Ricordiamo che useremo Φ per indicare R oppure C. Molto di ci`o che diremo vale indifferentemente in Rn oppure in Cn ma in certi casi la scelta dell’uno o dell’altro spazio non `e indifferente. In questi casi si user`a esplicitamente la notazione R oppure Ce quindi anche Rn oppure Cn. Inoltre, nel paragrafo 2.12 torneremo a studiare un argomento di geometria analitica ed allora assumeremo esplicitamente di lavorare in R2 oppure in R3.
Rappresentiamo Φn rispetto ad una base ordinata {˜e1, . . . , ˜en} e sia A una trasformazione lineare da Φnin s´e. Dunque Φn`e sia lo spazio di partenza che lo spazio d’arrivo della trasformazione A. Talvolta conviene rappresentare Φn rispetto a due basi diverse, una usata per rappresentare i vettori x su cui A agisce e l’altra usata per rappresentare le loro immagini. Invece, supponiamo ora che lo spazio Φn sia rappresentato rispetto alla medesima base{˜e1, . . . , ˜en} sia come spazio di partenza che come spazio di arrivo della trasformazione lineare A. In questo caso la
trasformazione lineare A si chiama anche un endomorfismo di Φn.
Indichiamo con MA la matrice che rappresenta l’endomorfismo A rispetto alla base prescelta{˜e1, . . . , ˜en}.
Come si `e visto al Teorema 73, l’endomorfismo A, e quindi la corrispondente matrice MA, `e invertibile se e solo se
det MA6= 0 .
In questo caso l’equazione Ax = 0 ammette la sola soluzione x = 0. In molte applicazioni `e importante lo studio dell’equazione
(zI− A)x = 0 , (2.9)
ove z `e un parametro ed I `e la trasformazione identit`a, quella che ad un vettore x associa s´e stesso,
Ix = x . Dunque,
zIx = zx .
Il problema consiste nell’identificare i valori di z per cui l’equazione ammette soluzioni x non nulle.
Esempio 77 Sia [zI− A]x = 0. E’ facile vedere che x(t) = xezt risolve il sistema di equazioni differenziali
˙x = Ax .
2.6. ENDOMORFISMI, AUTOVALORI ED AUTOVETTORI 121 Quest’esempio mostra che lo studio dell’equazione l’equazione
(zI− A)x = 0 (2.10)
`e importante anche per le applicazioni della geometria alla fisica o all’ingegneria.
Sottolineiamo che il parametro z in (2.9) deve essere un numero complesso anche se A `e un endomorfismo di Rn. E quindi in generale un vettore x per cui vale (2.9) dovr`a appartenere a Cn. Per dare un significato rigoroso alla (2.9) `e necessario un procedimento detto di “complessificazione” studiato nei dettagli al paragrafo (2.6.1).
I numeri per cui esiste x6= 0 che risolve (2.10) sono le radici dell’equazione algebrica
p(z) = det(zI− MA) = 0 . (2.11)
Si noti che:
1. p(z) `e un polinomio di grado n.
2. il coefficiente di zn`e 1.
3. Se gli elementi di MAsono reali anche i coefficienti di p(z) sono reali.
Si noti che MA `e la rappresentazione matriciale di A e zI− MA`e la
rappresentazione matriciale di zI− A. La matrice MAdipende dalla scelta della base5. Per`o si sa dal Teorema 69 che zI− A `e invertibile se e solo se zI − MA lo `e. Quindi, gli autovettori e gli autovalori dipendono solo da A e non dalla sua rappresentazione matriciale. Si prover`a di pi`u: il polinomio p(z) in (2.11) dipende da A e non dalla base usata per rappresentare la trasformazione con la matrice MA. Grazie a ci`o, il
polinomio p(z) si chiama il polinomio caratteristico di A e i suoi zeri si
chiamano gli autovalori dell’endomorfismo A. Se z `e un autovalore, ogni x6= 0 che verifica (2.10) si chiama un autovettore dell’autovalore z o che
appartiene, o che `e relativo, all’autovalore z.
Sottolineiamo il fatto che, per definizione, gli autovettori sono vettori non nulli.
Per completare queste definizioni, proviamo che il polinomio caratteristico non muta cambiando la base di Φn. Si sa infatti che un cambiamento di base viene descritto da una qualsiasi matrice invertibile. Dal teorema di Binet si ha:
det(zI− P MAP−1) = det(zP P−1− P MAP−1) = det P (zI− MA)P−1
= (det P )(det P−1) det(zI− MA) = det(zI− MA) .
Dunque, il polinomio caratteristico non muta cambiando il sistema di riferimento (ossia, esso dipende dall’endomorfismo A, e non dalla matrice con cui esso viene rappresentato in una certa base). Abbiamo cos`ı provato:
5si ricordi che la trasformazione identit`a: Ix = x `e rappresentata dalla matrice identit`a in qualunque base.
Teorema 78 Il polinomio caratteristico, gli autovalori e gli autovettori di un endomorfismo sono invarianti sotto l’azione dei cambiamenti di coordinate.
Il teorema 78 `e un’ulteriore ragione per seguire la notazione pi`u comune di indicare con A invece che con MA la matrice che rappresenta l’endomorfismo A (in una assegnata, ma spesso sottintesa, base ordinata).
Dato che il polinomio caratteristico dipende da A e non dalla sua rappresentazione matriciale, ci si pu`o aspettare che i suoi coefficienti abbiano un ruolo importante. Ci`o
`e effettivamente vero ma noi non studieremo questo problema. Diciamo solamente che i coefficienti che hanno una particolare importanza per le applicazioni sono quello di zn−1 e quello di z0 , ossia il termine costante. Si ha:
Teorema 79
il coefficiente di zn−1 `e
l’opposto della somma degli autovalori a sua volta uguale a−Pn
i=1aii, il coefficiente di z0 `e
il prodotto degli autovalori moltiplicato per (−1)n a sua volta uguale a (−1)ndet A .
La somma degli elementi diagonali di una matrice si chiama la traccia della matrice.
L’insieme degli autovalori di un endomorfismo A o della sua rappresentazione matriciale si chiama lo spettro di A e si indica col simbolo σ(A). Quando si
studiano le propriet`a dello spettro e degli autovettori di A si dice che se ne studiano le propriet`a spettrali.
L’esempio seguente mostra che se anche Φn= Rn e il polinomio p(z) ha
coefficienti reali, gli autovalori possono essere numeri complessi e che in generale non si trovano autovettori con elementi reali. Ci`o giustifica lo studio del procedimento di
“complessificazione” esposto nel prossimo paragrafo.
Esempio 80 Sia
A =
0 1
−1 0
. Il polinomio caratteristico di questa matrice `e
z2+ 1 ,
privo di radici reali. Ha per`o le due radici complesse±i e ad esse corrispondono gli autovettori
i
−1
,
i 1
.
2.6. ENDOMORFISMI, AUTOVALORI ED AUTOVETTORI 123 2.6.1 La complessificazione di trasformazioni lineari tra spazi reali Sia A: Rn7→ Rm una trasformazione lineare. Spieghiamo in che senso questa
trasformazione si applica a vettori complessi.
Se v∈ Cn allora
v = vR+ ivI, vR∈ Rn, vI ∈ Rn. Per esempio
se v = (1− i, 3, 4i) allora vR = (1, 3, 0) vI = (−1, 0, 4) . Osservazione 81 (Sulla notazione) Scrivendo
v = vR+ ivI intenderemo che vR e vI sono vettori reali.
Naturalmente, un vettore v∈ Rn`e anche un vettore di Cn: `e il vettore v + i0. Lo chiameremo vettore reale (di Cn). Inoltre, definiamo il coniugato di v = vR+ ivI. Il coniugato `e
v = vR− ivI. Definiamo quindi
(a + ib)(vR+ ivI) = avR− bvI + i(avI + bvR) . Tenendo conto di queste due propriet`a si vede facilmente:
Teorema 82 Se l’insieme {v1,· · · vn} `e una base di Rn esso `e anche una base di Cn. Quando una base di Cn`e specificata assegnando n vettori linearmente
indipendenti di Rn si dice che Cn `e lo spazio complessificato di Rn. Indichiamo con AC la complessificazione della trasformazione A, definita in questo modo:
ACv = AC(vR+ ivI) = (AvR) + i(AvI) . (2.12) Si noti che sia AvR che AvI sono vettori di Rn.
La trasformazione AC si chiama la (trasformazione) complessificata di A.
Indicheremo con I e con 0 le complessificate della matrice identit`a e della matrice nulla perch´e queste coincidono con le corrispondenti matrici di Cn.
Ovviamente, in pratica si scrive A invece di AC indicando col medesimo simbolo sia la trasformazione che la sua complessificata. In questo paragrafo (e ai paragrafi 2.8.2 e 2.10.1) useremo la notazione pi`u complessa ma pi`u chiara AC. Proviamo ora:
Teorema 83 Sia ha:
1. ker A = 0 se e solo se ker AC= 0.
2. se n = m allora (A−1)C= (AC)−1.
Dim. Proviamo la propriet`a 1. Se v = vR+ ivI ∈ ker AC allora Avr= 0 ed anche AvI = 0. Dunque, se ker AC6= 0 allora anche ker A 6= 0.
Viceversa Av = 0 allora si ha anche
AC(v + iv) = Av + iAv = 0 e quindi se ker A6= 0 si ha anche ker AC6= 0.
Proviamo la propriet`a 2. La propriet`a 1 mostra che A `e invertibile se e solo se AC
`e invertibile.
Assegnate le basi, la trasformazione A viene ad essere rappresentata da una matrice MAad elementi reali. Se v =Pn
Teorema 84 La matrice che rappresenta AC nelle assegnate basi `e la matrice (MA)C. Ovviamente, in pratica anche (MA)C si indicher`a col simbolo MAe di fatto col simbolo A.
E’ nel senso della complessificazione che vanno intese l’equazione degli autovalori e il polinomio caratteristico:
2.6. ENDOMORFISMI, AUTOVALORI ED AUTOVETTORI 125 Teorema 85 Sia A un’endomorfismo di Rn e sia AC il suo complessificato. Si ha:
1. se v `e un autovettore che appartiene all’autovalore z e inoltre v `e reale, allora anche l’autovalore z `e reale.
2. se v = vR+ ivI `e un autovalore dell’autovettore reale z = a + i0 allora sia vR
che vI sono autovettori di A relativi all’autovalore a. In particolare:
(a) Ogni autovalore reale z di AC ammette un autovettore reale v e Av = zv.
3. se vR+ ivI `e un autovettore di ib e se b6= 0 allora si ha A2vR=−b2vR, A2vI =−b2vI
e quindi sia vR che vI sono autovalori di A2 che appartengono al medesimo autovalore reale−b2.
4. sia v = vR+ ivI `e un autovettore di z = a + ib:
AC(vR+ ivI) = (a + ib) (vR+ ivI) allora
AC(vR− ivI) = (a− ib) (vR− ivI) Ossia, v `e autovettore di A relativo all’autovalore ¯z.
Enunciamo ora:
Teorema 86 (teorema fondamentale dell’algebra) Ogni polinomio di grado n≥ 1 ammette almeno uno zero che in generale `e un numero complesso. Inoltre, quando i coefficienti del polinomio sono numeri reali:
1. se p(z) = 0 allora si ha anche p(¯z) = 0 ossia gli zeri sono coniugati a coppie;
2. se il grado `e dispari almeno uno zero `e reale.
E quindi:
Corollario 87 Ogni endomorfismo di Φn ammette almeno un autovalore, in generale complesso. Se Φ = R gli autovalori sono coniugati a coppie e se inoltre n `e dispari uno almeno `e reale.
Proviamo ora:
Teorema 88 Siano z1, z2,. . . , zr autovalori distinti di una matrice A e sia xi un autovettore di zi, ossia valga (ziI− A)xi= 0. I vettori x1, x2,. . . , xr sono linearmente indipendenti.
Dim. Ricordiamo che, per definizione, ogni autovettore `e non nullo.
Proviamo il teorema nel caso di due e di tre autovalori. La dimostrazione nel caso generale `e analoga. Se gli autovalori sono z1 e z2 e se Ax1= z1x1, Ax2= z2x2 dobbiamo provare che i due vettori x1 e x2 non sono colineari. Infatti, se fosse x1 = αx2 (con α∈ C) allora avremmo
z1αx2 = z1x1 = Ax1 = αAx2 = αz2x2
e quindi avremmo z1 = z2 mentre l’ipotesi `e che autovettori diversi corrispondano ad autovalori diversi. Dunque:
se z1 6= z2 e αx1+ βx2 = 0 =⇒ α = 0
β = 0 . (2.14)
Consideriamo il caso di tre autovalori x1, x2, x3 che corrispondono a tre autovalori diversi. Proviamo che se gli autovalori sono distinti allora l’uguaglianza
x3= α1x1+ α2x2 (2.15)
(con α1 e α2 numeri complessi) non pu`o aversi.
Si noti che i due numeri α1 e α2 non sono ambedue nulli perch´e x36= 0. Se valesse (2.15) allora avremmo
z3x3= Ax3= A(α1x1+ α2x2) = α1z1x1+ α2z2x2 e dunque avremmo
z3[α1x1+ α2x2] = α1z1x1+ α2z2x2 ossia
(z3− z1)α1x1+ (z3− z2)α2x2= 0 . La (2.14) mostra che
α1(z3− z1) = 0 , α2(z3− z2) = 0 .
Come si `e detto, α1 e α2 non sono contemporaneamente nulli. Dunque, se per
esempio α16= 0, si avr`a z1 = z3; se invece α2 6= 0 allora si avr`a z2 = z3. Ci`o contrasta con l’ipotesi che i tre autovalori siano distinti e quindi la (2.15) non vale.
Supponiamo ora che un endomorfismo A ammetta x1,. . . , xn autovalori appartenenti ad autovettori z1,. . . , zn tra loro distinti, cos`ı che gli autovettori sono linearmente indipendenti, e dunque una base di Cn. Rappresentando un vettore generico x rispetto alla base degli xi si trova
x = α1x1+· · · + αnxn
e quindi
Ax = z1α1x1+ z2α2x2+· · · + znαnxn :
2.6. ENDOMORFISMI, AUTOVALORI ED AUTOVETTORI 127 si passa dalle coordinate αi di x alle coordinate γi di Ax mediante MA:
Rispetto alla base degli n autovettori, l’endomorfismo A viene rappresentato da una matrice MA che `e diagonale. Ossia, A viene rappresentato da una matrice che ha la forma pi`o semplice possibile.
Un endomorfismo di Φn con n autovettori linearmente indipendenti (in particolare, con n autovalori diversi) si dice diagonalizzabile. Se accade che gli autovalori sono reali, la forma diagonale della matrice contiene solo numeri reali, e l’endomorfismo si dice diagonalizzabile nel campo dei numeri reali. In questo caso `e anche possibile scegliere gli autovettori tutti reali.
Un endomorfismo di Φn con n autovettori linearmente indipendenti si dice semplice e le sue rappresentazioni matriciali si dicono matrici semplici.
Infine, mostriamo un esempio di automorfismo che non `e semplice.
Esempio 89 Sia n = 2 dotato della base canonica e si consider l’endomorfismo A = 0 1
0 0
.
Il polinomio caratteristico `e z2 e l’endomorfismo ha l’unico autovalore 0. Per trovare gli autovettori bisogna risolvere
gli autovettori sono tutti multipli di
1 0 T
e non esistono due autovettori linearmente indipendenti.
Si noti che anche
0 0 0 0
ha il polinomio caratteristico p(z) = z2 come nell’esempio precedente, ma ammette due autovettori indipendenti (e infatti in questo caso la matrice `e gi`a data in forma diagonale!)
Questi due esempi mostrano anche che endomorfismi sostanzialmente diversi possono avere il medesimo polinomio caratteristico: il polinomio caratteristico non d`a informazioni complete sull’endomorfismo.