Statuto delle essenze creaturali: la collatio
1.2 La ricezione medioevale della dottrina boeziana della distinzione tra ‘esse’ e ‘id quod est’:
1.2.3 Tommaso d’Aquino
Rispetto al secolo XII, nel Duecento si assiste ad una relativa perdita di centralità dell’opera di Boezio, in favore di altri autori, soprattutto Aristotele ed Avicenna. In ambito di ‘filosofia prima’, la traduzione latina, prima dall’arabo e poi dal greco, della Metasifica di Aristotele diede il via ad un’enorme circolazione di quest’opera nel continente europeo, dove assunse ben presto una preminenza assoluta rispetto a tutti gli altri testi filosofici. Questa vera e propria rivoluzione culturale fece sì che le opere di Boezio fossero ritenute in qualche modo ‘superate’ rispetto alle più recenti novità, e ciò comportò una quasi totale esclusione del De hebdomadibus dai programmi di insegnamento adottati dalle prime Università, di recente fondazione in quell’Europa del secolo XIII186.
Nonostante ciò, oltre alla mole di riferimenti impliciti ed espliciti presenti nelle opere dei pensatori della Scolastica a proposito della distinzione esse / id quod est, anche l’attività di commento agli Opuscula Sacra non cessò affatto. In particolare, per quanto riguarda il secolo XIII, sono giunti fino a noi tre commenti anonimi187e, soprattutto, l’esposizione letterale del De hebdomadibus ad opera di Tommaso d’Aquino188, il quale, peraltro, commentò anche il De Trinitate.
184Cf. ad esempio Gilbertus Porretanus, Expositio in Boecii librum de Trinitate, ed. N. M. Häring, in The commentaries
on Boethius by Gilbert of Poitiers, ed. N. M. Häring, PIMS, Toronto 1966 (Studies and Texts, XIII), p. 86, ll. 19-24: «Ac per hoc in naturalibus que sicut sunt percipi debent, scilicet concreta et inabstracta, oportebit philosophum uersari rationaliter ut – scilicet posito nomine quo et id, quod est, et id, quo est, significatur – ea ui mentis qua concreta reri debet diligenter attendat quid proprie sibi uel quod est uel quo est concrecionis consorcio exigat et quid ceterarum speculationum locis communicet». Sulla distinzione tra quod est e quo est in Gilberto Porretano, cf. R. Pinzani, Sull’ontologia di Gilberto Porretano, «Noctua», 2 (2014), pp. 209-259: 213-217. Da notare come l’espressione ‘quo est’ nel senso di ‘esse’ in
quanto distinto da ‘id quod est’ non appaia mai nel Commento al De hebdomadibus, ma solo nel Commento al De Trinitate.
185Cf. Coll. ox., q. 17, n. 2, p. 225, ll. 5-8.
186Porro, Introduzione, in Tommaso d’Aquino, Commenti a Boezio, p. 6: «I due trattati [De Trinitate e De hebdomadibus]
sono in linea di massima esclusi dai programmi di insegnamento adottati dalle nascenti università: e questo spiega, in buona parte, la quasi totale assenza di commenti alle due opere nella produzione propriamente scolastica».
187Elencati da Schrimpf, Die Axiomenschrift des Boethius, II, pp. 147-148.
188Nella presente trattazione ci occuperemo solo di alcune parti del commento di Tommaso al De hebdomadibus. Per
studi critici sull’opera nella sua interezza, cf. E. Trépanier, Saint Thomas et le De hebdomadibus de Boèce, «Laval théologique et philosophique», 6 (1950), pp. 131-144; P. O’Reilly, Sancti Thomae de Aquino expositio super librum
L’interpretazione di Tommaso non sembra avere alcuna relazione con i commenti precedenti, specialmente con quello di Gilberto Porretano. L’Aquinate, infatti, non fa menzione né della possibile doppia interpretazione teologica / filosofica del secondo assioma, né fa utilizzo della coppia, introdotta da Gilberto, quod est / quo est. Sebbene la grande incertezza sulla datazione del commento189 renda dubbia qualsiasi ipotesi sui motivi e lo scopo dell’iniziativa tommasiana, ci sembra di poter affermare che la lettura dello stesso sia di particolare utilità più per chiarire alcuni aspetti della filosofia di Tommaso che per comprendere la lettera e lo spirito di Boezio. Come ha giustamente notato Pasquale Porro: «i due commenti […] si rivelano innanzitutto come due punti di accesso particolarmente qualificati per accostarsi ad alcune strutture di fondo del pensiero tommasiano190».
A proposito del secondo assioma, Tommaso nota preliminarmente come la diversità tra esse e id quod est vada riferita non alle cose stesse, ma piuttosto ai concetti (intentiones), dando complessivamente al discorso su questi due termini un carattere essenzialmente logico-semantico, e non sic et simpliciter ontologico. Da questo punto di vista, ‘essere’ (esse) è innanzitutto un termine astratto, mentre con ‘ciò che è’ (id quod est) viene indicato il «soggetto dell’essere191».
Dice dunque in primo luogo che “diverso è l’essere e ciò che è”, e questa diversità non deve essere
riferita alle cose, di cui qui ancora non si parla, ma alle stesse ragioni o intenzioni [non ad res, set ad
ipsas rationes seu intentiones]. Altro è infatti ciò che significhiamo quando diciamo ‘essere’ e altro ciò che significhiamo quando diciamo ‘ciò che è’, così come altro è ciò che significhiamo quando diciamo ‘correre’ e altro ciò che significhiamo quando diciamo ‘colui che corre’. ‘Correre’ e ‘essere’ vengono
Boetii ‘De Hebdomadibus’: an edition and a study, Ph.D. thesis, University of Toronto 1960; McInerny, Boethius and Aquinas, pp. 199-231; S. L Brock, Harmonizing Plato and Aristotle on esse: Thomas Aquinas and the De hebdomadibus, «Nova et Vetera», 5/3 (2007), pp. 465-494.
189 Tradizionalmente, il Commento al De hebdomadibus viene collocato nel biennio 1257-1258. Ancora di recente,
Stephen Brock ha sostenuto questa ipotesi, adducendo come prova il fatto che nel De veritate, opera che egli ritiene scritta nello stesso periodo, ci sono ben 14 riferimenti al Commento al De hebdomadibus. Tommaso, secondo lui, aveva in mente in quel periodo soprattutto il Commento al De hebdomadibus in quanto o lo stava stendendo o lo aveva appena terminato, cf. Brock, Harmonizing Plato and Aristotle on esse: Thomas Aquinas and the De hebdomadibus, pp. 468-469. Porro, tuttavia, considera l’opera databile nel periodo della seconda reggenza parigina, dunque attorno agli anni 1271-1272, cf. P. Porro, Tommaso d’Aquino. Un profilo storico-filosofico, Carocci, Roma 2012, p. 409.
190Porro, Introduzione, in Tommaso d’Aquino, Commenti a Boezio, p. 7. Non è della stessa opinione Ralph McInerny, il
quale ritiene invece che il commento di Tommaso sia pienamente coerente rispetto allo spirito e alla lettera del testo boeziano, cf. McInerny, Boethius and Aquinas, p. 219: «The thesis of this book is that Boethius thaught what Thomas said he thaught and that the Tomistic commentaries on Boethius are without question the best commentaries ever written on the tractates».
191Thomas de Aquino, Expositio librii Boetii De ebdomadibus, Leonina, L, p. 270b: «Id quod est significatur sicut
infatti significati in astratto [in abstracto], così come ‘bianchezza’; ma ‘ciò che è’, cioè l’ente, e ‘colui
che corre’ vengono invece significati in concreto [in concreto], come ‘bianco’192.
La distinzione verrebbe così ad esprimere la diversità tra astratto e concreto: ‘essere’ è un concetto astratto in quanto non può fungere da soggetto di se stesso ─ come il correre non è il soggetto della corsa ─, ‘ciò che è’, al contrario, è un concetto concreto in quanto esprime ciò di cui il termine astratto ‘essere’ è predicato. Per utilizzare l’esempio tommasiano, ‘ciò che è’ non è il correre, ma ‘colui che corre’. È sullo schema di questa griglia interpretativa che viene spiegata anche la seconda parte dell’assioma, dove Boezio afferma che «ciò che è, ricevuta la forma dell’essere, è e consiste193». Tommaso, tuttavia, preferisce a questo proposito utilizzare una terminologia che caratterizza fortemente il proprio discorso filosofico, ed invece del tutto assente nel De hebdomadibus, affermando che ‘ciò che è’ è in quanto riceve l’‘atto d’essere’, rendendo appunto l’espressione boeziana ‘forma essendi’ con ‘actus essendi’. Alcuni interpreti hanno inteso questa modifica come una prima presa di distanza da Boezio e dalla sua considerazione puramente logico-semantica della distinzione, per approssimarsi ad una «considerazione universale […] dei modi principali dell’essere fino all’esse purum ch’è Dio, discendendo poi alle forme pure o intelligenze fino alle sostanze materiali»194. Lasciando per un attimo da parte le possibili implicazioni metafisiche di questa variazione lessicale operata dall’Aquinate, sarà bene qui innanzitutto contestualizzare l’espressione ‘actus essendi’, riportandola al suo significato proprio all’interno del Commento al De hebdomadibus. Abbiamo visto come esse e id quod est siano considerati come termine astratto il primo (ad esempio, ‘il correre’), termine concreto il secondo (ad esempio, ‘colui che corre’). Ora, come a proposito di colui che corre diciamo che corre in quanto soggiace e partecipa alla corsa, così ‘ciò che è’ può sussistere solo in quanto partecipa all’atto d’essere. Mentre, infatti, ‘correre’ si predica di ‘colui che
192Thomas de Aquino, Expositio librii Boetii De ebdomadibus, Leonina, L, p. 270b: «Dicit ergo primo quod diversum
est esse et id quod est, que quidem diuersitas non est hic referenda ad res de quibus adhuc non loquitur, set ad ipsas rationes seu intentiones. Aliud autem significamus per hoc quod dicimus esse et aliud per id quod dicimus id quod est, sicut et aliud significamus cum dicimus currere et aliud per hoc quod dicitur currens. Nam currere et esse significatur in abstracto sicut et albedo; set quod est, id est ens et currens, signficatur in concreto uelud album».
193Boethius, De hebdomadibus, ed. Moreschini, p. 187, ll. 27-28: «[…] at vero quod est, accepta essendi forma, est atque
consistit».
194Cf. C. Fabro, Partecipazione e causalità secondo S. Tommaso d’Aquino, Società Editrice Internazionale, Torino 1960,
pp. 205-206: «Eppure, un piccolo inciso finale ci avverte che l’esse essentiae di Aristotele è superato: infatti ciò che
Boezio rende con raffinata perizia con “essendi forma”, diventa per San Tommaso l’“ipse actus essendi”. Questa è la
prima novità del Commento tomista che domina lo sviluppo della teoria della partecipazione delle proposizioni seguenti: questa tensione di concreto e astratto denunziata da Boezio sul piano logico-semantico, si trasforma nel commento tomista in una considerazione universale della predicazione dell’essere e dei modi principali dell’essere fino all’esse purum ch’è Dio, discendendo poi alle forme pure o intelligenze fino alle sostanze materiali».
corre’, ovvero è partecipato ma non partecipa, ‘colui che corre’ non si predica del ‘correre’, partecipando di esso senza esserne partecipato:
[…] come possiamo dire di ciò che corre, o del corrente, che corre in quanto soggiace alla corsa e partecipa di essa, così possiamo dire che l’ente, ovvero ‘ciò che è’, è in quanto partecipa dell’atto d’essere [ens sive id quod est sit in quantum participat actum essendi]. E questo è quanto intende quando dice “l’essere stesso ancora non è”, perché non si può attribuirgli l’essere come se potesse essere soggetto dell’essere, mentre “ciò che è, ricevuta la forma dell’essere”, cioè ricevendo lo stesso atto d’essere, “è e consiste”, cioè sussiste in se stesso195.
Come già notato da Boezio, l’esse nella sua assoluta semplicità non può partecipare di nulla, in nessun modo196; tutto ciò che è (id quod est), al contrario, partecipa almeno dell’essere in quanto di esso si dice che ‘è’. Tommaso dimostra in questo contesto come l’esse non possa partecipare secondo nessuno dei tre modi di partecipazione: né nel modo in cui il particolare partecipa dell’universale; né nel modo in cui il soggetto partecipa dell’accidente; né, infine, nel modo in cui l’effetto partecipa della causa197. Solo l’ente può partecipare, e partecipa appunto dell’essere, «come il concreto partecipa dell’astratto198»:
Rimane quindi il fatto che ‘ciò che è’ può partecipare di qualcosa, mentre l’essere stesso non può
partecipare di altro199.
Tommaso prosegue poi nel commento degli assiomi, fino a giungere a quelli che trattano di ciò che è semplice e di ciò che è composto in rapporto alla distinzione tra esse e id quod est.
VII. In ogni essere semplice ‘essere’ e ‘ciò che è’ coincidono. VIII. In ogni essere composto è diverso l’‘essere’ dal ‘ciò che è’200.
195Thomas de Aquino, Expositio librii Boetii De ebdomadibus, Leonina, L, p. 270b: «[…] sicut possumus dicere de eo
quod currit siue de currente quod currat in quantum subicitur cursui et participat ipsum, ita possumus dicere quod ens sive id quod est sit in quantum participat actum essendi. Et hoc est quod dicit “quod ipsum esse nondum est” quia non
attribuitur sibi esse sicut subiecto essendi, set “id quod est, accepta essendi forma”, scilicet suscipiendo ipsum actum essendi, “est atque consistit”, id est in se ipso subsistit».
196Cf. Boethius, De hebdomadibus, ed. Moreschini, p. 187, ll. 29-30: « […] ipsum esse nullo modo aliquo participat». 197Cf. Thomas de Aquino, Expositio librii Boetii De ebdomadibus, Leonina, L, pp. 271a-271b.
198Thomas de Aquino, Expositio librii Boetii De ebdomadibus, Leonina, L, p. 271b: «Set id quod est siue ens, quamuis
sit communissimum, tamen concretiue dicitur, et ideo participat ipsum esse, non per modum quo magis commune participatur a minus communi, set participat ipsum esse per modum quo concretum participat abstractum».
199Thomas de Aquino, Expositio librii Boetii De ebdomadibus, Leonina, L, p. 271b: «Unde relinquitur quod id quod est
aliquid possit participare, ipsum autem esse non possit aliquid participare».
200Boethius, De hebdomadibus, ed. Moreschini, p. 188, ll. 41-43: «Omne simplex esse suum et id quod est unum habet.
Questo gruppo di regole segnalerebbe, secondo l’Aquinate, un cambio di prospettiva metodologica nel testo del De hebdomadibus: se fino a questo punto Boezio aveva parlato di esse e di id quod est in quanto concetti, ovvero da un punto di vista logico-semantico, qui egli si rivolgerebbe al portato ontologico di questa distinzione. In altri termini, in questi due assiomi si inizierebbe ad affrontare un discorso riguardante le cose stesse:
Quindi, quando dice: “in ogni composto…”, pone le concezioni relative al composto e al semplice, che
fanno riferimento alla nozione di uno. E si deve ribadire che ciò che si è detto fin qui intorno alla diversità
tra l’essere e ‘ciò che è’ riguardava soltanto le intenzioni. Qui invece mostra come si possa applicare
alle cose [applicetur ad res], in primo luogo in riferimento alle realtà composte, e poi a quelle semplici,
là dove dice: “ogni semplice…”201.
Tommaso distingue innanzitutto, a riguardo di ciò che è semplice, tra ciò che unicamente può essere considerato assolutamente semplice, ovvero Dio, e ciò che è semplice solo in un senso qualificato, come, ad esempio, le sostanze immateriali, in quanto forme pure non costituite da un composto tra materia e forma. Va notato, circa la semplicità delle cose che non sono Dio, come essa vada sempre intesa in modo parziale, e non in senso assoluto: le forme pure, ad esempio, sono semplici dal punto di vista del loro darsi senza la materia, ma purtuttavia sono forme, ovvero qualcosa che ha l’essere, e non l’essere stesso. In altri termini, anche in esse vi è quella particolare composizione costituita dalla partecipazione rispetto all’essere:
Poiché tuttavia ogni forma determina il proprio essere [est determinatiua ipsius esse], nessuna di esse è
l’essere stesso, ma qualcosa che possiede l’essere [est habens esse]202.
Dio solo, realtà «semplice, unica e sublime» (simplex, unum et sublime203), è «veramente semplice» (uere simplex204): Egli, infatti, non ha nessuna forma e non partecipa dell’essere, ma è lo stesso essere (IPSUM ESSE).
Ad ogni modo, nelle realtà semplici, sia in senso assoluto (Dio) che in senso qualificato (come, ad esempio, nel caso delle sostanze immateriali) l’esse e l’id quod est sono un’unica e identica cosa in
201Thomas de Aquino, Expositio librii Boetii De ebdomadibus, Leonina, L, p. 271b: «Unde relinquitur quod id quod est
aliquid possit participare, ipsum autem esse non possit aliquid participare».
202Thomas de Aquino, Expositio librii Boetii De ebdomadibus, Leonina, L, p. 273a: «Quia tamen quelibet forma est
determinatiua ipsius esse, nulla earum est ipsum esse, set est habens esse».
203Thomas de Aquino, Expositio librii Boetii De ebdomadibus, Leonina, L, p. 273b. 204Thomas de Aquino, Expositio librii Boetii De ebdomadibus, Leonina, L, p. 273b.
senso reale205. Nelle realtà composte, al contrario, essi «differiscono realmente» (differunt realiter206). La formula che Tommaso utilizza per esprimere la composizione tra id quod est ed esse è celebre, ed è stata variamente discussa nella storiografia: alcuni hanno visto in essa una chiara presa di posizione a favore di una distinzione reale tra essenza (cui corrisponderebbe l’id quod est) ed esistenza (cui corrisponderebbe l’esse) negli enti finiti207; altri, al contrario, hanno negato con forza la fondatezza di questa interpretazione, sostenendo come sia in gioco in questi due assiomi la distinzione tra l’essere e l’ente, e non quella, interna all’ente, tra essenza ed esistenza208.
Pur senza mai giungere a parlare di esse e id quod est come due res distinte, l’Aquinate afferma esplicitamente che l’essere delle cose composte non coincide mai con le cose stesse in quanto tali:
Dunque, ogni cosa composta non è il suo essere, e per questo dice che in ogni composto altro è l’essere ente e altro lo stesso composto che è per partecipazione rispetto all’essere stesso209.
Se rimaniamo al significato letterale del testo, Tommaso sembra qui voler dire semplicemente che nessun ente composto coincide con il proprio essere, essendo questa una caratteristica che appartiene solo ed esclusivamente a Dio. È infatti possibile immaginare qualsiasi cosa composta, ad esempio questo albero o questo uomo, come non esistente. Da questo punto di vista, una cosa è dare la definizione di ‘albero’, una cosa dire che quest’albero esiste: si tratta di due nozioni che non si coimplicano. Sono, piuttosto, nozioni distinte, che possono essere considerate separatamente nell’analisi metafisica della creatura.
Il testo del Commento al De hebdomadibus apparentemente non ci dice che questo a proposito della questione essenza / esistenza negli enti finiti, ed è forse anacronistico cercare di leggervi una proposta
205Cf. Thomas de Aquino, Expositio librii Boetii De ebdomadibus, Leonina, L, p. 273a: «Deinde cum dicit: “Omne
simplex etc.”, ostendit qualiter se habeat in simplicibus in quibus necesse est quod ipsum esse et id quod est sit unum et
idem realiter».
206 Thomas de Aquino, Expositio librii Boetii De ebdomadibus, Leonina, L, pp. 272b-273a: «Est ergo primo
considerandum quod sicut esse et quod est differunt secundum intentiones, ita in compositis differunt realiter».
207Cf. in particolare J. Wippel, Metaphysical Themes in Thomas Aquinas, The Catholic University of America Press,
Washington 1984, p. 152: «Therefore Thomas can conclude, as we have seen, that in every composite entity (composed of matter and form, presumably) existence (esse) and essence (id quod est) differ and, for Thomas though not for Boethius, differ really». Cf. anche C. Fabro, La nozione metafisica di partecipazione secondo S. Tommaso d’Aquino, Società Editrice Internazionale, Torino, 19502[1939], pp. 30-35; L. Sweeney, Existence/essence in Thomas’ Aquinas early
writings, «Proceedings of the American Catholic Philosophical Association», 37 (1963), pp. 97-131, in particolare pp. 120-123.
208 Cf. in particolare F. A. Cunningham, Essence and existence in Thomism: a mental vs. the “real distinction”?,
University Press of America, Lanham - New York - London 1988, pp. 239-241.
209Thomas de Aquino, Expositio librii Boetii De ebdomadibus, Leonina, L, p. 273a: «Res ergo composita non est suum
esse; et ideo dicit quod in omne composito aliud est esse ens et aliud ipsum compositum quod est participando ipsum esse».
di soluzione ad un dibattito che si animerà, in realtà, solo alcuni anni dopo la morte di Tommaso (1274) e che vedrà tra i protagonisti Enrico di Gand ed Egidio Romano210.