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Statuto delle essenze creaturali: la collatio

1.1 La questione del vestigio della Trinità nel dibattito medioevale

1.1.2 Enrico di Gand

A proposito del vestigio della Trinità, in questa sezione cercheremo di attraversare la posizione di Enrico di Gand, uno dei grandi maestri parigini dell’ultimo quarto del secolo XIII ed importante punto di riferimento, sia in positivo che in negativo, per la riflessione teologica dell’ordine minorita inglese all’inizio del secolo XIV115.

Enrico di Gand non tematizzò mai come problema a sé la questione del vestigio. Avendo optato per una differente ed autonoma disposizione della materia teologica nella propria Summa, senza seguire il modello di Pietro Lombardo, non vi erano motivi estrinseci legati ad una struttura tradizionale che lo inducessero ad elaborare una trattazione specifica sul modello di quella incontrata negli altri autori considerati. Non abbiamo perciò testimonianze circa una eventuale posizione di Enrico sulla

113Cf. Thomas de Aquino, Summa theologiae, I, q. 45, a. 7, Leonina, IV, p. 233b: «Ad primum ergo dicendum quod

representatio vestigii attenditur secundum appropriata: per quem modum ex creaturis in Trinitatem divinarum Personarum veniri potest».

114Cf. Ricardus de Mediavilla, Super quatuor libros Sententiarum, I, d. 3, p. 1, a. 3, q. 1, ed. Brixiae 1591, pp. 45b-46a:

«Quantum ad secundum sciendum quod modus uno modo idem est quod terminus et, quia terminatum, est limitatum, et mensuratum. Ideo accipitur modus interdum pro rei limitatione vel mensura; species etiam interdum accipitur pro

pulchritudine secundum quod dicitur: “iste est valde speciosus”, id est pulcher. Ex hoc autem quod Deus est causa

creaturarum efficiens, exemplaris et finalis oportet in omni creatura esse limitationem eo ipso quod effecta est, et pulchritudinem autem eo ipso quod ad pulcherrimum exemplar facta est, et ordinem eo ipso quod finem habet: in re omni enim que habet finem oportet esse ordinem ad finem. Quia ergo modus creature, hoc est eius limitatio vel mensura, Deum representat sub ratione cause efficientis, et pulchritudo eius Deum repraesentat sub ratione cause exemplaris, et ordo ipsum repraesentat sub ratione cause finalis, quae est representatio non distincta, quia non est quantum ad propria, sed quantum ad appropriata, non tamen sub ratione qua appropriata sunt. Ideo in qualibet creatura dicitur consistere Dei vestigium quantum ad eius modum, id est limitationem vel mensuram, et eius speciem, id est pulchritudinem, et eius ordinem in ipsum finem. Et haec de secundo articulo».

115Enrico di Gand è ad esempio, come cercheremo di mostrare e come già notato da molti interpreti, una delle fonti

definizione di vestigio e non sappiamo dunque, ad esempio, la sua opinione a proposito della traslazione di significato a partire dall’orma dell’animale verso il significato teologico di rappresentazione della Trinità secondo il genere o la specie. Nonostante ciò, il termine ‘vestigio’ occorre nell’opera di Enrico, in particolare nell’ambito di un tema cui Enrico dedica analisi assai approfondite e raffinate, quello del rapporto tra Dio e la creatura. Il vestigio, infatti, esprimendo un modo attraverso cui la Trinità può essere conosciuta tramite le creature, sembra necessariamente riguardare un certo tipo di relazione della creatura nei confronti di Dio; altrimenti, se questa non fosse in un qualche rapporto con Dio, non si vede come potrebbe rappresentarlo. Da questo punto di vista, è certamente possibile inserire il rapporto vestigiale in una teoria generale della relazione, secondo il caso particolare della relazione tra Dio e la creatura, pur non fornendo Enrico esplicite indicazioni a riguardo.

Tracciare, anche solo a sommi capi, un quadro complessivo della dottrina della relazione in Enrico costituirebbe una digressione troppo lunga ed impegnativa per essere affrontata qui, vista la centralità e la complessità del tema, all’interno di una filosofia, quella del Gandavense, che possiamo definire una vera e propria ‘metafisica della relazione’116. Basterà ricordare come per Enrico, assolutamente parlando, sia possibile ridurre ogni sorta di relazione ai tre modi in cui può dirsi ‘relativo’, secondo lo schema aristotelico esposto in Metafisica, V, 15:

Per comprendere ciò, è necessario sapere che secondo Aristotele, libro V della Metafisica, capitolo sulla relazione, tre sono i modi delle relazioni, secondo i tre generi di causa, formale, efficiente e finale, alle quali tutte le relazioni possono essere ridotte, sia quelle che sono secondo realtà, sia quelle che sono secondo ragione, ma Aristotele li propone nelle relazioni reali117.

Secondo Aristotele, come esposto nella citazione cui Enrico si riferisce, le cose possono essere in rapporto tra loro o secondo il modo della proporzione, «come il doppio rispetto alla metà e il triplo rispetto alla terza parte»; o secondo il modo dell’agire e del patire, «come ciò che può riscaldare

116Sulla teoria della relazione di Enrico di Gand, cf. J. Decorte, «Modus» or «res»: Scotus’s criticism of Henry of Ghent’s

conception of the reality of a real relation, in L. Sileo (ed.), Via Scoti. Methodologica ad mentem Johannis Duns Scoti, Antonianum, Roma 1995, pp. 407-429; J. Decorte, Relation and substance in Henry of Ghent’s metaphysics, in G. Guldentops - C. Steele (eds.), Henry of Ghent and the transformation of scholastic thought, Leuven University Press, Leuven 2003, pp. 3-14; J. Decorte, Relatio as modus essendi: the origins of Henry of Ghent’s definition of relation, «International Journal of Philosophical Studies», 10 (2002), pp. 309-336; M. G. Henninger, Relations. Medieval theories 1250-1325, Clarendon press, Oxford 1989, pp. 40-58; P. Porro, Déduction catégoriale et prédicaments relatifs à la fin du XIIIesiècle: le De origine rerum praedicamentalium de Dietrich de Freiberg et son contexte, «Quaestio», 13 (2013), pp.

197-220, in particolare pp. 199-211.

117Henricus de Gandavo, Quodlibet, IX, q. 1, OpOm, XIII, pp. 18-19: «Ad cuius intellectum sciendum quod secundum

Philosophum, V Metaphysicae, cap. de relatione, tres sunt modi relationum secundum triplex genus causae formalis, efficientis et finalis, ad quos omnes relationes habent reduci, et illae quae sunt secundum rem et illae quae sunt secundum rationem, sed Philosophus proponit eos in relationibus realibus».

rispetto a ciò che può essere riscaldato e ciò che può tagliare rispetto a ciò che può essere tagliato e, in generale, ciò che è attivo rispetto a ciò che è passivo»; o, infine, «secondo il modo del misurabile rispetto alla misura, del conoscibile rispetto alla conoscenza e del sensibile rispetto alla sensazione118». Al primo modo, poi, Enrico fa corrispondere il genere di causa formale, al secondo il genere di causa efficiente ed al terzo il genere di causa finale119.

Accanto e non in esplicita connessione rispetto a questa dottrina generale, Enrico sviluppa una teoria particolare del modo di rappresentazione della Trinità per mezzo della creatura secondo il vestigio. In linea con l’opinione comunemente sostenuta, si fa coincidere questo modo con quello dell’appropriatezza, oggetto, nell’articolo 72 della Summa, di una specifica analisi che lo precisa rispetto ai concetti di ‘comune’ e ‘proprio’. Anche per Enrico, dunque, attraverso il vestigio si rappresenta ciò che è appropriato delle Persone trinitarie: partendo dalla dottrina classica del vestigio come modus, species e ordo120, egli mette in relazione il modus in quanto rappresentante la Potenza, caratteristica appropriata del Padre, cui corrisponde la causalità efficiente; la species, in quanto rappresentante la Sapienza, caratteristica appropriata del Figlio, cui corrisponde la causalità formale; l’ordo, in quanto rappresentante la Bontà, caratteristica appropriata dello Spirito Santo, cui corrisponde la causalità finale. Formule già presenti, ad esempio, nel Commento alle Sentenze di Bonaventura, e riproposte da Enrico in una forma sostanzialmente invariata.

Nel primo modo si considera un’unica appropriazione secondo il triplice genere di causa attraverso cui

Dio si rapporta alle cose create, ovvero, efficiente, formale e finale. Ed è la quarta coordinazione delle cose appropriate, ovvero: tutte le cose derivano dal Padre, e ciò secondo il genere di causa efficiente; sono attraverso il Figlio, secondo il genere di causa formale, ovvero della tecnica e della potenza

operativa: così infatti per l’arte e la Sapienza del Padre che procede dallo stesso, il Padre opera tutto

attraverso il Figlio, da cui tutte le cose allo Spirito Santo, secondo il genere di causa finale. E sono appropriate allo stesso Padre secondo la Potenza; attraverso lo stesso Figlio come Sapienza; nello stesso

Spirito Santo come Bontà. […] Ed invero secondo la corrispondenza delle parti del vestigio è la sesta

coordinazione delle cose appropriate, ovvero del modo, della specie e dell’ordine, o anche del numero,

della misura e dell’inclinazione, come è già stato esposto nella questione precedente: il modo [modus]

e la misura sono appropriati al Padre, la forma [species] e il numero al Figlio, l’ordine [ordo] e

l’inclinazione allo Spirito Santo121.

118Cf. Arist., Met., V, 15, 1020b 26-1021b 11.

119Cf. Henricus de Gandavo, Quodlibet, IX, q. 1, OpOm, XIII, pp. 19-20.

120Henricus de Gandavo, Summa, art. LXXII, q. 3, Badius 1520, II, f. 259r N: «[…] consistunt ista tria in simplici essentia

cuiuscumque formae creatae, et sunt tres partes vestigii in quacumque natura, sive species, modus et ordo».

121Henricus de Gandavo, Summa, art. LXXII, q. 4, Badius 1520, II, f. 261v E-F: «Et primo modo sumit una appropriatio

Oltre a questa trattazione, in sé esaustiva di questo particolare aspetto della dottrina, non sono rintracciabili ulteriori analisi specifiche, mentre, come vedremo, è presente in altri luoghi della sua opera la dottrina della ratitudine come relazione a Dio in quanto causa esemplare, ma senza che questo tema venga mai connesso esplicitamente a quello del vestigio, come invece avviene nella riflessione scotiana122 e nel testo delle Collationes123. Una piccola anticipazione di un possibile sviluppo metafisico della questione del vestigio è rintracciabile in Enrico solo nel momento in cui connette le parti del vestigio ai differenti tipi di essere di cui la creatura è dotata, impostazione certamente originale ed in qualche modo legata ad una peculiare considerazione metafisica di essere ed essenza in rapporto alla creazione divina:

In un modo la forma [species] è chiamata forma che dà l’essere in quanto dà l’essere assolutamente, a cui è presente la misura [modus] in quanto dà l’essere determinato, e l’ordine [ordo] in quanto

corrisponde all’altro come al fine a cui tende. Queste tre cose costituiscono l’essenza semplice di

qualsiasi forma creata e sono le tre parti del vestigio in qualsiasi natura, ovvero forma, misura e ordine124. Secondo Enrico, alle tre parti del vestigio della Trinità corrispondono i tre tipi di essere che strutturano l’essenza creaturale. Quest’ultima è dotata innanzitutto di un essere del tutto indeterminato, grazie al quale è speciosa: in base a questo essere l’essenza semplicemente è, ovvero si distingue dal nulla, senza ulteriori specificazioni. In secondo luogo, è dotata di un essere determinato, grazie al quale è moderata: in base a questo essere l’essenza è qualcosa di determinato, di definito, di limitato. Infine, è dotata di un essere teleologicamente orientato, grazie al quale è ordinata: in base a questo essere l’essenza tende ad un fine.

appropriatorum quarta: videlicet ex quo omnia Patri, et hoc secundum genus causae efficienti, per quem omnia Filio, secundum genus causae formalis, artis scilicet et potentiae operativae: sic enim arte et Sapientia Patris procedente ab ipso Pater omnia operat per Filium, ex quo omnia Spiritui Sancto, secundum genus causae finalis. Et appropriatur ly ex ipso Patri sicut Potentia; per ipsum Filium sicut Sapientia; in ipso Spiritui Sancto sicut Bonitas. Secundum vero correspondentiam partium vestigii est coordinatio appropriatorum sexta, sive modi, speciei et ordinis, sive numeri, mensurae et ponderis, iuxta illud quod expositum est in praecedenti quaestioni, ut modus et mensura approprientur Patri, species et numerus Filio, ordo et pondus Spiritui Sancto».

122Cf. infra, pp. 110-112. 123Cf. infra, pp. 118-146.

124Henricus de Gandavo, Summa, art. LXXII, q. 3, Badius 1520, II, f. 259r N: «Uno enim modo species appellatur forma

quae dat esse inquantum dat esse simpliciter, cui adest modus inquantum dat determinatum esse, et ordo inquantum alteri congruit ut fini ad quae est. Et constitunt ista tria in simplici essentia cuiuscumque formae creatae et sunt tres partes vestigii in quacumque natura, sive species, modus et ordo».