Il teatro comunitario: da “esperienza” a “fenomeno”
III.2. Catalinas Sur, il gruppo pioniere
III.2.2. El Fulgor Argentino: un “club sociale” che riscatta la sua memoria
El Fulgor Argentino125 debutta nel 1998 come spettacolo-festa nel galpón di
Catalinas, nel cuore del barrio della Boca, dove ancora oggi è in cartellone. Lo
spettacolo ripercorre cento anni di storia argentina, il periodo compreso tra il settembre 1930, anno del colpo di Stato di Uriburu, e il 2030, in un futuro immaginato secondo la visione creativa del gruppo. Le date prescelte non sono casuali, ma evidenziano una circolarità nella storia argentina, che collega la povertà degli anni Trenta a quella vissuta dal paese a partire dalla presidenza di Menem negli anni Novanta.
José Félix Uriburu è passato alla storia come il primo presidente che è arrivato al potere con le armi, eliminando Yrigoyen, rappresentante dello Stato costituzionale legittimamente eletto. Il golpe del 6 settembre del 1930 ha inaugurato un periodo di 13 anni in cui si sono succeduti alla presidenza, grazie a frodi elettorali e ad atti illegittimi, il generale Agustín Pedro Justo, il radicale Roberto Marcelino Ortíz e il conservatore Ramón Castillo.
Questa tappa della storia argentina, conosciuta come "la decade infame", è stata caratterizzata dall’assenza di qualsiasi forma di partecipazione popolare,
125 L'analisi dello spettacolo contenuta si basa sulla mia visione personale della
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dalla persecuzione nei confronti dell’opposizione, dalla tortura verso i detenuti politici e dalla corruzione della classe dirigente. Il lavoro di Catalinas Sur dichiara una forte solidarietà nei confronti dei partiti democratici e una condanna esplicita verso la dittatura e la repressione subita dal popolo. Lo spettacolo ha inizio nel club sociale e sportivo El Fulgor argentino con i balli del carnevale del 1930, spazio e momento ideali perché le classi popolari trasgrediscano alle regole e, come nel carnevale medievale, possano vivere per qualche giorno in un mondo alla rovescia.
D’altronde l’idea del carnevale, di un mondo al contrario dove ogni cosa diventa possibile, è l’essenza della poetica del teatro comunitario; non a caso, quindi, lo spettacolo più celebre di Catalinas ha inizio e si conclude, circolarmente, con un momento di festa, di irriverenza, di rivoluzione, gli stessi motori che la compagnia mette in atto fuori dalla scena. Solo che, a differenza di quello che accade nel carnevale, questa estetica non sembra contenere le implicazioni descritte da Bachtin126, che individuano nel carnevale non solo il momento della ribellione e del sovvertimento dell’ordine costituito, ma anche quello della libertà e della celebrazione dell’uguaglianza. Nel teatro di Catalinas le diseguaglianze, invece, vengono raccontate ed esibite affinché possano essere pubblicamente denunciate. Se il carnevale raccontato da Bachtin rappresenta una parentesi all’interno della società, il teatro comunitario prova a immaginare una realtà possibile, che possa insinuarsi effettivamente nella vita sociale fino a trasformarla.
Il golpe militare del generale Uriburu interrompe la festa e, da quel momento, il salone da ballo diventa testimone degli episodi che riveleranno il divenire della storia argentina.
L'intento dichiarato è quello di ricordare e riscattare, attraverso la rievocazione e la rappresentazione di eventi storici, la memoria collettiva, ma senza alcuna pretesa di ricostruzione storiografica, né di analisi scientifica dei fatti.
A ispirare lo spettacolo è stato il film di Ettore Scola Ballando ballando (1982), dove, in una sala da ballo della periferia di Parigi, per quasi 50 anni si incontrano ogni sabato piccoli borghesi, commesse, lavoratori. Cinquanta anni di canzoni - le più note di quegli anni e non soltanto fra le francesi - che marcano via via l'epoca del Fronte popolare, la guerra e l'occupazione, la
126 M. Bachtin, L'opera di Rabelais e la cultura popolare. Riso, carnevale e festa nella
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liberazione di Parigi e poi ancora le barricate del '68, fino all'irruzione, in una sala dalle luci livide, della violenza e del punk. Questo percorso lungo la linea del tempo e dei tempi viene esplicitato e reso verosimile dalle successive notazioni relative agli abiti che cambiano con la moda, alla maniera di truccarsi, ai gesti e ai comportamenti, ogni anno sempre diversi.
El Fulgor Argentino riprende l'immagine scolana e la trasferisce nella sala di un
teatro, rendendo ancora più concreta e viva l'idea della festa e dell'incontro, che restano elementi costanti nonostante il susseguirsi dei fatti storici. Il club del barrio diventa, quindi, allegoria del paese intero. Catalinas vuole raccontare la disperazione di chi in Argentina è costretto a subire il potere, a soccombere, a dimenticare, e sceglie di farlo dando voce a persone comuni, tramite una prospettiva condivisa ma mai drammatica. Il messaggio del gruppo è chiaro: c’è sempre una via d’uscita. La stessa che rende possibile che corpi assenti, trucidati, insepolti e senza nome possano rivivere nei corpi di questi attori, che l’agonia e la tragedia della povertà possano essere immaginate su un palcoscenico o al centro di una piazza senza sembrare indecorosi.
La parola viene affidata a un presentatore che introduce gli spettatori all’interno di una storia nella storia, un susseguirsi di mondi, di epoche, di atmosfere, abiti, musiche, umori come uno scrigno dentro un altro scrigno, in una gigantesca matriosca che pare non concludersi mai. Il 2030 è alle porte, ma non è la fine, non c’è una fine, non c’è sempre un nuovo inizio, un punto nuovo da cui ripartire.
Il presentatore Domingo Rotondaro accoglie il pubblico e dà il via ai grandi balli del Carnevale nel club El Fulgor Argentino. Uno dopo l'altro fanno il loro ingresso i vari protagonisti, che subito annunciano la matrice popolare dello spettacolo: il pompiere, il maestro di musica, il direttore della scuola e la sua sposa, il commerciante, il curato si presentano in coro:
Ha llegado lo mas granado / somos hijos de esta patria / de immigrantes abnegados // Presidentes y funcionarios / profesores, comerciantes dignatario / siempre bien acompañados / por nuestras fieles esposas. Si señor.127
127 Qui e di seguito ove non diversamente indicato le citazioni si riferiscono al testo dello
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La distribuzione dei personaggi nello spazio scenico del teatro riproduce la struttura sociale e politica del paese. Ritroviamo gli esponenti della borghesia a presenziare al ballo dai palchetti, con gesti e linguaggio propri della loro condizione sociale, che rimangono inalterati col passare del tempo. Dall'altro lato, i cittadini comuni non accederanno mai ai palchi.
Lo spazio del club tende a riprodurre lo spazio nazionale. In alcune scene, infatti, lo spettacolo rappresenta le posizioni politiche e ideologiche dei diversi gruppi. Questo è il caso, ad esempio, dell'opposizione tra “laicos” e “libres” riguardo al tema dell'educazione128.
Insieme alla rappresentazione delle differenti posizioni ideologiche, lo spettacolo denuncia la falsità delle apparenze politiche, mettendo in ridicolo certe affermazioni moralistiche, proprie delle autorità e della Chiesa. Il piglio sarcastico è una costante delle opere di Catalinas Sur.
Così, ad esempio, il Curato afferma:
Estampitas, estampitas / rosarios y agua bendita / colaboren, colaboren / o que el fuego los devore.
Immediatamente la Commissione di dame canta:
Somos la flor y nata / de esta gran entitad / nuestra misión es preservar la moral... / sin discusión, la prohibición / es el estandarte de la Comisión.
Si smaschera, nel frattempo, il contrasto tra l'alta posizione sociale-scenica che i personaggi occupano nella storia e l'allusione a situazioni immorali o improprie delle autorità, come l'alcolismo dei politici e la promiscuità del curato. Esilarante l'ingresso dei “murgueros”, Los Amantes del ananà, uomini travestiti e spregiudicati, pronti a rendere manifeste e a criticare le ipocrisie dei politici e dei potenti:
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Mentre i “libres” affermano: “Si eres cristiano hermano / y libre de corazón / tambien debe ser libre la educación / Satàn o Jesùs / Bolches o Moscù”, i laici cantano: “Hoy queremos laica / nuestra educaciòn / y a todos los libres / les decimos: no! / No hay concesión / para los curas la confesión /... / para este pueblo la educación”. Lola Proaño Gomez, Poeticas de la globalizaciòn en el teatro latinoamericano, cit., p.194.
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Los Amantes del ananá llegaron ya a criticar. [..] El clu tiene un presidente que es un hombre de poder puede gritar a cualquiera y a èl lo grita su mujer / Su mujer es casta y pura / se lo podemos jurar / solo tiene quince amantes / los amantes del ananá.
L'interpretazione che i cittadini-attori hanno dato di questo periodo storico, attraverso la murga, rimarca l'appoggio popolare al governo di Yrigoyen, prima del colpo di Stato del Generale Uriburu:
No hay plata ni laburo / ni pan duro pa' morfar / fue un asunto peliagudo / salir este carneval. Los Amantes del Ananà llegaron a criticar. // Los ricachos a Yrigoyen / lo quieren mandar mudar / pero al peludo querido / el pueblo lo va a apoyar.
Nel lavoro del teatro comunitario, spesso, una canzone sintetizza in maniera più efficace quello che sarebbe più complesso esprimere in una scena recitata. È nei testi delle canzoni, infatti, che convogliano le note più critiche alle storie di questi cento anni e insieme si palesano lo spirito di denuncia e l’atto di creazione di un mondo altro da parte di questo gruppo di cittadini-artisti. Non mancano le caricature dei politici del paese, molti dei quali sono incarnati da pupazzi di dimensioni umane, disegnati da Omar Gasparini e manipolati dai burattinai del gruppo, con l'intenzione di creare nel pubblico una distanza brechtiana rispetto alla scena, per una oggettivizzazione della propria storia. Non è un teatro naturalista, perché non si cerca l'immedesimazione dello spettatore nei personaggi e nelle vicende, e non si tratta nemmeno di un teatro didattico, che si preoccupa di educare le coscienze di chi guarda: il pubblico di Catalinas si emoziona di fronte ai momenti tragici del passato, ma il più delle volte ride e se ne prende gioco al ritmo incalzante delle canzoni popolari, in un clima di festa sempre predominante. La prospettiva del gruppo è ottimistica: anche quando la memoria affonda nei momenti più oscuri della storia, lo sguardo è sempre rivolto in avanti con una positività contagiosa. Così si esprime uno dei promotori del gruppo a questo proposito:
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Las escenas están trabajadas en contraste, para que se note bien el color de cada una. También se trabaja desde el lugar de la parodia, para no caer en contar una historia en un nivel tragico, triste, porque nosotros tenemos una mirada y una pràctica optimista. Estamos haciendo algo, estamos narrando una historia pero para que algo cambie.129
Quando ci si avvicina a momenti storici più recenti, per cui le ferite non si sono ancora cicatrizzate, il gruppo calca sempre di più sull’elemento satirico, con l'ironia della murga, l'umorismo dei pupazzi giganti, lo straniamento delle maschere.
Per raccontare i fatti più lontani nel tempo è la voce fuori campo di una radio posta nel bar al centro della scena a comunicare decreti e notizie ufficiali: il radio teatro, insieme alla canzone popolare e alla pubblicità commerciale sono linguaggi presenti nella memoria collettiva. Tra il comico e il tragico, viene celebrata la morte dell'amata e popolare presidentessa Eva Perón. Numerosi sono gli episodi storici cui si fa riferimento: si accenna alla rivoluzione del 1955, con cui fu deposto Perón, al governo di Aramburu e alla fucilazione nel '56 dei militanti peronisti. Del 1958 è la presidenza di Frondizi, cui segue l'interinato di José Maria Guido e la presidenza di Arturo Illa. Si denuncia il secondo colpo di Stato, quello con cui nel 1966 ha preso il potere il militare e politico Juan Carlos Onganía, promotore della cosiddetta “rivoluzione argentina”, con la quale si inaugura un nuovo modello autoritario e clericale. Il conseguente ristagno politico fu causa di sommosse sociali tra le quali “il cordobazo” del 1969, rivoluzione popolare che unì studenti, operai e cittadini contro l'oppressione in difesa dei diritti umani. Anche questo momento storico si riflette in una canzone, quella del “Cuartetazo”:
La gente salió a la calle porque vio / que tanta malaria y tanta opresión / ya era demasiado para esta nación / y unidos gritaron no! // Universidades, fàbricas y hogares / hombres y mujeres de todas las edades / van a organizar un baile nacional / nada va a quedar igual //. Obreros y
129 Marcela Bidegain, Marina Marianetti, Paola Quain, Vecinos al rescate de le memoria olvidada, cit., p.106.
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estudiantes / unidos codo a codo / y contra la injusticia / tenemos que luchar.
I fatti storici vengono intervallati dalla storia d'amore tra un militante peronista, Juan – allusione indiretta allo stesso Perón – e la figlia di una famiglia rappresentante della più tradizionale oligarchia porteña, Irene. Attraverso la loro vicenda si ripercorrono alcuni momenti della storia argentina: il figlio dei due innamorati si trasforma in un “desaparecido” e Irene, col fazzoletto bianco sul capo, diventa una delle Madres de Plaza de Mayo. Contornata da tutta una serie di personaggi, prototipi della società argentina (immigranti, funzionari pubblici, commercianti, maestri, bancari, religiosi, politici, disoccupati, rivoluzionari, pensionati, musicisti di un'orchestra dal vivo), la storia d'amore diventa il fulcro narrativo attraverso cui lo spettatore ripercorre alcune tappe della storia nazionale.
Ai continui cambiamenti di scena corrispondono mutamenti d'abito, ogni attore interpreta più personaggi, cambiando dai quattro ai sette costumi, con un totale di circa seicento abiti tra uomini e donne, bambini e anziani. Una macchina produttiva e artistica d'eccezione ha lavorato per la realizzazione dello spettacolo. La ricostruzione storica procede di pari passo all'estetica che ha caratterizzato le differenti epoche. Ogni evento si presenta con i suoi segni distintivi, dal costume alle abitudini, ai ritmi musicali che si alternano nella sala da ballo (tango, milonga, cumbia, twist, rock, cuartetazo). Si tratta di ricostruire un passato che tutti, attori e spettatori, conoscono già, ma che ha bisogno di essere richiamato alla memoria, affinché gli errori non si ripetano. In questo aspetto risiede il carattere pragmatico della poetica del teatro comunitario, che garantisce l'effettiva ed efficace comunicazione del suo messaggio.
Ancora una volta la storia inclemente interrompe le danze: è il golpe militare del 1976 del generale Jorge Videla, che instaura una nuova dittatura. Il dramma dell'esilio è raccontato attraverso un epistolario tra genitori e figli:
Exiliato2 – Estocolmo, 30 marzo de 1977. Querida vieja como estas, aca todo ben en orden [...] No aguanto mas, los extraño vieja. Madre: Querido hijo, ya se que es dificil estar tan lejos, pero ni se te occurra volver, acà las cosa estan
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cada vez peor *…+. Te queremos muchisimo pero porfavor no vuelvas.
La radio annuncia il Campionato Mondiale di calcio del 1978 e la sconfitta nelle Isole Malvine del 1982. Con il canto viene celebrata la fine della dittatura e l'inizio della democrazia con la presidenza di Alfonsin:
Es la hora, es la hora, esa la hora de elegir / se acabó la dictadura / volveremos a reir.
È la volta del governo Menem, con il suo tentativo di globalizzazione e neoliberismo, la presidenza di De La Rúa, con la repressione della polizia, le manifestazioni popolari, i sette giorni di Rodriguez Saà, la presidenza di Duhalde e la protesta popolare causata da fame e disperazione. Si arriva alle nuove elezioni e al ballottaggio tra Kirchner e Menem con il trionfo di Kirchner. La scena finale è ambientata nel 2030 e ha per protagonisti un gruppo di sopravvissuti alla “pandemia della globalizzazione”, che ha invaso il paese e il mondo intero. Trascinando traballanti costumi di latta arrugginita e rifiuti, improvvisamente, gli extraterrestri risparmiati dall'ecatombe cadono dal tetto del teatro e irrompono al centro della scena al ritmo di suoni e musica da fantascienza, per cantare agli spettatori la “Canción Final”, una sorta di manifesto ideologico del gruppo Catalinas:
No tengan miedo, estamos vivos! / Es el 2030 / Todo ha cambiado por estos dias / Les contaremos lo que pasó: y se acabó, lo conocido por ustedes terminó, tanta soberbia, vanidad y conspiración / que al final la Argentina explotó / Y ustedes no/ no se enteraron de que todo reventó / porqué estuvieron aquí dentro el galpón / en la función, mirando El Fulgor // Y por favor que nadie diga la utopia se murió. Si para muestra basta solo un botón aquí hay cien utopicos hoy que por amor brindamos toda nuestra alma en la función y si logramos conmover su corazón / nuestra utopia ya se cumplió *…+ // Con la memoria, la esperanza resistirá.
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Questo è il momento in cui esplodono gli applausi del pubblico e El Fulgor
Argentino risorge alla luce di una possibile speranza. È il momento in cui il
teatro recupera il suo vero significato. La speranza e la resistenza del gruppo risiedono nell'affermazione dell'utopia, nel mantenimento della memoria collettiva e nel rafforzamento dei legami di solidarietà. El Fulgor Argentino è, secondo Bianchi, “un espectáculo de sensaciones que, sin pretensiones de vanguardia, junta lo ideologico y lo politico con lo artistico”.
Il galpón di Catalinas diventa con questo spettacolo un frammento della città da cui guardare l’ingresso nella storia con uno sguardo differente, che implica un nuovo approccio alla memoria che non si congela nelle date, nelle targhe di bronzo, nelle statue, nelle icone, negli inni, o nei monumenti.
El Fulgor non è soltanto una ri-presentazione di avvenimenti storici, e
nemmeno un gioco sulla memoria. Piuttosto questo spettacolo rappresenta una pratica di resistenza, una vera e propria lotta ideologica in difesa del soggetto collettivo contro la legge dominante dell’individuo, dove si confrontano le decisioni prese dal potere politico e militare e il loro impatto nei barrios della capitale, tra i lavoratori, gli operai, le casalinghe.
La teatralità di questo capolavoro prodotto dalla comunità della Boca è una voce discordante rispetto al potere egemone, è una pratica anti-sistemica rispetto alle costruzioni sociali imposte, è un vero e proprio modello nuovo di socialità e di teatro. La narrazione dello spettacolo rappresenta il negativo di quello che la storia ufficiale registra e comunica, e appare come una sorta di simulacro-maschera, dove ciò che di norma è dimenticato-cancellato-nascosto viene finalmente illuminato attraverso il linguaggio popolare.