• Non ci sono risultati.

Le quadriche in posizione generale

Nel documento Alcune Nozioni di Geometria (pagine 164-170)

2.12 Coniche e quadriche

2.12.1 Le quadriche in posizione generale

Vedremo che le equazioni (2.35a)-(2.36b) rappresentano coniche oppure quadriche “in posizione generale” rispetto agli assi coordinati; ossia per esempio si potr`a avere il caso di un’ellisse i cui assi non si sovrappongono agli assi coordinati. Inoltre, per certi valori dei parametri che compaiono nelle equazioni, le coniche e le quadriche potrebbero essere “degeneri”. Per esempio l’ellisse potrebbe collassare nel suo centro. Per studiare le equazioni (2.35a)-(2.36b) procediamo in due fasi:

1. in questo paragrafo riscriviamo le equazioni in “forma canonica” mediante opportune rotazioni e traslazioni degli assi coordinati. Ci`o facciamo considerando esplicitamente il caso dell’equazione in tre variabili. I risultati analoghi per l’equazione in due variabili verranno solo enunciati.

Vedremo che le equazioni si riducono a quelle studiate al paragrafo 1.16 ma che si possono anche avere casi degeneri.

2. Al paragrafo (2.12.2) vedremo come capire se si presentano i casi degeneri.

Sia P la matrice ortogonale che diagonalizza la matrice simmetrica A,

P−1AP = Λ =

λ1 0 0 0 λ2 0 0 0 λ3

. (2.37)

Assumiamo A6= 0, altrimenti la (2.36a) si riduce all’equazione di un piano. Dunque, almeno uno degli autovalori `e diverso da zero.

La rotazione di coordinate

v = P x trasforma la (2.36a) nell’equazione

hx, Λxi + 2hb, P xi = k (2.38)

e si noti che

hb, P xi = hPTb, xi = hP−1b, xi perch´e P `e una matrice ortogonale.

La forma diagonale della matrice Λ suggerisce di distinguere i due casi seguenti:

Caso parabolico: quando almeno uno degli autovalori di Λ `e nullo;

Caso non parabolico: quando i tre autovalori sono tutti non nulli. Vedremo che questo caso a sua volta si divide in due altri, ellittico ed iperbolico.

2.12. CONICHE E QUADRICHE 161 Notiamo che questa classificazione riguarda solo il complesso dei termini di secondo grado del polinomio, ossia riguarda solo il polinomio

hv, Avi = ax2+ by2+ cz2+ 2dxy + 2exz + 2f yz .

Un polinomio in due o pi`u variabili con tutti i monomi dello stesso grado si chiama una forma e, se il grado `e 2 si chiama una forma quadratica mentre se il grado `e 1 si parla di forma lineare. Dunque,

hb, vi = 2 (αx + βy + γz)

`e una forma lineare.

Il “caso parabolico” `e in realt`a una classificazione della sola forma quadratica hv, Avi. Per questo si dice, pi`u correttamente che:

La forma quadratica

hv, Avi = ax2+ by2+ cz2+ 2dxy + 2exz + 2f yz

`e parabolica quando uno almeno degli autovalori di A `e nullo. Ricordando che det A `e il prodotto degli autovalori si vede che la forma quadratica `e parabolica se e solo se det A = 0.

Nel caso parabolico, chiamando λ1 l’autovalore che `e nullo e ponendo x =

x y z T

P−1b = ˜b1 ˜b2 ˜b3 T

l’equazione si scrive

λ2y2+ λ3z2+ 2(˜b1x + ˜b2y + ˜b3z) = k . (2.39) Potrebbe anche essere λ2 = 0 ma allora λ3 6= 0 e, se λ2λ36= 0 i due autovalori

possono avere lo stesso segno o segno opposto.

Se i due autovalori sono non nulli e se per es. ˜b2= ˜b3 = 0 mentre b1 6= 0 si ritrovano i paraboloidi studiati al paragrafo 1.17 e ci`o giustifica il termine di “forma quadratica parabolica”. Si noti per`o che se ˜br= 0 per r = 1 2 3 allora la superficie non `e un paraboloide: `e un cilindro con asse parallelo all’asse delle ascisse.

Consideriamo questo un “caso degenere”.

Come identificare il caso degenere verr`a discusso nel paragrafo 2.12.2.

Prima di considerare il caso non parabolico, notiamo che l’Eq. (2.39) si pu`o ulteriormente semplificare completando i quadrati. Supponiamo che sia λ2 6= 0 e λ3= 0. In tal caso scriviamo la (2.39) come

2y + ˜b2

√λ2

!2

+ 2˜b1x + 2˜b3z = k + ˜b22

λ2. (2.40)

Se si ha anche λ3 6= 0 lo stesso procedimento d`a

2y + ˜b2

√λ2

!2

+ p

λ3z + ˜b3

√λ3

!2

+ 2˜b1x = k + ˜b22 λ2 + ˜b23

λ3 . (2.41)

Queste equazioni, se non corrispondono a casi degeneri, sono quelle di due paraboloidi centrati, invece che nell’origine, rispettivamente nei punti

(0,−˜b22, 0), , (0,−˜b22,−˜b33) .

Si noti che l’operazione di completamento dei quadrati corrisponde ad una traslazione degli assi coordinati.

Supponiamo ora che i tre autovalori siano non nulli, ossia che A sia invertibile.

Indichiamo ancora con P la matrice ortogonale che diagonalizza A: Λ = P−1AP come in (2.37). Sostituendo

v = P w

si ottiene l’equazione (2.38) dove ora scriviamo w al posto della notazione x. La ragione `e che ora la matrice Λ `e invertibile e quindi si possono completare i quadrati.

Scrivendo

w = x− Λ−1P−1b si vede che x risolve8

hx, Λxi = k + hΛ−1P−1b, P−1bi = k + hb, Abi .

In questo caso l’equazione (2.38) assume la forma

λ1x2+ λ2y2+ λ3z2 = k +hΛ−1P−1b, P−1bi = k + hb, Abi (2.42)

e, a seconda dei segni, concordi o meno, degli autovalori si trovano gli iperboloidi e gli ellissoidi studiati al paragrafo 1.16. Se il secondo membro `e nullo si hanno casi

degeneri casi degeneri che verranno studiati al paragrafo 2.12.2.

8si ricordi che (P−1)= P .

2.12. CONICHE E QUADRICHE 163

Ricapitolazione La forma quadraticahv, Avi `e:

Se in due variabili, ossia se la matrice A `e 2× 2:

ellittica se i due autovalori hanno lo stesso segno (e allora si pu`o supporre che siano positivi)

iperbolica se un autovalore `e positivo ed uno negativo.

parabolica se uno degli autovalori `e nullo.

Se in tre variabili, ossia se la matrice A `e 3× 3:

ellittica se i tre autovalori hanno lo stesso segno (e allora si pu`o supporre che siano positivi)

iperbolica se due autovalori hanno lo stesso segno ed il terzo ha segno opposto.

parabolica se uno almeno degli autovalori `e nullo.

Abbiamo visto che il caso parabolico si identifica facilmente senza dover calcolare gli autovalori della matrice A. Cerchiamo di capire se anche i casi ellittico ed

iperbolico possono identificarsi senza calcolare esplicitamente gli autovalori.

Ci`o `e facile nel caso delle forme in due variabili perch´e in questo caso ci sono solo due autovalori e quindi o hanno segno concorde o hanno segno discorde. Il primo caso corrisponde al fatto che il loro prodotto `e positivo e il prodotto degli autovalori di una matrice 2× 2 ne `e il determinante. Dunque:

Teorema 138 Una forma quadratica hv, Avi in due variabili, ossia con A matrice 2× 2 `e parabolica, ellittica, iperbolica se det A `e nullo, positivo o negativo.

Anche se l’equazione `e in tre variabili il caso parabolico `e identificato da det A = 0 ma il segno del determinante non basta a distinguere il caso ellittico dal caso

iperbolico. Per esempio si ha det A > 0 sia quando i tre autovalori sono positivi che quando due sono negativi ed uno positivo. Aiuta allora il seguente risultato, che si chiama Regola dei segni di cartesio.

Si considera il polinomio caratteristico della matrice A. Ricordiamo che le sue radici sono gli autovalori di A che sono reali, perch´e A `e simmetrica9. Si scrive il

9questa informazione preliminare, che le radici sono reali, `e essenziale per la validit`a della regola dei segni di Cartesio.

polinomio ordinandolo nel senso delle potenze decrescenti λ3+ a2λ2+ a1λ + a0 : il polinomio ha quattro coefficienti di cui il primo `e positivo.

Alcuni degli altri coefficienti potrebbero essere nulli. In tal caso il termine

corrispondente non si scrive. Dunque il polinomio `e somma di al pi`u quattro monomi non nulli e i coefficienti non nulli sono almeno due. Infatti il polinomio caratteristico si riduce al solo monomio λ3 quando A = 0 e questo caso nello studio delle quadriche non si presenta.

Ora guardiamo i coefficienti a partire da quello di λ3 e, ripetiamo, trascurando quelli nulli. Diciamo che si presenta una variazione quando due coefficienti consecutivi hanno segno opposto. Si ha:

Teorema 139 (Regola dei segni di Cartesio) Un polinomio a coefficienti reali e con tutte le radici reali ha tante radici positive (contate con la loro molteplicit`a) quante sono le variazioni di segno dei suoi coefficienti.

Facciamo alcuni esempi:

• il polinomio λ2− 1 ha una variazione ed una sola radice positiva;

• il polinomio λ3+ 3λ2+ 3λ + 1 non ha variazioni e quindi, se si pu`o

preventivamente mostrare che ha radici reali le sue radici sono negative. Questo

`e il caso perch´e λ3+ 3λ2+ 3λ + 1 = (λ + 1)3

• il polinomio λ2− 2λ + 1 ha due variazioni. Questo polinomio `e (λ − 1)2. Ha una sola radice (positiva) ma di molteplicit`a due. Essa va contata due volte.

– il polinoimio λ3+ λ2+ λ + 1 non ha variazioni e non ha radici positive.

Questo si vede immediatamente perch´e se λ > 0 il polinomio `e somma di numeri positivi. Per`o in questo caso la regola di Cartesio non si applica perch´e il polinomio ha anche radici complesse:

λ3+ λ2+ λ + 1 = (λ + 1)(λ2+ 1) . Per contrasto, consideriamo l’esempio seguente.

– il polinomio λ3− λ2+ λ− 1 ha tre variazioni ma il polinomio ha una sola radice positiva. Infatti, λ3− λ2+ λ− 1 = (λ − 1)(λ2+ 1): la regola di Cartesio non si applica a questo polinomio che ha anche radici non reali e, se si prova ad applicarla, si trova un risultato sbagliato.

Grazie alla regola dei segni di Cartesio possiamo concludere:

Teorema 140 Sia p(λ) il polinomio caratteristico della matrice in (2.36b). La forma quadratica `e:

2.12. CONICHE E QUADRICHE 165

parabolica: quando p(0) = 0;

ellittica: quando p(0)6= 0 e il polinomio ha tre variazioni oppore nessuna variazione;

iperbolica: quando p(0)6= 0 e il polinomio ha una sola variazione oppure due variazioni.

In conclusione, abbiamo visto che una opportuna trasformazione di coordinate ortogonali eventualmente seguita da una traslazione riconduce l’equazione (2.36a) alle equazioni delle quadriche in forma canonica gi`a studiate. In questo senso diciamo che le equazioni (2.35a) e (2.36a) rappresentano rispettivamente coniche oppure quadriche

“in posizione generale” rispetto agli assi coordinati. Per`o, potrebbero presentarso dei casi degeneri. Per esempio nel caso ellittico l’equazione della conica potrebbe ridursi a x2+ y2 = 0. In questo caso l’ellisse degenera nell’origine degli assi coordinati. Nel caso iperbolico l’equazione potrebbe ridursi a x2− y2= 0 e in questo caso l’iperbole degenera nelle due rette x = y ed x =−y. La “degenerazione” per`o dipende dai coefficienti dei termini di grado inferiore a 2 e quindi non si pu`o vedere esaminando solo la forma quadratica. Per capire se la conica “degenera” bisogna in qualche modo esaminare tutti i coefficienti dell’equazione.

Ricapitolando, la classificazione in parabolico, iperbolico o ellittico dipende dal complesso dei termini di secondo grado e quindi dai segni degli autovalori della matrice A. I termini di grado inferiore non intervengono. Grazie alla regola dei segni di

Cartesio, la classificazione pu`o farsi senza bisogno di ridurre A a forma diagonale e senza nemmeno calcolare esplicitamente gli autovalori. Da quanto detto fino ad ora sembra invece che i casi degeneri si possano identificare solamente dopo aver esplicitamente diagonalizzato la matrice A. Nel prossimo paragrafo vedremo un test semplice che permette di capire se siamo o meno in presenza di coniche degeneri senza diagonalizzare A.

Osservazione 141 Torniamo a considerare l’iperbole degenere x2− y2= 0 e l’ellisse degenere x2+ y2= 0.

Fattorizzando x2− y2 = (x− y)(x + y) si vede che l’iperbole degenera in due rette. Invece l’ellisse x2+ y2= 0 degenera nell’origine degli assi coordinati nel senso che (0, 0) `e l’unica soluzione dell’equazione. Ci`o per`o `e vero se ricerchiamo soluzioni reali dell’equazione ma tra i numeri complessi si pu`o scrivere

x2+ y2 = (x + iy)(x− iy) :

anche in questo caso il trinomio di secondo grado si fattorizza nel prodotto di due binomi di primo grado (a coefficienti complessi). Si pu`o dire che l’ellisse degenera in due “rette immaginarie”.

2.12.2 Come identificare i casi delle coniche e quadriche degeneri

Nel documento Alcune Nozioni di Geometria (pagine 164-170)