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EPEO E FILOTTETE E LE FREQUENTAZIONI DI ETA’ MICENEA

L’EROE E LE FONDAZIONI GRECHE D’OCCIDENTE

4.1 EPEO E FILOTTETE E LE FREQUENTAZIONI DI ETA’ MICENEA

Nell’esaminare i casi presenti in Magna Grecia e Sicilia, in cui sono testimoniati dei culti perpetrati in onore degli eroi, che trovano una conferma sia dalle fonti letterarie, sia dalle evidenze archeologiche ed epigrafiche, comincio l’excursus presentando i dati relativi a due figure mitiche le cui gesta si fissano in un periodo storico di poco precedente alle fondazioni greche in Magna Grecia e Sicilia. Entrambi gli eroi sono connessi nel mito alle vicende della guerra troiana e le loro vicende si intersecano con quelle proprie delle colonie occidentali. Si tratta di insediamenti che nell’età storica presa in esame non costituiscono delle vere e proprie colonie, ma sono ascrivibili a un periodo precedente, caratterizzato da frequentazioni di popoli micenei. Non sono presenti evidenze archeologiche che possano rendere conto in maniera certa dei culti praticati in onore degli eroi suddetti, ma tramite il ricorso alle fonti è possibile definirne un profilo generale, che può contribuire a gettare luce su alcuni contesti nelle immediate vicinanze dei

siti che si dice che essi abbiano fondato.176 I miti che sono pertinenti a età micenea

sono difficilmente comprensibili perché non sono definiti chiaramente; nella fase mitopoietica accade spesso che vicende diverse accrescano gradatamente il mito fino a rendere la versione finale nettamente differente da quella iniziale. Nei due casi esaminati, ovvero del culto attribuito alle figure di Epeo e Filottete, si terrà conto del tentativo di giustificare la presenza greca in Italia fin da epoca remota, periodo che si riflette in parte nella narrazione mitica della guerra di Troia, i cui eroi sono garanzia di validità per i territori in cui è chiara l’influenza greca, la quale si concretizza in modi e tempi differenti. Sia Epeo, sia Filottete elaborano degli espedienti che si rivelano determinanti per la riuscita del conflitto: nel caso di Epeo, egli si avvale di alcuni strumenti che usa per la costruzione del cavallo di Troia, per Filottete il ricorso all’arco e le frecce di Eracle risulta necessario all’uccisione di Paride. Si tratta dunque di eroi il cui ruolo è sancito dall’impiego di strumenti, il cui possesso consente di determinare un valore aggiunto alle aree sacre in cui si suppone che siano stati venerati, in quanto emblemi che confermano la presenza dell’eroe. Epeo e Filottete, nelle versioni riportate dalla

176 Cfr. LACROIX 1965, pp. 20 ss., in cui peraltro si tiene conto del legame degli eroi con divinità

61 tradizione, si servono degli strumenti per “costruire” una storia del popolo greco in Occidente, nei luoghi che si dice abbiano fondato o nei quali collocarono i semata della loro impresa.

Epeo figlio di Panopeo, compagno di Nestore, era originario della Focide. A lui nel mito si attribuisce la costruzione del cavallo di Troia, espediente escogitato da Odisseo per riuscire a penetrare le altrimenti inaccessibili fortificazioni. Egli assume nel mito il ruolo di eroe funzionale alla colonizzazione greca in Occidente. Si tratta di un eroe epico la cui caratteristica peculiare non è la prestanza fisica o l’astuzia, bensì l’abilità tecnica, anch’essa ritenuta importante e celebrata al punto da utilizzare gli strumenti da lui impiegati come semata della sua presenza presso un tempio localizzato intorno alla città di Metaponto o presso Lagaria. Inoltre è un eroe che svolge un ruolo secondario nel contingente greco, occupandosi di attività minori come il trasporto dell’acqua. La vicenda mitica che colloca Epeo in Italia è inserita nel contesto dei nostoi che coinvolgono gli eroi partecipanti alla guerra di Troia, a riprova di come l’iniziativa di un eroe possa giustificare la presenza greca in territorio indigeno e favorire l’integrazione con le popolazioni autoctone e/o la loro sottomissione. Stando alla testimonianza di Licofrone, egli è il fondatore di Lagaria:

«ὁ δ᾽ ἱπποτέκτων Λαγαρίας ἐν ἀγκάλαις;»177 «ὃς ἀμφὶ Κῖριν καὶ Κυλιστάνου

γάνος ἔπηλυς οἴκους τῆλε νάσσεται πάτρας, τὰ δ᾽ ἐργαλεῖα, τοῖσι τέτρηνας βρέτας

τεύξει ποτ᾽ ἐγχώροισι μέρμερον βλάβην, καθιερώσει Μυνδίας ἀνακτόροις.»178

In questa città, nel tempio di Atena, a confermare la presenza di un culto svolto in suo onore, depose gli strumenti rappresentativi della sua impresa. Dalla lettura del mito che lega le azioni di Epeo all’ambiente occidentale, emerge in altri riferimenti della letteratura greca, una connessione con Atena, nel cui tempio vennero collocati gli oggetti dell’eroe.

«ἀλλ᾽ ἄγε δὴ μετάβηθι καὶ ἵππου κόσμον ἄεισον δουρατέου, τὸν Ἐπειὸς ἐποίησεν σὺν Ἀθήνῃ».179 177 Licofrone, Alessandra, v. 930. 178 Ibid., vv. 946-950. 179

62 Lo Pseudo Aristotele riferisce invece la notizia che Epeo collocò gli oggetti necessari alla costruzione del cavallo di Troia presso il santuario di Atena Eilènia,

sito nei pressi di Metaponto.180 Lo Pseudo Aristotele riporta l’epiclesi di

“Eilènia”, un termine di cui non si conosce l’origine certa. Nell’Iliade,181

il suo significato è posto in relazione al verbo εἰλεῖσθαι, il che si spiega pensando che

Epeo giunse in Italia per caso, dopo essersi disperso a seguito di una tempesta.182

«La tradizione che fa di Epéios costruttore del cavallo, non più focidese ma Pilio e compagno di Nestore, che ha alle spalle tutto questo elaborato e difficoltoso lavorio, è certo tarda, ma egualmente significativa del fatto che Metaponto poteva

assorbire un eroe Epéios solo utilizzando tradizioni eoliche».183 La stessa notizia,

ovvero che Epeo collocò gli oggetti necessari alla costruzione del cavallo di Troia presso il santuario di Atena Eilènia, sito nei pressi di Metaponto, si apprende dall’Etimologicum Magnum, in cui, per un errore dello scrivente, è sostituito al nome di Epeo quello di Filottete, ma in cui il contesto è chiaramente attribuibile al primo. Per la creazione di un quadro generale sulle vicende di Epeo, ci si avvale

anche di altre fonti: le notizie pervenuteci dai testi di Velleio Patercolo184 e di

Giustino, le quali ci consentono di chiarire la confusione operata dalle fonti tra i due personaggi omonimi: Epeo focidese, figlio di Panopeo ed eroe della guerra di Troia, fondatore di Lagaria, venne sovrapposto ad Epeo, eponimo degli Epei, omerici abitanti dell’Elide e considerato il fondatore di Metaponto. Egli era figlio di Endymion, figlio a sua volta di Aethlios e di Kalykè, quest’ultima figlia di Eolo

ed era responsabile della venuta degli Eoli dalla Tessaglia all’Elide.185 Nella

notizia riferita da Velleio Patercolo, in cui il nome di Epeo sarebbe un’aggiunta degli editori moderni, dunque non attendibile, si attribuisce la fondazione di Metaponto all’iniziativa dell’eroe al seguito di Nestore, che, disperso a seguito di una tempesta, approdò in Italia. Giustino riferisce la notizia che nel tempio di

180

Pseudo Aristotele, Racconti meravigliosi, 108.

181 Om., Iliade II, 294.

182 Questa etimologia non convince Lacroix, il quale ritiene piuttosto che l’attributo debba avere

delle connessioni con l’Atena Ilias, con cui si vorrebbe stabilire un legame, cfr. LACROIX 1965.

183 MELE 1998, p. 78, in cui viene approfondito il legame di Metaponto con le tradizioni eoliche,

che avrò modo di citare anche nel contesto del capitolo destinato alla trattazione degli eroi eponimi della città.

184 Velleio Patercolo, I,1. 185

Cfr. MELE 1998, pp. 77 ss., il quale giustifica la collocazione del culto di Epeo a Metaponto come conseguenza della distruzione di Siris e dello spostamento degli assi di interesse. Epeo figlio di Endymion, è anche l’esponente delle origini locali delle Olimpiadi, dal momento che lui indisse una gara tramite la quale avrebbe assegnò il regno al figlio Epeo, così come narrato da Pausania V, 1, 3.

63 Minerva a Metaponto, città fondata da Epeo, fossero esposti gli strumenti da lui impiegati per la costruzione del cavallo di Troia:

«Metapontini quoque in templo Minervae ferramenta quibus Epeus, a quo conditi sunt, equum troianum fabricavit ostentant».186

Prima della fondazione storica di Metaponto da parte di un gruppo di Achei, Strabone ci informa del fatto che ne fosse stata fondata una da un contingente di

Pilii, compagni di Nestore di ritorno dalla guerra di Troia.187 Strabone però

attribuisce ad Epeo anche la fondazione di Lagaria:

«μετὰ δὲ Θουρίους Λαγαρία φρούριον, Ἐπειοῦ καὶ Φωκέων κτίσμα, ὅθεν καὶ ὁ Λαγαριτανὸς οἶνος, γλυκὺς καὶ ἁπαλὸς καὶ παρὰ τοῖς ἰατροῖς σφόδρα

εὐδοκιμῶν».188

Secondo un’interpretazione critica delle fonti, è stato proposto che sia la leggenda, sia la città di Lagaria, siano presto passate sotto il controllo di Metaponto, determinando un’assimilazione del culto di Epeo secondo un fenomeno ben noto e attestato nel processo di acquisizione dei territori, per cui spesso accadeva che anche i culti venivano adottati a riprova della condivisione, da parte degli

autoctoni, dei caratteri propri del popolo conquistato.189 Ed effettivamente risulta

semplice spiegare la citazione di due luoghi diversi in cui vennero collocate le armi di Epeo: ora a Lagaria, ora a Metaponto, ma in entrambi i casi presso il tempio di Atena.

Per quanto concerne l’ubicazione di Lagaria, essa ha dato adito a numerose discussioni al riguardo. De La Geniére propone di localizzarla nell’area compresa tra Sibari e Siris, nel comune di Amendolara, in cui indagini di tipo archeologico

186 Giustino, XX, 2, 1.

187 In Strabone VI, 1, 15, dall’analisi condotta da Bérard, emerge però un anacronismo, dal

momento che Strabone afferma che il primo insediamento venne distrutto dai Sanniti, popolazione però la cui presenza non è attestata prima dell’VIII sec. a.C.; cfr. BÉRARD 1941, pp. 340 ss, ma anche OSANNA 1992 p. 39, secondo cui la distruzione operata dai Sanniti, considerata come la cesura tra la fondazione da parte di Pilii e la seconda colonizzazione achea, viene interpretata dagli studiosi in due modi differenti: fu causata o da un gruppo di indigeni, cui venne attribuito in maniera imprecisa il nome di Sanniti, oppure è un errore cronologico, dal momento che si intendeva la distruzione successiva, operata dai Lucani tra V e IV sec. a.C.

188 Strabone VI,1,14. 189

64 hanno messo in luce un abitato la cui frequentazione è attestata per un consistente arco di tempo.

Fig. 7 Insediamenti enotri in Calabria (da KLEIBRINK MAASCANT 2003).

Si tratta di nuclei d’abitato dell’età del Bronzo recente e tardo, i quali presentano concentrazioni leggermente differenti l’uno dall’altro. Durante l’età del Ferro, in diversi punti compresi tra la collina di Rione Vecchio di Amendolara e il torrente Straface, sono state rinvenute tracce di insediamenti sparsi databili all’VIII sec. a.C. Solo nel periodo in cui la presenza greca diventa stabile, negli ultimi anni dell’VIII, si rileva la presenza di un abitato vero e proprio nella collina di S. Nicola, cui corrisponde una necropoli strutturata in due parti, identificate nella zona Paladino e Mangosa. In particolare, si è riscontrata nel sito in questione, la presenza di due fasi nella costruzione delle case dell'abitato urbano che riflettono

un’organizzazione dello spazio regolare e uniforme.190

La cesura tra le due fasi è stata collocata nel periodo iniziale del Corinzio recente, tra il 580-570 a.C., ed è determinata dall’adozione di una diversa distribuzione delle abitazioni, che si vanno collocando lungo le rive del torrente Ferro, da un miglioramento delle tecniche di tessitura, ma anche da un generale periodo di trasformazione che può essere causato solo da un evento assai importante. Questo periodo di grandi trasformazioni è visto come una diretta conseguenza della distruzione di Siris.

190 Cfr. DE LA GENIÈRE 1991, pp. 59 ss. in cui si sottolinea che il passaggio dalla fase A alla

fase B è determinata dal rinvenimento di coppe ioniche di tipo B.2, assenti fino ad allora e dall’adozione di una fase di costruzione che implica la realizzazione di abitazioni di più grandi dimensioni, la cui tecnica di costruzione è simile alla precedente.

65 L’evento determinò nell’area della collina di S. Nicola di Amendolara, l’adozione della tipologia abitativa tipicamente attribuita a Sibari, che ha un ruolo attivo nella promozione della stessa. Un’ulteriore testimonianza della presenza greca è data dal ritrovamento di alcuni pesi da telaio in argilla recanti dei nomi greci, di cui uno in particolare è riconducibile al mondo ionio: “Χιω”; dunque si attesta nel sito indigeno la presenza greca che si riflette anche nell’adozione di tecniche di

artigianato greche.191

Fig.8 Pesi da telaio (da DE LA GENIÈRE 1991).

La Kleibrink Maaskant, che si è occupata degli scavi sul Timpone della Motta, ha proposto di identificare Lagaria con Francavilla Marittima, prendendo spunto dalla testimonianza di Strabone che dice che essa si trova tra Turi ed Eraclea e

comparando l’attendibilità della notizia con i dati rilevati sul campo.192 L’opinione

di De La Genière viene rimessa in discussione per molteplici motivi: innanzitutto ad Amendolara non è stato rinvenuto nessun tempio di Atena, alla quale, come spiegherò nel dettaglio in seguito è legata la figura di Epeo. In secondo luogo esclusivamente a Francavilla Marittima può dirsi vi fosse una città fortificata,

191 Cfr. DE LA GENIÈRE 1991 pp. 63 ss. 192

Strabone, VI, 1, 14. Le fonti antiche non risultano essere di particolare aiuto dal momento che forniscono informazioni discordanti. Licofrone, Alessandra, vv. 930, 946 ss. che spingono all’identificazione di Lagaria con Trebisacce; Pseudo Aristotele, Racconti meravigliosi, vv. 108 e Etimologicum Magnum 298.25 che portano alla collocazione di Lagaria tra Siris e Metaponto; cfr. KLEIBRINK MAASKANT 1993, pp. 2 ss.

66 (phrourion la definiva Strabone), così come emerge a seguito del rinvenimento

delle mura urbiche attestate a partire dal VI secolo a.C.193

Nel proseguire con la storia degli studi che hanno interessato la figura di Epeo e il tentativo di contestualizzare la vicenda mitica con i dati presenti sul campo, presento l’ipotesi della Zancani Montuoro, la quale ha supposto di identificare un’area come sede di culto di Epeo. Essa si trova a Francavilla Marittima, nella

necropoli sita in Contrada Macchiabate.194 La situazione topografica si presenta

così come segue: un insediamento enotrio, attestato fin dal Bronzo Medio, era

collocato nella località del Timpone della Motta,195 e si estendeva lungo le pendici

della collina, mentre in posizione intermedia, tra l’acropoli e l’insediamento a

valle, era localizzata l’area a destinazione funeraria. 196

Fig.9 Topografia di Francavilla Marittima e datazione (da BROCATO 2011).

Indagini archeologiche comparative condotte sia nell’area dell’abitato sul Timpone della Motta, sia nella necropoli di Macchiabate, hanno evidenziato una

193 Cfr. KLEIBRINK MAASKANT 2003, pp. 82 ss. La studiosa si rifà ancora una volta a

Strabone laddove egli esalta le qualità del vino di Lagaria: che esso venisse prodotto nella costa dello Ionio, allora perlopiù paludosa e malsana, risulta assai improbabile, dunque l’identificazione di Lagaria con Amendolara non è attendibile.

194 Cfr. ZANCANI MONTUORO 1977.

195 Collina alta 280 m, cfr. KLEIBRINK MAASTANT 1993. 196

67 diminuizione di nascite contestualmente alla fondazione di Sibari. Dunque l’andamento demografico dell’area in questione era influenzato negativamente dalla presenza sempre più consistente di un congruo gruppo di Greci, fonomeno

che rende conto della compenetrazione tra la comunità indigena e quella greca.197

Nella necropoli di Macchiabate, la tipologia delle sepolture indigene, che coprono

un periodo che va dall’età del Ferro fino al VI sec. a.C.,198

è ad inumazione distesa in fossa con copertura a tumulo realizzata con ciottoli fluviali non lavorati e disposti a protezione del defunto. Esse presentano una pianta circolare o ellittica

ed il diametro oscilla tra i 2 ed i 5 m.199 In molti casi si presentano ravvicinate e

talvolta si sovrappongono le une alle altre. Sulla base dei parametri cronologici e spaziali, sono state raggruppate in sette nuclei: l’area del Cerchio Reale, le cui deposizioni vanno dalla fine del IX sec.a.C., in cui si collocano le prime sepolture, alla seconda metà dell’VIII a.C., è quella che ha restituito una serie di tombe di forma circolare, definite al momento del rinvenimento, appunto, “Cerchio

Reale”.200 La prima impressione, confermata poi col procedere degli scavi, è che i

membri di «una famiglia ‘estesa’, formata da famiglie nucleari»201 fossero deposti

in gruppo. All’interno di una struttura di forma circolare collocata al centro del Cerchio Reale, sono stati trovati degli oggetti da lavoro, ed è stata identificata come tomba monumentale, quasi principesca, anche se di fatto non è stata rinvenuta alcuna traccia dell’effettiva deposizione di un defunto. Essa è realizzata con dei massi disposti concentricamente, aventi dimensioni digradanti man mano che si eleva in altezza.

197 Ciononostante il centro indigeno continuò a sussistere in seguito alla fondazione di Sibari a soli

12 km di distanza da esso; cfr. KLEIBRINK MAASKANT 2003, pp. 7 ss.

198 Anche se Quondam, sulla base dell’analisi delle fibule, della ceramica di produzione enotria e

greca ha preferito distinguere due fasi cronologiche: «se una parte delle deposizioni di Macchiabate andrebbe inquadrata in un momento evoluto del IFe2A, gran parte di esse risalirebbe al successivo orizzonte di IFe2B, ovvero ai decenni immediatamente precedenti alla colonizzazione greca.» QUONDAM 2009.

199 Cfr. LEONETTI 2011, pp. 27 ss.

200 Gli altri nuclei sono: “Timparella”, in cui sono state rinvenute 94 tombe, il cui décalage

cronologico va dal IFe2A e il VI sec. a.C.; la “Tomba Strada”, costituita da un gruppo di sepolture risalenti alla prima età del Ferro; “Lettere”, con dieci tombe, nove delle quali sono databili al IFe2B; “Uliveto”, con sedici sepolture che sono databili alcune al IFe2B, alcune al VII sec.a.C. e altre intorno al VI sec. a.C.; “Tomba Cima”, databile al 1Fe2A; cfr. LEONETTI 2011, p. 27.

201

68

Fig.10 Tomba centrale del Cerchio Reale (da KLEIBRINK MAASKANT 2003).

Rinvenuta su un’altura accanto a quattordici tumuli disposti a raggiera, si presenta in posizione eminente rispetto alle altre tombe che sono collocate nelle

vicinanze.202 La situazione stratigrafica si presenta problematica ed il rapporto tra

la tomba monumentale e le sepolture disposte intorno non è molto chiara. Le tombe più antiche si collocano in prossimità del recinto, mentre spostandosi verso

sud e verso sud-ovest, si dispongono quelle via via più recenti.203 La tomba a

cerchio presenta un peribolo che fa ritenere che fosse concepita come un’area sacra, anche se l’assenza di dati, dovuta alla precaria condizione del rinvenimento, non consente di aggiungere ulteriori dettagli. All’interno del recinto, al di sotto del brecciame superficiale, in un’area in cui si presuppone possa esserci stata una manomissione causata da interventi recenti, sono stati rinvenuti degli anelletti di bronzo, nonché pochi frammenti ceramici, pertinenti a tre vasi, tra cui un pithos d’impasto. Essi sono riconducibili ipoteticamente ai corredi funerari delle

202 Cfr. ZANCANI MONTUORO 1977, pp. 98 ss. 203

69 sepolture che subirono degli interventi di tipo distruttivo in epoca successiva. L’intera area è in aggiunta sottoposta da sempre a smottamenti vari, per cui i limiti inferiori dei tumuli risultano essere incerti, poiché molte pietre ad essi pertinenti, col passare del tempo, si sono spostate verso il fondo del pendio. Il resto della struttura, col procedere dell’asportazione dei massi per strati, ha rivelato l’assenza

di un sistema di accesso così come di una volta.204 Al centro era presente una

cavità di 30-40 cm ed avente 15-20 cm di profondità; essa era delimitata da ciottoli e sul fondo, pavimentato rozzamente con scaglie di pietra, erano collocati ordinatamente degli arnesi da lavoro in chiara posizione di deposizione/offerta. Trattasi di un’ascia di ferro, del tipo comunemente adottato per sbozzare

preliminarmente il legno,205 di un pugnale di ferro con attacco eneo

all’impugnatura,206

due anelli massicci in bronzo, uno scalpello in bronzo,207 una

fibula in ferro rivestita con un nastrino di bronzo208 ed un gancetto di lamina

enea.209 La datazione è collocata intorno ai primi anni dell’VIII sec a.C., con

sicura appartenenza a un contesto proprio dell’Età del Ferro. Gli oggetti non possono che essere pertinenti all’attività di lavoro connessa al ruolo di un artigiano, che la Zancani Montuoro ha attribuito alla figura di Epeo. La studiosa è del parere che il tumulo venne innalzato da parte delle prime comunità di coloni, i quali realizzarono questa struttura nella forma di un heroon. In onore del

personaggio in essa venerato, furono disposti i tumuli circostanti.210

Sostanzialmente la studiosa ritiene che la commistione tra il mondo greco e quello

204

Dunque si ha a che fare con una tomba a tumulo, nel caso specifico di una struttura di forma convessa piena.

205 L’ascia attribuita a Epeo ha il manico perpendicolare alla penna, del tipo comunemente