L’EROE E LE FONDAZIONI GRECHE D’OCCIDENTE
4.7 FALANTO E TARAS: EROI DI TARANTO
Le vicende che coinvolgono il mito di fondazione di Taranto restituiscono, a seconda della fonte citata, il nome di due diversi fondatori: Falanto e Taras.
Taranto venne fondata nel 706 a.C., stando alla data che riferisce Girolamo.473 Il
ruolo che Falanto assunse nella fondazione di Taranto è connesso alle vicende che sottendono all’allontanamento di un gruppo di cittadini dalla madrepatria, Sparta, al fine di fondare una colonia in Occidente. Nel periodo precedente alla partenza dei coloni, si verificarono infatti in patria degli scontri di carattere sociale di
portata non indifferente.474 Sulle vicende storiche che portarono alla necessità di
allontanamento di un congruo gruppo di cittadini, si esprime Strabone che riferisce le notizie di Antioco in un brano che lascia non pochi dubbi all’interpretazione del ruolo di Falanto nel contesto politico vissuto negli anni precededenti la spedizione in Occidente. Nel passo viene presentata la situazione all’indomani della guerra in Messenia: i Partenii, nati dall’unione di donne
471 Lettura che è stata fatta da Kluge nel 1909 e dalla Guarducci nel 1965, cfr. GRECO 2009, pp.
13 ss.
472 Cfr. GRECO 2009, p. 17, il quale riconosce come segnali palesi di un diverso atteggiamento di
autoaffermazione civica nella sistemazione urbanistica e nella realizzazione di edifici importanti tra cui è da annoverare anche l’heroon, che proprio in questo contesto “vede la luce”, ma anche l’ekklesiasteron.
473 Girolamo, Chron. ad a. 706.
474 Che accennerò in seguito; per le implicazioni politiche nel dettaglio rimando a MALKIN 2004,
142 spartane con gli uomini che si erano rifiutati di partecipare alla guerra messenica e per questo motivo privati dei diritti politici, tramarono un complotto contro gli Spartani superstiti per vendicarsi di essere stati emarginati dalla vita politica. Questi ultimi, venuto a sapere ciò, inviarono degli emissari che si fingessero interessati alle loro richieste. Tra di essi (τούτων) si dice che ci fosse Falanto. Dunque è presente un pronome dimostrativo, τούτων, ma non è chiaro se sia riferito al gruppo di Partenii dissidenti o al gruppo dei traditori Spartani. È evidente che l’appartenenza all’uno o all’altro gruppo cambia di molto la
caratterizzazione di Falanto come personaggio storico positivo o negativo.475
Molte considerazioni spingono a credere debba annoverarsi tra gli Spartani che scoprirono il complotto e ne impedirono la realizzazione. Corsano ha fornito un’interpretazione dell’intera vicenda come pratica iniziatica cui erano soggetti i Partenii con a capo uno Spartiata. L’indicazione dell’intera vicenda come rito di passaggio, ha come sfondo la cornice rituale delle Iacintie, feste durante le quali il complotto avrebbe dovuto concretizzarsi come un attacco diretto contro gli
Spartani.476 Sventato il tentativo di ribellione, Falanto venne mandato a Delfi per
chiedere quale sarebbe stato l’esito di una possibile fondazione oltremare. La presenza dell’oracolo di Delfi come garanzia di validità dell’impresa, rappresenta
un espediente politico e conferisce sacralità all’impresa di fondazione.477
Dall’indicazione dell’oracolo stesso, derivò la necessità di ordire una vera e propria guerra contro le popolazioni indigene, sconfitte le quali i Greci si impossessarono del loro territorio:
«τὸν δὲ Φάλανθον ἔπεμψαν εἰς θεοῦ περὶ ἀποικίας: ὁ δ᾽ ἔχρησε“ Σατύριόν τοι δῶκα Τάραντά τε πίονα δῆμον οἰκῆσαι, καὶ πῆμα Ἰαπύγεσσι γενέσθαι ” ἧκον οὖν σὺν Φαλάνθῳ οἱ Παρθενίαι, καὶ ἐδέξαντο αὐτοὺς οἵ τε βάρβαροι καὶ οἱ Κρῆτες οἱ προκατασχόντες τὸν τόπον.»478
475 Cfr. MADDOLI 1983, pp. 558 ss. che inserisce Falanto nel gruppo dei cosiddetti traditori,
Spatiata che si finge perfino capo del gruppo dei Partenii. Tale caratterizzazione di Falanto è fatta tenendo conto di alcune scelte linguistiche che si presterebbero meglio a questa versione. Ma anche avvalendosi di alcune evidenze storiche, tra cui il fatto che lui non figura tra i Partenii fuggitivi, ma anzi viene inviato a Delfi a consultare l’oracolo, pratica che è notoriamente riservata a una categoria che detiene pieni diritti politici.
476 Cfr. CORSANO 1979, pp. 113 ss.
477 Cfr. il paragrafo dedicato a Nasso in cui è presente un approfondimento sul tema. 478
143 L’oracolo delfico si presenta in questo caso in termini particolari: intima l’eroe ad essere letteralmente “una piaga” per i barbari e per i Cretesi, dunque ne giustifica, di fatto, l’intervento in armi. In base alla fonte citata, la necessità di fondare una colonia in Italia giustifica l’intervento bellico nell’area occidentale con
l’intenzione di conquistare il territorio.479
L’evento può essere visto come una delle conseguenze della conclusione della guerra condotta contro i Messeni. Sono evidentemente sottese al responso oracolare motivazioni politiche che tengono conto della necessità di allontanare il congruo gruppo di Partenii, i cittadini nati da padri dichiarati appartenenti alla classe degli Iloti, dunque schiavi. I barbari sono facilmente identificabili con gli Iapigi che occupano fin dall’inizio del X secolo a.C. la Puglia, dal Gargano al capo di Santa Maria di Leuca e che sono suddivisi in tre gruppi tribali: i Dauni, i Peucezi e i Messapi. Questi ultimi occupavano il territorio del Salento e contro di essi si scontrarono i primi coloni spartani giunti in Italia per fondare Taranto. Il popolo Cretese, citato da Strabone, che attinge da Antioco, viene così chiamato per la persistenza di alcuni caratteri di tipo egeo, ascrivibili alla commistione tra popoli micenei frequentatori dell’area, (basti pensare alle evidenze archeologiche riscontrate presso lo Scoglio del Tonno) e indigeni del luogo in un periodo antecedente allo stanziamento greco vero e proprio. Tali caratteri sono risontrabili sia su un piano culturale, ma anche mitico
e determinano la loro diretta riconducibilità ad ambito Cretese.480 In Strabone si
legge anche la versione di Eforo che presenta in linee generali la stessa situazione di crisi sociale al ritorno dei cittadini dalla guerra contro i Messeni. La differenza sostanziale sta nel fatto che i Partenii erano nati da unioni non ufficializzate e
dunque per questo non avevano pieni diritti politici.481 Avendo ordito una rivolta
479 Cfr. PARKE, WORMELL 1956, in cui si sottolinea l’eccezionalità dell’oracolo che esprime in
maniera diretta la necessità di intervenire in armi contro gli Iapigi senza un apparente motivo aldilà della volontà di fondare una colonia.
480 Cfr DE JULIIS 2004, p. 19, in cui ad esempio si citano le due leggende cretesi, una relativa al
naufragio in Iapigia e alla permanenza di un gruppo di Cretesi di ritorno dalla Sicilia, presente in Erodoto, VII, 170; e l’altra, che avrò modo di approfondire in seguito, secondo cui l’eroe eponimo Taras è figlio di Satyria, a sua volta figlia di Minosse; vedi Pausania, X, 10.
481 Strabone VI, 3,3, in cui alcune informazioni risultano differenti tra cui: gli Iloti erano i padri
(Antioco) o gli alleati (Eforo) dei Parteni; il luogo in cui scoppiò la rivolta è il santuario di Amicle durante le Iacinzie (Antioco) o l’agora di Sparta (Eforo); i coloni trovarono in Italia sia i barbari che i Cretesi di Minosse (Antioco) o solamente gli Achei in lotta con i barbari (Eforo); solamente Antioco menziona l’eroe eponimo Taras, e indica Falanto come capo della spedizione e reduce dall’aver interrogato l’oracolo di Delfi. Per ulteriori differenze cfr. DE JULIIS 2000, pp. 9 ss. in cui sono anche riportate le atre fonti che aggiungono particolari alla vicenda; trattasi di Aristotele,
144 che venne sventata, furono allontanati col pretesto di fondare Taranto in Italia ed ivi si scontrarono con le popolazioni autoctone:
«οἱ μὲν δὴ μεμηνυμένην αἰσθόμενοι τὴν πρᾶξιν ἐπέσχον, οἱ δὲ διὰ τῶν πατέρων ἔπεισαν αὐτοὺς εἰς ἀποικίαν ἐξελθεῖν: κἂν μὲν κατάσχωσιν ἀρκοῦντα τὸν τόπον, μένειν, εἰ δὲ μή, τῆς Μεσσηνίας τὸ πέμπτον κατανείμασθαι μέρος ἐπανιόντας. οἱ δὲ σταλέντες κατελάβοντο τοὺς Ἀχαιοὺς πολεμοῦντας τοῖς βαρβάροις,
μετασχόντες δὲ τῶν κινδύνων κτίζουσι τὴν Τάραντα.»482
La vicenda determinò uno scontro, così com’è emerso anche da attestazioni archeologiche: il contatto tra i Greci e le popolazioni iapigie si tradusse in un’occupazione senza soluzione di continuità del territorio su cui sorse Taranto. All’accampamento fittamente abitato da popolazioni indigene con annesse le necropoli, che si estendeva nella penisola che divide i due mari e che determinava il controllo del mare Piccolo, si sovrappose uno stanziamento di popolazioni
greche così come attestato dal rinvenimento di strutture e materiali.483 Il
cambiamento fu netto e non si verificarono degli scambi pacifici, almeno sulla base della realtà emersa a seguito di indagini archeologiche condotte: l’intento era chiaramente quello di conquistare il territorio e non di stabilire un emporio commerciale. La ceramica geometrica iapigia fu sostituita da ceramica greca, di cui il materiale più antico è costituito da un corredo funerario rinvenuto all’interno delle mura urbiche, con un aryballos e uno skyphos del tardo EPC. Sul promontorio oggi conosciuto col nome di Scoglio del Tonno, la stratigrafia si presenta invece confusa, poiché insieme con della ceramica di produzione locale si ha la presenza di ceramica greca importata e coloniale, risalente anch’essa al 700 a.C. ca. Il principio appena esposto è chiaro anche a livello di trasposizione mitica della progressiva acquisizione dei territori a partire dal centro di Satyrion, sito ad sud-est di Taranto, nella moderna Leporano. Nell’insediamento iapigio, sviluppatosi a partire dell’età del Bronzo, la stratigrafia ha mostrato chiaramente dei livelli contenenti ceramica dipinta con motivi geometrici locali, non attribuibili ad alcuna scuola artistica greca. L’area in questione mostra chiari contatti con il mondo miceneo, testimoniati dalla presenza di ceramica
482
Strabone, VI, 3, 3.
483 Cfr. DE JULIIS 2004, pp. 15 ss. Riporto i due casi che attestano la presenza dei primi
insediamenti greci nell’area, trattasi della località Satyrion, nella costa a sud-est di Taranto, ma anche l’Amastuola, a nord di Taranto, e nelle necropoli, dove la traccia della presenza greca è attestabile già dal secondo quarto del VII sec.a.C.
145 Protogeometrica Cicladica, e, a partire dal 730 a.C., in cui si colloca una coppa del Tardo Geometrico corinzio, sono attestati contatti con il mondo greco, che si esplicitano inizialmente su un piano commerciale. Ad uno strato di terra sterile ne segue uno in cui, a partire dal 700 a.C. ca, si attesta esclusivamente la presenza di
materiale greco, in concomitanza con la fondazione di Taranto.484
Anche nel mito di fondazione di Taranto presente nella versione di Diodoro Siculo, interviene l’oracolo di Delfi. Egli riferisce che il responso dà delle indicazioni utili alla localizzazione del sito, che deve essere fondato nei pressi del fiume Taras, nonché la citazione di alcuni elementi naturali che lo identificano come luogo ideale. L’indicazione geografica indicata nel responso contribuisce invece ad arricchirlo con elementi accessori, un aspetto riscontrato anche in altri
casi di fondazione.485 In esso si dice esplicitamente che a partire dal sito di
Satyrion, gli Spartani otterranno il territorio di Taranto. Tale oracolo viene considerato da Malkin tematicamente autentico, dal momento che gli elementi che lo compongono risultano a tutti gli effetti riscontrabili su un piano storico e
archeologico.486 Il testo di Pausania testimonia l’influenza dell’oracolo delfico che
ricorre in più occasioni nelle fondazioni occidentali. Il Periegeta ne cita una versione differente. In questo caso il responso sancisce che quando pioverà dal cielo privo di nuvole, allora, in quel momento, Falanto troverà, e un territorio nuovo, e una città da fondare:
«Τάραντα δὲ ἀπῴκισαν μὲν Λακεδαιμόνιοι, οἰκιστὴς δὲ ἐγένετο Σπαρτιάτης Φάλανθος. στελλομένῳ δὲ ἐς ἀποικίαν τῷ Φαλάνθῳ λόγιον ἦλθεν ἐκ Δελφῶν: ὑετοῦ αὐτὸν αἰσθόμενον ὑπὸ αἴθρᾳ, τηνικαῦτα καὶ χώραν κτήσεσθαι καὶ
πόλιν».487
Il carattere misterioso e a tratti contraddittorio dell’oracolo delfico si esprime con forza in questa prescrizione e determina un’interpretazione a posteriori del suo significato al fine del conseguimento dell’impresa. Si tratta di uno dei casi che Malkin apostrofa con il termine di riddle oracle, e che viene definito
484 Cfr. COLDSTREAM 2003, p. 239.
485 La riuscita dell’impresa sancita dall’oracolo non dipende dalla corretta interpretazione dello
stesso, né dalla soluzione dell’oracolo, che costituisce soltanto un elemento complementare; cfr. PARKER, WORMELL 1956.
486 Cfr. MALKIN 1994, che si riferisce alla progressiva acquisizione del territorio a partire da
Satyrion e dallo Scoglio del Tonno.
487
146
folkloristico.488 La pioggia giunse nella forma di lacrime, versate dalla moglie di
Falanto il cui nome era Aethra. In seguito a tale accadimento, l’eroe riuscì col suo esercito a sconfiggere la popolazione indigena e a impossessarsi del territorio dove sorse la città di Taranto. Lo scontro avvenuto all’arrivo dei coloni in Italia, per il controllo del territorio, si perpetrò contro genti di stirpe iapigia, come già precedentemente accennato, che occupavano l’intera area in cui in seguito sarebbe sorta la polis.
Ritornando alla narrazione delle vicende inerenti Falanto riportate da Strabone, il
quale a sua volta le attinge da Antioco,489 alla sua morte presso la città di Brindisi,
dove si era recato a seguito del suo esilio da Taranto, venne in suo onore istituito
un culto su una taphè.490 Il recupero delle spoglie mortali di un eroe e l’erezione
di un monumento a lui dedicato, è in alcuni casi una tematica connessa allo sviluppo del culto, ma non è indispensabile allo sviluppo dello stesso. D’altro canto la presenza fisica dell’eroe, che viene collocato nell’agora, marca il
territorio ed è garanzia di possesso.491 Nello spostamento dell’eroe a Brindisi e
nella collocazione di una tomba in suo onore, si è proposto di riconoscere la trasfigurazione dei tentativi di espansione verso est, condotti nel VII-VI sec. a.C. Di età arcaica non possediamo parecchie fonti cui poter attingere, ed inoltre i centri iapigi si presentavano ben organizzati in quel periodo e costituivano un ostacolo alla mire espansionistiche di Taranto. Una prova della spinta di Taranto verso l’Adriatico è data dal rinvenimento della necropoli di Tor Pisana a Brindisi, in cui è stata riscontrata la presenza di un ingente quantitativo di ceramica greca
importata, datata al periodo di poco successivo alla fondazione di Taranto.492
Trattasi di una probabile manovra politica per cui Taranto mira a esercitare la propria influenza su Brindisi anche tramite la collocazione della tomba di Falanto, come è testimoniato anche dalla presenza di monete rinvenute a Brindisi con l’effigie di un uomo su un delfino, interpretato ora come l’eroe Falanto, ora come
488 Cfr. MALKIN 1994, p. 122. 489 Strabone VI 3, 2 = Antioco F 13 J.
490 Giustino invece ci informa del fatto che la tomba di Falanto fosse stata trasferita da Brindisi a
Taranto; vedi Giustino, III, 4.
491 Ho evidenziato già il caso paradigmatico di Teseo, nella Grecia vera e propria, che costituisce
solo uno dei tanti esempi di eroi il cui culto viene piegato ad interessi di tipo politico in età classica all’indomani delle guerre persiane. Infatti, Cimone, si fece patrocinatore del recupero delle ossa e della collocazione delle stesse ad Atene, presso l’agora.
492 La conquista del centro indigeno di Carbinia, situato a nord-ovest di Brindisi, è un’ulteriore
147 Taras. Non disponiamo ad oggi di prove archeologiche che attestino la presenza di una tomba tributata all’eroe fondatore di Taranto, ma l’importanza che doveva avere, oltre che essere evidente dalle fonti presentate sopra, è riscontrata nell’iconografia spesso presente sulle monete. Anche se si tratta di monete coniate in età romana, esse testimoniano pur sempre l’acquisizione non solo del tipo iconografico, ma anche, come confermato dalle fonti, la condivisione di un culto
rivolto a un personaggio mitico, un eroe fondatore.493 Seguendo Strabone, Falanto
fu esiliato da Taranto e si rifugiò a Brindisi, presso quelli stessi cittadini cui aveva precedentemente sottratto il territorio. Sulla base di un presunto oracolo ricevuto a Delfi, Falanto divulgò la notizia che la collocazione delle sue ceneri sull’agora di Taranto dopo la sua morte, avrebbe garantito la restituzione del territorio ai cittadini di Brindisi. Lo stesso atto avrebbe avuto invece un diverso significato, garantendo il possesso ai tarantini, che per questo avrebbero tributato onori divini all’eroe.494
Dunque viene attribuito il significato opposto alla medesima azione rituale, senza che però ne siano specificati i termini e si riscontra una duplicità nell’atteggiamento di Falanto che, ancora una volta, dimostra un comportamento ambiguo. La mancanza di un’effettiva tomba di Falanto nell’agora di Taranto è determinata da una condizione del tutto eccezionale nel panorama ideologico greco: nel processo di estensione della città, essa ingloba le tombe che inizialmente erano collocate al di fuori del perimetro. Si determina così una situazione che non avrebbe reso degna di nota la presenza di un monumento
tombale in onore del fondatore all’interno delle mura urbiche.495 Le vicende
dell’eroe di Taranto, che collegano il Peloponneso alla Iapigia, tengono conto di un processo di ben più lunga durata di contatti tra i due luoghi. Certamente esse rappresentano la trasposizione delle frequentazioni che progressivamente si amplificano fino alla definizione di una vera e propria fondazione, avvenuta sì a seguito di una ktisis verificatasi nella madrepatria, ma già preannunciata e prestabilita nei contatti che fin da epoca micenea si attestano nell’area del Golfo di
Taranto.496 Dopo aver ripercorso le vicende dell’eroe fondatore Falanto ricorrendo
alle fonti che ne hanno trattato la vicenda e dopo aver contestualizzato, tramite i
493 Malkin fa riferimento alle monete coniate a Brindisi e nelle altre città iapigie. Cfr. MALKIN
1994, p. 129 ss.
494 Giustino, III, 4.
495 Cfr. MALKIN 2004, pp. 160 ss.
496 Cfr. MADDOLI 1983 p. 564 il quale ritiene che Falanto sia il tramite necessario per affermare
148 dati pervenuti dallo studio delle evidenze archeologiche, l’espansione greca nel territorio circostante Taranto, procedo con la trattazione riguardo al secondo fondatore citato dalle fonti: Taras, da cui deriva il nome della città. Si tratta del figlio di Poseidone e di una Ninfa del luogo, Satyria. A lui accenna Pausania e dal suo nome sono in seguito derivati sia quello del fiume sia della città:
«Τάραντα δὲ τὸν ἥρω Ποσειδῶνός φασι καὶ ἐπιχωρίας νύμφης παῖδα εἶναι, ἀπὸ δὲ τοῦ ἥρωος τεθῆναι τὰ ὀνόματα τῇ πόλει τε καὶ τῷ ποταμῷ: καλεῖται γὰρ δὴ Τάρας
κατὰ τὰ αὐτὰ τῇ πόλει καὶ ὁ ποταμός.»497
Parte della tradizione fa dell’eroe eponimo un discendente da Eracle, ma si tratta
di autori tardi in massima parte.498 In generale si attesta la graduale diffusione del
secondo mito di fondazione fino ad oscurare il primo, com’è confermato dall’identificazione su una moneta che Aristotele fa di un uomo sul delfino. Pur non avendo la certezza che Aristotele avesse come punto di riferimento una moneta quale quella presentata (che rappresenta solo un esempio delle molte
rinvenute), la sua attribuzione contribuisce a gettare luce sulla vicenda.499
Fig.34 Statere incuso del 480 a.C. con l’eroe eponimo Taras (da ROSS HOLLOWAY 1978)
497
Pausania, X, 10, 8 ed in aggiunta Pseudo Scimno, 330-334; Strabone VI 3, 2 = Antioco F 13 J, che fanno di Taras un eroe eponimo.
498 Servio, Ad Georg. IV,525; Ad Èn. III, 551; Ps. Acron., Ad Odes Hor., II, 6,112. Per le due
figure eroiche a confronto e relative fonti cfr. MALKIN 2004, pp. 163 ss.
499
149
Si tratta di uno statere incuso datato intorno al 480 a.C.,500 due secoli dopo la
fondazione della città. In esso è rappresentata su un lato l’immagine di un anziano personaggio seduto sul trono, cui è attribuita la denominazione di Taras, dall’altro
la stessa denominazione viene attribuita ad un giovane mostrato su un delfino.501
Si è proposta la compresenza dei due miti di fondazione che a livello iconografico risultano essere contraddistinti dalla diversa età attribuita all’uno e all’altro eroe: Taras sarebbe dunque rappresentato come un anziano personaggio, al quale lo stesso Falanto si sarebbe rivolto per ottenenere la facoltà di fondare sul suolo
italiano una nuova colonia.502 La presenza di un doppio mito di fondazione non
deve stupire, perché risponde a un piano ben definito di affermazione graduale della polis, che cerca di legittimare la sua presenza sostituendo al fondatore storico, Falanto, proveniente da Sparta, un fondatore mitico di età eroica. Il confronto con la madrepatria rende conto dell’assenza di una tradizione mitica radicata nel passato, per ovviare alla quale è inglobato il mito dell’eroe Taras, figlio di Poseidone e di una ninfa locale, Satyria, il cui nome riprende uno dei
primi luoghi ad essere conquistato.503 Inoltre, la successiva comparsa e diffusione
del mito in questione, può essere interpretata alla luce dell’importanza sempre crescente che assume il dio del mare, a discapito dello stesso Apollo che è invece coinvolto nel mito di fondazione di Taranto al pari di Falanto, col tramite
dell’oracolo di Delfi.504
Lo stesso caso si verifica nel caso di Crotone, in cui la fondazione ad opera di Miscello da Ripe, personaggio storico, viene ad essere sostituita dall’impresa dell’eroe eponimo Crotone, che interviene coadiuvato da Eracle. Questi, con molta probabilità, svolge nella vicenda il ruolo di nume
tutelare.505 Ritornando al caso analizzato e riassumendo in linee generali la
questione, il riferimento all’iconografia presente su alcune monete rinvenute a