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L’EROE E LE FONDAZIONI GRECHE D’OCCIDENTE

4.7 L’EROE DI TEMESA

A partire dalle peregrinazioni di Odisseo si snoda la vicenda dell’eroe di Temesa,

che non sarebbe altri se non un compagno di Odisseo, Polite.510 Questa la

descrizione che di lui fa Pausania:

«Ὀδυσσέα πλανώμενον μετὰ ἅλωσιν τὴν Ἰλίου κατενεχθῆναί φασιν ὑπὸ ἀνέμων ἔς τε ἄλλας τῶν ἐν Ἰταλίᾳ καὶ Σικελίᾳ πόλεων, ἀφικέσθαι δὲ καὶ ἐς Τεμέσαν ὁμοῦ ταῖς ναυσί: μεθυσθέντα οὖν ἐνταῦθα ἕνα τῶν ναυτῶν παρθένον βιάσασθαι καὶ

ὑπὸ τῶν ἐπιχωρίων ἀντὶ τούτου καταλευσθῆναι τοῦ ἀδικήματος.»511

A seguito di una delle soste compiute nel corso del nostos, approdati nell’area dell’antica Temesa, Polite, preso da uno stato di ubriachezza, per aver consumato una quantità eccessiva di vino offertogli dagli autoctoni, osò compiere violenza su una donna del posto, e per questo le popolazioni del luogo lo lapidarono. Odisseo non si curò del compagno e ripartì alla volta di Itaca, lasciandone il corpo insepolto. L’approdo del gruppo di Odisseo presso l’emporio di metalli, quale si

suppone fosse il sito in cui sorse Temesa,512 con la conseguente offerta di vino da

parte dei cittadini, può essere letto alla luce delle peregrinazioni condotte nell’Occidente greco e che giustificano le frequentazioni precedenti allo stanziamento definitivo di apoikiai. Si tratta della mancata fondazione di una colonia calcidese, dal momento che, pur avendo Polite tentato di conquistare la comunità ausona, fallì. A seguito di ciò, stando alle fonti, tra cui cito Strabone a scopo esemplificativo, tornò nelle spoglie di un lupo, nemico per eccellenza della comunità pastorale, per terrorizzarla con azioni riprovevoli tali da spingere i cittadini ad abbandonare il territorio in cui si erano stanziati. Dopo aver consultato la Pizia Delfica, che consigliò loro di erigere un ναός all’interno di un τέμενος, in cui praticare un culto in suo onore, riuscirono a placare l’Eroe di Temesa:

510 Solo Strabone ci comunica che il nome del demone dovesse essere Polite, vedi Strabone VI, 1,

5.

511 Pausania VI, 6, 7. 512

Trattasi di comunità stanziate nelle località tirreniche meridionali, che ancora nella media età del Bronzo avevano un’economia basata sulla pastorizia. Le élites guerriere andavano qui assumendo sempre crescente importanza, così come testimoniato dalle tombe con rinvenimenti di armi, tra cui ricordiamo quelle rinvenute a S. Domenico di Ricadi, Vibo Valentia, Castellace, Serra Aiello, Torre di Galli, cfr. MELE LEPORE 1983, pp. 855 ss.

152 «ἔστι δὲ πλησίον τῆς Τεμέσης ἡρῷον ἀγριελαίοις συνηρεφὲς Πολίτου τῶν Ὀδυσσέως ἑταίρων, ὃν δολοφονηθέντα ὑπὸ τῶν βαρβάρων γενέσθαι βαρύμηνιν, ὥστε τοὺς περιοίκους δασμολογεῖν αὐτῷ κατά τι λόγιον καὶ παροιμίαν εἶναι πρὸς τοὺς ἀηδεῖς, τὸν ἥρωα τὸν ἐν Τεμέσῃ λεγόντων ἐπικεῖσθαι αὐτοῖς. Λοκρῶν δὲ τῶν Ἐπιζεφυρίων ἑλόντων τὴν πόλιν, Εὔθυμον μυθεύουσι τὸν πύκτην καταβάντα ἐπ᾽ αὐτὸν κρατῆσαι τῇ μάχῃ, καὶ βιάσασθαι παραλῦσαι τοῦ δασμοῦ τοὺς ἐπιχωρίους.»513

Secondo il consiglio del dio che aveva proclamato l’oracolo, la cui identificazione con l’oracolo di Delfi si trova esclusivamente nel testo di Pausania, doveva essere donata una donna in età da marito ogni anno al demone, la più bella tra tutte, la

quale sarebbe tornata a casa dopo la deflorazione.514 La creazione di questa

consuetudine è forse indice dell’istituzione di una sorta di prostituzione sacra515

ed

implicava in aggiunta il lascito a disporre delle ricchezze della chora:516

«Ὀδυσσέα μὲν δὴ ἐν οὐδενὶ λόγῳ θέμενον αὐτοῦ τὴν ἀπώλειαν ἀποπλέοντα οἴχεσθαι, τοῦ καταλευσθέντος δὲ ἀνθρώπου τὸν δαίμονα οὐδένα ἀνιέναι καιρὸν ἀποκτείνοντά τε ὁμοίως τοὺς ἐν τῇ Τεμέσῃ καὶ ἐπεξερχόμενον ἐπὶ πᾶσαν ἡλικίαν, ἐς ὃ ἡ Πυθία τὸ παράπαν ἐξ Ἰταλίας ὡρμημένους φεύγειν Τεμέσαν μὲν ἐκλιπεῖν οὐκ εἴα, τὸν δὲ Ἥρω σφᾶς ἐκέλευσεν ἱλάσκεσθαι τέμενός τε ἀποτεμομένους οἰκοδομήσασθαι ναόν, διδόναι δὲ κατὰ ἔτος αὐτῷ γυναῖκα τῶν ἐν Τεμέσῃ παρθένων τὴν καλλίστην».517

Fu questo il prezzo che la popolazione indigena dovette scontare per aver rinunciato a cedere alla comunità greca l’autorità di poter disporre del territorio e

513 Strabone, VI, 1, 5. 514

Si esclude la presenza nel caso succitato di un sacrificio umano, dal momento che questo termine non è mai indicato dalle fonti, cfr. CURRIE 2003, pp. 88 ss.

515 La pratica di prostituzione sacra intesa in questo senso, non costituisce una degradazione per le

cittadine libere, le quali, unendosi a una divinità fluviale, eludono la “colpa derivante dal primo rapporto della sposa” diversamente da ciò che avviene con le prostitute permanenti, votate a servire nei templi, cfr. BURKERT 1983, pp.62 ss.

516 La definizione del morto, adirato per la mancata sepoltura, è molto comune nella letteratura

greca, basti pensare al caso di Patroclo già precedentemente analizzato, ma anche, tra le altre fonti, Strabone VI, 1, 5. Da tale condizione deriva la necessità di espiare la colpa con un rito riparatore: trattasi di ciò che avviene nella narrazione del mito di Alybas, identificato nel testo di Pausania e nella Suda con l’Eroe di Temesa, come vedremo in seguito; cfr. VISINTIN 1992 che accentua questo aspetto della figura dell’Eroe di Temesa.

517

153

fondare una colonia, dal momento che ne uccise l’aspirante ecista.518 Aldilà della

narrazione mitica tramandata dalle fonti, si cela la narrazione storica di un tentativo di colonizzazione, che risulta evidente già da un’analisi dell’etimologia

del nome dell’eroe-fondatore mancato, Polite.519

Pausania narra di aver visto una rappresentazione dell’intera vicenda in un dipinto che era esposto a Olimpia. Non possiamo tuttavia essere certi si tratti effettivamente della copia di un dipinto originale di età arcaica, ma è più lecito pensare che non sia stato realizzato in età arcaica, ma in un momento successivo col fine di sottolineare la prevaricazione di Sibari su Temesa. Infatti anche Sibari volle avanzare i propri diritti su Temesa e la lettura e l’interpretazione del dipinto mette in evidenza tale aspetto. Pausania descrive che in esso erano rappresentati tre gruppi: il primo era il gruppo acquatico, con Sibari neanìskos, il fiume Kalabros e la fonte Lyka, il secondo costituito da Eutimo e Hera e tra i due il demone rivestito da una pelle di lupo, indicato dal nome Alybas. Quest’ultima figura ha dato adito ad alcune considerazioni in merito alla raffigurazione dell’Eroe di Temesa come revenant, il cui nome presente nel dipinto descritto da Pausania, riflette etimologicamente un legame con la morte, dal momento che Ἀλύβας si ricollega direttamente ad ἀλίβας, che significa morto, cadavere. Aspetto che è accentuato dalla Visintin, la quale sottolinea l’affronto che deriva dall’essere privato di una giusta sepoltura e

ritiene che a tale culto fosse connessa una forma di sacrificio umano.520 Viene

rappresentato un mito di fondazione: Temesa è la personificazione della fanciulla, Sibari quella di Eutymos, mentre l’eroe è rappresentato dal personaggio con addosso la pelle di lupo e che è chiamato Alybas, la fonte Lika è rappresentata dalla fonte Sibari, mentre Hera presiede alla rappresentazione, avendo tutto intorno un apparato religioso e simbolico proprio del contesto sibarita. Hera è chiaramente riconducibile a riti di tipo prematrimoniale, la cui presenza in un mito

siffatto è ampiamente giustificata.521 Si è proposta l’identificazione dell’Eroe con

518 Giannelli ritiene invece che siano i Greci appena stanziatisi nel territorio ad aver tributato le

offerte alle comunità indigene della regione e che tale tributo sia costituito da una forma di prostituzione sacra, cfr. GIANNELLI 1963.

519 Aspetto che verrà puntualizzato in seguito.

520 Cfr. VISINTIN 1992, p.13 ss., la quale accentua la caratterizzazione negativa del personaggio,

operando un parallelo tra l’aspetto ferino di Alybas che si presenta coperto da una pelliccia animale nel dipinto di Pausania ed il legame con la morte che egli rappresenta sia per il colore scuro impiegato per la resa della sua figura nel dipinto sia per l’etimologia del suo nome. Ma, come ho già precisato supra,non vi è nelle fonti alcun rimando al sacrificio umano, che è perciò da escludere.

521

154 Alybas, nome che è testimoniato dalla Suda. Egli assume i tratti della precedente figura mitica, Polite, inserito in un contesto di frequentazione ionico-calcidese, che a sua volta prende il posto di un preesistente culto indigeno dalle caratteristiche non ben definite, determinando così «un’assunzione nell’ambito dello sviluppo di un’economia agricola, delle antiche tradizioni emporiche e pastorali, giustificando così la posizione critica della tradizione locrese in

Italia».522 Il culto in onore dell’eroe Polite e le pratiche a esso connesso, ovvero la

prostituzione sacra e la concessione di offerte,vengono in questa chiave interpretati con la consapevolezza che essi rappresentano l’emanazione di forme

di culto preesistenti alla fondazione,523 agli emporia e all’arrivo dei Greci. Tali

forme di culto furono poi da essi reinterpretate ma non del tutto rimosse, come dimostra il fatto che l’aition della città non è incentrato su una divinità del pantheon, ma su un eroe locale. Procedendo con la narrazione mitica, e introducendo la figura di un altro eroe, questa volta locrese, le fonti riferiscono

che per porre fine alle crudeli richieste di Polite, intervenne l’eroe Eutimo.524

Personaggio eroico per eccellenza, dotato di virtù fisiche e morali, tre volte

vincitore alle Olimpiadi nella categoria del pugilato,525 giunse a Temesa in seguito

alla conquista della città operata da Locri e, innamoratasi della fanciulla destinata ad essere sacrificata nell’anno corrente, affrontò e sconfisse la bestia, che scomparve poi dal paese rifugiandosi nel mare; la vicenda si concluse con il matrimonio di Eutimo con la fanciulla indigena, determinando un’unione dei due

contesti.526 L’interpretazione del matrimonio con una donna del luogo, certamente

appartenente all’aristocrazia locale, che veniva così a godere di pari diritti politici, nell’interpretazione storica della vicenda mitica, è indice di un nuovo tipo di rapporto intercorrente tra i due mondi a confronto: quello greco e quello indigeno. La visione globale della vicenda narrata nelle fonti consente di ottenere dei confronti utili per la datazione: ricorre un leit motiv nel comune stilema di uccisione tramite lapidazione, pena commisurata al misfatto, ritorno

522 Cfr. MELE, LEPORE 1983, pp. 886 ss.

523 Della stessa opinione risulta essere Currie il quale ritiene, a ragione a mio avviso, che si tratta

della volontà di presentare il mito così com’era, indipendentemente dalla leggenda greca; cfr. CURRIE 2003.

524 Di questo personaggio, come del processo di eroizzazione che lo riguarda e che è attestato a

Locri da fonti archeologiche, epigrafiche, iconografiche e letterarie, parlerò nel paragrafo pertinente all’eroizzazione di Eutimo nel V sec. a.C.

525 Paus. VI, 6, 5-6.

526 Le altre fonti che riportano l’episodio sono: Callimaco, Aitia, ll. 5 ss., Callimaco, fr. 98 Pf.,

155 dall’oltretomba per commettere degli atti crudeli e istituzione di un culto eroico per intermediazione di Apollo, presente anche in altre vicende del mito, la cui pertinenza a momenti storici ben precisi ne consente la datazione alla seconda metà del VI sec. a.C., almeno per la prima parte del mito strettamente connessa

all’eroe di Temesa.527

La narrazione mitica relativa all’aition di Temesa fornisce in sé dei dati che confermano questa datazione: la vicenda di Eutimo, eroe locrese,

è inserita nel contesto della conquista di Temesa da parte di Locri, come

chiaramente indicato da Pausania.528

Alcune ricerche recenti hanno proposto di individuare nel tempio di età arcaica di Campora S. Giovanni in località Imbelli, una sede di culto indirizzata all’Eroe di Temesa.

Fig.35 Localizzazione del tempio in località Imbelli (da LA TORRE 2012b).

Si suppone che questo tempio sia collocato in un’area pertinente al territorio dell’antica Temesa, sorta nella forma di un agglomerato di villaggi, nella zona

527 Cfr. MELE, LEPORE 1983, p. 852, i quali citano la vicenda di Palinuro e dei prigionieri focei

che presentano un analogo schema a quello applicato alle vicende di Polite. Gli elementi comuni a queste tre vicende sono la battaglia di Alalia e la fondazione di Elea «col che la storia di Polites, in questa fase della sua elaborazione, risulta databile almeno alla seconda metà del VI sec. a.C.».

528 Cfr. MELE, LEPORE 1983, pp. 874 ss. ed in aggiunta LA TORRE 2002, pp. 377 ss., il quale

sulla base di alcune considerazioni, propone di collocare la distruzione del tempio in cui si svolgevano i riti in onore dell’Eroe di Temesa intorno al 480 a.C., con conseguente annessione di Temesa da parte di Locri collocabile negli anni a cavallo tra 476-475 a.C., in diretta correlazione e dipendenza, facendo anche riferimento a Pausania, VI, 6, 7, il quale presenta in ordine cronologico le diverse imprese compiute da Eutimo, mentre in MELE, LEPORE 1983 è riportata un’altra cronologia, dal momento che si pospone lo scontro di Eutimo col demone alle vittorie conseguite alle Olimpiadi, dunque dopo il 472 sec. a.C., e sulla base delle monete a doppio rilievo che recano la scritta TEM con associati degli elementi simbolici della città di Crotone, suppone che il controllo di quest’ultima su Temesa si sia protratto fino al 460-450 sec. a.C.

156 compresa tra il Savuto e l’Oliva, due fiumi posti lungo la fascia tirrenica della

Calabria centro settentrionale,529 di conseguenza è possibile inquadrare in linea di

massima le relazioni tra cittadini, territorio e culto praticato. Le fonti riportano unanimemente che dovesse trattarsi di un territorio organizzato kata komas,

abitato da perieci, non parlanti il greco.530 Il tempio sito in località Imbelli, è stato

datato ai primi decenni del VI sec. a.C.531 Alcuni aspetti architettonici della

struttura, basti pensare all’orientamento a sud, anomalo in ambiente greco e alcuni rinvenimenti di cui parlerò in seguito, spingono a pensare si tratti dell’adattamento di un culto a particolari esigenze locali.

Fig 36. Planimetria del tempio in località Imbelli (da LA TORRE 2012b).

529 Manca a oggi la possibilità di identificare con precisione il punto in cui sorgesse la stessa

Temesa, cfr. LA TORRE 2011b ed in aggiunta MELE LEPORE 1983, i quali collocano la città nell’area compresa tra il Golfo di Hipponio ed il Golfo di S. Eufemia.

530 Om., Odissea, I, 180-184, in cui è accennata la vicenda di Temesa, presentata come una città

sul mare dedita ai commerci e abitata da un popolo che non parlava una lingua greca.

531 Nel particolare cfr. LA TORRE 2002, che ne data la costruzione nel 580 a.C., mentre colloca la

157 Esso presenta forma rettangolare, orientamento nord-sud e dimensioni pari a 29,

20 m di lunghezza e 9,75 m di larghezza.532 La tipologia architettonica in questo

caso è quella di un tempio di forma allungata, la cui proporzione è di 1:3, il cui piede era di 29,9 m, misura ricorrente nella realizzazione di templi arcaico-classici

di ambiente coloniale.533 La struttura interna è suddivisa in quattro parti, aventi

differenti dimensioni ed è articolata in: pronao, profondo ca 2,34 m definito convenzionalmente vano D; un’antecella che costituiva un primo vano di accesso all’edificio, configurato a forma di L con una sorta di muro basso che divideva l’ambiente dal successivo, di 6,14 m ca., corrispondente al vano C; esso si presenta come l’effettivo vano d’accesso all’edificio, ed immette al vano successivo, una grande cella di 11,66 m ca., definito vano B e infine si arriva alll’adyton di 4,68 m ca, definito vano A. Le strutture murarie, pur essendosi abbastanza conservate in elevato, non presentano dimensioni precise dal momento che in alcune parti esse risultano spanciate, ma comunque rendono chiara la

struttura.534 Non vengono impiegati mattoni crudi, ma la struttura è realizzata

interamente a secco con la sovrapposizione di pietre di piccolo e medio taglio di arenaria locale, non lavorate e non isodome. Dall’analisi degli elementi funzionali e dei materiali utilizzati, l’edificio s’inserisce tra le tipologie proprie

dell’architettura magnogreca, pur presentando alcune anomalie.535

L’assenza di pilastri lignei a sostegno dei muri portanti, ha determinato la necessità di un ispessimento degli stessi al fine di sostenere meglio la struttura. Nel settore meridionale del vano B, sono state rinvenute delle strutture che possono avere

532 Cfr. LA TORRE 2002, pp. 60 ss. che pone a confronto altri casi di proporzioni analoghe: il

tempietto C di Nasso (1:3.3), il naiskos di Morgantina (1:3,2 nella prima fase), il sacello presso Villa Aurea di Agrigento (1:3,1), etc., per cui nella maggior parte dei casi è applicato un rapporto proporzionale di 1:2-1:2,5. Per La Torre esistono in Magna Grecia dei modelli architettonici comuni, i quali hanno stessi parametri metrologici e strutturali rispetto ai modelli siciliani in cui la tipologia di sacello ad oikos si attesta da inizio VII sec. a.C. e presenta maggiori varianti.

533 Cfr. ivi, per cui la corrispondenza nell’unità di misura del piede consente di stabilire un

rapporto di proporzioni e armonie tra le diverse parti che compongono l’edificio che ha misura di 100 x 33 piedi. Le misure di ogni singolo vano sono di 8 x 27, 21 x 27, 40 x 27 e 16 x 27 con rispettivi rapporti proporzionali che portano a pensare che debba trattarsi di maestranze ben preparate e di un edificio di rilevante importanza.

534 Cfr. LA TORRE 2002, p. 51, che descrive i lembi di muro conservatisi: si tratta del muro

orientale, interamente conservato, e di parte di quello occidentale e settentrionale.

535 Cfr. LA TORRE 2002, p. 59 secondo cui la tecnica edilizia è piuttosto influenzata dalla

disponibilità dei materiali da costruzione presenti in loco; tuttavia confronti con edifici coevi ha consentito di rilevare una maggioranza di edifici sacri con pianta ad oikos realizzati con zoccolo in pietra ed alzato in mattoni crudi, basti pensare, tra gli altri, al tempio di Afrodite a Monte Iato, al sacello di Marasà collocato a sud di Locri e a tutti gli edifici sacri del santuario di Atena sul Timpone Nero a Francavilla Marittima. Soprattutto quest’ultimo confronto mette in evidenza le analogie con le tecniche costruttive di area Sibarita; cfr. LA TORRE 2011b, p.71.

158 qualche connessione con i culti praticati: si tratta di muretti paralleli realizzati con pietre di piccole dimensioni e terra, orientati in senso Est-Ovest, lunghi 1,20 m e larghi 0,60 m, alti 0,60 m ca che si presentano appoggiati al muro orientale

determinando una coppia di gradoni.536 Nello stesso vano B è stato rinvenuto un

basamento sub-rettangolare in pietre, localizzato in prossimità della soglia di passaggio tra la cella e l’adyton, anch’esso contaminato da manomissioni di età moderna e dunque non chiaramente interpretabile. La collocazione di questa struttura sul fondo della cella ha lasciato intendere dovesse avere un ruolo cruciale nello svolgimento dei riti pertinenti al tempio: si tratta o di una base per una statua o di una tavola destinata all’esposizione di offerte. Il ritrovamento di uno strato di crollo compatto sormontato da un ulteriore strato di tegole, coppi, kalypteres egemones, nonché di antefisse, ha permesso di congetturare con buona approssimazione la dinamica del crollo. Esso risulta omogeneo in tutti i vani ed è stato determinato da un incendio improvviso che non ha consentito di preservare gli oggetti votivi. Il crollo ha sigillato gli ex-voto, determinando una continuità di strati omogenei che è stata alterata da interventi clandestini nell’area A e B. L’incendio che ha distrutto l’edificio può aver in qualche modo oscurato o

mascherato la presenza di focolari o altari sacrificali.537 Una zona caratterizzata da

terra bruciata, e che si è supposto fosse un altare, ovvero un ash altar,538 è stata

notata subito a sud dell’edificio, in una piccola porzione indagata a sud del pronao. I votivi rinvenuti nel tempio si presentano nella maggior parte dei casi impilati l’uno sull’altro e mostrano una concentrazione in prossimità del muro orientale, mentre sono radi avvicinandosi verso la parte centrale: questo ha indotto a ipotizzare che tali offerte fossero collocate su scaffalature lignee ormai perdute eccetto che nella parte orientale. Il tetto è di tipo corinzio a doppio spiovente, anche se di recente La Torre ha ipotizzato che esso non coprisse l’intero edificio, ma che il pronao era invece dotato di un differente tipo di copertura piana o ad

536 Definita da La Torre una «banchina in pietrami» è una struttura di non chiara interpretazione

anche perché è stata manomessa da vandali che ne hanno parzialmente alterato l’originaria forma, ma che tuttavia, come vedremo in seguito, ha una chiara interpretazione alla luce di una connessione col culto che si è supposto si debba collocare in essa, cfr. LA TORRE 2002, pp. 54 ss.

537 Cfr. LA TORRE 2002; si ritiene non fossero presenti all’interno dell’edificio: sarebbero rimasti

in situ resti di materiale organico, semi o ossa, senza contare poi gli oggetti strettamente legati al sacrificio, quali oggetti in ferro da impiegare per lo svolgimento del sacrifici, che invece non sono stati rinvenuti.

538 Per la definizione di ash altar rimando a YAVIS 1949, pp. 208, ss. in cui vengono presentati

ulteriori esempi di altari di cenere il cui impianto è perlopiù derivato da un accumulo di materiali derivanti dal sacrificio.

159 una falda. Grazie a una parziale conservazione dell’edificio, gran parte degli ex- voto non deperibili rimasti in situ al momento del crollo determinato dall’incendio, è stata rinvenuta nel luogo originale di collocazione. Gli oggetti presenti in maggiore quantità sono quelli in ceramica e comprendono vasi d’importazione e di produzione locale, anfore, phitoi, bacini e louteria, nonché

oggetti in terracotta e coroplastica.539 Si tratta nel complesso di votivi di non

elevata fattura, laddove si pensi che esclusivamente il 10% è caratterizzato da materiale di importazione e che se si eccettuano gli oggetti in metallo, quelli