Il dolo generico consiste nella coscienza e volontà, rispettivamente, di promuovere, costituire, organizzare o dirigere quel “tipo” di associazione che si propone il compimento di atti di violenza col fine dell’eversione dell’ordine democratico: in pratica, la “pluralità delle volontà”49 è un altro elemento costitutivo del delitto in questione. Ai fini della formazione dell’associazione, è necessario che alla base di queste “volontà” ci sia un “accordo”, poiché ogni soggetto deve essere consapevole del fatto che la sua singola condotta contribuisce, a sua volta, ad integrare un’associazione che si propone il compimento di un programma di violenza al fine di evertere l’ordine democratico. Il fatto di “proporsi” il compimento di atti di violenza non presenta un significato univoco: in effetti, o si intende nel senso che, l’associazione di cui trattasi, si ponga un vero e proprio “programma di violenze”, o al contrario, ha solamente la caratteristica della
“predisposizione” all’uso della violenza. Poiché, qualora fosse intesa come predisposizione all’uso della violenza, si attribuirebbe alla norma un significato analogo a quello dell’art. 270 c.p., la dottrina
48 L’associazione ancora in forma embrionale sarà punibile, ai sensi dell’art.
270bis c.p., solo quando sia dotata di un concreto programma di violenza e persegua una specifica finalità eversiva. Cfr. Cass. pen., sez. I, 2 giugno 1988.
49S. Ranieri, Manuale di diritto penale, Padova 1962, 92.
prevalente ha ritenuto che la “violenza” di cui all’art. 270bis c.p.
costituisce l’oggetto di un programma di atti che l’associazione deve preliminarmente proporsi per poi sfociare nella commissione di veri e propri episodi delittuosi. Anche la Corte di Cassazione ha accettato questa tesi, sostenendo che, ai fini della configurabilità del reato de quo “è necessario che gli associati si propongano il compito di realizzare atti di violenza con finalità di eversione dell’ordine democratico, di modo che nella concretezza e nell’attualità del programma di violenza vanno ricercati gli elementi rivelatori del proposito criminoso”50.
Una spiegazione di questo tipo, fatta sulla base della necessità di trovare uno spazio applicativo all’art. 270bis, porta ad una interpretazione dell’art. 270 c.p. quale reato di natura “ideologica”, rendendolo così soggetto a censure di incostituzionalità51.
L’interpretazione dominante tende a far coincidere gli atti di violenza con i fatti criminosi52. È stato però rilevato che la legge non configura questi delitti come “delitti di violenza”, ma parla semplicemente della commissione di atti di violenza, considerando rilevanti in questo senso qualsiasi tipo di “illegittima” forza fisica o morale 53, contro persone o cose, anche se non si arriva a fatti che, da soli, non costituirebbero reato.
50 Cass. pen., sent. 10 ottobre 1984.
51 P. L. Vigna- G. Chelazzi, Terrorismo, Dizionario enciclopedico di dir. e proc.
pen., a cura di G. Vassalli, Milano 1986, 1055-1093, 1076. A questo punto sembra opportuno effettuare una precisazione: i reati di opinione che sono presenti nel nostro ordinamento, e dei quali tanto si è parlato, si caratterizzano per una determinata condotta esterna, nella quale si manifesta l’opinione politica del soggetto agente; dunque, dal punto di vista della “necessità” di un comportamento esterno, le norme che li prevedono non derogano affatto ai principi in materia anzi, si realizzano esattamente per quello che sono. Cfr. G. Marini, Condotta, voce Digesto disc. pen., Torino 1989, 13-24, 20.
52 F. Palazzo, La recente legislazione penale, Padova 1982, 109.
53 Minaccie etc., cfr.V. Manzini, op. cit., 372.
Il dolo specifico, dal canto suo, è riscontrabile nel fine precipuo della condotta sopra descritta, ovvero nella “finalità di eversione dell’ordine democratico”. Per quanto concerne il fine eversivo, si denota anzitutto che il testo dell’articolo in esame non menziona l’ipotesi che l’associazione persegua una finalità di terrorismo; questo particolare è rilevante per il semplice fatto che, al contrario, tale finalità è ricordata invece nella rubrica della norma, poiché si parla di “associazioni con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico”. Stando ad una prima valutazione, sembrerebbe trovarsi di fronte ad una contraddizione; al fine di superarla, si potrebbe sostenere, così come è stato avanzato in sede di redazione del testo, che la “finalità di terrorismo ed eversione” è una endiadi, ed in virtù di questo è stato proposto l’emendamento col quale la finalità di “terrorismo” è stata eliminata dal testo della norma, nella considerazione che “il terrorismo è sempre un atto di violenza che si propone l’eversione stessa”54. A ben vedere, un ragionamento di questo tipo ha bisogno di alcune precisazioni, altrimenti può cadere con una certa facilità. In effetti, lo scopo terroristico non integra sempre una attività di tipo eversivo, poiché possono essere compiuti atti terroristici anche senza la finalità di eversione, così come non è essenziale al fine dell’eversione dell’ordine democratico il compimento di quegli atti di violenza nei quali si sostanzia il fine terroristico55. È anche vero, però, che quando la finalità di eversione è perseguita mediante la realizzazione di reati che, di per sé, racchiudono il compimento di atti di violenza, allora si
54 R. Calderone, Misure urgenti per la tutela dell’ordine democratico e della sicurezza pubblica, Giur. di merito, Milano 1980, 714-722, 716.
55G.A. De Francesco, Commento all’art. 1 d.l. 15/12/1979 n. 625. Misure urgenti per la tutela dell’ordine democratico e della sicurezza pubblica, Legisl. Pen., Torino 1981, 36-42, 37.
riscontrano anche gli estremi della finalità terroristica56. Tuttavia, è stata proposta una teoria diversa circa il riferimento, nel testo dell’articolo, al solo fine di eversione.
Secondo questa interpretazione, è estremamente indicativo il fatto che a perseguire il fine eversivo sia un singolo individuo, ovvero un’associazione. In effetti, non riesce difficile immaginare che la realizzazione di uno scopo, quale quello di eversione dell’ordine democratico, può essere più facilmente perseguito da un gruppo associato e non da un singolo individuo, almeno per le stesse
“dimensioni” dell’impresa57; la situazione è diversa per quanto concerne invece il fine di terrorismo, potendo questo essere facilmente attuato anche da una sola persona. In realtà, ciò che nel caso specifico si prospetta rilevante sono le “modalità” attraverso le quali vengono attuati i fatti attraverso i quali realizzare il fine perseguito: se ne deduce, infatti, che l’eversione, per poter essere realizzata, ha necessariamente bisogno della sussistenza di un’associazione, realizzando soltanto questa una situazione di pericolo; questo, dunque, il motivo della discordanza tra rubrica e testo della norma: il fine eversivo può essere perseguito solo attraverso un’attività associativa, mentre, al contrario, questo non ha importanza per il fine terroristico, tanto che le associazioni che perseguono la sola finalità terroristica sono associazioni illecite, assoggettabili alla “disciplina comune”
prevista dall’art. 1 d.l. 625/79, ovvero ad un aggravamento di pena. La finalità di eversione si risolve quindi nella peculiarità dell’articolo in esame, poiché, qualora un’associazione perseguisse esclusivamente la sola finalità di terrorismo, sarà qualificata come associazione per
56 De Francesco, Commento all’art. 3, cit., 48-54, 49.
57 De Francesco, Commento all’art. 3, cit., 50.
delinquere, rientrante nei casi previsti dall’art. 416 c.p., aggravato dalla presenza della circostanza della finalità di terrorismo58.
6. Concorso di persone. Essendo quella che si esamina una