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ANALISI E COMMENTO DI REALTÀ E VALORE

2. Il «valore cardinale della ricerca della verità» 1

2.1. L’entificazione della verità

«È chiaro che attribuendo alla verità la caratteristica di “produrre” entità reali, attribuendogli insomma la qualifica di creatrice, noi conseguentemente la “entifichiamo”»34. La

definizione di verità come Sole che origina il mondo e i suoi enti, conferendo al contempo la possibilità della loro conoscenza, permette a Claudi di spingere la sua ricerca in un ambito prettamente creativo, legato quindi ad una sua precisa concezione di realtà e di essere. In questo senso la verità, oltre ad essere il principio originario della coscienza umana, risulta intimamente connessa al piano produttivo dell’essere o della realtà. Claudi infatti precisa che definire la verità come produzione, «attribuendogli insomma la qualifica di creatrice»35, equivale ad entificare la

verità, cioè a “farla” ente, a renderla ente, accostandola così ad un ambito prettamente ontologico, precisando la realtà della verità come produzione di enti reali. «L’ente reale verità che produce verità è “asse glorioso” da cui non possono scaturire che valori di gloria»36. Ritorna in questo

senso il richiamo al ruolo glorioso e quindi luminoso proprio della verità: la verità essendo “gloria” non può produrre che valori gloriosi, luminosi, quindi evidenti come la verità stessa. Considerata la delicatezza speculativa di questo passaggio, Claudi si interroga intorno al

33 Oltre alla tradizione platonica, la figura del Sole come fonte di illuminazione è un concetto fondamentale per la

tradizione ermetica e gnostica da cui Claudi ha mutuato vari concetti, soprattutto attraverso lo studio della filosofia di Bruno e la poetica di Orfini.

34 Ivi, p. 4. 35 Ivi. 36 Ivi.

141 significato specifico del concetto di entificazione: «Che cosa può significare d’altra parte “entificare” la verità? Che cosa è “l’ente”?»37.

Secondo Claudi l’ente è definito dalla «qualifica dell’essere: è»38. In questa parte

dell’opera l’autore sembra definire l’ente come determinato dall’essere, poiché «l’ente è ciò che è»39. Claudi quindi non sembra interessato a definire l’essere e l’ente cercando una loro possibile

distinzione40, ma, attraverso queste asserzioni, cerca di affermare che la realtà, in quanto

determinata dall’essere, «può essere stata prodotta o meno, originaria o meno, ma deve essere»41.

Ciò che si qualifica come ente quindi deve esistere necessariamente. Tale necessità deve qualificarsi come indipendenza, ossia – specifica Claudi – «Non possiamo cioè attribuirgli una realtà se questa penda al filo di un’altra, nel senso che un’altra possa distruggerla, se può perdere la sua forma e virtù, se è dominata, se dipende»42. Ciò che è reale si qualifica quindi come

indipendente da qualcosa che possa distruggerlo, ovvero che possa modificarne ed alterarne il suo stato. La dipendenza di una realtà da un’altra deve scaturire «da una opzione originaria ed autocondizionata»43 che qualificherà il carattere di realtà proprio dell’ente.

I concetti di indipendenza e di dipendenza risultano fondamentali per comprendere il significato di realtà proprio del pensiero di Claudi. Secondo il pensatore marchigiano infatti un ente può essere conosciuto solo in base al suo livello di dipendenza: «Un oggetto fisico che di colpo manifestasse una sua propria autonomia si accrescerebbe alla nostra coscienza di realtà»44.

Un ente, quindi, è tanto più reale quanto più riesce a distinguersi, ad individuarsi rispetto al mondo a cui appartiene. In questo senso «avremmo la conoscenza immediata della realtà come libertà dell’ente rispetto al mondo che lo circonda»45. Questa libertà, prosegue Claudi, viene a qualificarsi

come distacco dal mondo e quindi come autonomia. Un ente pienamente autonomo ha la capacità di originare, di creare e in tal senso risulterà essere più reale rispetto agli individui che dipendono da altro per esistere: «il creatore è per noi più reale di colui che non lo è, l’iniziatore è più reale del “prosecutore”, chi comanda più reale di chi ubbidisce, chi dirige più reale di chi esegue»46. La

realtà dell’ente viene quindi ad identificarsi nella sua autonomia.

37 Ivi. 38 Ivi. 39 Ivi.

40 A riprova di tale affermazione riportiamo quest’esempio: «Intendiamo per ente ciò che si propone alla nostra mente

come dotato della qualifica dell’essere: è» (Ivi). Questo periodo ha subito delle importanti variazioni, infatti il termine “essere” è stato soprascritto dall’autore al termine “realtà”. Tale correzione indica che per Claudi i termini “realtà” ed “essere” abbiano una possibile affinità.

41 Ivi. 42 Ivi. 43 Ivi. 44 Ivi. 45 Ivi. 46 Ivi.

142 Realtà ed entità si identificano nell’autonomia, o libertà, nel senso che un ente è più o meno reale a secondo del grado di libertà o autonomia che gli è proprio, è in questo senso più o meno individuo. Entificare la verità significa farne un individuo creante in luce di verità47.

La verità quindi può essere intesa come produzione, perché viene identificata con un ente autonomo, originario. Entificare la verità quindi equivale a paragonare la verità ad un individuo/ente autonomo che ha una propria capacità creativa. L’«individuo creante in luce di verità»48 quindi è paragonato al Sole, esempio «concreto dell’individuo verità-creante, dell’“ente”

cioè creatore, di verità e di vita»49.

2.2 L’Io

Il percorso compiuto ha analizzato il concetto di verità definendolo come produzione di vita e di valori. Il concetto di verità ha nell’individualità la sua cifra peculiare che trova la sua espressione fondante nel concetto di autonomia o libertà50. Il primo capitolo di Realtà e valore

prosegue precisando che l’individualità si caratterizza essenzialmente come soggettività: «A questo punto l’individuo deve presentarsi come soggetto, o Io, e quindi con tutte le qualifiche che noi siamo abituati ad attribuire al soggetto»51. Il soggetto, inteso come individuo autonomo e

libero – come Io – , si configura come la soluzione a cui Claudi cerca di spingere la sua ricerca intorno alla verità. L’autore sottolinea come questo passaggio dalla verità all’Io desti stupore e possa apparire come una conseguenza logicamente indimostrata: «Dalla “verità creante”, alla “personalità” il salto è così notevole che rischiamo di rimanere increduli»52. Il soggetto viene

descritto non come un’entità filosofica astratta, ma come una realtà che ha i tratti specifici propri delle singole personalità umane, ossia «le infinite peculiarità dei singoli, ciò che costituisce le loro specifiche fisionomie, cioè le singole “personalità»53.

Claudi cerca di precisare il significato dell’entificazione della verità specificando che essa non consiste semplicemente nell’identificazione della verità con un individuo autonomo e libero, in quanto «un individuo vivente cioè cosciente può anche non porsi su un piano di verità»54. Con

entificazione della verità dobbiamo «intendere un individuo il quale intenda, voglia realizzare un

47 Ivi. 48 Ivi. 49 Ivi.

50 Claudi precisa che la realtà dell’entità sta «nella misura della sua autonomia o libertà» (Ivi). 51 Ivi.

52 Ivi. 53 Ivi. 54 Ivi.

143 processo di verità, che è quanto dire cerchi la verità»55. L’individuo che decide di porsi alla ricerca

della verità viene ad essere «un dio che cerca Iddio, e immedesima l’essenza divina di verità creatrice di enti reali, o verità, solo in quanto cerchi veramente Iddio […] lo cerchi cioè come un “dato” reale, il più alto e il più reale dei dati, la Verità Assoluta»56. La verità entificata consiste

quindi in un soggetto che vuole realizzare un processo di verità, che non consiste semplicemente in una conoscenza teorica della verità, ma primariamente nell’immedesimarsi del soggetto con la verità, nell’assimilarsi dell’Io con essa. Il soggetto cercando la verità si manifesta come «essenza divina di verità creatrice di enti reali»57. Tale immedesimazione permette all’uomo di farsi divino,

di trasformarsi in un ente creativo di entità reali58. La trasformazione del soggetto in divinità,

attraverso un processo di immedesimazione e di scoperta dell’attività creativa dell’uomo, è uno dei temi caratteristici che attraversano tutta l’opera del Claudi fin dalle origini della sua produzione59.

La ricerca della verità si caratterizza come basilare per intendere il valore della coscienza e risulta quindi necessario approfondire il suo «valore cardinale»60. Per comprendere ciò, Claudi

cerca di chiarire la dinamica generale della ricerca. La ricerca necessita di un oggetto che verrà a configurarsi come ricercato tramite un atto di problematizzazione, quindi «L’oggetto della ricerca, prima della ricerca, non esiste evidentemente come tale, oggetto di filosofia (ricerca di verità), mentre può esistere come oggetto di altro atteggiamento o atto»61. Il ricercare determina il

ricercato che, però, precisa Claudi, esiste in se stesso. La ricerca quindi è un processo di determinazione dell’oggetto «in virtù di una iniziativa assoluta»62, che non consiste però nella

creazione dell’oggetto. L’essere dell’oggetto, sottolinea Claudi, «è un “in sé” vive per sé, è per sé. Rispetto a colui che sotto tutti i punti di vista l’ignora, rientra nella categoria del noumeno»63.

Nonostante il pensiero di Claudi possa essere stato influenzato da una matrice idealistica, in Realtà

55 Ivi, p. 5. 56 Ivi. 57 Ivi.

58 L’immedesimazione del soggetto con l’attività creatrice propria di Dio deve essere intesa come processo di

individuazione e di emancipazione dell’Io rispetto al mondo. L’Io che ricerca la verità si inserisce in un percorso di emancipazione dal suo stato di dipendenza divenendo così creatore autonomo. Ma, precisa Claudi, ciò non equivale ad una identificazione del soggetto con Dio, perché tra il soggetto e Dio deve sempre essere rispettata una dimensione di trascendenza e di alterità. Il soggetto che afferma di essere Dio perde il suo valore divino ed esce dal suo processo di immedesimazione con la verità. «La consapevolezza di tutto ciò nulla toglie alla “fede” in Dio del consapevole di questo straordinario processo della vita, per quanto esista l’ovvio pericolo del rovesciamento del processo: un individuo che si creda davvero l’Assoluto, e ritenga quindi che ogni atto o pensiero sia parola o atto divino. Poiché in questo caso ha cessato di cercare la verità, si è posto cioè fuori del processo divinizzante e creante della verità nel suo cercarsi» (Ivi).

59 Nella sua tesi di laurea, l’autore tematizzare la possibilità di passare dal concetto metafisico di Dio ad una

concezione divina di umanità attraverso l’analisi della poetica pascoliana.

60 Ivi. 61 Ivi. 62 Ivi. 63 Ivi.

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e valore non troviamo la riconduzione dell’oggetto nell’attività del soggetto. Ma se il soggetto

non crea l’oggetto, quale sarà allora la genesi della conoscenza? La conoscenza infatti non è semplicemente l’attività che il soggetto compie nei confronti dell’oggetto. Il fondamento del processo di ricerca, precisa Claudi, è «un pre-razionale amore di verità, un atto di amore che qualifica e rende reale il processo del pensiero facendone un processo di verità»64. Questo

desiderio caratterizza la conoscenza e l’attività umana in generale, ma si specifica particolarmente per quanto attiene alla ricerca della verità. La ricerca della verità è quindi costituita da un oggetto della ricerca che si fa problema in virtù di un soggetto che desidera ed è intenzionato a conoscere65.

Nelle pagine successive del primo capitolo dell’opera, Claudi cerca di comprendere ed approfondire la natura della conoscenza e i caratteri del rapporto che si instaura tra il soggetto e l’oggetto. Come esposto in precedenza, il suo pensiero non si prefigura come una riconduzione dell’oggetto alla modalità conoscitiva del soggetto. La conoscenza è una dinamica che riguarda solamente il soggetto e si caratterizza come relazione che, problematizzando l’oggetto, ne rivela il suo essere. Il ruolo del soggetto quindi si qualifica come «atto per rivelare a se medesimo un oggetto che vive per se medesimo, indifferente alla curiosità o alla brama di conoscere di chicchessia»66.

L’Io quindi si delinea come il centro dell’attività conoscitiva e un suo approfondimento equivale a chiarire la natura stessa della conoscenza. «Questo è un punto fondamentale ed un passaggio cruciale»67. Se la conoscenza si configura come pura rivelazione, allora il soggetto sarà

«un qualche cosa da cui si sprigiona una luce che “rivela” l’oggetto»68. Tematizzato il problema

della verità, che trova il suo centro nella dinamica conoscitiva propria del soggetto, Claudi cerca di analizzare i tratti del soggetto mostrandone la sua peculiarità ontologica. Possiamo notare come le ricerche intorno al problema della verità, trovino il loro centro nella problematica dell’Io. Infatti se ricercare la verità significa conoscerla e se la conoscenza riguarda solamente il soggetto inteso come «luce che “rivela” l’oggetto»69, allora la problematica della verità trova il suo fulcro nella

natura del soggetto. Realtà e valore è concepito da Claudi come un tentativo di ricondurre la natura della verità all’essere del soggetto, cercando così di chiarire ed esplicitare i caratteri specifici dell’Io.

2.3. L’autocoscienza

64 Ivi.

65 L’iniziativa assoluta intesa come un amore che precede e innesca la conoscenza, ha dei possibili richiami alla

concezione di amore platonico, ossia come forza che sostiene l’Io nella sua attività conoscitiva e creativa.

66 Ivi, p. 6. 67 Ivi. 68 Ivi. 69 Ivi.

145 Considerata la centralità dell’Io nel processo veritativo, sarà necessario comprendere quale sia la sua modalità conoscitiva così da poterne spiegare la sua natura. Infatti, se l’attività di ricerca scaturisce dal soggetto, egli non può ricadere nella dinamica conoscitiva che attiene all’oggetto. Claudi vuole affermare con risolutezza che il soggetto non può essere conosciuto come oggetto, perché radicalmente differente e una sua conoscenza in senso oggettivo equivarrebbe ad una sua riduzione70.

Nell’atto in cui penso il soggetto, questo non è più soggetto perché si qualifica sul piano dell’oggetto. Non si può parlare del soggetto in terza persona. Dell’io non si può dire è, ma unicamente sono71.

In questo passaggio si prefigura la dimensione di unicità ed originalità propria dell’Io che si manifesta inizialmente in un preciso atto conoscitivo. L’Io deve conoscersi tramite una propria modalità, poiché si predica ontologicamente differente rispetto all’oggetto. Tale dimensione di unicità viene definita da Claudi come autocoscienza e consapevolezza.

La conoscenza del soggetto, comunque, sembrerebbe essere definita proprio nei termini da noi usati: autocoscienza o consapevolezza. Che rappresentano, a dire il vero due diverse sfumature dello stesso significato. Il primo è categorico e filosofico: significa l’appercezione del soggetto nella sua purezza, il secondo del soggetto nella pienezza del suo agire ed operare: comporta la “responsabilità” ed introduce nell’ordine dei valori morali. Ma non è questo che ci interessa ora, per quanto la differenza suggeritaci dall’uso indiscriminato dei due termini possa far pensare ad una reale distinzione di momenti in un processo spirituale che trovi la sua piena conclusione nell’affermazione solenne della personalità umana come concretezza creante di “valori”. Di tutto ciò dovremo parlare a lungo in seguito. Ora interessa il fatto che questi due termini indicano comunque un modo di essere non acquisibile altrimenti, sul piano logico verbale, che per la suggestione rivelatrice del contenuto ideale di essi72.

Qual è la differenza tra la conoscenza del soggetto e quella dell’oggetto? A quale implicazione conduce la conoscenza del soggetto intesa come autocoscienza o consapevolezza? L’autocoscienza si qualifica per Claudi come un’affermazione del potere del soggetto nei confronti dell’oggetto. Il soggetto esiste come scoperta della propria capacità di operare, di essere, di disporre di sé nel rapporto con gli oggetti. «L’autocoscienza infatti non è una conoscenza, ma

70 Se il soggetto non può essere considerato come termine della conoscenza, allora esso «non può essere termine di

ricerca di verità» (Ivi, p. 7). La verità in questo passaggio deve essere intesa come il sapere che riguarda la natura degli enti oggettivi e il sapere che attiene chi ha la facoltà di illuminare la natura dell’oggetto.

71 Ivi, p. 6. 72 Ivi, p. 9.

146 un’affermazione. Precisamente un’affermazione cosciente dell’oggetto»73. L’autocoscienza si

delinea quindi come la scoperta di Sé come potere-di, capacità-di che si manifesta «nell’atto del soggetto, che è di porre l’oggetto»74.

Claudi precisa però che tale capacità del soggetto non dipende dalla presenza dell’oggetto perché la potenza dell’Io precede l’oggetto e prescinde dalla sua presenza. Questa puntualizzazione viene introdotta da Claudi in una critica all’attualismo gentiliano secondo cui il soggetto scopre se stesso ponendo l’oggetto. Secondo la filosofia di Gentile, afferma Claudi, «Io saprei di esistere solo quando, posto l’oggetto, mi sentissi distinto ed opposto ad esso: di modo che la mia coscienza di essere dipenderebbe dalla preventiva esistenza dell’oggetto»75.

L’autocoscienza quindi si configura come autoaffermazione originaria della sua potenza che trascende la presenza dell’oggetto76. L’individuo pienamente autocosciente si esprime come

creatore e determinatore, possiede cioè «la coscienza di essere e potere»77.

L’autocoscienza quindi si configura sia come la modalità conoscitiva propria dell’Io, sia come il modo di essere proprio del soggetto. Ma se tale consapevolezza accompagna tutti gli atti dell’Io, ciò però non equivale ad affermare che la sua gradazione è identica in tutti i soggetti: «Il “soggetto” è identico in ciascuno, ma la capacità di sapersi soggetto, no. In alcuni si può avverare la consapevolezza ad un certo momento della vita, in altri può essere quasi come coscienza prenatale, altri “cercando la verità” si imbattono inavvedutamente in essa»78. Quest’ultimo

passaggio mostra come per Claudi la piena consapevolezza del soggetto dipenda dal suo rapporto con la verità. Infatti il soggetto scopre la sua piena capacità di produrre solo nel rapporto con la verità che, nei primi passaggi dell’opera, è stata definita come ciò che «instaura qualcosa di duraturo, o rispondente a un ideale creativo di vita o di valori»79. Possiamo notare come attraverso

la scoperta dell’autocoscienza, Claudi riesca a chiarire ed approfondire la sua definizione di verità come creazione vitale e duratura.

Come abbiamo accennato, l’autocoscienza non definisce l’Io come un soggetto già compiuto, bensì come un’affermazione del suo potere. La percezione che l’Io ha di se stesso conferisce al soggetto la coscienza della sua identità come potere-di, «ma non ancora quella conoscenza così piena e concreta che sia vero e proprio “possesso” di sé, o meglio, identificazione di sé con sé. È un avvio, un’indicazione, non altro»80. L’Io autocosciente quindi non si configura

73 Ivi. 74 Ivi. 75 Ivi.

76 Precisa Claudi: «È chiaro che l’Io sono potrebbe essere l’autoaffermazione divina ante rem, prima della creazione,

e non è a dire con questo che si personifica Iddio – come tutto il resto è chiaro» (Ivi, pp. 11-12).

77 Ivi, p. 8. 78 Ivi, p. 9. 79 Ivi, p. 1. 80 Ivi, p. 10.

147 come un soggetto definito e pienamente sviluppato, ma come spinta all’affermazione per sapersi potenza e capacità di essere.

L’autocoscienza, oltre a essere la conoscenza che il soggetto ha di sé, permette a Claudi di raggiungere un nuovo piano filosofico rappresentato dalla dimensione dei valori: la consapevolezza del soggetto, infatti, «comporta la “responsabilità” ed introduce nell’ordine dei valori morali»81; l’Io autocosciente-creativo si configura come «un valore di fronte ad un fatto che

è l’oggetto»82. Il significato dei valori viene trattato ampiamente da Claudi nel capitolo successivo

e designa uno dei temi caratteristi del suo pensiero, perché, attraverso la natura dei valori, Claudi cercherà di trasmutare il concetto di Dio nella divinità dell’Io. In questa parte dell’opera l’autore si limita a mostrare come all’autocoscienza appartenga come propria la responsabilità morale, che si configura come dimensione creatrice di valori e nucleo centrale della soggettività.

Il primo capitolo si chiude mostrando come la conoscenza e l’essere proprio del soggetto, abbiano delle implicazioni di natura intersoggettiva. Dopo che l’Io si è riconosciuto come soggetto autonomo e creante valori, come potrà rispettare i caratteri originari propri di un altro Io? Infatti si domanda Claudi: «Il mio amico Tizio, da me conoscibile unicamente come oggetto, è o non è soggetto?»83. Da quanto esposto risulta evidente che il soggetto non può essere conosciuto se

vuole essere considerato come individuo autocosciente e creante, poiché conoscere l’Io equivale a determinarne i suoi caratteri fisici: «Il mio amico Tizio sarà stato conosciuto a fondo, ma precisamente sul piano della materia-oggetto e materia si saranno identificati. Il “soggetto” non