazione generale risposero alcuni anarchici locali distribuirono dei volantini che invitavano gli operai ad un presidio ad Haymarket Square per protestare contro il comportamento della polizia. Il 4 maggio, durante la manifestazione, a detta di tutti pacifica, la polizia ordinò alla folla di disperdersi e iniziò a marciare verso il carro dove gli oratori tenevano comizio. In quel momento fu lanciato un ordigno tra le fila della polizia che uccise un poliziotto, Mathias J. Degan. A quel punto la polizia aprì il fuoco sulla folla, ferendo dozzine di persone e uccidendone undici, fra cui sette agenti colpiti da fuoco amico. Il processo-farsa, che seguì la strage, portò alla condanna a morte di otto anarchici collegati direttamente o indirettamente con la protesta.

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Se queste poche righe tratteggiano brevemente e defniscono in linea di massima il retroterra storico che ospiterà l'azione del nostro autore, non si deve dimenticare di un ulteriore retroterra altrettanto signifcativo, che giocherà un ruolo determinante nella costituzione del pensiero di Tucker: quello culturale che, a partire dai movimenti religiosi radicali del XVII secolo, porterà alla costruzione della base stessa del pensiero libertario americano.

Collegandosi consapevolmente alla tradizione americana, infatti, Tucker, si propone di dare, o meglio ridare, rispettabilità alla concezione anarchica della vita in un'epoca sempre più caratterizzata dalla violenza di classe e in un momento storico in cui il movimento anarchico internazionale sembrava perdere credibilità giorno dopo giorno. Questo collegamento, necessario per la rinascita dell'anarchismo, non lo trovò molto distante dal suolo su cui nacque. Si può affermare, infatti, che un particolare spirito libertario abbia da sempre aleggiato sui vergini territori del nuovo mondo tanto che non sarebbe azzardato sostenere, come ha scritto Ronald Creagh in Da Rocker a Bookchin. Note sul pensiero libertario americano, che “l'unica tradizione radicale autenticamente americana è l'anarchismo, che si radica in una sensibilità diffusa che rifuta qualsiasi disciplina imposta da qualsiasi Sinai”11. Come si è già accennato, questa sensibilità critica e maldisposta ad

accettare una qualsiasi istanza coercitiva affonda le sue radici nei movimenti religiosi del 1600 che costituiscono nel loro insieme una sorta di cordone ombelicale in grado di nutrire effcacemente il libero pensiero americano degli esordi. Il riferimento di Craegh al Sinai non è dunque posto a caso. Sono i movimenti prettamente religiosi come gli anabattisti, gli hutchinsoniani12, i ranters13 ed i primi quaccheri a trovare nelle colonie 11 R. Creagh, Da Rocker a Bookchin. Note sul pensiero libertario americano, introduzione a R.

Rocker, Pionieri della libertà, Antistato, Milano 1982, p. 202.

12 La primissima esperienza anarchica d'oltre oceano, può essere fatta risalire al 1638, quando Anne Hutchinson fondò la comunità di Portsmouth nel Rhode Island. La Hutchinson riteneva che il retto comportamento provenisse dall'interno di ogni cristiano per grazia divina e che dunque nessun ostacolo dovesse frapporsi al libero manifestarsi di quella guida interiore che ciascun individuo possiede.

13 Fu una setta inglese, considerata eretica dalla Chiesa, in quanto univa la dottrina cristiana ad elementi panteistici. Secondo il loro credo Dio è in ogni creatura e questo portò loro a negare l'autorità della Chiesa, della Scrittura e del Mistero, invitando gli uomini a dare ascolto a Gesù solamente nella propria coscienza. Per dare un esempio di come in quest'istanza si possano

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americane la possibilità di esprimere liberamente la loro concezione religiosa e morale, che nel principio della “luce interiore” poneva pionieristicamente in evidenza l'importanza e la centralità dell'individuo inteso come unico punto di riferimento reale nella e della società. Come forse si è già potuto intuire, la posizione critica che queste sette assumevano nei confronti della Chiesa e della tradizione non si limitava al solo spazio religioso ma sconfnava anche nella sfera politica e sociale.

Non c'è dubbio allora che il loro individualismo fosse “radicale”. L'aperto rifuto di qualsiasi tipo di mediazione tra l'uomo e Dio li portò gradualmente ad assumere un atteggiamento di distacco nei confronti di qualsiasi tipologia di istituzione che ai loro occhi poteva favorire soltanto la perdita dell'autonomia morale del singolo. Inoltre, il rovesciamento del concetto di rigenerazione salvifca - per la quale la concessione della grazia al singolo non era più un atto esclusivamente divino ma si basava sulla costante partecipazione volontaria e sull'impegno umano individuale a migliorarsi -porteranno questi movimenti ad un rapporto sempre più orizzontale tra uomo e divinità prima, e tra uomo e uomo poi. Questa particolare “democratizzazione di Dio” comporterà col tempo “l'evolversi graduale di quella che, nella storia americana, costituirà la concezione anarchica indigena, basata sull'alternarsi continuo dell'elemento individualistico e di quello comunitario”14.

L'anarchismo individualista come dottrina sociale nacque, nonostante la sua connotazione spiccatamente religiosa, esattamente in questo momento, cioè nell'età dell'oro delle comunità utopiche quando riformatori di vario stampo, provenienti da tutto il mondo, cercavano di creare nelle distese dei giovani Stati Uniti d'America prototipi dei loro mondi ideali.

Questo ideale sarà quello che a posteriori potremmo defnire “l'eredità della frontiera americana” che consentì a molti di sperimentare stili di vita alternativi, per un verso comunitari e per un altro sempre rispettosi della diversità e della libertà dei singoli individui. L'eredità della frontiera sarà

Clarkson, arrivò a sostenere che un credente è libero da tutti i vincoli tradizionali, che il peccato è un prodotto dell'immaginazione e che la proprietà privata è sbagliata.

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costantemente il nocciolo duro di quella mentalità americana tradizionale, che col passare degli anni ha saputo sopravvivere riassestandosi e rimodellandosi sui nuovi valori che via via si andavano a defnire e ridefnire.

Esempio eclatante di questa sintesi, prodotta dall'unione della novità e dalla tradizione, fu la celebre e, molto spesso infazionatamente citata, Dichiarazione d'Indipendenza del 1776 che riuscì a secolarizzare e incorporare lo spirito anarchico statunitense (eredità della frontiera) nelle nuove istituzioni democratiche americane. In modo originale si riuscì così a non perdere l'esperienza americana delle origini e allo stesso tempo a rendere intellettualmente coerente l'anti-statalismo dei coloni e dei pionieri. La dichiarazione del '76 divenne da allora l'incarnazione perfetta dello spirito e della tradizione americana che attraversò in maniera trasversale tutti i credo politici e religiosi, anarchici compresi, facendosi portavoce della costante presenza critica dell'individuo nella società e della sua vigilanza continua rispetto all'operato del governo, che trovò nell'individualismo radicale il suo signifcato più profondo.

L'intreccio e la sintesi di tutte queste istanze, nuove e tipiche ad un tempo, si caratterizzerà di volta in volta attraverso una lunga serie di esperienze diverse e peculiari: dal trascendentalismo di Ralph Waldo Emerson, che ribadisce e insiste sulla ricerca teorica della propria coscienza individuale, al naturalismo di Henry David Thoureau che, focalizzandosi sull'autenticità del rapporto con la natura, con la sua Civil Disobedience si imporrà come un grande classico dell'individualismo; dalle esperienze comunitarie più complesse e critiche di un Josiah Warren, che con il Village of Equality e Utopia cerca di proclamare la sovranità dell'individuo rispetto a quella del popolo, fno ad arrivare all'anarchismo flosofco di Tucker, che contribuì alla riscoperta della vera essenza della tradizione americana.

L'anarchismo, dunque, trovò negli USA, a causa della sua propria conformazione intrinseca, il suo alveo naturale. La costante richiesta anarchica di utopia, come progetto continuo di evoluzione e di sviluppo interiore, e il rifuto di ogni categoria politica, comunemente intesa, sono

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contemporaneamente i punti di forza e di debolezza del movimento anarchico che poteva esprimersi nella sua completezza e nella sua impossibilità di essere categorizzato una volta per tutte, soltanto nella terra delle opportunità.

Nutritosi e cresciuto nella tradizione radicale, per tutto il suo iter l'anarchismo corse il rischio di essere confuso ed assorbito da quest'ultima, nonché di essere accostato, verso la fne dell'Ottocento, a quella violenza terroristica che certo non giocava a suo favore.

In questo contesto si colloca la fgura di Benjamin R. Tucker che si sforzò di dare coerenza teorica all'anarchismo attraverso un'ardita operazione di sintesi culturale tra esperienza americana ed europea, sottolineando gli aspetti comuni - come l'associazionismo volontario, il rifuto dell'accentramento politico del potere, la libertà dell'individuo di fronte a qualsiasi tipo di costrizione, la resistenza passiva ecc. - e stigmatizzando le posizioni “eretiche” che male si conciliavano con una teoria anti autoritaria.

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CAP. 2

VITA E OPERE

2.1 - Benjamin R. Tucker e la sua “Libertà” da 50 centesimi l'anno Benjamin Ricketson Tucker nacque il 17 Aprile del 1854 in South Dartmouth nel Massachussetts, in un ambiente intellettuale caratterizzato dall'anticonformismo e dal dissenso. Il piccolo villaggio d'origine si distingueva già alla metà dell'Ottocento per essere conosciuto come la mecca dell'eterodossia religiosa, insieme alla vicina New Bedford, dove da bambino frequentò la Friends Academy. In questo angolo di mondo, così come del resto in tutto il New England, la mentalità puritana si sviluppò in maniera anomala, depurandosi col tempo dal dogma calvinista e abbracciando gradualmente la dottrina unitaria. A riprova di quanto fosse comune e naturale per gli abitanti del territorio la libera indagine, la famiglia del piccolo Benjamin presentava un background sia quacchero, il padre, che unitario, la madre.

Come si è tentato di sottolineare nel capitolo precedente, i movimenti religiosi nordamericani recitarono una parte da protagonisti nella formazione dello spirito libertario e si fecero i primi promotori delle idee europee di riformazione sociale. Se sul piano prettamente teologico l'unitarismo negava la distanza tra il divino e l'umano, promuovendo un rapporto orizzontale tra gli uomini, sul piano etico e sociale esso riprendeva il concetto spenceriano di perfettibilità umana, quindi di progresso nello sviluppo dello spirito umano, di libero arbitrio e di possibilità per il singolo di scegliere se procedere o meno verso la salvezza. In questo senso risulta maggiormente chiaro come quello religioso fosse più un atteggiamento mentale che un credo, un richiamo ad una esplicita apertura mentale e non una cieca ed acritica professione di fede. Pur esprimendosi in un linguaggio tutto religioso - come

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ad esempio il consiglio di imparare la naturale uguaglianza degli uomini dal Padre comune o l'idea che ogni individuo possieda una legge nel proprio cuore che lo porta all'autogoverno e alla rettitudine - i soggetti, che come Tucker crebbero e si formarono in un ambiente siffatto, diventarono spontaneamente partigiani della libertà di pensiero e parola e contrari a qualsiasi forma di potere coercitivo in grado di strumentalizzare l'individuo e di limitarne la libertà d'azione.

Questo era pressapoco l'aria che si respirava nel New England di allora, in particolar modo a New Bedford dove Tucker andò a scuola. Fu infatti in questa cittadina portuale, microcosmo di razze, lingue e professioni, che il radicale statunitense ebbe modo di entrare in contatto con i testi e le idee di Emerson, Garrison, Darwin e Spencer e di legare così la propria esperienza personale di apertura al dibattito ad autori di ampio respiro e a personaggi la cui opera era mirata a produrre un cambiamento sostanziale nel mondo sociale e politico anche americano.

Ripensando all'ambiente in cui crebbe, scrisse:

Vivendo in una comunità mi resi conto dell'importante ruolo da essa avuto nella lunga battaglia per l'abolizione della schiavitù; ed essendo io dotato di una mente rifessiva e di un vorace appetito per quanto riguarda il nutrimento intellettuale che veniva fornito così in abbondanza, in maniera del tutto naturale presi decisamente posizione su tutti i problemi religiosi, scientifci, politici e sociali, assorbendo tutta una serie di convinzioni caotiche e contraddittorie, che non divennero chiare fno a quando non raggiunsi l'età di diciotto anni, allorché una fortunata combinazione di infuenze non mi trasformò nel coerente anarchico che sono oggi. Nel frattempo, ero stato un ateo, un materialista, un evoluzionista, un proibizionista, un libero commerciante, un sostenitore delle otto ore e del suffragio femminile, un nemico del matrimonio e un credente nella libertà sessuale. Il mio anarchismo ha dissipato alcune delle mie vecchie credenze e ne ha confermate altre.15

15 E.N. Sachs, The terrible Sirene, Herper & Brothers, New York 1928, pp. 241-42, su cui G. Iurliano, Op. cit., p. 30.

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Sotto suggerimento dei genitori frequentò in seguito il MIT, Massachusetts Institute of Technology, iscrivendosi alla facoltà di ingegneria, che però abbandonò presto, quando non ancora ventenne scoprì la sua passione per il giornalismo. Quello di Boston fu, ad ogni modo, un altro ambiente fortemente signifcativo per la formazione dello spirito di Tucker e contribuì grandemente al suo naturale entusiasmo per l'attivismo. Fu qui, infatti, che nacque la sua passione per la politica, passione che lo coinvolse da subito in prima persona e che lo vedrà partecipare attivamente alla campagna presidenziale di Horace Greeley. Frequentò, inoltre, diverse convention dalle eclettiche connotazione politiche. Fu in particolare in una di queste, la conferenza del New England Labor Reform League del 1872, che si ebbe quella “fortunata combinazione di infuenze” menzionata, venne cioè a contatto con alcuni tra i veterani dell'anarchismo individualista: Josiah Warren e William B. Greene, i primi a cercare di dare una certa sistematicità a un pensiero che da sempre aleggiava nella società americana. Questi fecero subito una profonda impressione favorevole al giovane studente del MIT tanto che, volgendo lo sguardo alla propria giovinezza, defnirà questo primo incontro un punto centrale nella sua carriera come radicale. A questa convention Tucker comprò due testi fondamentali per il suo successivo sviluppo intellettuale, nei quali possiamo rintracciare alcune delle tematiche in lui ricorrenti. Il primo di questi è un libro di Greene, intitolato Mutual Banking, del 1850, nel quale si propone, sulla scia di Pierre-Joseph Proudhon, un sistema bancario libero da interessi; il secondo è l'opera di Warren, True Civilization, del1869, dove l'autore, tirando le fla della propria vita da attivista e riformatore sociale, sintetizzò alcuni dei princìpi ispiratori che caratterizzano la sua dottrina. Tra quest'ultimi risultava determinante il principio della freedom to differ, della libertà di essere diverso, che sta alla base di quella che è a sua volta una delle caratteristiche salienti di tutto l'individualismo: la sovranità dell'individuo. La libertà di differire e differenziarsi poggiava, inoltre, su un'interessante premessa economica che, in linea con le idee espresse da Proudhon nel 1840, esprimeva la convinzione che il prezzo di un bene non fosse determinato dalla sua utilità ma dal tempo

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e dalla diffcoltà richiesti per produrlo e che, di conseguenza, ciascun individuo avesse diritto all'intero prodotto del proprio lavoro. Accanto a queste posizioni warreniane, Tucker ebbe modo di conoscere, attraverso le succitate basi mutualistiche di Greene, per la prima volta le idee di Proudhon che più tardi tenterà di sviluppare e integrare nella pagine di "Liberty”.

Dal suo coinvolgimento politico e dal contatto con questi due autori, considerati delle vere e proprie autorità specie all'interno del Labour-reform Moviment, Tucker si convinse gradualmente che le riforme economiche dovessero stare necessariamente alla base di tutti i successivi passi verso il conseguimento della libertà e che solo attraverso di esse l'individuo potesse avere la possibilità di dispiegare le proprie potenzialità in maniera libera ed autonoma.

A formare ulteriormente la sua singolare personalità contribuirà successivamente la conoscenza e la collaborazione professionale con l'abolizionista radicale Lysander Spooner, che darà voce e alimenterà tutte le mal sopite tendenze antipolitiche di Tucker. Assieme a Spooner si cimenterà nella sua prima esperienza editoriale pubblicando nel 1877 la rivista “Radical Review”, che vedrà pubblicati soltanto quattro numeri, per lo più occupati dalla traduzione inglese di alcune parti del Système des contradictions économiques ou Philosophie de la misère di Proudhon. Nonostante il fallimento dell'impresa i rapporti con il flosofo non si deteriorarono affatto e, sebbene avessero a volte delle opinioni discordanti, la collaborazione tra di loro continuò nella successiva e più fortunata redazione di “Liberty”. Ma la formazione intellettuale di Tucker non si limita a pensatori suoi connazionali, nel quadro formativo vanno aggiunte le infuenze suscitate da alcuni europei di spicco come Herbert Spencer, il già menzionato Proudhon e Max Stirner, dei quali curò le prime traduzioni inglesi favorendo attivamente la divulgazione delle loro idee in territorio statunitense.

Nel 1876, Ezra Heywood, una protofemminista favorevole al free-love, pubblicò la traduzione inglese a opera di Tucker del classico proudhoniano Que-est que c'est la propriété? in quello che potrebbe essere considerato come il debutto di Tucker nel circolo radicale. Nel 1881 l'individualista radicale

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inizierà il lavoro che lo rese famoso e che farà di lui il centro gravitazionale del dibattito politico, economico, sociale e flosofco statunitense: la pubblicazione del periodico “Liberty”. Al suo interno l'autore riuscì ad integrare le teorie economiche dei pensatori europei con le istanze tipicamente americane del libero pensiero e del libero amore, producendo un rigoroso sistema di individualismo anarchico che venne successivamente identifcato con lui e conosciuto come “anarchismo flosofco” o, in maniera leggermente dispregiativa, “anarchismo di Boston”. Quest'attività, durata ventisette anni (agosto 1881 – aprile 1908), fu l'opera più rilevante di Tucker e del movimento a cui diede voce, tanto da essere comunemente considerato “the fnest individualist-anarchist periodical ever published in the English language”16. Esso rappresentò un terreno di incontro privilegiato per il

dibattito politico tanto da costituirsi come una vera e propria fnestra affacciata su due mondi altrimenti poco comunicanti, quello americano e quello europeo. La rivista raccontò le personalità e le mutevoli controversie dell'individualismo radicale diventando il circuito divulgativo preferenziale dell'egoismo stirneriano e del pensiero di Spencer negli Stati Uniti.

La rilevanza ricoperta dal periodico nella vita di Tucker e nell'entourage delle personalità che gli orbitavano intorno, rende necessario soffermarsi su di esso tentando di analizzarne più da vicino la storia, il contenuto e l'impostazione.

“Liberty enters the feld of journalism to speak for herself because she fnds no one willing to speak for her”. Così si apre la prima pagina di “Liberty” il 6 agosto 1881. Luogo di pubblicazione: Boston, che rimarrà la sede del periodico per i primi quindici anni e successivamente si sposterà a New York fno al suo sfortunato decesso che avverrà nel 1908. La pubblicazione del giornale, che ebbe una vita gloriosa, si protrasse per ventisette anni e fu “una delle pubblicazioni più caratteristiche che siano mai state date alle stampe”17. Le parole con cui Tucker esordì nel suo debutto

furono a dir poco originali. “Questo giornale sarà pubblicato per soddisfare il

16 W. McElroy, Benjamin Tucker, Liberty, and Individualist Anarchism, “The Indipendent Review”, vol II, n. 3, winter 1998, p. 1.

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suo redattore e non i suoi lettori”, annuncia, “egli si augura che che quanto gli va bene vada bene anche a loro, ma se così non fosse, non farà alcuna differenza. A nessun abbonato o gruppo di abbonati sarà permesso di controllarne la direzione, di imporne la linea politica, o di prescriverne il metodo”. La sua sferzante ironia si manifesta del resto già nell'uso ambiguo che fa della parola libertà che gli serve indistintamente per indicare sia il concetto teorico che sta alla base del suo anarchismo, sia la sua rivista: “In un primo momento il prezzo della libertà [Liberty] consisteva in un'eterna vigilanza, ma ora la si può avere per 50 centesimi l'anno”; e che la libertà costituisca il punto di partenza della sua concezione politica e sociale lo dimostra anche il sottotitolo che da alla rivista, e cioè il motto proudhoniano “Libertà, non la fglia ma la madre dell'ordine” su cui torneremo in seguito.

Una breve dichiarazione programmatica fa subito chiarezza sull'obiettivo del periodico e sulla direzione che il suo fondatore gli avrebbe impresso:

“Liberty” sostiene la sovranità dell'individuo e l'equo compenso del

lavoro; l'abolizione dello Stato e l'abolizione dell'usura; l'abolizione del governo dell'uomo sull'uomo e la soppressione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo; l'anarchia e l'uguaglianza. Il grido di “Liberty” è: 'abbasso l'autorità!', e la sua battaglia principale è contro lo Stato; lo Stato che corrompe i bambini, lo Stato che ingabbia la legge; lo Stato che soffoca il pensiero, lo Stato che monopolizza la terra, lo Stato che limita il credito e lo scambio, lo Stato che dà al capitale ozioso il potere di espandersi, e che attraverso l'interesse, la rendita, il proftto e le tasse deruba il lavoro industrioso dei suoi prodotti. 18

In questa maniera Tucker prende di petto le problematiche a lui care, aprendosi un varco, per non dire una voragine, all'interno del dibattito politico occidentale. Da queste poche righe si può facilmente cogliere la vera spinta dietro cui stava la pubblicazione di “Liberty”. I suoi fogli sono principalmente destinati alla propaganda e al dibattito ma l'incisività e la chiarezza che emerge dalle sue pagine, merito della virtù giornalistica di

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Tucker, ne fece ben presto un caso intercontinentale. Attorno al periodico e al suo fondatore, si trovò ad orbitare un nucleo di eccellenti collaboratori, come Lysander Spooner, Henry Appleton, William Holme, Gertrude B. Kelley, William Lloyd, Victor Yarros, E. C. Walker e molti altri.

Diffuso in tutti gli Stati Uniti e in grado di far arrivare degli echi delle proprie posizioni anche oltre oceano, “Liberty” benefciò moltissimo della forza personale, del carattere e delle capacità del proprio redattore. Un ritratto suggestivo della personalità di Tucker lo offre J. William Lloyd in un articolo intitolato Memories of Benjamin Tucker19. Qui Lloyd descrive un Tucker

nella pienezza dei suoi anni e fornisce un ritratto dell'anarchico dai colori vivaci ed affascinanti. Il lavoro di Lloyd ha il vantaggio di essere lo scritto di uno dei collaboratori a lui più vicini, per lo meno fno a quando la contesa su che cosa tra i diritti naturali e l'egoismo stirneriano dovesse stare alla base di tutta la teoria anarchica, gli fece imboccare una strada differente. Il seguente passaggio tratto dalle carte di Lloyd ci da un'idea della personalità di Tucker:

Tucker had tremendous infuence on us young Anarchists in those days and was our hero. Handsome, a brilliant translator, an editor of meticulous care and fnish, a trenchant reasoner, with a faith and enthusiasm for his "ism" that had no bounds, he was like a strong current that swept us along. Josiah Warren, Pierre J. Proudhon, Wm. B. Greene, Lysander Spooner were given us for our gods, with Auberon Herbert, Herbert Spencer, Stephen Pearl Andrews and a few others almost admitted to the pantheon. Tucker's manner of writing was what chiefy attracted attention to him. No more fery and furious apostle ever put pen to paper. A veritable baresark of dialectics. He was dogmatic to the extreme, arrogantly positive, browbeating and dominating, true to his "plumb-line" no matter who was slain, and brooked no difference, contradiction or denial. Biting sarcasm, caustic contempt, invective that wassometimes almost actual insult, were poured out on any who dared criticize or oppose. In this he reminded me of my old-time medical teacher, R. T. Trall, M.D. He regarded all who did not accept Anarchism

19 J.W. Lloyd, Memories of Benjamn Tucker, 17 June 1935, lo si può ritrovare integrale e in lingua originale all'interno del sito inglese del Mises-Institute: Austrian Economics, Freedom and Peace,

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as fools, or near-fools, and was not slow to let them know it. There was nothing he hated more than communism, and the Communist-Anarchists used to call him "the Pope." One could not read Liberty without getting the impression that he was a fre-eater, most of the time angry. This tended to scare off opponents, no doubt, but as positive assertion and burning faith convince many people more than any argument, it also brought him many converts, and a reputation of being a sort of dragon, breathing fre and smoke. And no doubt he affected all of us. For I recall some commentator, at that time, writing of "the three slashing critics of Liberty — Tucker, Yarros and Lloyd," so I must have been implicated. But life is full of contradictions and Tucker soon became a conundrum to me. Was he a Jekyll and Hyde? For this swashbuckler, on paper, when you met him in person, was the most genial, affable, and charming gentlemen that you could possibly imagine, kind, gentle and always smiling. I discounted this as toward myself but I could not learn that anyone had ever had a hard spoken word from him, and I have never to this day heard of one who had. Face to face this tiger was a dove. I remember my friend, Albert Chavannes, telling me of her interview with Tucker when he visited New York. "Why," he said, laughing delightedly, "I found him the mildest mannered pirate that ever cut a throat or sunk a ship.20

20 Ibid., trad. propria: “Tucker esercitava un'enorme influenza su di noi, giovani anarchici in quei giorni, tanto da essere il nostro eroe. Di bell'aspetto, brillante traduttore e redattore meticolosamente attento ed accurato, un pensatore incisivo, con una fede ed un entusiasmo per il suo “ismo” che non aveva limiti, era come una corrente impetuosa che ci trascinava con sé. Josiah Warren, Pierre J. Proudhon, William B. Greene, Lysander Spooner ci erano dati come nostri dei, con Auberon Herbert, Herbert Spencer, Stephen Pearl Andrew e pochi altri ancora ammessi nel pantheon. Ciò che attraeva maggiormente l'attenzione era la maniera di scrivere di Tucker. Nessun apostolo più fiero e furioso pose mai la sua penna sulla carta. Un vero berserk della dialettica. Era dogmatico fino all'estremo, arrogantemente positivo, dal tono imperioso e dominatore, fedele alla sua linea senza badare a chi sarebbe caduto, e senza tollerare la differenza, la contraddizione o la negazione. Sarcasmo pungente, disprezzo caustico, invettive che alcune volte erano quasi insulti, che erano temerarie di fronte a chiunque osasse criticare o resistere. In questo mi ricordava il mio antico maestro R. T. Trall. Lui considerava chiunque non accettasse l'anarchismo un pazzo, o quasi pazzo, e non esitava a farglielo sapere. Non odiava niente come il comunismo, e gli anarco-comunisti erano soliti chiamarlo “il papa”. Non si poteva leggere Liberty senza avere l'impressione che lui fosse un divoratore di fuoco, furioso la maggior parte del tempo. Così era solito sopprimere gli oppositori, senza dubbi, e dato che le affermazioni positive e la fede ardente persuadono molto più che gli argomenti, riuscì ad attrarre molti fedeli, e a costruirsi la reputazione di essere una specie di drago che respirava fuoco e fumo. E senza dubbio ci impressionò tutti. Ricordo che un critico di quel tempo scrisse di noi come dei “Tre travolgenti critici di Liberty -Tucker, Yarros, Lloyd”. Ma la vita si sa è piena di contraddizioni e Tucker si converti presto per me in un enigma. Era un Jekyll o un Hyde? Questo mostro sulla carta, quando lo si incontrava di

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Nello stesso articolo Lloyd descrive Tucker con toni molto affettuosi e, nonostante la rottura ideologica, afferma che “in qualche modo Tucker ed io continuiamo ad essere buoni amici. Ho sempre ammirato, onorato e rispettato la sua persona per la sua assoluta sincerità, le sue eccellenti capacità e il suo reale valore; era veramente gentile, e sempre retto nelle sue intenzioni, e la penso ancora così. Mi sembrava fosse molto meglio delle sue idee che erano per lui come un armatura di ferro, dalla quale non poteva mai uscire.”21

Accantonate le distanze ideologiche, dunque, chiunque abbia scritto di lui concorda su un punto: il suo valore personale. Nessuno, infatti, ha mai messo in dubbio le sue grandi doti intellettuali e la sua integrità morale, che non mancò mai di manifestarsi nel momento in cui ci fosse qualche causa del cui diritto fosse pienamente convinto. Un chiaro esempio del suo temperamento e della sua ferezza fu la strenua opposizione che fece alle leggi Comstock22. Quando, a causa di queste leggi di censura, la celebre

raccolta di poesie Leaves of Grass di Walt Whitman fu posta all'indice, Tucker resistette con ferma decisione alla proibizione, diffondendo il libro ovunque fosse possibile. A rimarcare ulteriormente la sua indomabile ferezza, pesò il fatto che questa violazione della legge la fece alla luce del sole, non in silenzio e di nascosto, bensì pubblicizzandola apertamente. Tant'è che in una lettera indirizzata personalmente a Comstock che “superava in mordace

persona, era il gentiluomo più geniale, affabile e affascinante che si potesse immaginare, gentile e sempre sorridente. Pensai che potesse essere così solo con me, però non seppi di nessuno che avesse mai ricevuto da lui una parola scortese, e fino ad oggi non so se l'abbia mai pronunciata. Faccia a faccia questa tigre era una colomba. Ricordo che il mio amico Albert Chavannes, raccontandomi la sua intervista con Tucker quando visitò New York mi disse ridendo candidamente “lo trovai come il pirata dai modi più gentili che abbia mai tagliato una gola o affondato una nave””

21 Ibidem.

22 Le leggi Comstock sono leggi che prendono il nome da Anthony Comstock, uno dei nomi più famosi della censura puritana. Come leader della commissione di vigilanza dell'Associazione Giovanile Maschile Cristiana (YMCA) fece la prima legge sull'oscenità approvata nello stato di New York (1868), di cui la YMCA forzò l'approvazione. Nell'anno 1873, la commissione fu trasformata nella “Società di New York per la Soppressione del Vizio”. In quell'anno, questa organizzazione fece forti pressioni al congresso per approvare una legge anti-vizio, scritta da Comstock. Questa legge riuscì a mettere al bando ogni “libro, plico, immagine, foglio, lettera, scritto, stampa o altre pubblicazioni oscene, lascive, libidinose e di carattere indecente” nonché di ogni pubblicità di tale materiale, fissando una pena di cinque mila dollari e/o cinque anni di

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acutezza e in mortale disprezzo tutto ciò che si possa immaginare”23 dichiarò,

senza tanti giri di parole, i suoi intenti di stampare, pubblicare e pubblicizzare Leaves of Grass. Incredibilmente e come riprova del rispetto nonché del timore reverenziale che la sua personalità era in grado di emanare, non fu disturbato nella sua violazione, mentre altri, che lavoravano nell'ombra e con maggiore circospezione caddero nelle maglie della legge. Il suo coraggio spinse molti ad imitarlo assicurando così al libro una diffusione incredibile nonostante l'uffciale censura legale. Anni dopo lo stesso Whitman, che non dimenticò mai questo episodio scrisse di lui che “fece cose molto coraggiose quando le cose coraggiose erano rare. Non lo potrò mai dimenticare ... Lo ammiro molto: è valoroso fno al midollo”24.

Altra circostanza signifcativa dove l'anarchico di Boston dette sfoggio del suo temperamento fu in concomitanza con la pubblicazione di un opera di Max Nordau25 dal titolo Entartung, ossia Degenerazione. Qui Tucker agisce

sullo sfondo, ma la scintilla dalla quale nascerà la polemica porta la sua frma. Nordau scrisse questo libro presentando tutti i maggiori artisti moderni, ad esempio Henrik Ibsen, Émile Zola, Richard Wagner, Dante Gabriel Rossetti, Friedrich Nietzsche e molti altri, come esponenti della degenerazione sociale. Sebbene non si sentisse particolarmente ferrato nel campo artistico, l'istintivo rifuto per la tesi dell'autore spinse l'anarchico a pregare il suo amico e collaboratore Bernard Shaw di scrivere un articolo in opposizione a Nordau. Shaw ne demolì completamente il lavoro riempendo un intero numero di “Liberty” più un vasto supplemento, senza voler alcun compenso. Quando Tucker venne a conoscenza del rifuto di Shaw di ricevere una qualsiasi forma di remunerazione, impresse un numero suffciente di copie da poterne inviare una gratuitamente ad ogni testata giornalistica statunitense, nonché a qualcuna europea, esaurendo in tal modo quasi completamente le sue fnanze. Il risultato che ottenne fu però talmente vasto che Nordau e la sua Degenerazione furono letteralmente spazzati via dal mondo culturale e non vennero mai più menzionati dalla stampa.

23 R. Rocker, op. cit., p. 204. 24 Ibidem, p. 205.

25 Max Simon Nordau (1849 – 1923) è stato un sociologo, medico, giornalista e leader sionista ungherese.

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Come si è potuto constatare da questi brevi cenni biografci la personalità di Tucker si fonde perfettamente alla personalità del periodico da lui redatto, quasi fossero l'uno lo specchio dell'altro. Un'analisi maggiormente approfondita della natura di “Liberty” potrà allora far emergere in maniera più defnita i contorni della sua fgura sfocata, nonché fornire un luogo privilegiato dal quale osservare ed estrarre i nuclei tematici del suo pensiero.

Volendo riprendere il discorso iniziato poc'anzi sulla prima pagina del debutto della rivista, si può notare che, nonostante l'ouverture “this journal will be edited to swit its editor, not its reader”, il giornale giocò un ruolo di forum aperto al dibattito cui presero parte specialmente gli individualisti radicali. Il suo avvertimento, più che un monito, può allora essere interpretato come una captatio benevolentia al contrario, un far leva sullo spirito critico e ribelle dei lettori allo scopo di accattivarne le simpatie e promuoverne il dissenso e la discussione.

Molto più che l'incipit è importante il sottotitolo: una citazione di Proudhon che recita “Not the Daugther But the Mother of Order”; Libertà quindi, non la fglia ma la madre dell'ordine. Frase dalla forte incisività che palesa, oltre i contenuti tematici del giornale, il grande debito intellettuale che Tucker aveva nei confronti del pensatore francese, che non si limita alla condivisione di alcuni contenuti concettuali ma sconfna nella diretta presa di posizione personale di fronte al grande pubblico. Se, infatti, fu Proudhon il primo a riabilitare il termine “anarchia”, assunto storicamente sempre con connotazioni negative, sarà però Tucker l'unico ad appropriarsene completamente e senza rimostranze, non avendo, date le proprie radici americane, alcun timore di macchiarsi di infamia all'interno dell'annosa (e mai terminata) disputa tra liberalismo e socialismo26.

Reso famoso per l'alta qualità dei suoi contenuti magistralmente unita alla chiarezza di stile, “Liberty” fu in grado di abbracciare una vasta e cangiante area tematica di discussioni che andavano dalle teorie economiche ai diritti dei bambini, dalle libertà civili alle basi della rendita e dell'interesse.

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Nonostante l'impegno primario e dichiarato del giornale fosse il dibattito sulle riforme economiche, a scorrerne le pagine si nota come i suoi interessi furono suffcientemente ampi da includere testi di natura flosofca, sociologica e politica così come un ritratto a mezza pagina di Sophie Perovskaya, una giovane nichilista rivoluzionaria russa, prima donna ad essere giustiziata per motivi politici che divenne, con la caduta dello zarismo, una martire della contestazione.

La multiforme area d'interesse del periodico si rende evidente anche dall'importanza che la letteratura giocò al suo interno. Da non considerare una nota marginale, l'attivismo in ambito letterario fu fondamentale per la sua diffusione e servì da palcoscenico per farlo conoscere al di fuori dei confni radicali conferendogli una connotazione spiccatamente internazionale. Tucker, nonostante la forte militanza nel politico e nel sociale, seppe apprezzare come pochi l'importanza dell'arte e della cultura per il singolo e per la società e si mantenne sempre molto aggiornato sui temi artistici europei ed americani27. Al centro delle tematiche artistiche e dei

dibattiti più disparati della propria contemporaneità, “Liberty” servì allora da clearinghouse, da lanterna o da faro, per gli altri periodici, con un Tucker sempre attento agli eventi e alle nuove pubblicazioni, tanto negli Stati Uniti quanto all'estero, e sempre pronto a tessere le lodi o condannare le deviazioni di coloro che facevano capolino sulla scena.

In questo modo “Liberty” fnì per diventare un fenomeno culturale più che un semplice periodico, una creatura dalla natura ibrida che coincideva e si rifetteva con quella del proprio autore. Radicati entrambi in modo univoco nella tradizione americana dell'individualismo anarchico, seppero essere un esempio di cosmopolitismo aperto ad ogni ventata di novità. Tucker fu universalmente riconosciuto, forse ieri più che oggi, privo di qualsivoglia lente intellettuale deformante, aperto a qualsiasi tipo di dialogo e tanto tollerante quanto convinto delle proprie posizioni. Si potrebbe dire, senza

27 La volontà di tradurre, stampare e diffondere grandi testi della letteratura europea è costante durante tutto l'arco della sua carriera editoriale. Si vedano le pubblicazioni della “Radical Review”, le traduzioni di Nietzsche, Stirner, il già citato Whitman e molti altri in “Liberty”, nonché la pubblicazione di una rivista bisettimanale dal titolo: “The Transatlantic” (1889 - 1890) dove riportava interi racconti tradotti in lingua inglese.

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cadere in errore, che per lui i confni nazionali erano semplicemente delle manifestazioni fsiche e geografche del governo e dello Stato, ovverosia di quella istituzione costrittiva e autoritaria che rifutava adamantinamente. Proprio per questo motivo situazioni o fatti di cronaca europea o russa sostituivano spesso le notizie e i dibattiti americani interni, occupando un numero sorprendentemente alto di pagine.

Alla luce di questa sua natura ibrida e frastagliata, è possibile affermare che “Liberty” fu tanto innovatore quanto perno della tradizione. Come si è accennato, infatti, era già presente in America, anche se in maniera vaga e inconsapevole, un sostrato anarchico ben radicato e caratteristico dal quale l'anarchico di Boston e il suo giornale poterono forire. Come parte di questa tradizione ideologica, che affonda le sue radici in personaggi romanzeschi come la già citata Hutchinson, come il flosofo e poeta trascendentalista Emerson, come l'industriale e sperimentatore sociale Owen e molti altri fno ad arrivare a Jefferson e alla dichiarazione di indipendenza, “Liberty” non emerse né operò in un vuoto intellettuale.

L'avventura giornalistica di Tucker terminò il 1908: un anno prima aveva affttato l'intero pian terreno di un edifcio al 502 della Sesta Strada a New York che ribattezzò Benj. R. Tucker's Unique Book Shop, mentre a pochi isolati da lì, in una struttura nota come Parker Building catalogò e raccolse in un magazzino tutti i testi e tutto il materiale pubblicato fno ad allora, nonché la strumentazione tecnica come le macchine da stampa. Nel gennaio del 1908 un incendio avvolse il Parker building consumandolo completamente e distruggendo il magazzino di Tucker con tutto il materiale al suo interno. Non assicurato - in quanto contrario ai grossi premi assicurativi a suo dire gonfati da politiche di privilegio - l'anarchico perse tutto quanto vi aveva investito. Il numero di aprile di quell'anno di “Liberty” fu l'ultimo ad uscire, mentre il suo editore si trasferiva in Europa convinto di poter riprendere da lì le pubblicazioni. Questo però rimase solamente un sogno, reso impossibile dalla mancanza di mezzi, e forse anche di volontà, dell'anarchico americano. Dopo un soggiorno in Francia durato sino agli albori della prima guerra mondiale, Tucker si trasferì a Monaco, dove si spense, a ottantacinque anni, il

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22 giugno del 1939.

Negli ultimi anni della sua vita divenne assai pessimista circa l'applicazione delle sue idee. Nel 1926, infatti, la casa editrice Vanguard Press pubblica una selezione di suoi scritti intitolati Individual Liberty, in cui è possibile leggere un post-scriptum di State Socialism and Anarchism nel quale egli manifesta tutto il suo pessimismo per il futuro, soprattutto vista l'incredibile concentrazione di ricchezza che quarant'anni prima non era minimamente preventivabile. In quest'ultimo periodo europeo si può dire che la vita ne stemperò gli entusiasmi e ne distrusse i sogni: nato sette anni prima dello scoppio della guerra di secessione, morì quando era già nell'aria la seconda guerra mondiale. L'uomo che aveva affermato che “ogni autorità esterna all'individuo è tirannia”28 vedeva realizzarsi nel mondo

contemporaneo le proprie peggiori paure: l'America libertaria jeffersoniana era gradualmente diventata il “leviatano” di Franklin Delano Roosevelt, e l'Europa, che aveva fnora garantito, bene o male, il rispetto delle fondamentali libertà si lasciava abbracciare dal mostro bifronte del totalitarismo di Hitler e Stalin.

28 B.R. Tucker, State Socialism and Anarchism: How Far They Agree and Wherein They Differs, in

Individual Liberty: Selections from the Writing of B.R. Tucker, 1926, Kraus Reprint Co., Millwood,

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2.2 - La sovranità dell'individuo e la teoria del valore-lavoro

Due tematiche fondamentali, la prima patrocinata da J. Warren e la seconda generata dal dibattito economico, stanno alla base di “Liberty” e ne accompagnano i dibattiti durante tutto l'arco della sua pubblicazione.

Il punto di partenza del sistema teorico, frammentariamente esplicitato ma costantemente sostenuto da Tucker, è il principio dell'assoluta sovranità dell'individuo tratteggiato da Warren nel suo Manifesto. Questo principio, preesistente alla nascita di “Liberty” e comune un po' a tutto il sostrato anarchico statunitense, può essere riassunto nel fatto che ogni essere umano possiede, per il solo fatto di essere un essere umano, una inalienabile giurisdizione morale sul proprio corpo e su ciò che produce.

Anche se al giorno d'oggi la sovranità dell'individuo può sembrare a torto una banalità, è bene sottolineare che risulta uno degli aspetti più signifcativi di tutto il pensiero americano dalle sue origini ai giorni nostri. L'infuenza che ebbe sulle successive generazioni del movimento fu enorme, tanto da essere un'impostazione fatta propria pure dall'anarchismo europeo29. Si potrebbe dire che questo assunto sia il nucleo incrollabile

dell'individualismo tout court, non tanto, dunque, di questa o quella corrente politica, ma dell'impostazione morale, flosofca e sociale che fa dell'individuo il punto di partenza delle proprie rifessioni.

Warren, primo grande maestro di Tucker che a lui dedicherà la pubblicazione del suo Instead of a Book30, scrive il proprio Manifesto a partire

dal fallimento dell'esperienza comunitaria New Armony, fondata dal riformatore britannico Robert Owen nello stato dell'Indiana. Per togliersi di dosso l'etichetta di demiurgo di società che gli era stata affbbiata e per giustifcare ed argomentare la propria teoria sulla sovranità individuale, decide di buttare giù, nelle poche pagine che costituiscono questo scritto, i principali fondamenti teorici che l'hanno accompagnato durante tutto il corso

29 Nella sua accezione minore di stampo individualista.

30 B.R. Tucker, “To the Memory of My Old Friend and Master Josiah Warren, Whose Teachings were My First Source of Light, I Greatfully Dedicate this Volume” in Instead Of A Book, By A Man Too

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della vita, facendo in tal modo del Manifesto un'opera cardine di tutto l'anarchismo americano. Qui lo si vede prendere nettamente le distanze da un certo tipo di “sperimentalismo sociale”, negando esplicitamente di essere uno dei tanti riformatori che imperversano nell'America di quel tempo e aggiungendo di non essere mai stato interessato alla fondazione di nessuna comunità, vedendo in esse delle artificial combinations31 di individui

spossessati della propria personalità. Per lui, che a tale progetto aveva aderito con un iniziale entusiasmo, non era il comunismo, sia pure in assenza di Stato32, a risolvere i problemi sociali, quanto il principio opposto riassunto

nella disconnection33 dalle relazioni formali e da qualsiasi forma di contratto

sociale.

Tutti quelli che hanno ascoltato o letto qualcosa di mio in questo ambito, sanno che uno dei punti principali, sui quali ho sempre insistito, afferma che la formazione di società o di qualsiasi altra classe di combinazioni artifciali è il primo, più grande e fatale errore commesso dai riformatori e legislatori. Ogni comunità richiede l'abdicazione della naturale sovranità dell'individuo sulla propria persona, tempo, proprietà e responsabilità, a favore del “governo della combinazione”. Questo tende a prostrare l'individuo trasformandolo in un semplice strumento; coinvolgendo altri nella responsabilità dei suoi atti e responsabilizzandolo a sua volta, delle azioni e dei sentimenti dei suoi associati; in questo modo agisce irresponsabilmente sui propri interessi, senza possedere alcuna certezza sull'esito delle proprie azioni e quasi senza una testa che osi usare per conto proprio e che, di conseguenza, non arriva mai a conoscere i grandi propositi per i quali la comunità è stata fondata.34

La critica mossa in questo frammento ai fondatori di comunità richiama alla memoria, per contenuto ed incisività, la critica che il liberale francese “sul flo dell'anarchia” - per utilizzare le parole di Iannello - Frédéric Bastiat, scaglia

31 J. Warren, Manifesto, riportato in versione integrale e in lingua originale in

www.anarchism.net/warren-manifesto.htm

32 Il termine “Stato” viene scritto con la maiuscola per rimanere fedeli al modo in cui viene scritto nelle opere di Tucker.

33 Ibidem. 34 Ibidem.

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conto “il legislatore”:

Non bisogna stupirsi che i pubblicisti del diciannovesimo secolo considerino la società come una creazione artificiale uscita dal genio del Legislatore. Tutti hanno visto tra l'umanità e la società gli stessi rapporti che tra l'argilla e il fabbricante di vasi.35

E ancora:

Gli uomini non sono nient'altro che materiali vili [semplici strumenti come dirà Warren]. Non sta a loro volere il bene, - ne sono incapaci – sta al Legislatore […]. Gli uomini non sono che ciò che egli vuole che siano.36

Il principio della sovranità dell'individuo si rivela qui alla base dell'impossibilità della felice riuscita di una società costruita a tavolino, di una comunità che è una “creazione artifciale”, una “combinazione artifciale” che non tiene conto della libertà e diversità degli attori sociali. Questo assunto, che sarà più avanti centrale anche nei pensatori della Scuola Austriaca di economia, nonché nel Libertarismo anarco-capitalista di matrice rothbardiana sotto il concetto di self-ownership o proprietà di se stesso, resterà dall'inizio alla fne il pilastro centrale e la colonna portante di tutto il pensiero tuckeriano, nonostante le leggere scosse ideologiche che ne accompagneranno l'evoluzione.

La seconda tematica che sta alla base di “Liberty” è di carattere economico e muove dalla teoria del valore lavoro, spesso espressa dalla frase “costo limite del prezzo”. Nodo nevralgico di tutto il pensiero anarco-individualista, questo principio si esplicita nella concezione secondo la quale il lavoro è la reale misura del valore di un bene.

Fatto proprio tanto da Warren quanto da Proudhon e da Marx, da esso deriva l'impegno mostrato dal movimento anarchico, e non solo, affnché il lavoratore possa farsi proprietario del prodotto del proprio lavoro e, sempre dallo stesso principio, discenderanno i contenuti più autentici ed incisivi dell'anarchismo statunitense magistralmente enunciati in quello che è

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