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Proposta impiantistica – Impianto ibrido solare fotovoltaico e caldaia a legna(biomassa)

PARTE SESTA: ENERGIE RINNOVABILI E BIOARCHITETTURA

6.2 Proposta impiantistica – Impianto ibrido solare fotovoltaico e caldaia a legna(biomassa)

Se si decide per un impianto a legna+solare è importante seguire alcuni accorgimenti come investire in una caldaia a pezzi di legna con un buon sistema di combustione e ad alta efficienza, meglio con una sonda lambda per avere emissioni minime di CO HC e NOx e in un discreto e ben dimensionato sistema a pannelli solari termici (il sole non costa nulla e quindi un eventuale bassa resa non va ad incidere sulle emissioni!). Dati sull’impianto termico Nel caso che vogliamo brevemente descrivere si è intervenuti complessivamente sul sistema di produzione e gestione del calore, utilizzando come fonte energetica principale la legna da ardere a ciocchi.

Il nuovo impianto è rivolto soprattutto al funzionamento del riscaldamento dell’abitazione che nel nostro caso superficie di 250 m2, suddivisi in piano terra e primo piano (circa 700 m3).

In centrale termica, opportunamente dimensionata, verrà installata una caldaia a pezzi di legna della potenza di 30 kW. Nella stagione invernale, nei periodi più rigidi, sono richieste 2 carichi al giorno di circa 25-30 kg. Il carico viene effettuato manualmente, come pure l’accensione. La pulizia consiste nell’estrazione, con un apposito cassetto esterno, della cenere che si è depositata nella camera di combustione sottostante; nella stagione invernale questa operazione avviene con cadenza settimanale, mentre la pulizia del fascio tubiero e dei depositi di polvere può essere fatta mensilmente o con meno frequenza, in funzione della qualità del combustibile legno.

Si sottolinea il fatto che si potrà installare, anche successivamente, un controllo automatico di combustione con“sonda lambda” per assicurare una serie di funzionalità e una operativa nettamente migliore soprattutto per ciò che riguarda il più elevato rendimento, l’assenza completa di fumosità, il mantenimento delle emissioni su livelli inferiori a quelle generate dalle caldaie a gas, la variazione continua dell’immissione di aria primaria e secondaria per adeguarsi al tipo di legna, all’umidità della stessa, alla disponibilità di legna nel magazzino, ecc.

Negli ultimi anni in Italia si discute a tutti i livelli di solare termico. La realtà è che,a differenza di diversi paesi europei, nel nostro manca ancora una vera cultura di questa tecnologia. Il paradosso è che la zona in cui attualmente si installano più pannelli solari termici è l’Alto Adige, seguito a distanza da altre regioni, principalmente del centro e sud Italia. Va ricordato anche che proprio nel Trentino Alto Adige una buona parte degli impianti sono adibiti, oltre al classico e più semplice riscaldamento dell’acqua sanitaria, anche per contribuire al riscaldamento degli ambienti.

Ed è proprio su questo applicazione, detta “solare termico combinato”, che vorremmo soffermarci, visto che anche se non si ha avuta ancora una lunga esperienza o tradizione essa dà ottimi risultati, allorché ci si affida ad una buona progettazione ed ad una ancora migliore esecuzione dell’impianto.

In questo articolo analizzeremo, come esempio, un sistema tipo per un’abitazione che è costituito da una caldaia a pezzi di legna a fiamma inversa combinata con un piccolo impianto solare termico.

Prima di analizzare i singoli componenti del sistema solare e caldaia a legna (solar

and wood system) è utile fare alcune considerazioni che sono alla base delle scelte

progettuali. Un sistema di riscaldamento con caldaia a pezzi di legna a fiamma inversa e massificazione totale, è già al momento una buona soluzione impiantistica, che unisce resa, investimento e risparmio. L’alimentazione e la conduzione di questo tipo di caldaia comporta tuttavia di spendere del tempo per le cariche di legna giornaliere e le periodiche pulizie della caldaia (settimanali e mensili). Queste mansioni si devono assolvere nel periodo invernale, ma non appena finisce la stagione di riscaldamento (che ad esempio in fascia climatica

E corrisponde al 15 di aprile, la necessità della produzione della sola acqua sanitaria comporterebbe solo una carica e l’accensione della caldaia ogni 5-7 giorni, in funzione dei consumi sanitari e dell’impiantistica. Sarebbe sicuramente un sistema più economico, tanto più che si potrebbe far uso anche di legna più scadente, ma, in termini di tempo, potrebbe essere un compito fastidioso, proprio perché dopo la stagione invernale si vorrebbero evitare queste occupazioni. In questo caso un sistema combinato.

Come la legna, ad uso invernale, e il solare, ad uso estivo, possono andare d’accordo in un sistema per il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria.

La produzione dell’acqua sanitaria avverrà per mezzo di un produttore istantaneo, cioè uno scambiatore di calore alimentato con l’acqua dell’accumulo termico, molto efficiente e di dimensioni contenute (400 x 500 x 150 mm).

Un produttore Superficie e volume complessivo riscaldato 250 m2 - 700 m3 Consumo di legna prevista per uso riscaldamento 100 q

Costo della legna prodotta in proprio 5 e /q Costo della legna acquistata 8 e /q

Costo complessivo annuo per pezzi di legna (8 e /q) 800 e /anno

Consumo evitato di gas metano in estate (per impianto solare) 215 m3 Consumo invernale ipotetico di gas metano 3.400 m3

Costo ipotetico annuo di gas metano (0,58 e /m3) 2.100 e /anno

Risparmio annuo combustibile (diff. costo tra legna e gas) 1.300 e /anno Costo degli impianti e risparmio annuo:

Costo della caldaia a pezzi di legna (con scambiatore e puffer) 7.500 e Costo impianto solare termico 4,8 m2 1.600 e

Totale costo impianto solare-biomasse 9.100 e

Costo della equivalente caldaia a gas di sostituzione 2.500 e Differenza 6.600 e

Consumi elettrici:

Consumo elettrico evitato per lavatrice e lavastoviglie circa 900 kWh/anno Costo evitato per energia elettrica circa 160 e /anno

Tempo di ammortamento della spesa: 5 anni

Mentre per la lavastoviglie sarà sufficiente collegarsi direttamente alla tubazione dell’acqua calda, per la lavatrice sarà installato un miscelatore termostatico manuale sul quale poter impostare a piacere la temperatura dell’acqua che alimenta l’elettrodomestico, escludendo così la resistenza elettrica. Nelle tabelle forniamo alcuni

dati indicativi sui quantitativi di combustibile, i costi ed i risparmi energetici per un sistema domestico tipo come quello descritto.

Il tempo di ritorno risulta essere di circa 5anni, ma nel calcolo non sono stati considerati né i possibili incentivi regionali in conto capitale né la detrazione fiscale, che potrebbe ridurre il tempo di recupero dell’investimento. istantaneo garantisce la massima igiene dell’acqua sanitaria ed evita alla radice l’annoso problema della legionella.

La sua capacità di produzione di acqua calda sanitaria, può arrivare a 30-35 litri al minuto con temperature di ritorno sul primario (all’accumulo termico) di circa 18-20°C. Questa particolarità consente una ottima stratificazione, una notevole capacità di accumulo e anche di operare con temperature basse. Con questo impianto potrebbero essere ridotti notevolmente i consumi elettrici, collegando la lavatrice e la lavastoviglie

L’energia da biomassa non è altro che energia solare immagazzinata, grazie alla fotosintesi, nei tessuti vegetali delle piante. Il tempo di rigenerazione di questa fonte, più lungo delle precedenti, ne consente comunque un riutilizzo sulla scala dei tempi umana.

Si va infatti da qualche mese a qualche anno.

Tecnologia sviluppata alla fine degli anni 50 nell'ambito dei programmi spaziali, per i quali occorreva disporre di una fonte di energia affidabile ed inesauribile, la tecnologia fotovoltaica (FV) si va oggi diffondendo molto rapidamente anche per applicazioni terrestri, come l’alimentazione di utenze isolate o gli impianti installati sugli edifici e collegati ad una rete elettrica preesistente.

Il funzionamento dei dispositivi fotovoltaici si basa sulla capacità di alcuni materiali semiconduttori, opportunamente trattati, di convertire l’energia della radiazione solare in energia elettrica in corrente continua senza bisogno di parti meccaniche in movimento. Il materiale semiconduttore quasi universalmente impiegato oggi a tale scopo è il silicio.

Il componente base di un impianto FV è la cella fotovoltaica, che è in grado di produrre circa 1,5 Watt72 di potenza in condizioni standard, vale a dire quando essa si trova ad una temperatura di 25 °C ed è sottoposta ad una potenza della radiazione pari a

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1000 W/m². La potenza in uscita da un dispositivo FV quando esso lavora in condizioni standard prende il nome di potenza di picco (Wp) ed è un valore che viene usato come riferimento. L’output elettrico reale in esercizio è in realtà minore del valore di picco a causa delle temperature più elevate e dei valori più bassi della radiazione.

Più celle assemblate e collegate tra di loro in una unica struttura formano il modulo fotovoltaico. Il modulo FV tradizionale è costituito dal collegamento in serie di 36 celle, per ottenere una potenza in uscita pari a circa 50 Watt, ma oggi, soprattutto per esigenza architettoniche, i produttori mettono sul mercato moduli costituiti da un numero di celle molto più alto e di conseguenza di più elevata potenza, anche fino a 200 Watt per ogni singolo modulo.

A seconda della tensione necessaria all’alimentazione delle utenze elettriche, più moduli possono poi essere collegati in serie in una “stringa”.

La potenza elettrica richiesta determina poi il numero di stringhe da collegare in parallelo per realizzare finalmente un generatore fotovoltaico. Il trasferimento dell'energia dal sistema fotovoltaico all'utenza avviene attraverso ulteriori dispositivi, necessari per trasformare ed adattare la corrente continua prodotta dai moduli alle esigenze dell'utenza finale.

Il complesso di tali dispositivi prende il nome di BOS (Balance of System).

Un componente essenziale del BOS73, se le utenze devono essere alimentate in corrente alternata, è l’inverter, dispositivo che converte la corrente continua in uscita dal generatore FV in corrente alternata.

Il mercato fotovoltaico mondiale ha conosciuto negli ultimi anni un notevole sviluppo, passando dai 45 MWp del 1990 ai 290 MWp del 2000.

Questo grande risultato è stato possibile grazie al parallelo sviluppo di due tipologie di applicazioni: gli impianti isolati e quelli installati sugli edifici ed integrati alla rete elettrica.

Gli incrementi più elevati nella potenza installata sono stati senza dubbio quelli del Giappone, degli Stati Uniti e della Germania, soprattutto grazie ai programmi di

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incentivazione da parte dello stato che, non solo hanno fornito sussidi per l’installazione di impianti FV, ma in alcuni casi (come in Germania) hanno comprato l’elettricità in eccesso prodotta da tali impianti e riversata in rete ad un prezzo molto maggiore di quello di vendita dell’elettricità tradizionale, come a voler “premiare” le caratteristiche ecologicamente compatibili di tale energia.

In Italia, dopo una fase di grande fermento della prima metà degli anni '90 in cui l'ENEL ha installato diverse centrali fotovoltaiche (la più grande delle quali la centrale di Serre nel salernitano di 3,3 MWp), il mercato ha vissuto un forte rallentamento soprattutto per l'assenza di adeguati meccanismi di incentivazione.

Il Programma Tetti Fotovoltaici sarà in grado di dare a tutto il comparto fotovoltaico una forte accelerazione: per il 2001 sono previsti 2000 impianti fotovoltaici installati presso soggetti pubblici e privati. Se questa prima fase di avvio del programma avrà successo si prevede la realizzazione di 50.000 impianti fotovoltaici entro il 2007.

Le voci che costituiscono il costo di un sistema fotovoltaico sono: costi di investimento, costi d'esercizio (manutenzione e personale) e altri costi (assicurazioni e tasse). Il costo d'investimento è in prima approssimazione diviso al 50% tra i moduli ed il resto del sistema. Nel corso degli ultimi due decenni il prezzo dei moduli è notevolmente diminuito al crescere del mercato.

Tuttavia, il prezzo del kWp installato, prossimo agli 8.000 euro, è ancora tale da rendere questa tecnologia non competitiva dal punto di vista economico con altri sistemi energetici, se non in particolari nicchie di mercato o in presenza di meccanismi di incentivazione.

Vantaggi dei sistemi fotovoltaici sono la modularità, le esigenze di manutenzione ridotte (dovute all’assenza di parti in movimento), la semplicità d'utilizzo, e, soprattutto, un impatto ambientale estremamente basso.

In particolare, durante la fase di esercizio, l'unico vero impatto ambientale è rappresentato dall'occupazione di superficie. Tali caratteristiche rendono la tecnologia fotovoltaica particolarmente adatta all'integrazione negli edifici in ambiente urbano. In questo caso, infatti, sfruttando superfici già utilizzate, si elimina anche l'unico impatto ambientale in fase di esercizio di questa tecnologia.

I benefici ambientali ottenibili dall’adozione di sistemi FV sono proporzionali alla quantità di energia prodotta, supponendo che questa vada a sostituire dell'energia altrimenti fornita da fonti convenzionali.

Per produrre un chilowattora elettrico vengono bruciati mediamente l'equivalente di 2,56 kWh sotto forma di combustibili fossili e di conseguenza emessi nell'aria circa 0,53 kg di anidride carbonica (fattore di emissione del mix elettrico italiano alla distribuzione). Si può dire quindi che ogni kWh prodotto dal sistema fotovoltaico evita l'emissione di 0,53 kg di anidride carbonica.

Questo ragionamento può essere ripetuto per tutte le tipologie di inquinanti. Per quantificare il beneficio che tale sostituzione ha sull'ambiente è opportuno riferirsi ad un esempio pratico. Si considerino degli impianti fotovoltaici installati sui tetti di abitazioni a Milano, Roma e Trapani con una potenza di picco di 1 kWp (orientati a Sud con inclinazione 30°).

L'emissione di anidride carbonica evitata in un anno si calcola moltiplicando il valore dell'energia elettrica prodotta dai sistemi per il fattore di emissione del mix elettrico. I vantaggi che si possono avere utilizzando il Solare Termico sono numerosi. Sicuramente si tratta di una fonte energetica pulita e rinnovabile ed inoltre l'energia solare che raggiunge la terra supera di 15.000 volte il consumo totale di energia del pianeta. Un dispositivo fotovoltaico è in grado di trasformare direttamente la luce solare in energia elettrica, sfruttando il cosiddetto effetto fotoelettrico.

L'effetto fotoelettrico è noto dalla fine dell'800 ma la sua spiegazione risale al 1905 ad opera di Albert Einstein che per questo motivo ottenne nel 1921 il premio Nobel. Il principio di funzionamento si basa sulla proprietà che hanno alcuni materiali semiconduttori opportunamente trattati come il silicio di fornire energia elettrica quando sono colpiti da radiazione solare.

L'impianto fotovoltaico è basato su moduli fotovoltaici (ciascuno di potenza tra i 30 e i 100 Wp, a tensione continua di 12 o 24 V) collegati in serie o in parallelo. Ogni modulo è dotato di un diodo (un dispositivo che permette il passaggio della corrente in una sola direzione) per evitare che il modulo si trasformi da generatore a dissipatore di energia.

Se si richiede corrente alternata (caso più comune) è necessario inserire un'apparecchiatura detta inverter in grado di trasformare la corrente continua in alternata.I vantaggi dei dispositivi fotovoltaici sono molteplici:

1. Le esigenze di manutenzione ridotte in quanto non ci sono parti meccaniche in movimento.

2. Vengono eliminate le perdite di distribuzione dell'energia elettrica perché vengono installati vicino all'utilizzatore finale.

3. Non produce inquinamento di alcun genere (acustico, atmosferico, ecc.) durante il suo funzionamento.

4. E' possibile prevedere la produzione annuale di energia con un piccolo margine di errore, indipendentemente dalla variabilità di richiesta.

5. La potenza dell'impianto può essere modificata in qualsiasi momento senza problemi.

Un metro quadrato di collettore solare può scaldare a 45÷60 °C tra i 40 ed i 300 litri d'acqua in un giorno

In media, in Italia si consumano circa 50 litri al giorno di acqua calda sanitaria pro capite, alla temperatura di 45°C. Ipotizzando una temperatura dell'acqua proveniente dall'acquedotto pari a 15 °C si può calcolare il quantitativo pro capite Q, di energia termica necessaria

Q = G . cs . (Tu - Ta ) = 50 l . 1 kcal/l °C . 30 °C = 1500 kcal (1.7 kWh termici)

Avendo indicato con:

G, massa d'acqua da scaldare (l) cs , calore specifico dell'acqua (kcal/l)

Tu, temperatura di utilizzo, pari a 45°C

Ta, temperatura acqua dell'acquedotto (°C).

Una famiglia tipo italiana spende ogni anno mediamente per alimentare lo scaldabagno domestico 400 euro(3000kWh); la stessa quantità di acqua calda potrebbe essere prodotta da un impianto termosolare montato sul tetto, di appena 5 metri quadri,con il beneficio indiretto di diminuire le emissioni di anidride carbonica di almeno una tonnellata e mezza; per funzionare al meglio il termostato dovrebbe essere regolato attorno ai 35-40°C. Alle nostre latitudine(Toscana), i pannelli sono inclinati di circa 30 gradi e possono essere di materiale plastico o vetrati (più costosi).Il calore specifico dell’acqua è per convenzione pari a 1,ovvero è necessaria una kilocaloria per innalzare di un grado centigrado un chilogrammo (=1 litro) di acqua; inoltre sono necessarie 860 kilocalorie per un kWh. Ipotizzando che l’acqua sia disponibile dall’acquedotto a 15°C e che si voglia fare una doccia,utilizzando 25 litri ,il consumo di energia per scaldare l’acqua sarà:

in pratica il consumo necessario per illuminare a giorno una stanza per 4 ore,poco meno di dieci centesimi di euro. Se però è inverno e l’acqua è disponibile a 5°C il consumo cresce del 50%.Per raccogliere 0.58 kWh di calore sono necessari tre metri quadri dio collettori,ma ovviamente se la doccia viene fata a mezzogiorno solare del 21 giugno la superficie necessaria potrebbe essere assai inferiore, così come si dovrebbe contare sull’acqua calda accumulata durante il giorno se fosse un buoi pomeriggio invernale. Come lo studio dell’energia elettrica tradizionale non può prescindere da un’analisi dettagliata dei combustibili che la originano,così una descrizione dell’energia elettrica fotovoltaica non può che partire dall’esame delle caratteristiche del suo combustibile, vale a dire l’energia solare. La radiazione solare globale che annualmente incide su 1 metro quadro di superficie al suolo dipende essenzialmente da due parametri:

La località

Disposizione spaziale della superficie

E’ naturale chiedersi quale sia la disposizione spaziale che permette di massimizzare l’energia solare raccolta su una superbie al suolo. Per quanto riguarda l’angolo di azimut,la soluzione ottimale è quella di orientare una superficie verso sud,perché tale disposizione è quella che meglio consente di seguire il percorso apparente del sole nel cielo. Più complesso è il discorso dell’inclinazione. Non esiste infatti una regola precisa per determinare l’anglo ottimale,ma per ogni caso bisogna calcolare la scelta migliore. Per esempio nel territorio del Parco l’inclinazione ottimale è intorno ai 30° sull’orizzontale. Questi dati possono essere ricavati dall’Atlante Europeo della Radiazione Solare,che riporta i dati per alcune inclinazioni e per diversi orientamenti. Se per motivi architettonici non fosse possibile installare i pannelli con l’inclinazione ottimale le perdite sarebbero comunque molto ridotte. Per esempio se invece di 30° verso sud mettessimo i pannelli a 10° sempre verso sud, avremmo una quantità di energia solari raccolta pari al 94%, quindi una riduzione di solo il 6%.

Ciò consente ai progettisti una certa libertà nella disposizione dei pannelli FV. Molto più pericolosa in termini di prestazioni è la presenza di ombreggiamenti sulla superficie captante da parte di elementi esterni come edifici circostanti,camini,pali della luce e alberi.Da questa considerazione scaturisce l’idea di costruire delle grandi centrali FV al di fuori dell’atmosfera e trasferire poi l’energia prodotta alla Terra mediante microonde. La radiazione extra-atmosferica oltre ad avere un valore massimo più elevato di quello al suolo terrestre, non risente di variazioni climatiche dovute alla presenza di nuvole. Queste due circostanze fanno si che una centrale FV nello spazio produrrebbe 8 volte l’energia prodotta da una analoga centrale FV sulla Terra.74

Architettura bioclimatica

Le buone regole del costruttore connesse al miglior orientamento dell’edificio, all’ottimizzazione dell’illuminazione naturale, alla ventilazione degli ambienti, alla forma finalizzata a minimizzare i fabbisogni energetici, sono nel corso dell’ultimo andate perse fino al punto che per ritornare ai concetti base dell’architettura e dell’edilizia sono stati introdotti filoni tematici denominati talvolta bioedilizia, altre volte bioarchitettura, architettura bioclimatica, ecc..

In letteratura è invalso l’uso di considerare sinonimi bioedilizia e bioarchitettura; in realtà siccome ogni opera edilizia non assurge a livello di architettura , nel significato ad essa attribuito da Vitruvio che dichiara imprescindibile la coesistenza di utilitas,firmitas e venustas, ha senso di anteporre al termine edilizia il prefisso bio se l’opera corrisponde alle esigenze ambientali ,funzionali ed corrisponde alle esigenze ambientali, funzionali ed energetiche , in sintesi alle condizioni di uno sviluppo sostenibile, mediante il massimo sfruttamento possibile delle condizioni naturali.

Con l’introduzione di tali aggettivi si è voluto prima sottolineare l’importanza della risposta alle esigenze di benessere ed in particolare a quella sottoclasse connessa al

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comfort ambientale da corrispondere mediante l’utilizzo di risorse naturali e facilmente rinnovabili e poi, introdurre il concetto di “sviluppo sostenibile” nell’architettura, attribuendo a questa, la possibilità di migliorare la qualità della vita, senza per questo valicare i limiti della capacità di carico degli ecosistemi o compromettere le possibilità per le generazioni future.

Il termine bioarchitettura venne usato per la prima volta dal botanico tedesco