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Indipendenza e dipendenza lineare

Nel documento Alcune Nozioni di Geometria (pagine 101-107)

Sia X = C(a, b) lo spazio delle funzioni continue su [a, b] dotato delle usuali operazioni (x + y)(t) = x(t) + y(t), (αx)(t) = αx(t) per ogni “scalare” α.

E’ immediato verificare che le regole di calcolo (2.1) valgono in C(a, b); esse valgono anche nell’insieme dei polinomi, o delle funzioni integrabili, o delle suc-cessioni e in numerosissimi altri casi. Questi esempi suggeriscono di chiamare

“spazio vettoriale” o “spazio lineare” un qualsiasi insieme dotato di operazioni che godono delle propriet`a (2.1).

Le regole di calcolo valgono anche nell’insieme delle matrici m × n, dotato dell’operazione di addizione e di prodotto per scalari. Dunque anche le matrici m× n costituiscono uno spazio vettoriale.

Un caso estremo `e il caso di Φ stesso. Anche Φ `e uno spazio vettoriale su se stesso, ossia col campo scalare che `e Φ stesso.

Quando vogliamo precisare che uno spazio vettoriale ha per scalari i numeri reali oppure complessi diremo che esso `e uno spazio vettoriale su R o su C.

Sia X un sottinsieme di Φn. Si dice che X `e un sottospazio se per ogni scalare α e per ogni coppia x1, x2 di elementi di X vale

x1+ x2∈ X , αx1∈ X .

Ovvi esempi di sottospazi sono tutto lo spazio Φn e il sottospazio nullo, quello il cui unico elemento `e 0. Questi si chiamano i sottospazi banali. Tutti gli altri si chiamano sottospazi propri.

Il sottospazio nullo si indica anche col simbolo2 0.

Si confronti con i paragrafi 1.9 e 1.10.

2.2 Indipendenza e dipendenza lineare

Siano x1,. . . ,xj elementi di uno spazio vettoriale (nel caso “concreto” che a noi interessa, elementi di Φn). Siano α1,. . . ,αj numeri. L’elemento

x = Xj i=1

αixi

si chiama combinazione lineare degli xi.

Pu`o accadere che il vettore 0 sia combinazione lineare degli xi,

0 = Xj i=1

αixi

2e questo `e un terzo significato del simbolo 0!

con gli αi NON tutti nulli. In questo caso si dice che l’insieme {x1, . . . , xj} `e linearmente dipendente. Altrimenti, ossia se la condizione

0 = Xj

i=1

αixi

implica α1= 0,. . . ,αj = 0, l’insieme {x1, . . . , xj} si dice linearmente indipendente.

Ovviamente un insieme di vettori a cui appartiene il vettore 0 `e sempre linearmente dipendente. Per vederlo, si associ coefficiente 1 all’elemento nullo e coefficiente nullo agli altri.

E’ importante notare:

Teorema 47 Siano x1,. . . ,xj elementi di Φn e sia X l’insieme di tutte le loro combinazioni lineari,

X = ( j

X

i=1

αixi, αi ∈ Φ )

. (2.2)

L’insieme X `e un sottospazio di Φn.

Il sottospazio X definito in (2.2) si dice il sottospazio generato dei vettori xi. Il simbolo che si usa per indicare il sottospazio generato dagli xi `e

span{xi} .

Si noti un caso particolare: se i = 1 e se x16= 0, allora x ∈ span{x1} se esiste un numero α tale che x = αx1. Se α6= 0 allora x e x1 si dicono colineari.

Teorema 48 Sia{x1, . . . , xj} un insieme linearmente indipendente in Φn. Sia x∈ Φn. Se esistono, numeri αi per cui

x = Xj

i=1

αixi,

tali numeri sono univocamente determinati.

Dim.Valga anche

x = Xj

i=1

ˆ αixi. Sottraendo si trova

0 = x− x = Xj i=1

i− ˆαi)xi.

2.2. INDIPENDENZA E DIPENDENZA LINEARE 99 L’indipendenza lineare dei vettori xi mostra che i coefficienti αi− ˆαi sono tutti nulli:

αi= ˆαi.

Sia ora X 6= 0 un sottospazio di Φn (non si esclude che sia X = Φn). Sia {x1, . . . , xj} un insieme linearmente indipendente di vettori, ciascuno dei quali appartiene ad X. Se per ogni x∈ X esistono numeri αi per cui

x = Xj

i=1

αixi, ossia se

X = span{xi} ,

allora l’insieme {x1, . . . , xj}, ricordiamo linearmente indipendente, si dice una base di X.

Si ricordi, dal teorema 48, che, fissata la base, i numeri αi sono univocamente determinati. Il numero αi si chiama la componente3 di x rispetto al vettore xi della base {x1, . . . , xj}.

Osservazione 49 Ovviamente, un sottospazio diverso da 0 ha infinite basi. Dunque, per esempio x1 pu`o essere un elemento di pi`u basi diverse. La componente di x relativa a x1 muta se si cambiano gli altri elementi della base, ossia se si cambia la base.

Secondo la definizione data sopra, il sottospazio 0 `e privo di base.

E’ importante sapere:

Teorema 50 Due basi diverse di un medesimo sottospazio lineare hanno lo stesso numero di elementi, che si dice la dimensione dello spazio.

Si noti che:

1. secondo la nostra definizione, una base `e sempre un insieme finito.

2. le considerazioni precedenti non fanno uso del fatto che si sta lavorando in Rn o Cn. Esse valgono in qualsiasi spazio vettoriale nel quale esiste una base.

3. esistono spazi vettoriali diversi da 0 e privi di base (finita: si prova che una base infinita esiste sempre ma la definizione di “base” in tal caso `e un po’ diversa da quella che abbiamo dato): per esempio, nessun insieme finito di polinomi genera, mediante combinazioni lineari, l’insieme di tutti i polinomi. Si dice che uno spazio “ha dimensione infinita” quando non ammette basi (finite).

3ormai non useremo pi`u il termine “(coefficiente della) componente” e scriveremo direttamente

“componente”. Useremo il termine “coordinata” quando intenderemo riferirsi alle coordinate di punti.

Una base particolare di Φn `e quella costituita dai vettori

Questi sono n elementi e quindi:

Teorema 51 Ogni base di Φn ha n elementi ossia Φnha dimensione n.

La base{e1,· · · , en} appena introdotta si chiama la base canonica di Φn Si noti che essa `e una base sia di Rnche di Cn.

Vale:

Teorema 52 Sia X il sottospazio generato dagli r vettori xi non tutti nulli. Un opportuno sottoinsieme di{x1, x2, . . . , xr} `e una base per X. Dunque, la dimensione di X `e minore o uguale ad r.

Dim.Premettiamo un osservazione: siano x1,. . . ,xs vettori qualsiasi e sia x0 un vettore che `e combinazione lineare di essi,

x0 = Xs

i=1

βixi.

Ovviamente i due insiemi di vettori{x1, x2, . . . , xs} e {x0, x1, x2, . . . , xs} generano il medesimo sottospazio. Usiamo quest’osservazione per estrarre una base dall’insieme di vettori {x1, x2, . . . , xr}, procedendo come segue: il primo elemento della base `e il primo dei vettori dell’insieme che `e non nullo. Per fissare le idee, sia esso x1. Il successivo elemento x2 si accetta come elemento della base se esso non `e multiplo di x1, altrimenti si rifiuta. Si proceda cos`ı fino a trovare un elemento che non `e multiplo di x1. Se questo non si trova allora x1 genera X, che ha dimensione 1, e una base `e costituita dal solo elemento x1.

Altrimenti, sia xi2 il primo elemento linearmente indipendente da x1. Si accetti questo elemento come elemento della base e si guardino gli elementi xi con i > i2. Se nessuno di essi `e linearmente indipendente da x1 e xi2 allora X ha dimensione 2 e se ne `e trovata una base. Altrimenti, scegliamo il primo elemento indipendente da {x1, xi2}. Sia esso xi3. Consideriamo l’insieme {x1, xi2, xi3}, che `e linearmente indipendente, e ripetiamo il procedimento.

Dopo un numero finito di passi si arriva ad esaminare tutti i vettori xi, decidendo se accettarli o meno come elementi della base, e si rimane con un sottoinsieme

{x1, xi2, xi3, . . . , xiν} che `e linearmente indipendente e che genera X, ossia ne `e una base.

2.2. INDIPENDENZA E DIPENDENZA LINEARE 101 Osservazione 53 Possiamo ora rispondere al “problema della ridondanza” sollevato al paragrafo 1.10.1. l’insieme di generatori non `e ridondante se e solo se `e linearmente indipendente.

Decidere se un assegnato insieme di generatori `e o meno linearmente dipendente pu`o essere difficile, specialmente se essi sono “molti”. Un metodo computazionale per questo `e presentato al paragrafo 2.9.1.

La stessa idea usata nella dimostrazione del Teorema 52 si usa per provare:

Teorema 54 Sia X un sottospazio di Φn. Esiste un sottospazio Y di Φn con questa propriet`a: ogni v∈ Φn si rappresenta (in modo unico) come

v = x + y , x∈ X , y ∈ Y .

Dim.Se X = Φn allora si scelga Y = 0. Altrimenti si costruisca una base

{x1, x2, . . . , xr} di X e si aggiungano elementi y1, y2,. . . yn−r fino ad ottenere una base di Φn. Ci`o pu`o farsi, non in modo unico, scegliendo un primo elemento y1 che non `e combinazione lineare degli xi (esiste, perch`e X 6= Φn).

Si noti che la scelta di y1 non `e unica.

Se{x1, . . . , xr, y1} `e una base di Φn, ossia se r = n− 1, si scelga per Y lo spazio generato da y1. Altrimenti si scelga un y2 che non `e combinazione lineare di

{x1,. . . ,xr, y1}. Si iteri. Dato che in Φnnon ci sono pi`u di n elementi linearmente indipendenti, il processo si blocca quando abbiamo scelto yn−r.

Il sottospazio Y richiesto `e quello generato dai vettori yj.

Osservazione 55 Ciascuno dei sottospazi Y di Φn con la propriet`a detta nel teorema 54 si chiama sottospazio complementare di X. Il sottospazio

complementare di X `e unico se e solo se X = Φn (in questo caso il complementare `e 0) oppure se X = 0 (in questo caso il complementare `e Φn). Altrimenti di sottospazi complementari ce ne sono infiniti, tutti con la stessa dimensione.

Una scelta particolarmente utile dello spazio complementare si vedr`a al paragrafo 2.8.1.

Dalla dimostrazione precedente si vede anche:

Corollario 56 Sia {x1, . . . , xr} una base di un sottospazio proprio X di Φn. Esistono n− r elementi yr+1,. . . , yn tali che

{ x1, . . . , xr, yr+1, . . . , yn}

`e una base di Φn.

Dim. Si applichi la costruzione vista nel teorema 52 all’insieme costituito dai vettori xi. Si indica con y1 un lettore linearmente indipendente dagli xi (esiste, perch´e il sottospazio generato dagli xi non `e Φn). Si itera quindi il procedimento fino a trovare che lo spazio generato `e Φn.

Fissiamo ora X ed un suo complementare Y e si rappresenti ogni v∈ Φn come somma

v = x + y , x∈ X , y ∈ Y .

Il vettore x si chiama la proiezione di v su X, parallelamente ad Y ; il vettore y si chiama la proiezione di v su Y parallelamente ad X.

Per capire il significato del teorema precedente, si consideri:

Esempio 57 Sia X il sottospazio z = 0 di R3. Dunque, X `e il piano xy. Ciascun sottospazio

t(ai + bj + ck)

con c6= 0 `e complementare di X. Ossia, sono complementari del piano xy tutte le rette che non gli appartengono.

Fissato un complementare, le due proezioni di un vettore v si usano correntemente in fisica. Al paragrafo 1.13 abbiamo studiato il caso particolare delle proiezioni

ortogonali.

2.2.1 Basi ordinate e orientazione dello spazio

Si `e visto che in R3 conviene lavorare con basi ordinate; e certe leggi fisiche esplicitamente richiedono ci`o. D’altra parte certe costruzioni, come quella nella dimostrazione del teorema 52, esplicitamente costruiscono una base elencandone gli elementi in un certo ordine. Quando gli elementi di una base si assegnano stabilendo l’ordine in cui si susseguono, si diche che la base `e ordinata. Da ora in poi lavoreremo sempre con basi ordinate.

La particolare base canonica {e1, e2, . . . , en} introdotta in (2.3), con gli elementi che si susseguono nell’ordine ivi specificato `e una base ordinata.

Si noti che la base canonica di Φ ha per unico elemento il numero 1.

Siano

tre vettori di R3. Il determinante

d =

2.3. TRASFORMAZIONI LINEARI 103

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