Il teatro comunitario: da “esperienza” a “fenomeno”
III.6. Ipotesi di teorizzazione: tipologie di spettacoli e profili sociali dei vecinos-actores
L’approfondimento di alcuni gruppi teatrali e l’analisi dei rispettivi spettacoli ci consentono di effettuare una prima ricognizione del fenomeno.
Il teatro comunitario non è una categoria teatrale uniforme, si tratta piuttosto di un fenomeno polisemico e, talmente diversificato nelle sue manifestazioni, che risulterebbe necessario uno studio dedicato a ciascun gruppo. Le variabili in gioco sono tante: le motivazioni e le caratteristiche dei componenti, la specificità del territorio, la presenza di uno o più coordinatori, la progettualità, la costanza del lavoro, gli esiti spettacolari.
Ma l’obiettivo di questa ricerca, che nasce con l’ambizione di continuare a seguire la crescita e lo sviluppo del fenomeno, si prefigge come principale risultato quello di tracciare, a partire da dati storici e sperimentali, una prima mappatura del fenomeno, estraendone i caratteri precipui e generali, senza perdere di vista le singole specificità.
Basandoci sulle opere esaminate in questo capitolo e su un inventario di spettacoli prodotti da vari gruppi di teatro comunitario tra il 1983 fino a oggi, possiamo individuare diverse tipologie di spettacoli. Nel saggio già citato, la studiosa Elgoyhen distingue quattro categorie: le opere metonimiche, le opere territorializzanti, le opere tematiche e le opere festive169.
Le “opere metonimiche” problematizzano le trasformazioni e i cambiamenti della storia dell’Argentina a partire da una storia “locale”, dalla narrazione di un evento che ha caratterizzato la vita del barrio di riferimento, quindi raccontano “la parte per il tutto”, la “piccola” storia come lente d’ingrandimento per studiare la “grande” storia. Sicuramente le opere più rappresentative in questo senso sono El Fulgor Argentino e Venimos de muy
lejos di Catalinas Sur. Il gruppo attraverso questi spettacoli riflette sul concetto
di “argentinità”, sull’identità nazionale che nel corso dei secoli è andata evolvendosi, subendo ogni volta le trasformazioni sociali e le fratture storiche che si sono succedute.
169 Cfr. Romina Sánchez (Coord.), Lucie Elgoyhen, Gastón Falzari, Clarisa Inés Fernández,
Alexis Pedro Rasftopolo, Giada Russo, El movimiento teatral comunitario argentino
Reflexiones acerca de la experiencia en la última década (2001-2011), Buenos Aires,
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“Le opere territorializzanti” hanno esattamente la medesima funzione ma rovesciata. Ovvero, si concentrano sulle ripercussioni che i grandi eventi storici del paese hanno avuto sulle piccole comunità. Attraverso la realizzazione di questo tipo di spettacoli, i vecinos-actores cambiano del tutto prospettiva. Vengono definite “territorializzanti” perché sono opere che hanno ben chiaro l’obiettivo sociale sul territorio di appartenenza. I cittadini quindi costruiscono lo spettacolo a partire dalle proprie esigenze, dai piccoli e grandi problemi del proprio quartiere, e si pongono l’obiettivo di ricreare, per mezzo del teatro, una nuova forma di cittadinanza e di società. L’ambizione racchiusa in questa categoria di spettacoli ritengo sia quella maggiormente rappresentativa del lavoro del teatro comunitario nel suo complesso: partire dal “basso” significa rendere l’utopia più realizzabile. Si tratta di opere praticamente inseparabili dal territorio che le ha generate. La ricercatrice francese nel suo saggio distingue, altresì, due sottocategorie sulla base di due differenti principi, “ablazione” e “abbandono”. Nella prima tipologia rientra Nuestros Recuerdos, di Patricios Unido de Pie, uno spettacolo che si sviluppa a partire dalla distruzione di uno degli elementi portanti della comunità, la stazione.
Il secondo sottogruppo può essere emblematicamente rappresentato da Los
Chicos del Cordel del Circuito Cultural Barracas. I luoghi abbandonati sono dei
non-luoghi, degli spazi senza identità, e il teatro comunitario tenta in qualche modo di ri-significarli attraverso la pratica dell’arte comunitaria, cercando di sensibilizzare il pubblico.
Le “opere tematiche” si sviluppano invece a partire da una questione condivisa, un tema appunto, che viene scelto sulla base delle esigenze comuni.
Zumba la risa di Matemurga, ad esempio, ha scelto di raccontare una storia
che ruota intorno al tema della risata, esaltandone il suo potenziale sovversivo. Infine, le “opere festive” sono delle vere e proprie feste teatrali che prevedono una partecipazione attiva del pubblico, al quale viene affidato un ruolo nella celebrazione di un evento reale o immaginario, come nel caso del Casamiento
de Anita y Mirko, dove attori e spettatori sono chiamati a condividere la sala
teatrale in occasione della celebrazione di un matrimonio.
Se la tipologia di spettacoli proposti dai vari gruppi di teatro comunitario ruota intorno a queste quattro categorie individuate, la differenza reale tra un’esperienza e l’altra è determinata dal luogo e soprattutto (le due cose appaiono comunque strettamente collegate fra loro) dal profilo dei membri
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che ne fanno parte. Per profilo intendiamo prima di tutto l’aspetto generazionale: è vero che uno dei pilastri determinanti del teatro comunitario è rappresentato dal dialogo tra generazioni diverse, resta il fatto però che la maggior parte dei componenti – se volessimo azzardare una statistica che guarda al fenomeno nel suo complesso – sono adulti o anziani. Esistono, d’altro canto, alcuni gruppi che invece, sin dalla loro origine, sono connotati per il loro tratto marcatamente giovanile. In base alla predominanza o meno di giovani all’interno di un gruppo, a variare sono anche le motivazioni e le tematiche degli spettacoli.
Gli anziani, che nella quasi totalità dei casi rappresentano la componente più rilevante, data la maggiore disponibilità di tempo libero, vivono il teatro comunitario come un progetto nuovo, a tutti gli effetti comunitario, in una fase della vita che può in alcuni casi apparire svuotata, priva di stimoli. I giovani, dal conto loro, interpretano l’attività più come una missione che come uno svago, ed è in questi casi che la questione della militanza politica diventa interessante da osservare.
Abbiamo sin dall’inizio precisato che il teatro comunitario è un’esperienza teatrale apartitica, e questo elemento di neutralità lo contraddistingue rispetto a tanti movimenti artistici a carattere socio-politico marcato, e molto diffusi in America Latina. C’è da dire, però, che non si tratta, in taluni casi, di gruppi non politicizzati, almeno per quello che riguarda le idee espresse e le tematiche privilegiate. I giovani, che si riconoscono per la quasi totalità dei casi in posizioni di sinistra, hanno trovato nel teatro comunitario la possibilità di una pratica civile e politica solidale, che rispetta a pieno i principi in cui essi credono. La pratica della solidarietà, della partecipazione e della condivisione, rappresentata dal mettere in comune idee, ricordi, oggetti legati alla memoria e punti di vista, è la linea guida che anima i progetti dei meno adulti.
Il concetto di militanza, che sistematizza il valore della partecipazione e dell’identità del gruppo, mette in gioco una serie di variabili importantissime: gerarchia e orizzontalità, la delega del potere, la comunicazione all’esterno del progetto stesso.
In generale, possiamo osservare la predominanza delle donne nei gruppi di teatro comunitario, dato che riflette la tendenza più generale di una maggiore partecipazione femminile alle attività artistiche e ricreative.
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Per quanto riguarda l’estrazione sociale, si nota una più alta percentuale, soprattutto nei gruppi cittadini, di esponenti del settore terziario, cultura, comunicazioni, consulenza psicologica, servizi pubblici, impiego statale. In generale, la fetta più importante è rappresentata dalla classe media.
È vero che nelle intenzioni – e in parte anche nei fatti – il teatro comunitario è nato come simbolo delle classi più povere ed emarginate della società, ma è altrettanto dimostrabile come la composizione si sia modificata col passare del tempo.
Catalinas è l’esempio più emblematico in questo senso: nata nel quartiere più popolare di Buenos Aires, a contatto con la povertà, il disagio e la delinquenza, oggi è una compagnia teatrale di classe media, con attori medici, avvocati, professionisti che spesso vengono da altre zone della città. L’azione di sensibilizzazione all’interno del quartiere stesso resta però sempre molto attiva, attraverso progetti rivolti specificamente alla comunità civile, che prevedono laboratori gratuiti di recitazione, costruzione di pupazzi, canto, scenografia.
Il teatro comunitario si può considerare un teatro di classe media, formato in gran parte da argentini eredi dell’immigrazione europea dei primi del Novecento. Questo aspetto, che emerge con chiarezza in particolar modo nei gruppi di teatro comunitario della capitale, può essere causa di una tendenza all’omogeneizzazione delle compagnie al proprio interno.
Il concetto di “prossimità” è quello che regola le relazioni sociali sia dentro che fuori dal gruppo. Ciò significa, sostanzialmente, che i cittadini si coinvolgono vicendevolmente, attraverso il passaparola e il racconto. Può accadere che i legami di parentela e di vicinato vizino la diversificazione e l’eterogeneità che costituiscono il punto di forza del teatro comunitario.
Sulla nozione di “prossimità” si fonda anche il pubblico del teatro comunitario, che si costituisce a partire dalla rete sociale degli attori. Per attrarre nuovi spettatori è necessaria una maggiore visibilità, attraverso i mezzi di comunicazione di massa. Entrano in gioco, da più parti, gli aspetti legati al sostentamento del gruppo e alla ricerca di sussidi statali o privati.
Catalinas Sur e il Circuito Cultural Barracas sono riusciti, sia per la storicità sia per l’impostazione ideale, a garantirsi l’attenzione dei mezzi di comunicazione di diffusione nazionale, puntando sull’alta qualità artistica del prodotto e sulla cadenza settimanale delle rappresentazioni. Gli spettacoli di Catalinas e
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Barracas rientrano nella programmazione teatrale della città di Buenos Aires, competendo quindi con i teatri indipendenti, i teatri commerciali e i teatri statali.
Per poter far parte a tutti gli effetti del circuito teatrale della capitale, le due compagnie hanno introdotto il pagamento di un biglietto d’ingresso, scelta che si discosta dagli altri gruppi di teatro comunitario. Cambiano, evidentemente, le politiche di fondo e le intenzioni.
I due gruppi pionieri, rappresentati dai due fondatori del teatro comunitario, Adhemar Bianchi e Ricardo Talento, ritengono che per sviluppare il progetto e portarlo avanti in maniera realmente trasformatrice, da un punto di vista sia sociale sia artistico, richiedere sussidi rappresenta l’unica via percorribile, e per richiedere sussidi è necessaria una regolamentazione anche dal punto di vista giuridico.
Per i due entusiasmadores, il solo fatto che cittadini della zona nord di Buenos Aires, la più benestante – come barrio di Palermo, di Recoleta, di Villa Urquiza – arrivino fino ai quartieri popolari della Boca e di Barracas per vedere uno spettacolo di teatro comunitario è di per sé un atto trasformatore. Vengono pian piano superati i pregiudizi e abbattute le barriere sociali.
D’altro canto, secondo la maggior parte dei “nuovi” gruppi di teatro comunitario, il pagamento di un biglietto d’ingresso potrebbe snaturare i principi base su cui si poggiano la forza e la peculiarità del fenomeno artistico, riducendo così l’accessibilità e perdendo, di conseguenza, una gran parte di spettatori “possibili”. Inoltre, riscuotere un’entrata significa conferire un valore monetario a un’opera teatrale che nasce, tendenzialmente, come prodotto amatoriale, nel senso letterale del termine, un’opera costruita da amanti dell’arte, per i quali l’esperienza teatrale è un’attività secondaria rispetto alla loro vita professionale.
Come è facilmente intuibile, la variabile economica scatena una serie di questioni essenziali, di natura ideale e concettuale, che hanno conseguenze immediate sugli aspetti produttivi e sulle prospettive dei diversi progetti. Periodicamente si accendono dibattiti tra i componenti dei vari gruppi intorno alle strategie alternative rispetto alla produzione commerciale professionale. Anche in questo caso Catalinas e Barracas, coerentemente con le linee guida che indirizzano i rispettivi percorsi teatrali, hanno privilegiato una strategia di
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alternativa culturale dove l’attività teatrale, nonché la qualità artistica è centrale.
In altri casi, invece, l’attività artistica viene scelta più come strumento funzionale al conseguimento di obiettivi prevalentemente sociali, come creare nuovi posti di lavoro, far diminuire il tasso di delinquenza, lottare per il diritto allo studio. Questa seconda posizione interessa maggiormente i paesini rurali, come Patricios ad esempio, dove l’obiettivo più urgente da raggiungere è lo sviluppo della vita locale.
Se consideriamo i gruppi di teatro comunitario nati nella capitale, e in altri centri cittadini, siamo indotti a considerare l’Argentina, rispetto agli altri paesi dell’America Latina, come un paese di classe media; in questo senso il teatro comunitario come fenomeno sociale rilevante sembra rappresentare appieno i cambiamenti politico-economici del suo Paese.
Con le politiche neoliberali degli anni Novanta, la classe media argentina ha subìto un forte arretramento che l’ha livellata alle classi medio-basse. A partire da quegli anni fino al nuovo secolo, la maggior parte delle mobilitazioni sociali di piazza sono nate proprio da questa fascia declassata della società. In particolare, durante gli anni di governo di Kirchner e, dopo la sua morte, della moglie Cristina, la politica populista attuata, che guarda con attenzione alle classi più popolari, è stata ed è tuttora mal vista dalla classe media, che sente lesi i propri diritti ed esprime il proprio dissenso attraverso la nota manifestazione del cacerolazo. Ma anche questa situazione politica apre ulteriori orizzonti, molto complessi. La maggior parte dei gruppi di teatro comunitario sembra essere molta vicina al governo di Cristina Kirchner. All’interno del dibattito su quella che abbiamo genericamente definito ”classe media”, quindi, gli elementi in discussione sono molteplici.
Da questo punto di vista, gli spettacoli prodotti dal teatro comunitario hanno un ulteriore valore, quello di rappresentare una realtà interessante per capire come parte della popolazione argentina rifletta sulla propria condizione e sulla società nel suo complesso.
Secondo lo studioso Adamovsky, è stata l’irruzione del peronismo a mettere definitivamente discussione l’identità della classe media argentina, portando la classe lavoratrice peronista al centro della politica nazionale. Tra gli anni Sessanta e Settanta l’immagine della classe media oscillava tra una visione positiva e una più negativa, che la vedeva espressione dell’anti-peronismo. Il
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ritorno alla democrazia le ha nuovamente restituito un’immagine positiva, legata a un modello di cittadinanza etica e democratica. Tuttavia, come abbiamo accennato, le trasformazioni degli anni Novanta hanno nuovamente fatto precipitare la situazione.
Negli spettacoli di teatro comunitario vengono mostrate due accezioni diverse di classe media, l’una favorevole, l’altra nettamente negativa. L’una, che è quella in cui si riconosce la maggior parte degli attori dei gruppi, è la classe media che discende dalla classe lavoratrice e che lotta ancora per un senso di identità nazionale; l’altra è la borghesia benpensante, consumista e individualista, perfettamente integrata all’interno di una visione capitalista e antipopolare della società.
La scena teatrale si configura, quindi, come luogo possibile dove proporre una nuova immagine delle classe media – pur con le sue contraddizioni – per cercare di ricostruirne un’identità e assegnarle un posto nella storia delle trasformazioni della nazione.