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OGGETTO DELLA STIMA

La stima ha lo scopo di determinare un ordine di grandezza dell'investimento necessario per la realizzazione di tutto il progetto.

La stima comprende:

• il costo di ristrutturazione di tutti e tre gli edifici;

• il costo di realizzazione delle nuove strutture e impianti varii,

• il costo di realizzazione delle aree scoperte ( percorsi pedonali,ciclabili ecc..), • il costo degli allacciamenti alle reti e nuove tecnologie;

• il costo delle spese tecniche correlate alla costruzione edilizia;

DISAGGREGAZIONE DEL COSTO PER FASI D’INTERVENTO

Il programma edilizio prevede due fasi d’intervento.

La prima fase di intervento comprende la ristrutturazione delle arre degli edifici che saranno utilizzate anche nella nuova destinazione d’uso, la realizzazione degli impianti assenti e sistemazione interna, oltre alle nuove strutture adiacenti, la sistemazione dell’area esterna centrale e le opere di urbanizzazione e degli allacciamenti.

La seconda fase di intervento comprende la realizzazione di tutti i percorsi esterni (pedonali e ciclabili) con l’introduzione di tutta la cartellonistica per tutte le categorie di utenti possibili, oltre che all’arredo interno dei locali pavimentazioni incluse e finiture in genere.

POSSIBILI FONTI DI FINANZIAMENTO

Il progetto è certamente ambizioso, anche in relazione all’impegno economico che non sarà lieve: 1 milione di euro. L’onere maggiore, come detto, sarà sostenuto dalla Regione( 500 mila euro) alla voce “Turismo e progetti sociali” utilizzando i fondi messi a disposizione dal Parlamento Europeo; 200 mila euro andranno sul bilancio dell’Ente Parco, 130mila verranno dall’Usl, 100mila dal comune di S.Giuliano, 70 mila dalla Società della Salute.

APPENDICE

Norme di rilievo sull’accessibilità (dal 1968 al 1996):

Circolare Ministeriale n°4809 del 19 giugno 1968

La circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n°4809 stabilisce le caratteristiche degli spazi di edilizia pubblica e degli edifici di uso pubblico di nuova costruzione o esistenti, nel caso di ristrutturazione.

Le prescrizioni riguardano i parcheggi,i percorsi pedonali,glia accessi agli edifici,le piattaforme di distribuzione,le rampe,le scale, i corridoi e i passaggi, le porte, i pavimenti, le sale per riunioni o spettacoli, i locali di ufficio accessibili al pubblico, i locali igienici, gli ascensori, gli impianti telefonici pubblici, glia apparecchi elettrici di comando e di segnalazione.

Le disposizioni interessavano opere realizzate a totale o parziale finanziamento dello Stato e di Enti pubblici.

Legge 118 del 30 marzo 1971

Introduce il principio della rimozione delle barriere architettoniche da tutti gli edifici a carattere pubblico. Rimanda ad un successivo decreto che si farà attendere per sette anni.

L’articolo rilevante su questi aspetti è il 27 che recita.” Per facilitare la vita di relazione dei mutilati e invalidi civili gli edifici pubblici o aperti al pubblico e le istituzioni scolastiche,prescolastiche o di interesse sociale di nuova edificazione dovranno essere costruiti in conformità alla circolare del Ministero dei Lavori Pubblici del 19/6/68 riguardante la eliminazione delle barriere architettoniche anche apportando le possibili e conformi varianti agli edifici appaltati o già costruiti all’entrata in vigore della presente legge; i servizi del trasporto pubblico ed in particolare i tram e le metropolitane dovranno essere accessibili agli invalidi non deambulanti;in nessun luogo pubblico o aperto al pubblico può essere vietato l’accesso ai minorati; in tutti i luoghi ove si svolgono pubbliche manifestazioni o spettacoli che saranno in futuro edificati dovrà essere previsto e riservato uno spazio agli invalidi in carrozzella; gli alloggi situati ai piani terreni dei caseggiati dell’edilizia economica e popolare dovranno essere assegnati per precedenza agli invalidi che hanno difficoltà di deambulazione,qualora ne facciano richiesta.

Le norme di attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo saranno emanate, con decreto del Presidente della Repubblica su proposta dei Ministri competenti,entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge”.

DPR 384 del 27 aprile 1978

Viene approvato sette anni dopo la Legge 118/1971 e deriva da una proposta del Ministero dell’interno concertata con altri dicasteri(sanità,istruzione,lavoro,trasporti,turismo e lavori pubblici).

Sia articola in cinque titoli:

• Primo titolo:scopi e campo di applicazione .Il DPR si applica alle strutture pubbliche con particolare riguardo a quelle di carattere collettivo-sociale.Si applica inoltre alle nuove costruzioni e a quelle già esistenti nel caso che queste ultime siano sottoposte a ristrutturazione. Agli edifici già esistenti,anche se non ristrutturati,dovranno essere apportate le possibili e conformi varianti;

• Il secondo e terzo titolo presentano gli standard dimensionali richiesti a percorsi pedonali,parcheggi,soste

,accessi,piattaforme di distribuzione,scale,rampe, ascensori,corridoi,porte,pavimenti,locali igienici.Viene ampiamente ripresa la circolare del 1968.

• Il quarto titolo tratta delle tipologie abitative e degli edifici scolastici. Per i primi,in sintesi,si ripete quanto previsto dall’art.27 della L.118,per gli edifici scolastici si prevede la completa accessibilità.

• Il titolo quinto affronta l’ambito dei trasporti pubblici urbani ed extra-urbani su ruote e su binario,dei servizi di navigazione,delle aerostazioni,degli impianti telefonici pubblici,delle sale e dei luoghi per riunioni e spettacoli.

Il DPR 384/1978 non prevede alcuna sanzione e nessun controllo da effettuarsi. Edifici,percorsi,mezzi di trasporto inaccessibili.

E’ parere di molti che il DPR 384 imponesse standard dimensionali troppo rigidi ed ampi che ne rendevano difficile l’attuazione negli edifici pubblici di ridotte dimensioni e,soprattutto ,nei casi di ristrutturazione.

Il DPR 384/1978, dopo l’entrata in vigore del DPR 503/1996, abrogato.

Legge 41 del 28 febbraio 1986

Si tratta della Legge Finanziaria per il 1986. L’articolo 32 commi 20-25 tratta di barriere architettoniche. Di fatto il Legislatore si rende conto dell’insuccesso e dell’inefficacia del DPR 384 e tenta di porvi riparo.

Dopo l’entrata in vigore della Legge 41/1986 non possono essere approvati progetti di costruzione o ristrutturazione di opere pubbliche che non siano conformi al DPR 384/1978.

Non possono altresì essere erogati dallo Stato o da altri enti pubblici contributi o agevolazioni per la realizzazione di progetti in contrasto al DPR 384.

Per gli edifici pubblici già esistenti non ancora adeguati al DPR 384 dovevano essere adottati dalle Amministrazioni competenti piani di eliminazione delle barriere architettoniche entro un anno dalla entrata in vigore della legge.

Dopo un anno le regioni dovrebbero nominare, nei casi di inadempienza,un commissario per l’adozione dei piani di eliminazione delle barriere architettoniche presso ciascuna amministrazione.

La legge 41 prevede anche finanziamenti per gli interventi di ristrutturazione mirati all’eliminazione delle barriere.

Legge 13 del 9 gennaio 1989

Rappresenta una svolta,poiché interviene sugli edifici privati e sugli edifici di edilizia residenziale pubblica,sovvenzionata ed agevolata.E’ volta a facilitare gli interventi finalizzati all’accessibilità delle abitazioni da parte di persone con disabilità.

Va evidenziata l’importante novità in ambito civilistico rappresentata dalla riduzione delle maggioranze condominiali per deliberare opere di abbattimento delle barriere all’interno delle parti comuni dell’edificio.

In caso di rifiuto del condominio è concessa la facoltà per i disabili di realizzare comunque,anche se a proprie spese,gli interventi essenziali.

Vengono inoltre introdotte deroghe alle distanze previste dai regolamenti edilizi per l’insermento degli ascensori.

La legge 13/1989 prevede poi l’erogazione di contributi per l’eliminazione di barriere nelle singole unità abitative che nelle parti comuni. La disposizione è stata finanziata in modo discontinuo.

La legge 13 apre poi la strada ad una nuova regolamentazione tecnica:entro tre mesi dall’entrata in vigore della Legge 13 ,il Ministro dei Lavori Pubblici fissa con proprio decreto le prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità,l’adattabilità e la visibilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica,sovvenzionata ed agevolata.Il Decreto sarà il 236/1989.

Decreto Ministeriale 236 del 14 giugno 1989

Va innanzitutto precisato il campo di applicazione del nuovo decreto che riguarda:

• gli edifici privati di nuova costruzione o soggetti a ristrutturazione,residenziali e non;

• l’edilizia residenziale convenzionata e i suoi spazi esterni di pertinenza;

• l’edilizia residenziale pubblica sovvenzionata ed agevolata di nuova costruzione o soggetta a

ristrutturazione e i suoi spazi esterni di pertinenza

Ma fondamentale è anche la nuova definizione di barriere architettoniche.Per barriere architettoniche si intendono:

1. gli ostacoli fisici che sono di disagio per la mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa,hanno una capacità motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea;

2. gli ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di parti, attrezzature o componenti;

3. la mancanza di accorgimenti o segnalazioni che permettono l’orientamento e la riconoscibilità dei

luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi;

Un’ accezione quindi molto più ampia della precedente normativa in vigore.Il mutamento culturale è quindi profondo:non si precedono più misure per i disabili. L’edilizia deve soddisfare esigenze che sono diverse.

Deve quindi essere non solo accessibile,ma anche confortevole,sicura e tale da garantire l’orientamento di chiunque.

Nel capo secondo sono fissati i “Criteri generali di progettazione”. Vengono definiti preventivamente tre livelli di qualità edilizia: accessibilità,visibilità e adattabilità.

L’accessibilità esprime il più alto livello in quanto ne consente la totale fruizione nell’immediato.

La visibilità rappresenta un livello di accessibilità limitato ad una parte più o meno estesa dell’edificio o delle unità immobiliari,che consente comunque ogni tipo di relazione fondamentale anche alla persona con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale.

L’adattabilità rappresenta un livello ridotto di qualità,potenzialmente suscettibile,per originaria previsione progettuale,di trasformazione in livello di accessibilità;l’adattabilità è,pertanto ,un’accessibilità differita.

Tutto ciò che non è accessibile,anche negli edifici visitabili,deve essere adattabile.Devono essere completamente accessibili gli spazi esteri, le parti comuni degli edificiil 5% degli alloggi di edilizia sovvenzionata,gli ambienti destinati alle attività sociali, gli edifici sede di aziende soggette al collocamento obbligatorio(art.4).

Devono essere visitabili le residenze, le sale e i luoghi per riunioni,spettacoli e ristorazione,le sale e i luoghi per il culto,gli altri luoghi aperti al pubblico(art.5).

Devono essere adattabili le abitazioni unifamiliari e quelle plurifamiliari prive di parti comuni. E’ importante rilevare come nell’art.4 siano elencati solo concetti,mai misure.

Si indicano le prestazioni e non le misure. Le misure sono indicate nell’art.8.

Queste misure sono obbligatorie ma possono essere proposte dal progettista soluzioni alternative, purchè egualmente in grado di soddisfare alle prestazioni previste dell’art.4.

Qui si prediligie una logica prestazionale anziché quella del DPR 384/1978 basata su misure fisse e standard rigidi.

Il capo quinto prevede i metodi di verifica dell’applicazione della legge. (negli elaborati tecnici le soluzioni per l’accessibilità,adattabilità ecc..)

Legge 104 del 5 febbraio 1992

Legge 104/1992 è nota come legge quadro sul disabile e raccoglie, in oltre 40 articoli molte disposizioni per l’integrazione sociale,lavorativa,scolastica delle persone con disabilità più o meno pesanti.

Alcuni articoli affronatno anche ambiti connessi all’accessibilità e alla mobilità delle persone disabili. Si tratta degli articoli: 23(Rimozione di ostacoli per l’esercizio di attività sportive,turistiche e ricreative), 24( eliminazione o superamento delle barriere architettoniche),26(mobilità e trasporti collettivi) e 31 (riserva di alloggi). Concentro l’attenzione sugli articoli 23 e 24.

L’articolo 23 rende obbligatoria l’accessibilità a tutti gli utenti,disabili e non, degli impianti sportivi: sono responsabili CONI, Regioni e comuni.

E’ imposta inoltre la visitabilità delle attrezzature autostradali e degli impianti di balneazione,pena la revoca delle concessioni.

L’articolo 4 nel comma 1 richiama la cogenza delle norme relative all’eliminazione delle barriere architettoniche.

Il secondo comma affronta il problema dell’accessibilità degli edifici storici ammettendo la possibilità di eseguire opere provvisionali.

Il terzo comma poi introduce una nuova prassi: alle comunicazioni al comune dei progetti di esecuzione dei lavori pubblici si deve allegare una documentazione grafica e una dichiarazione di conformità alla norma vigente in materia di accessibilità e abbattimento delle barriere.

Al comma 4 si tratta del rilascio della concessione o autorizzazione edilizia che deve essere subordinato alla verifica della conformità del progetto compiuta dall’ufficio tecnico.

Il comma 5 ricorda che nel caso di opere pubbliche ,fermi restando il divieto di finanziamento di cui all’art.32,comma 20,della L.41/1986, e l’obbligo della dichiarazione del progettista,l’accertamento di conformità alla normativa vigente in materia di eliminazione delle barriere architettoniche spetta all’ Amministrazione competente, che ne dà atto in sede di approvazione del progetto.

Decreto Legislativo 626 del 19 settembre 1994

Il seguente Decreto rappresenta il recepimento di normative comunitarie riguardanti la sicurezza dei luoghi di lavoro, ma contiene anche prescrizioni riguardanti le barriere architettoniche (art.30,Titolo secondo): “ I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto,se del caso,di eventuali lavoratori portatori di disabilità. L’obbligo vige, in particolare, per le porte, le vie di circolazione, le scale, le docce, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati dai disabili.”

DPR 503 del luglio 1996

Con il D.P.R. n. 503 del 24.07.1996 è stato emanato il “Regolamento recante norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici”, riportato integralmente nell'Appendice 1.

Esso sostituisce ed integra, finalmente, il precedente D.P.R. n. 384 del 27.04.78, di attuazione dell'art. 27 della Legge n. 118 del 30.03.1971, relativo alla eliminazione delle barriere architettoniche. Già in precedenza, con la Legge n. 13/89 ed il relativo Regolamento di attuazione costituito dal D.M. 14.06.1989, n. 236, il citato D.P.R. 384/78 aveva subito una notevole modificazione nei confronti del suo “campo di applicazione”.

Infatti con l'entrata in vigore del D.M. 236/89 la vecchia normativa di cui al D.P.R. 384/78 trovava ancora applicazione limitatamente agli spazi ed edifici pubblici, e non più, come in origine, anche per quelli di proprietà privata aperti al pubblico, assoggettati oramai alle norme del più recente ed efficace D.M. 236/89 citato. Sostanzialmente con il nuovo D.P.R. n. 503 del 24.07.1996 sono stati coordinati e unificati i due precedenti “pacchetti normativi” riguardanti l'accessibilità e l'eliminazione delle barriere architettoniche. Essi, emanati a distanza di 11 anni tra di loro, risultano impostati con una “ingegneria legislativa” profondamente diversa.

Il primo con connotazioni di eccessiva rigidità, specie nei confronti dell'applicazione per l'adeguamento degli edifici esistenti; il secondo, invece, con una più attuale ed efficace impostazione di tipo “prestazionale” risulta, quindi, più “flessibile” e aderente alle varie esigenze, a volte molto diversificate, in relazione agli innumerevoli casi specifici riscontrabili nella realtà. Inoltre con l'eliminazione di questo provvedimento è stata compiuta una utilissima operazione “di ricucitura e di raccordo” con altre prescrizioni conseguenti a provvedimenti legislativi peraltro già cogenti. Essi, infatti, sono stati emanati negli ultimi anni e determinano da tempo precisi obblighi nei confronti di Amministrazioni, professionisti, Enti Pubblici, ecc., particolarmente nei riguardi delle modalità autorizzative di opere edilizie finalizzate alla eliminazione delle barriere architettoniche, ovvero delle possibilità di disporre di finanziamenti pubblici. Questi provvedimenti sono costituiti essenzialmente dall'art. 32 della L. 41/86 (Finanziaria), dagli art. 23 e 24 della L. 104/92, Legge quadro sull'handicap, dal D.L. 285/92,

Nuovo Codice della Strada e relativo D.P.R. 495/92, Regolamento di attuazione del Codice della Strada. Attualmente quindi con l'entrata in vigore del nuovo D.P.R. in argomento, è possibile disporre di un'unica più

moderna “fonte normativa”, che dal punto di vista concettuale, metodologico e dei parametri tecnici fa propri pienamente i contenuti ed i criteri del precedente D.M. 236/89.

Essi, più che su misure assolute, individuate “una volta per tutte”, sono invece basati su un attento esame ed individuazione delle reali esigenze delle persone con ridotte capacità motoria o sensoriale.

Ai “requisiti esigenziali” che vengono prescritti per gli spazi costruiti e le attrezzature devono cioè corrispondere conseguenti soluzioni con “caratteristiche prestazionali” individuate in relazione alle diverse unità ambientali che siano in grado di consentire una concreta fruibilità delle stesse da parte di tutti i cittadini compresi coloro che si trovano, temporaneamente o permanentemente, in condizioni di svantaggio nella mobilità.

È importante evidenziare, quindi, che con l'entrata in vigore del nuovo D.P.R., per qualsiasi tipo di progettazione riguardante lo spazio costruito, aperto o racchiuso, pubblico o privato, la normativa vigente prescrive obblighi di tipo “prestazionale” ai quali si può far fronte con diverse soluzioni tecnico-progettuali e distributive, indicate dalla normativa stessa, ovvero proponendo “soluzioni alternative” che siano in grado di garantire l'equivalente o migliore qualità degli esiti ottenuti e non solamente, quindi, con “la soluzione” o “la misura” prevista dalla legge.

Viene esteso anche agli spazi ed edifici pubblici quanto contenuto nel D.M. 236/89 - art. 7 Cogenza delle prescrizioni - che consente di proporre in sede progettuale (al di là delle indicazioni tecniche descritte analiticamente nell'art. 8) soluzioni conformi alle specificazioni e soluzioni tecniche alternative “purché esse rispondano alle esigenze sottintese dai criteri di progettazione”.

In questo caso, oltre alla Dichiarazione di conformità, deve essere illustrata, dal progettista abilitato, l'alternativa proposta e l'equivalente o migliore qualità degli esiti ottenibili. Successivamente la verifica della effettiva conformità alle prescrizioni di legge deve essere effettuata dall'Ufficio Tecnico o dal tecnico incaricato allo scopo dal Comune.

A tale verifica è subordinato il rilascio dell'autorizzazione o della concessione edilizia da parte del Sindaco (art. 7.3). Nel nuovo D.P.R. sono molto opportuni (art. 1, comma 7) i riferimenti all'art. 32 della L. 41/86 (Finanziaria) che, tra l'altro, non consente dall'entrata in vigore della stessa che vengano finanziate opere da parte di qualsiasi Ente Pubblico, ovvero concesse agevolazioni per qualsiasi progetto che non sia conforme alla normativa per l'accessibilità.

Inoltre dopo l'emanazione della L.104/92 (art. 24), anch'essa richiamata esplicitamente nel D.P.R. in argomento, le norme devono applicarsi non solo nel caso di nuove costruzioni o di “ristrutturazioni” di edifici ma ogni volta che si effettuino interventi edilizi, anche di minor entità, per il recupero dell'esistente (manutenzione straordinaria, restauro, opere interne, ecc.), almeno relativamente alla porzione di edificio oggetto dell'intervento stesso. L'aver preso a base delle prescrizioni tecniche la più elastica ed efficace normativa del D.M. 236/89 e l'aver interpretato con chiarezza i sopra riportati provvedimenti legislativi, peraltro già in vigore, costituisce un notevole passo in avanti nei confronti delle concrete possibilità di risoluzione dei numerosi e complessi problemi ancora da risolvere per adeguare gli spazi e gli edifici pubblici quasi sempre ancora non fruibili da chi ha difficoltà motorie o sensoriali.

Nel D.P.R. di cui si tratta, sono contenuti anche i necessari criteri orientativi ed operativi nei confronti delle problematiche che si presentano frequentemente, peraltro fino ad oggi sottovalutate. Esse riguardano gli aspetti della pianificazione urbanistica, particolarmente per gli strumenti attuativi, per le sistemazioni ambientali e di arredo urbano oltre a quelli della salvaguardia “attiva” e non cristallizzata del patrimonio immobiliare di particolare pregio architettonico, storico o archeologico. Esaminiamo più specificamente l'intero articolato.

Il Titolo I - Scopi e campo di applicazione - è composto di 2 articoli. L'art. 1 - Definizioni ed oggetto - pone a base di tutto il nuovo provvedimento cosa debba intendersi per “barriere architettoniche”; la definizione è quella, completa ed esauriente, già contenuta nell'art. 2 del D.M. 236/89. Tale definizione è determinante perchè ribadisce con chiarezza un “concetto chiave” che purtroppo non è stato ancora assimilato appieno da molti amministratori e tecnici: gli ostacoli fisici che si incontrano nello spazio costruito urbano e non, costituiscono “fonte di pericolo” e “fonte di disagio o affaticamento” per chiunque. Pertanto devono essere eliminati, non soltanto per favorire la vita di relazione delle “persone disabili” ma, più in generale, per rendere più sicuro e comfortevole, oltre che fruibile, l'habitat dell'uomo. In altre parole i benefici conseguenti alla eliminazione delle barriere architettoniche sono generalizzati e non riguardano solo una categoria di cittadini. Particolare importanza assume la prescrizione di quale sia il “campo di applicazione” della normativa stessa che appare ora (3° comma) notevolmente ampliato. Infatti esso si estende (vedi anche L. 104/92, art. 24) agli edifici e spazi pubblici di nuova costruzione, ancorché di carattere temporaneo, o a quelli esistenti qualora sottoposti a ristrutturazione, ovvero a qualunque altro tipo di intervento edilizio anche di minore entità, che sia suscettibile di limitare “l'accessibilità” o la “visitabilità”.

Nel caso di opere da effettuarsi su edifici esistenti le norme devono trovare applicazione almeno per la parte oggetto dell'intervento, in attesa di una più completa operazione di adeguamento per l'accessibilità. Viene inoltre ribadito che le norme si applicano anche “agli edifici e spazi pubblici, in tutto o in parte, soggetti a cambiamento di destinazione se finalizzata all'uso pubblico”. Il 4° comma risulta di particolare importanza perchè rafforza quanto già contenuto nei precedenti provvedimenti prescrivendo per gli edifici e spazi pubblici esistenti, anche se non soggetti a “recupero o riorganizzazione funzionale”, l'obbligo di apportare tutti gli accorgimenti che possono migliorare la fruibilità degli stessi sulla base della norma in questione. Il 5° comma specifica che, in attesa del predetto adeguamento, ogni edificio venga dotato, a cura dell'Amministrazione pubblica che utilizza l'immobile, almeno di un “sistema di chiamata” per attivare un “servizio di assistenza” alle persone disabili che