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PARTE SESTA: ENERGIE RINNOVABILI E BIOARCHITETTURA

6.1 Energia rinnovabile nelle aree protette

Le buone regole del costruttore connesse al miglior orientamento dell’edificio, all’ottimizzazione dell’illuminazione naturale, alla ventilazione degli ambienti, alla forma finalizzata a minimizzare i fabbisogni energetici, sono nel corso dell’ultimo secolo andate perse fino al punto che per ritornare ai concetti base dell’architettura e dell’edilizia sono stati introdotti filoni tematici denominati talvolta bioedilizia, altre volte bioarchitettura, architettura bioclimatica, ecc..

L’uomo non ha bisogno di energia in quanto tale, ma dei servizi che l’energia gli consente , del confort che ne ricava,come illuminare un ambiente,riscaldarlo.

L’ora legale estiva ci consente di anticipare le attività produttive, per meglio sfruttare l’insolazione diurna; il telelavoro ci consente di limitare gli spostamenti producendo comunque quello che serve; internet ci fa disporre di informazioni senza doverci recare in biblioteca.

Tutto questo è uso razionale dell’energia. Una abitazione se ben posizionata e con le pareti esterne adeguatamente isolate avrà bisogno di meno energia per riscaldarla o rinfrescarla. Il protocollo di intesa, stipulato nel 200168 tra Enel, Legambiente, Federparchi e Ministero dell’ambiente, al quale hanno aderito altre associazioni, riconosce alle aree protette, oltre alla tutela e valorizzazione del territorio e della cultura locale, la funzione di promuovere nuove produzioni eco- compatibili e creare laboratori sperimentali per lo sviluppo di energie rinnovabili.

Importante è anche l’aspetto esteriore dell’edificio, affinché sia di basso impatto ambientale, ma, da questo punto di vista, il fotovoltaico ed il termico non sempre vengono integrati nel modo più opportuno: l’architettura deve essere integrata con

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l’ambiente circostante, il quale a sua volta, attraverso le tecnologie solari, si inserisce ed integra con l’edificio. Le tecnologie utilizzabili con queste finalità sono varie: la solare termico per produrre acqua calda, ma anche per il riscaldamento degli ambienti.

Il fattore estetico è assolutamente fondamentale, poiché coniugando l’importanza ambientale con la bellezza del risultato, si favorisce notevolmente la diffusione di questa tecnologia. La domanda di energia da parte delle aree protette è in continuo aumento, in relazione all’incremento della domanda di un turismo naturalistico, in crescita percentuale maggiore rispetto al turismo tradizionale.

Per soddisfare parte dell’incremento della domanda di energia è necessario pensare all’utilizzo di sistemi alimentati da fonti rinnovabili: si tratta di sistemi puliti, privi di emissioni di inquinanti, almeno nella fase di utilizzo; in alcuni sistemi, come quelli solari, è totale l’assenza di parti meccaniche in movimento, sono molto affidabili e la necessità di manutenzione è bassissima.

Il ‘combustibile’ utilizzato, sia che si tratti dell’acqua, del sole o del vento, è gratuito, rinnovabile e soprattutto diffuso, così da poter trovare la risorsa lì dove c’è la necessità di consumare energia: è possibile produrre una certa quantità di energia elettrica dove necessario senza prolungare la rete elettrica, ma semplicemente utilizzando il sole. In un Parco statunitense sono state realizzate stazioni solari di ingresso al Parco, dove passano circa 5 milioni di visitatori all’anno, con una visibilità notevole: evidente è la necessità di un buon funzionamento e la presenza di display che informino sulla quantità di energia prodotta e sul vantaggio a livello ambientale, ad esempio in termini di emissioni evitate di anidride carbonica, così da diventare un veicolo per la diffusione di questo tipo di energie.

Un limite alla diffusione di queste tecnologie è certamente rappresentato dai costi ancora elevati, che possono essere ridotti facendo ricorso a degli incentivi oppure attraverso l’integrazione con l’architettura, utilizzandole come elementi architettonici e di sostituzione di parte dei materiali di rivestimento di un edificio.

Uno svantaggio è rappresentato dalla bassa densità energetica: è necessaria una superficie maggiore, rispetto alla soluzioni tradizionali, per generare una certa quantità di

energia elettrica; questo aspetto sarà difficilmente superabile, anche in futuro, quindi l’utilizzo delle fonti rinnovabili deve essere razionalizzato, privilegiando i piccoli impianti piuttosto che le grandi centrali.

E’ inoltre da considerare il fatto che le fonti sono aleatorie, visto che la disponibilità del sole non sempre può coincidere con la necessità di energia: questi sistemi devono dunque prevedere la possibilità di accumulo, normalmente costituito da un parco batterie, che è però piuttosto fastidioso per l’alta richiesta di manutenzione e dunque da ridurre al minimo.

Negli Stati Uniti è stato realizzato un impianto ibrido, combinando impianto eolico e fotovoltaico, con il risultato di ridurre l’aleatorietà delle fonti, minimizzando il parco batterie. Le applicazioni di piccola potenza (3-5 kW di picco) sono maggiormente interessanti per le aree- Parco, utilizzabili per abitazioni e piccoli villaggi, rifugi alpini, sistemi di illuminazione sismografi e impianti sperimentali, nell’ottica di un Parco laboratorio per questo tipo di energie.In conclusione, vista la crescente domanda di energia e la necessità di alimentare le aree protette con energia pulita, è possibile ritenere i sistemi ad energia rinnovabile una scelta obbligata per tali aree: i vantaggi sono rappresentati dal basso impatto ambientale, dall’impiego delle risorse locali e dalla diffusione di una cultura rispetto alle fonti energetiche rinnovabili.

Va però considerato che la visibilità degli interventi può avere un risvolto negativo e dunque la progettazione deve essere fatta con le dovute cautele e tenendo conto dei limiti di tali tecnologie:bassa densità energetica e aleatorietà delle fonti energetiche.

L’Europa non è ricca di petrolio, di carbone o di gas, ma possiede un’enorme risorsa eolica e le industrie europee sono leader mondiali e convertire tale fonte.

La Conferenza ed Esposizione69 svoltasi a Madrid dal 16 al 19 giugno scorso(2004) ha ulteriormente permesso di chiarire quanto l’Europa sia all’avanguardia nella crescita dell’industria eolica con il 75% della potenza installata nel mondo realizzata con turbine europee e con l’87% ella potenza installata a livello mondiale.

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Alla fine del 2002 l’industria delle turbine europea aveva ottenuto questi importanti risultati:

• ha generato energia elettrica in grado di soddisfare i fabbisogni di 40 milioni di cittadini europei;

• ha creato circa 75.000 occupati;

• ha prodotto un giro d’affari pari a 6,8 miliardi di euro;

• 35% è stato il tasso di crescita medio dell’industria europea negli ultimi 5 anni.

La corretta gestione energetica all’interno dei Parchi, delle isole minori, delle zone protette e di quelle rurali si inserisce tra le più recenti strategie volte a valorizzare le risorse del territorio senza provocare turbamenti agli ecosistemi presenti nellearee ad alto valore paesaggistico.

Gran parte dell’energia utilizzata attualmente a livello mondiale trae origine dai combustibili fossili che sono, per loro stessa natura, esauribili. Al contrario, il sole e il vento, l’acqua e la biomassa, le maree e il calore della Terra costituiscono tutte fonti inesauribili e rinnovabili di energia. Le tecnologie per il loro sfruttamento producono, inoltre, un impatto sull’uomo e sull’ambiente assai limitato, e rappresentano l’unica opzione percorribile per aggredire alle radici il problema dell’effetto serra, causato dall’accumulo di anidride carbonica nell’atmosfera.

Gli impianti eolici producono un impatto sull'ambiente estremamente limitato e fondato sui seguenti fattori di impatto:

1. occupazione del territorio; 2. variazione al paesaggio; 3. emissioni acustiche;

4. interferenze elettromagnetiche;

5. disturbo all'avifauna stanziale e migratoria;( NON COMPATIBILE CON LA TENUTA DI S. ROSSORE )

6. produzione di energia da immettere direttamente sulla rete locale (impatto

positivo);

7. disponibilità di potenza direttamente vicino ai centri di carico locali (impatto

positivo);

8. emissioni inquinanti evitate dalla sostituzione di una quota parte del parco termoelettrico (impatto positivo).

Il panorama italiano nel settore energetico è caratterizzato fondamentalmente dalle fonti fossili (petrolio,carbone, metano) importate per la quasi totalità dall’estero, ha portato a far crescere le nostre emissioni di gas serra del,2% rispetto al 1990 (l’Italia è responsabile di circa il 13,6% delle emissioni di CO2 del sistema energetico europeo, al 3° posto nell’UE). Purtroppo alcune recenti scelte energetiche rischiano di non mutare il

trend in atto, come quella di ricorrere sempre più al carbone per la generazione di

elettricità. Si viene a tracciare così un quadro preoccupante in cui non vengono previsti interventi strutturali neanche dal lato della domanda, fattibili oggi grazie alle possibilitàdi miglioramento dell’efficienza energetica nei settori del trasporto, domestico e produttivo.

Ancora poco incisive sono le politiche orientate alla diffusione della microcogenerazione per la produzione di calore ed elettricità o delle fonti rinnovabili.

Presto anche il biocombustibile che alimenta le moderne stufe a legna avrà il suo marchio di qualità. E l’Italia sarà il primo paese ad applicare la normativa europea in materia, attualmente in fase di approvazione. Il Comitato Termotecnico Italiano, dopo aver stabilito specifiche e modalità di classificazione dei biocombustibili solidi, sulla base delle future normative europee in materia, ha avviato un gruppo di lavoro per la definizione delle classi di qualità del pellet, basate sul contenuto di ceneri e sulla materia prima d’origine utilizzata per produrlo, con un occhio all’utenza finale e soprattutto all’ambiente.

Avremo presto pertanto pelle70t di diverse classi adatti per differenti tipologie di

impianti (stufe domestiche, caldaie condominiali o impianti industriali) e caratterizzati da differenti sistemi di combustione, di gestione e di trattamento delle emissioni.

Sempre a proposito di pellet, sono stati analizzati gli aspetti tecnici ed economici relativi alla produzione di pellet da legno e da residui agricoli. Grande attenzione è stata posta anche all’impatto ambientale degli impianti che funzionano a biocombustibile: sebbene provochino un impatto nettamente inferiore a quelli tradizionali, è possibile intervenire per una loro ulteriore riduzione.

L’energia consumata negli edifici residenziali e del terziario è destinata alla climatizzazione (riscaldamento/raffreddamento), all’illuminazione e alla produzione d’acqua calda, nonché all’uso di apparecchiature elettriche, elettroniche e sistemi tecnologici vari. Sappiamo che in una abitazione media italiana,il 77% dell’energia consumata serve per il riscaldamento, il 17% per produrre acqua calda sanitaria, l’11% per cucinare e il resto riguarda l’illuminazione e gli elettrodomestici.

Questa ripartizione è naturalmente diversa negli edifici del terziario, ma anche in questi ultimi il maggior consumo riguarda la climatizzazione e l’illuminazione.

Questi consumi potrebbero essere facilmente ridotti ad un quarto, o anche più, dotando gli edifici di un efficace isolamento termico, ottimizzando l’illuminazione

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naturale, raffreddando gli ambienti in estate con l’energia ambientale e utilizzando sistemi tecnologici a basso consumo energetico.

La fattibilità dell’efficienza di queste misure è dimostrata da migliaia di nuovi edifici residenziali e amministrativi costruiti, nella maggior parte dei casi, nell’Europa centralee settentrionale: edifici a basso consumo energetico ed edifici passivi in cui si consumano solo tra 15 e 30 kWh/(m2 a)71, mentre negli altri edifici si consumano fino a 270 kWh/(m2 a).

In edifici che necessitano di poca energia, quella ancora necessaria può essere prodotta, con grande facilità e vantaggio, da fonti rinnovabili, da collettori solari e pannelli fotovoltaici, cosa che è impossibile quando si deve far fronte alle sproporzionate esigenze energetiche di un edificio convenzionale.

La maggior parte dei nostri edifici viene però ancora progettata e costruita senza tenere conto del fattore “energia” e del suo costo. Perché? Le risposte sono varie: manca la richiesta, l normative sono insufficienti, i progettisti non sono abbastanza preparati per affrontare il problema.

Cominciamo con la richiesta.

Normalmente, il committente privato non sa che, spendendo 10.000 e in più, può ottenere una casa che consuma solo un quarto dell’energia e che la spesa aggiuntiva può essere recuperata in meno di 5 anni.

Per il direttore di un’azienda, la questione riveste anche un altro aspetto; nel bilancio aziendale sono gli stipendi a pesare di più mentre il costo dell’energia ammonta a solo l’1% circa e, pertanto, non richiede particolare attenzione.

Per il costruttore, il problema è ancora diverso. Egli cerca di offrire i suoi prodotti ad un prezzo che conviene al compratore; il consumo energetico dell’edificio non lo interessa, perché le spese di gestione le paga l’acquirente e quest’ultimo non è ancora portato a chiedere preventivamente quanto gli costerà l’energia per mantenere in esercizio la sua casa.

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E i progettisti? Sono ancora pochissimi quelli che contemplano il problema “energia” quando si tratta di progettare un nuovo edificio, ritenendo che l’efficienza energetica si può ottenere solo tramite gli impianti e di questi se ne occupa l’ingegnere;

quest’ultimo interviene però solo quando il progetto è già pronto.

Il progettista dovrebbe, invece, essere in grado di discutere il problema “energia” con il committente già all’inizio della progettazione. Diamo ora uno sguardo alle normative.

C’è da premettere che le normative hanno di solito poco a che fare con la realtà. Da oltre 10 anni è in vigore la legge 10/91, ma questa ha potuto migliorare l’efficienza energetica degli edifici italiani? Ovviamente no.

Le statistiche dimostrano che, nonostante la politica di risparmio energetico, i consumi energetici negli edifici continuano a crescere e in una maniera che non trova compensazione nella produzione d’energia da fonti rinnovabili. Come si vede, la realizzazione di edifici ad alta efficienza energetica pone ancora molti problemi e le informazioni sono davvero molto scarse.

Gli edifici sono i sistemi energetici più energivori e diffusi. Progettarli e costruirli in modo che siano a basso consumo energetico e che esso possa essere soddisfatto utilizzando l’energia solare, vuol dire cambiare le regole a favore di quest’ultima,

sfatando alcuni luoghi comuni, quale quello che il solare occupa territorio e che può solo marginalmente contribuire ai nostri fabbisogni energetici.

Un chilowattora non consumato vale molto di più di 1 ottenuto, non importa da quale fonte. Se consideriamo la durata di vita di un edificio (50-100 anni), l’investimento nell’efficienza energetica rende e, spesso, si tratta solo di investire nella progettazione.

6.2 Proposta impiantistica – Impianto ibrido solare fotovoltaico e caldaia a