Ogni creazione normativa fatta in periodi d’emergenza ha la peculiarità di essere creata per esigenze di difesa sociale.
Facendo una veloce “panoramica” dei provvedimenti che precedentemente hanno costituito oggetto d’esame, si prende atto di una situazione: si manifesta chiaramente l’accentuazione del momento
“personale” dell’illecito penale60.
L’emergere di questa tendenza non è però l’unica caratteristica della legislazione dell’emergenza: si rileva, infatti, in talune fattispecie criminose la presenza di una particolare finalità che è, allo stesso tempo, “elemento specializzante” e criterio di attribuzione di un
58 G. Pasquino, op. cit., 83.
59 G,Pasquino, op. cit., 83.
60 N. Mazzacuva, Il “soggettivismo” nel diritto penale: tendenze attuali ed osservazioni critiche, Foro it., Roma 1983, 45-64, 45.
trattamento sanzionatorio maggiore61. Vediamo, in generale, quali sono le norme più indicative di questa “tendenza soggettivistica”62. Anzitutto, l’art. 18 della l. n.152/75 (legge Reale) prevede, in relazione a coloro che “pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti a sovvertire l’ordinamento dello Stato”
attraverso il compimento di alcuni reati riportati nel testo, il trattamento sanzionatorio previsto dalla legge antimafia n. 575/65. Il d.l. n. 59/78 è il provvedimento legislativo che non si limita più a far semplicemente trapelare la tendenza, ma che, potremo quasi dire, ne fa una presentazione esplicita: ciò avviene attraverso la previsione di una nuova fattispecie da inserire nel codice penale, in altre parole l’art.289bis, con la quale si disciplina la figura del “sequestro di persona per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico”. Dalla struttura della fattispecie si denota chiaramente l’importanza che il legislatore attribuisce alle intenzioni di “chi” pone in essere la condotta criminosa63. Con l’emanazione del d.l. 625/79 si ha una vera e propria “predominanza” di questo tipo di fenomeno: già all’art. 1 si prevede l’aggravante della finalità di “terrorismo” e di
“eversione dell’ordine democratico”, in relazione alla quale ogniqualvolta un reato sia commesso per perseguire la suddetta finalità, è previsto un aumento di pena pari alla metà di quella prevista ordinariamente per il reato, salvo il caso in cui la finalità ne sia elemento costitutivo. Di norma, ciò che in una fattispecie è
61 N. Mazzacuva, op. cit., 46.
62 “Soggettivismo” è il termine che contrassegna questa nuova tendenza nelle creazioni normative, ovvero l’accentuazione, ai fini del fatto costituente reato, del
“momento soggettivo” da parte dell’autore.
63 L’indeterminatezza del soggetto passivo del reato, il fatto che la fattispecie si configuri sia che venga attuata per finalità di “terrorismo” che per finalità di
“eversione”, sono soltanto alcuni degli elementi che farebbero emergere qual è,
moralmente riprovevole, e quindi da punire, è la realizzazione di un evento dannoso o pericoloso. Se invece si struttura la fattispecie secondo le caratteristiche di questa nuova tendenza, il disvalore dell’evento passa in secondo piano, e ciò che diventa moralmente riprovevole è il disvalore dell’azione, venendo così meno il legame tra
“intenzioni” e “realizzazione dell’ evento lesivo”, ai fini della configurazione del fatto tipico. Il pericolo che si può presentare è ovvio: portando le conseguenze di questa tendenza all’ “estremo”, si potrebbe verificare la possibilità di punire anche semplici propositi politici, per nulla rilevanti dal punto di vista della realizzazione dell’evento lesivo.
Un’altra disposizione all’interno del decreto risulta “significativa” in relazione alla nostra trattazione: la previsione di un nuovo reato, ossia l’art. 270bis, che punisce le “associazioni che hanno finalità di terrorismo ed eversione dell’ordine democratico”.
Alcuni autorevoli studiosi della materia64 si sono chiesti se la creazione dell’articolo 270bis non sia una duplicazione di fattispecie già esistenti. La loro teoria si fonda sul fatto che, dal punto di vista oggettivo, la nuova fattispecie associativa non è molto dissimile dall’associazione sovversiva di cui all’art. 270 c.p.; affermare a questo punto che il legislatore abbia disciplinato due volte lo stesso reato sembra eccessivo, di conseguenza si è fatto leva sulla diversa finalità perseguita con la “sovversione” e con l’ “eversione”, differenza fondata sul diverso significato dei due termini: il primo è un termine coniato dal legislatore fascista, il secondo è il frutto del periodo
secondo il legislatore, l’unico elemento da punire: la sola esistenza dello scopo enunciato dalla norma. Cfr, N. Mazzacuva, op. cit., 47.
64 C. Fiore, Ordine pubblico (dir.pen.), (voce) E.D., vol. XXX, Milano 1980, 1102. N. Mazzacuva, op. cit., 48.
dell’emergenza. Nonostante tutti i possibili sforzi che un interprete possa fare a riguardo, si ritiene che non ci si allontani di molto dalla somiglianza che di primo acchito le due norme presentano, poiché la loro “costante” è proprio la finalità in relazione alla quale i partecipanti aderiscono alle associazioni. È stata avanzata l’ipotesi che l’art. 270bis costituisca un caso di tipicità “doppia” o “plurima”65. In realtà la questione della tipicità “doppia” trova fondamento reale in un settore del diritto penale diverso da quello che forma oggetto del nostro esame: siamo in questo caso nel campo dei reati contro il patrimonio e consiste nel fenomeno per cui, spesso, uno stesso fatto possa rientrare contemporaneamente negli schemi di più norme incriminatrici, fra di loro diverse e non legate da alcun rapporto di specialità66. La questione interessa notevolmente ai fini della trattazione, sia dal punto di vista del “rapporto” tra l’art. 270bis c.p. ed altri reati associativi, presenti nel quadro dei “delitti contro la personalità dello Stato”, sia dal punto di vista delle tendenze soggettivistiche di cui si parla. Per quanto riguarda la prima problematica, se ne rimanda lo svolgimento nella sua sede specifica;
proprio in base ad un discorso di “tipo soggettivistico”, invece, si ritiene che il caso della tipicità doppia non sia “proprio” del rapporto intercorrente fra gli articoli 270 e 270bis del c.p.: la peculiarità dell’art. 270bis rispetto all’art. 270 consiste, infatti, proprio nell’ampio ricorso al dolo specifico da parte del primo.
Per quale ragione il legislatore dell’emergenza ha dedicato, nella formulazione dei reati, uno spazio più ampio al disvalore dell’azione?
65 N. Mazzacuva, op. cit., 49.
66 Un esempio può essere il fatto di “impadronirsi” di una cosa altrui al fine di trarne profitto: rientra sia nei casi di “furto” sia in quelli di “appropriazione indebita”. Cfr. F. Sgubbi, Uno studio sulla tutela penale del patrimonio, Milano 1980, 262-263.
Si ritiene che la ragione debba essere cercata nel rapporto tra garanzie di certezza e di legalità da una parte ed esigenze di difesa sociale dall’altra: la caratteristica di questo rapporto risiede nel fatto che, a seconda delle fasi storiche, vi è un privilegio dell’uno o dell’altro aspetto67. La legislazione dell’emergenza, dal canto suo, è il frutto di una forte esigenza di difesa sociale, che a sua volta si riflette nelle fattispecie che la compongono. Proviamo a pensare all’art. 270bis c.p.: la carenza nella determinazione dell’elemento oggettivo è
“controbilanciata” da un notevole ricorso al dolo specifico; in altre parole, il compimento degli atti di violenza ai fini dell’eversione dell’ordine democratico dovrebbe permettere la possibilità di distinguere l’art. 270bis dagli altri reati associativi presenti nello stesso titolo.
In realtà il legislatore avrebbe potuto configurare meglio l’elemento materiale del reato, utilizzando come parametro l’art.18, II comma Cost., che punisce la associazioni che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni a carattere militare; il fatto che non si sia utilizzato quest’ultimo riferimento potrebbe costituire indice, da parte del legislatore, del perseguimento di una finalità meramente propagandistica68; in altre parole, attraverso la previsione di questa normativa, il legislatore avrebbe voluto dare una prova all’opinione pubblica che lo Stato è in grado di fronteggiare i movimenti eversivi. Per quanto, in periodi di “emergenza”, le istanze di difesa sociale costituiscano una forte spinta propulsiva, si ritiene che questo non legittimi un sacrificio dell’importanza del fatto
67 G. Neppi Modona, La riforma della parte generale del codice penale, il principio di lesività ed i rapporti con la parte speciale, in G. Vassalli, Problemi generali di diritto penale, Milano 1982, 82.
68 G. Neppi Modona, op. cit., ibidem.
tipico. In effetti, la soluzione del problema risiede tutta nell’utilizzazione delle tecniche di tutela69: se si hanno a disposizione tecniche di tutela tramite le quali potenziare le esigenze di difesa sociale e, allo stesso tempo, non sacrificare la tipicità del fatto, non si rinuncia neanche alle garanzie di certezza e di libertà dei destinatari della norma penale. Qualora questa situazione non ci sia, allora l’unica forma di garanzia per i consociati è insita nella ricerca dello “scarto”
fra conformità e lesività del fatto70; se, come avviene nel nostro caso, gli elementi della fattispecie sono elastici ed indeterminati, il giudice non sarà molto agevolato nel momento del riscontro del fatto al modello legale, di conseguenza le garanzie di certezza della legge penale andranno necessariamente ricercate nel campo della lesività, in altre parole accertando, in questo caso con particolare rigore, l’esistenza della “lesività” del fatto in rapporto al modello legale di riferimento71.