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ANALISI E COMMENTO DI REALTÀ E VALORE

7. Una nuova morale e una nuova politica

Una società che si ponga al servizio della responsabilità dell’uomo e ne garantisca il suo sviluppo viene tematizzata da Claudi nell’ultima parte dell’opera. In questo capitolo vengono tracciate le necessarie conseguenze e le linee attuative per un mondo volto alla creazione di un soggetto pienamente consapevole di sé e della sua divinità. La proposta dell’autore non si caratterizza come una semplice visione utopistica del mondo, poiché molto degli avveniristici sviluppi vengono tratti dai repentini stravolgimenti che hanno caratterizzato la fine degli anni Quaranta e l’inizio del decennio successivo.

Il primo grande cambiamento viene ravvisato da Claudi nella fine del dominio coloniale inglese in India avvenuta nel marzo del 1947. Tale evento viene interpretato come l’emerge e il riconoscimento da parte della comunità internazionale della mentalità e della spiritualità orientale. Un’affermazione che viene confermata anche dalla rivoluzione maoista in Cina a cui seguono i relativi scontri con gli eserciti occidentali.

Questi fatti non vengono interpretati solamente come fenomeni di emancipazione dal dominio coloniale perpetrato per secoli dalle potenze occidentali. La propensione per un’interpretazione filosofica e spirituale delle trasformazioni storiche, spinge l’autore a considerare questi fatti come il segnale dell’apprestarsi di una nuova civiltà:

È questo il tempo in cui le grandi civiltà, voglio dire le civiltà base, riaffiorano e si distinguono nelle loro strutture e linee fondamentali, nelle quali non è difficile scorgere, sotto la diversità delle forme storiche, la sostanziale identità. Il Pitagorismo riaffiora con una nuova concezione solare della vita: l’America ci dà con gli Stati Uniti una società che ha tutta l’aria di essere una reviviscenza di quella romana, la Russia inverte un principio – la responsabilità sociale – ma tuttavia lo pone. Da ogni lato e per mille segni sembra ormai chiaro che l’uomo ritorna nella sua totalità a far corpo con l’universo1.

Emerge così una società mondiale caratterizza da una spiritualità pagana in cui la concezione della vita e dell’esistenza umana non viene interpretata attraverso il richiamo ad una oscura trascendenza. La fine della Seconda guerra mondiale segna l’inizio di un mondo organizzato oltre i canoni della sorpassata civiltà cristiana, fondata sulla credenza di un “oltre” che soverchia l’individuo rendendolo inabile alla creazione. L’uomo, richiamato così all’immanenza della sua esistenza, si appresta a scoprire un nuovo significato di libertà che nasce dalla coscienza di una rinnovata e totale responsabilità nei confronti di se stesso, degli individui e del mondo. La libertà viene ad identificarsi con il «senso antico della “libertas” alla quale il

190 cittadino veniva educato come a una serie di diritti ma anche come a un insieme di doveri verso gli uomini e gli dei»2. L’esercizio della libertà si configura quindi come la conquista della propria

identità compiuta però all’interno di legami e di strutture precise. L’esercizio della libertà si annuncia possibile solo all’interno di una societas. L’azione si costituisce così come una risposta a valori e ordini che l’individuo deve sempre considerare e riconoscere se vuole scoprirsi veramente libero.

Gli Stati Uniti rappresentano la prima compagine statale fondata sul legame tra responsabilità ed esercizio di libertà. Ciò è esemplificato da un «rifiuto del “verginalismo” cristiano»3 e da una «riassunzione al piano dello spirito del sesso e dell’amore sessuale»4 oltre il

controllo di autorità precostituite come la Chiesa oppure lo Stato. Manifestazione peculiare di questo fenomeno è la diffusione nel continente europeo di «mille opuscoli e periodici di problemi del genere»5 che evidenziano il sorgere di una nuova coscienza nei confronti della sfera sessuale.

Al diffondersi di questa nuova rivoluzione dei costumi sessuali, si profila un mutamento nell’organizzazione sociale, rappresentata dal sorgere e dalla diffusione dei partiti politici che corrisponde ad una «ricostruzione delle “caste” antiche nelle classi moderne»6. In questo “nuovo

mondo” le varie parti della società civile si agglomerano intorno a valori e ideali condivisi:

I lavoratori trovano nei partiti di sinistra la loro unità e i loro simboli, mercanti e industriali nei partiti di centro, i “politici” in modo diverso formano essi stessi una casta, e infine la classe dei “colti” che sostituisce o assimila quella sacerdotale in una assunzione di consapevolezza sempre più chiara7.

L’Inghilterra incarna secondo l’autore il modello statale più alto e realizzato in quanto avulso dalla concezione ebraico-cristiana della vita. Lo stato inglese si struttura già da secoli organizzato secondo partiti, e quindi caste, che raccolgono le varie anime costitutive della società. Tale organizzazione della società «è d’altra parte la più radicale riforma nel senso di una concreta aderenza alle leggi della vita»8. La Gran Bretagna si fonda quindi su una concezione della vita e

della responsabilità dell’uomo che esclude essenzialmente qualsiasi rimando alla trascendenza come spiegazione dell’attività umana.

La portata della nuova responsabilità annunciata da Claudi, manifesta la sua radicalità nell’imminente possibilità di un olocausto nucleare. L’uomo sperimenta in questa eventualità la

2 Ivi, p. 62. 3 Ivi. 4 Ivi. 5 Ivi. 6 Ivi. 7 Ivi, pp. 62-63. 8 Ivi, p. 63.

191 portata estrema della sua potenza e della sua volontà di dominare la materia coltivata a partire dall’interpretazione baconiana della scienza. Il filosofo è chiamato a indagare le cause di questi stravolgimenti, richiamando l’uomo alla consapevolezza che «la forza trova il suo limite nella coscienza morale: se esorbita si rovescia su chi la possiede e lo distrugge»9.

La “legge della circolarità della vita” struttura nuovi e fecondi rapporti tra gli individui, modificando così le tradizionali relazioni economiche, politiche e sociale impostate secondo una logica soverchiante e dominativa. Infatti, afferma Claudi, «Lo sfruttamento è “metafisicamente” autosfruttamento, e ritorna nel tempo e nella storia come tale. Il capitalismo “sfruttatore” genera la forza che lo distrugge»10. L’atto compiuto segue l’individuo, lo costituisce determinandone così

la sua esistenza e la sua apertura al mondo. In una visione circolare della vita, l’usurpazione perpetrata nei confronti dell’altro deve essere interpretata sempre come un abuso attuato nei confronti di sé. Secondo questa logica, la donazione che l’individuo compie nei confronti del prossimo si costituisce sempre come elargizione di sé a sé stesso. E lo stesso vale per il riconoscimento che l’individuo attua nei confronti dell’umanità altrui: esso è sempre l’ammissione della propria divina umanità. In questa logica allora Claudi può necessariamente dichiarare:

L’unica soluzione possibile è porre la propria attività in atteggiamento “donante” tenendo ben presente che non può “donare” se non colui che ha, e cioè colui che “è”: atto libero, originario dell’individuo, atto di amore dell’uomo autonomo verso la società, dalla quale, per corrispettivo, come nei veri atti di amore, deve trovare la corrispondenza e il riconoscimento11.

La “legge della circolarità della vita” rende così i fenomeni sociali e politici espressione della tensione dell’individuo che vuole costituirsi come un soggetto divino ed eterno. L’organizzazione della società deve quindi garantire agli individui il riconoscimento e il conseguimento della propria dignità, obiettivo che sintetizza il nodo principale della riflessione dell’autore marchigiano.

Non è la produzione quella che conta, o il rispetto delle leggi economiche, o anche la collettività […] ma la dignità concretamente riconosciuta degli individui i quali vanno rispettati uno per uno e per se stessi e non come masse o collettività12.

9 Ivi, p. 63. 10 Ivi, p. 64. 11 Ivi. 12 Ivi.

192 I valori tematizzati e analizzati a più riprese in Realtà e valore sono quindi gli individui concretamente ed esistenzialmente concepiti. La trascendenza infatti implica «sempre il sacrificio. Il “valore” trasferito al di là degli individui annienta sempre gli individui. Ma sono gli individui i concreti valori. È l’Io il valore che trascende ma insieme è in rapporto concreto-vitale-con l’oggetto»13. L’eliminazione della sottomissione alla trascendenza – intesa nei diversi significati

teologici, razzisti, economici e politici – si attesta per l’autore come un compito di onestà filosofica, giacché garantisce il rispetto integrale dell’uomo e la sua totale realizzazione.

L’opera di Claudi si configura quindi come un accorato appello al valore dell’uomo identificato nella sua responsabilità integrale, un invito ad amare «il divino che si scopre e si realizza in ogni espressione della vita, che è del resto la semplice lezione di quelle antiche “civiltà classiche”, alle quali l’umanità dovrà pur ritornare se vuole ancora sopravvivere»14.

13 Ivi. 14 Ivi, p. 65.

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REALTÀ E VALORE

Il testo C. car. 8.1 è contenuto in un quaderno manoscritto di 67 pagine numerate, scritte in recto verso. Il quaderno è di colore grigio, di dimensioni 31×20 datato 29 ottobre 1949 - Roma 30 giugno 1951. Il testo si compone di sei capitoli e di un indice analitico. L’introduzione è stata redatta su un foglio sciolto presente nel quaderno. In questa trascrizione il titolo viene riportato in quest’ordine Riflessione intorno alla filosofia. (Realtà e valore). La redazione del saggio è avvenuta con l’utilizzo di penne di differenti colori che sono specificate in apparato. Non sono state inserite le varianti presenti nei tre dattiloscritti in quanto è incerta la loro autenticità. Il dattiloscritto è stato trascritto in digitale dal fratello Vittorio e salvato su due floppy disk.

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Riflessione intorno alla filosofia

(Realtà e valore)

1

Accade talvolta, almeno una volta nella vita, di domandarsi che cosa sia la verità; la quale domanda lascia in ogni caso profondamente perplessi, come se costituisse, così formulata, un raggiungimento inatteso, un culmine e insieme una luce nella fitta problematica che la vita e il pensiero impongono all’uomo ad ogni passo della sua complicata esistenza2. È che veramente

questa domanda costituisce una specie di battesimo dello spirito, e per essa si entra o si rientra in una sorte di dimensione non umana dove la regola del giudizio e il criterio del comportamento esigono di commisurarsi a una norma che vuole definirsi assoluta3. Poiché in tale nuda

formulazione si pone evidentemente fuori del qualsiasi ordine relativo e richiama nella sua maniera misteriosa il suo straordinario equivalente che ora è Dio4.

Da questo punto di vista il problema è indubbiamente di carattere religioso, e risponde psicologicamente a temperamenti mistici5. Il “laico” si domanda qual è la verità, non che cosa è

la verità6. L’uomo si pone problemi concreti, non il problema dei problemi, il problema

dell’essenza, la fonte, il divino, o la vita. Lascia questi alle preghiere dei filosofi assetati di Dio, che in ogni evento dell’esistenza cercano la mano di Lui.

1 L’introduzione è scritta con penna nera su un foglio piegato ed inserito nel quaderno. Il titolo si presenta in questo

formato: Riflessione intorno alla filosofia / (Realtà e valore). Nel primo foglio troviamo riportata la data 29 10 1949.

2 in ogni caso] soprascr. a a dire il vero; profondamente perplessi,] sottoscr. a con penna blu scuro perplessità e

inquietudine da una profonda perplessità; costituisse] preceduta da ***; raggiungimento] preceduta da specie di; inatteso] ins. sup.; culmine] segue inaudito; insieme una] segue pausa di; ad ogni passo] da in ogni attimo corretta

con penna blu chiaro; complicata] ins. sup. segue movimentata

3 costituisce] ins. sup. con penna blu scuro; che vuole definirsi assoluta] testo con penna blu scuro da che vuole

essere assoluta soprascr. a assoluta come è assoluta la matematica.

4 relativo] segue e propone in maniera abbastanza misteriosa equivalente: che cosa è Dio. da e richiama il senso del

suo straordinario equivalente: che cosa è Dio da e propone l’esigenza[?] del suo straordinario equivalente: che cosa è Dio.

5 psicologicamente a] segue una ricerca; mistici] preceduta da *** 6 Il “laico”] soprascr. a L’uomo

195 1

RIFLESSIONE INTORNOALLA FILOSOFIA

1

(Realtà e Valore)2

Capitolo

I

La ricerca della verità inizia l’alba della coscienza ed in essa consiste, sostanzialmente, l’attività filosofica. Ricerca di verità, in generale, che poté essere, come sembra dai miti e dalle teogonie, il tentativo di spiegarsi nella maniera più plausibile fenomeni ed avvenimenti terrificanti – quelli che mettono in forse la vita dell’uomo, giacché rientrando il resto nella normalità si appiattivano nell’indifferente della consuetudine –, e che si differenziò mano mano per lo specializzarsi medesimo dell’uomo in certe attività fondamentali – i mestieri, i lavori, ecc. – enucleandosi infine come astrazione unica e universale, verità dea dei filosofi e scopo ultimo della filosofia3. Allo

stato attuale delle cose, cioè alla forma di coscienza a noi propria, la verità ha un senso divino, e dire verità assoluta, richiama, sia che si neghi, sia che si ammetta, il termine Dio come tutto ciò a cui si applica la qualifica di assoluto – bene assoluto, bello assoluto, male assoluto (anti-Dio), legge assoluta –4. Di modo che cercare la verità, oggi, è proprio di una filosofia a carattere

religioso, mistico in ogni caso, poiché l’assoluto, comunque perseguito ed identificato – Spirito o Materia, Realtà o Nulla, Storia o Idea ecc. – tiene sempre il luogo, quando non sia riconosciuto come tale, dell’antico o eterno Iddio, magico misterioso Iddio il cui termine evoca a tutt’oggi i sensi più alti e più sacri che all’uomo sia dato di suscitare5.

Ma la precisa domanda: che cos’è la verità, è, nella luce stessa della filosofia, una domanda singolare. È chiaro infatti che in linea assoluta la ricerca della verità deve volgere su un oggetto: l’arte per es6. Mi domando in questo caso la verità sull’arte. Chiedersi che cos’è l’arte equivale al

tentativo di identificare la verità dell’arte, e la definizione concettuale dell’arte appaga appunto questo sforzo7. La filosofia tende a tradurre gli oggetti della ricerca in concetti in quanto enti di

verità8. La “verità” dunque dovrebbe essere un concetto dei concetti, l’universale degli universali9.

1 Riflessione] da Riflessioni corretta con penna blu chiaro

2 Il titolo viene scritto tre volte sul lato destro del foglio con tre penne differenti. Una di queste penne corrisponde a

quella utilizzata per la correzione di Riflessione

3 dei filosofi] dei soprascr. a della

4 forma] preceduta da nostra; Dio come] come soprascr. a come; qualifica di] di ins. sup. 5 dell’antico] soprascr. a veggio; Iddio] segue ***

6 in linea assoluta la] soprascr. a la; ricerca] segue *** stessa 7 dell'arte] segue ***

8 tende] preceduta da insomma; concetti] segue *** 9 dunque] soprascr. a allora

196 Fino a che punto una simile esigenza è fondata sulla ragione10? Fino a che punto insomma non

entriamo nel campo della teologia, o per meglio dire, non aspiriamo alla teologia?

In realtà la domanda “che cos’è la verità” può sottintendere una diversa formulazione, che è all’incirca questa: quali sono i caratteri della verità, svolgibile in altra più semplice: quando un’idea, un’opera, un atto possono dirsi veri oppure no11. Ora tutte le risposte che si possono dare

a quest’ultima formulazione della domanda non ci dicono però che cos’è la verità, anzi ripropongono la prima domanda12. //

2

Posso all’incirca chiarire in questo modo: un’idea è vera quando la rappresentazione mentale che la costituisce risponde ad una realtà obbiettiva (coincidetia rei et intellectus: meglio, corrispondenza fra pensiero ed essere)13.

Un atto è vero quando instaura qualcosa di duraturo, o rispondente a un ideale creativo di vita o di valori14.

Un’opera d’arte è vera quando ci si presenta unicamente come arte, cioè quando se ne possa escludere una diversa originaria funzionalità (tautologica). Ogni definizione a carattere di verità ha però come termine comune un effetto psicologico individuale che può dirsi certezza, di modo che la ricerca della verità è individualmente la ricerca di una certezza o della certezza15. La Verità

dunque psicologicamente sarebbe la Certezza16. Ma ognuna di queste definizioni dà certezze

singole, non dà la certezza17.

Da ciò dovremmo arguire che una certa condizione spirituale è l’indice della presenza o acquisizione di una verità, non più di questo, con quanto di improbabile contiene il fatto psicologico, poiché la verità prescinde evidentemente dai suoi effetti particolari, dai risentimenti dei singoli18.

Comunque la domanda che cosa è la verità è elusa dalle definizioni singole su singoli problemi, le quali, nella loro singolarità, ci ripropongono piuttosto questa stessa domanda19.

Possiamo anche dire sui caratteri della verità: la verità non ha tempo, è valida per sé, è buona, è

10 Fino] preceduta da Ma; punto] segue è possibile 11 può] soprascr. a può di; quando] -n- soprascr. 12 non ci dicono però] soprascr. a *** teologia[?]

13essere.] preceduta da realtà; -: meglio, corrispondenza fra pensiero ed essere] testo scritto con penna blu scuro 14 duraturo, o] o ins. sup.

15 Ogni] da Ognuno di ques[?]; definizione] segue ha però; ha però] però soprascr. a con penna blu scuro però;

certezza.] segue ma la definizione di per sé stessa prescinde da questo effetto, vuole rimanere valida di per se stessa, al di là dell’individuo e della sua stessa attingibilità.

16 La] preceduta da Comunque, 17 Ma] ins. sup. con penna blu scuro

18 spirituale è] segue il; della] da di una verità od; di una verità,] preceduta da della verità; da risentimenti] preceduta

da dagli

19 singolarità] segue per la loro singolarità; domanda.] segue Siamo scesi dunque. Dal piano del molteplice. Risaliamo

197 creatrice, non mente (è vera), è attiva: simbolicamente, amore volontà intelletto20.

Ma ancora questi caratteri non ci dicono che cosa è la verità. Ci avvicinano ad essa, ma essa rimane al di là delle sue manifestazioni. Certo attribuendo ad essa questi caratteri noi pronunceremmo naturalmente la parola Dio, ma anche così abbiamo segnato la fine della ricerca, poiché Dio come è l’infinito accostabile è anche l’infinito inattingibile21. Ho detto possiamo dire.

Perché a questo punto l’uomo potrebbe avvertire: la verità è dolorosa, triste, spietata, improbabile22. Ma rimane al fondo di questi caratteri l’inattingibilità. Un’inclinazione originaria

fa attribuire ad essa i caratteri divini o diabolici a seconda degli individui.

A questo punto la ricerca può volgere diversamente23.

La verità intanto non mente. Non è la menzogna. Produce perciò entità reali. È quindi creatrice. La menzogna non produce entità reali, non produce nulla, o meglio produce illusioni. Dunque se un atto vero è creativo di entità reali, un atto che non crei entità reali, o le distrugga, è falso, illusorio. Se io uccido un uomo ho dunque veramente portato al nulla un uomo? Il mio atto distruttore è apparentemente reale, cioè apportatore di una realtà, ma in assoluto inesistente. L’uomo perciò non dovrebbe essere stato toccato dal mio atto che, falso, non dovrebbe aver prodotto nulla. Da ciò //

3

è inevitabile dedurre che tutto ciò che coopera alla distruzione è falso agire, irreale pensare, illusorio organizzare. Infatti è essenzialmente facile, come tutto ciò che illusorio. Mentre esiste un’apparente distruzione, che è invece la distruzione della distruzione, o del falso o illusorio. In questo caso la forza è reale, e l’atto di forza lo stesso atto della verità, che dissolvendo l’illusione produce la realtà24.

Con ciò dobbiamo ammettere un doppio principio: l’essere che produce l’essere, e il non essere che produce il non essere. Ma come si faccia a distinguere l’essere dal non essere, come principio e come realizzazione non è possibile stabilire. Possiamo dire tuttavia che un’opera d’arte “resiste”, e viceversa25. E come l’opera d’arte il resto. Dobbiamo dire che tutto ciò che non resiste non

“esiste”? La sua esistenza in realtà manca del sigillo dell’eterno, è portata nel circolo della vita senza questa qualifica particolare. La vita la dissolve e la dimentica, la vita che è senza pietà. Quello che si dice il “giudizio della storia” risulta essere la pietra di paragone. In realtà è sempre

20 anche] ins. sup. con penna blu chiaro; sui caratteri della verità] ins. sup. con penna blu chiaro

21 anche così] soprascr. a ciò dicendo; abbiamo] segue anche; come è] soprascr. a è anche; anche l’infinito] anche

ins. sup.

22 avvertire] soprascr. a con penna blu chiaro anche dire: diversamente; spietata] preceduta da *** 23 può] segue dunque

24 l'illusione] da la illusone

198 quella “verità” che producendo entità e in questo caso valutazioni reali, ripropone la luce sulla tenebra, il che significa che non è affatto necessario che il tempo passi perché questo si verifichi26.

Può esservi, e non è assolutamente contro ragione pensarlo, l’uomo così immedesimato nella verità, così “calato nell’eterno”, così distaccato e fuori del groviglio della moda, da distinguere e da creare secondo la natura propria della verità27. Poiché il criterio della verità non è nient’altro