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L’EROE E LE FONDAZIONI GRECHE D’OCCIDENTE

4.6 METABO E METAPONTO

La città di Metaponto fu fondata per iniziativa di un gruppo di Achei che vollero affermare con la fondazione della città, la loro superiorità sia sul popolo enotrio installato nella zona circostante, sia sulla città di Taranto, la cui espansione progressiva arrivava a estendersi fino alla Siritide. La tradizione fornisce tre versioni dell’origine del nome della città di Metaponto; una è di chiara

derivazione indigena, ed è presente nella versione Μέταβος,398

una di tradizione

greca classica riconducibile a Μεταπόντιον,399 una infine di tradizione latina

classica, Metapontum.400 Μέταβος, nome di tradizione indigena, è l’eroe eponimo

il cui culto si sarebbe diffuso con molta probabilità traendo spunto dal vicino fiume, con un analogo processo di eroicizzazione dell’elemento naturale. La creazione del termine e della figura mitica corrispondente, si fissa in un periodo antecedente o di poco successivo all’arrivo dei Greci e ha delle radici balcaniche

397 Come auspicato in TUSA 2010 che prospetta la necessità di un’indagine che valuti l’analoga

situazione verificatasi a Megara Nisea, la madrepatria, in cui si tiene conto delle tombe dei fondatori eroici nella definizione urbanistica.

398

Strabone VI, 256, il quale attinge la notizia da Antioco. La variante METABO è presente sulle monete.

399 Erodoto, IV, 15, 2. La forma Μεταπόντιον è presente sulle monete anche in forma abbreviata. 400 Fermerò l’attenzione sulle prime due versioni, tralasciando quella latina in quanto non

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preindoeuropee.401 Bisogna tener presente però che il toponimo greco Μέταπα,

connesso con Metaponto, è presente su delle tavolette di Pilo risalenti al periodo

miceneo e indica un distretto.402 In età classica, si attesta la presenza di due

toponimi definiti con il medesimo nome, ovvero Μέταπα: la prima località era sita

in Etolia occidentale, l’altra in Elide.403

D’altro canto Strabone lega la fondazione di Metaponto in Italia alle peregrinazioni dei Pilii in età eroica, da cui potrebbe essere giustificata l’analogia onomastica con Μέταπα in Elide. Da Strabone apprendiamo appunto che esistevano due realtà storiche corrispondenti alla città di Metaponto, ma succedutesi una dopo l’altra, ovvero una risalente alle peregrinazioni dei Pilii compagni di Nestore, ed un’altra di età storica, fondata da Metabo che è presentato nei seguenti termini da Strabone, che attinge da Antioco: «δοκεῖ δ᾽ Ἀντίοχος τὴν πόλιν Μεταπόντιον εἰρῆσθαι πρότερον Μέταβον, παρωνομάσθαι δ᾽ ὕστερον: τήν τε Μελανίππην οὐ πρὸς τοῦτον ἀλλὰ πρὸς Δῖον κομισθῆναι ἐλέγχειν ἡρῷον τοῦ Μετάβου καὶ Ἄσιον τὸν ποιητὴν φήσαντα ὅτι τὸν Βοιωτὸν “Δίου ἐνὶ μεγάροις τέκεν εὐειδὴς Μελανίππη” ὡς πρὸς ἐκεῖνον ἀχθεῖσαν τὴν Μελανίππην, οὐ πρὸς Μέταβον.»404

La presenza di un heroon dedicato a Metabo, notizia presente nella fonte ma non

riscontrata sul campo, e il cui culto è fissato intorno al VI sec.a.C.,405 determina la

maggiore arcaicità di questa figura eroica rispetto a Metapontos, che invece subentrò in un momento successivo e il cui nome derivò direttamente da Μέταβος

per etimologia popolare.406 Procedo con ordine all’analisi della tradizione relativa

al mito di fondazione di Metaponto, per cui, dalle diverse versioni del mito, si ricavano i dati relativi alle vicende storiche. La tradizione della fondazione di

401

Tesi sostenuta da Alessio, il quale analizza i fenomeni linguistici riscontrabili nella trasposizione nelle forme relativamente greca e romana Μεταπόντιον e Metapontum, ma non è in grado di attribuire al termine un significato reale, limitandosi a collocarlo etimologicamente «nella serie lessicale dei relitti pregreci che presentano una formante in -αβο- ». Un’altra tesi, esposta da De Simone, proporrebbe invece di attribuire al nome un’origine indoeuropea, cfr. ALESSIO 1974 pp. 239 ss.

402 Tale nome si diffonde dalla fine del XIII sec. a.C., cfr. DE SIMONE 1974, pp. 255 ss., in cui lo

studioso attribuisce al termine un sostrato pregreco.

403 Cfr. DE SIMONE 1974, in cui lo studioso attibuisce al termine Μέταπα il significato di “acqua

di mezzo”, anche se non arriva a chiarirne il significato denominativo, per l’impossibilità di localizzare con sicurezza le due città e di collocarle in relazione agli elementi naturali che gli sono propri.

404

Strabone, VI, 1, 15; si tratta di un passo abbastanza problematico, in cui sono presenti parecchi anacronismi che rendono difficile una lettura in chiave storica.

405 Cfr. MELE 1998, p. 69, sulla base di confronti tra le evidenze letterarie e numismatiche. 406 De Simone giustifica la trasformazione da Μέταβος a Μεταπόντιον per paranomasia, cfr. DE

123 Metaponto è organizzata secondo tre matrici, ognuna delle quali presenta personaggi e sfondi diversi su cui si sarebbe voluta collocare la fondazione della città. Le implicazioni che determinano ciascuna di queste narrazioni mitiche sono di natura politica, dunque accennerò a quelle che risultano essere pertinenti al mio studio, nel limite in cui esse siano connesse alla trattazione degli eroi fondatori di Metaponto. Recentemente analizzate da Mele, le narrazioni mitiche possono essere così ripartite: il primo gruppo è riconducibile alle vicende di Metapontos e Melanippe, Sisifo e Neleo, il secondo riconducibile a Mètabos e Leucippo, e il terzo, di cui trattano perlopiù fonti tarde, abbraccia da una parte la saga di Metapontos ed Arne, dall’altro di Daulios di Crisa.407 Le vicende pertinenti al gruppo della tradizione relative a Metapontos e Melanippe sono lette in chiave

storica:408 Eolo e Beoto, due gemelli figli di Melanippe e di Poseidone, vennero

esposti dopo la nascita e adottati da Metaponto e dalla moglie, Siris/Theano.409

Alla nascita di figli legittimi da parte della coppia, la madre tentò di uccidere i gemelli che aveva precedentemente adottato, ma venne bloccata dall’intervento di Poseidone. Uccisasi Siris/Theano e liberata Melanippe, costei andò in sposa a Metaponto, mentre i due figli si recarono l’uno in Anatolia, l’altro in Beozia. Si tratta, di fatto, della chiara trasposizione della guerra condotta contro Siris da Metaponto, Sibari e Crotone e che portò all’appropriazione della città nella prima metà del VI sec. a.C. ca. La coalizione è rappresentata simbolicamente da Eolo, Beoto e Melanippe, eroi provenienti dalla Tessaglia eroica, e si mosse contro Siris, il cui comportamento ne avrebbe direttamente causato la distruzione. A detta di Mele non solo la distruzione di Siris, ma in aggiunta anche la fondazione di Metaponto sono da attribuire ad un’impronta di tipo etnico: nel primo caso di origine eolico-tessala contro gli Ioni, nel secondo caso la fondazione di Metaponto sarebbe stata perpetrata in funzione antitarantina, contro quella stessa stirpe dorica

che li aveva cacciati dalla Laconia.410

407 Per la spiegazione nel dettaglio degli stessi rimando a DE JULIIS 2001, pp. 17 ss.

408 Le fonti cui fare riferimento sono: Euripide. Melanippe Desmotis, framm. 657, 663, 664, 665

Mette; Antioco, fr. 12 Jakoby; Igino, 186; Strabone VI, 1, 15; Ateneo 253 D; Ant. Pal. III, 16.

409 Siris è chiaramente l’omonimo della città; Theano, nome presente invece in Igino nella favola

186 è direttamente collegata a Siris in quanto sacerdotessa di Troia che risulta a sua volta legata a

Siris o perché considerata sua colonia o per il culto di Atena Ilias in esso istituito.

410

124 La trattazione del mito di Metabo e di Leucippo, di cui siamo a conoscenza dalla

lettura di Ecateo411 e di Strabone che riferisce la testimonianza di Antioco,412

legittima l’arcaicità del toponimo “Metabo” rispetto al successivo “Metaponto”, come già accennato. La tradizione relativa a Leucippo è adottata in chiave filotarantina: Strabone narra che Leucippo, inviato dagli Achei per fondare una colonia, avendo ricevuto in consegna il territorio da Taranto per un giorno ed una notte, con uno stratagemma linguistico si sarebbe impossessato dello stesso a tempo indeterminato. La vicenda è contestualizzata nel periodo in cui Taranto tentò di legittimare la sua influenza nella Siritide a discapito di Metaponto e Turi,

dunque nella seconda metà del V secolo.413

Nel terzo filone della tradizione, collocato in un periodo tardo, si assiste alla destrutturalizzazione della tradizione achea di Metaponto con la diffusione di una tradizione di ascendenza differente. In essa la prima moglie di Metaponto è

sostituita con Autolyte da Diodoro Siculo414 e la responsabilità dello scontro viene

attribuita esclusivamente ai gemelli che organizzano una stasis con la quale tentano di ascendere al potere ed uccidono la loro madre adottiva. La narrazione si conclude con l’allontanamento degli stessi da parte del re Metaponto e con lo spostamento dei due, l’uno, Beoto, nell’Eolide tessalica, l’altro, Eolo, nelle isole che da lui avrebbero tratto il proprio nome. Tale tradizione è riconducibile a un indebolimento della componente achea e mira ad una riabilitazione del ruolo di Siris, per cui Mele ha supposto che tale versione debba essere successiva al 433

a.C., anno della sua ricostruzione.415 Lo stesso scopo sembra essere sotteso alla

diffusione della notizia della fondazione operata per mano di Daulio, tiranno di Crisa, sita nei pressi di Delfi. Egli è connotato negativamente nell’ottica di una

conseguente svalutazione dell’elemento acheo.416

L’attribuzione della fondazione di Metaponto a Daulio, che avvenne contestualmente al periodo di diffusione di un’immagine assolutamente negativa del ruolo del tiranno, dal momento che tale era nel IV sec. a.C., determina un’ascendenza negativa su Metaponto, anche perché al supposto fondatore vengono attribuiti atti sacrileghi nel contesto della III

411 Fr. 14 Jacoby. 412 Fr. 12 Jacoby. 413

Dalla lettura ed interpretazione del passo di Strabone, VI, 1, 15, cfr. in aggiunta il commento presente in DE JULIIS 2004, p. 23.

414 Diodoro, IV, 67, 3-7. 415 Cfr. MELE 1998, pp. 86 ss. 416

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guerra sacra.417 Il progressivo fenomeno che spinge a screditare l’influenza achea

a Metaponto, è attuato parallelamente alla volontà di riconsiderare le origini indigene della stessa, che ne legittimano l’arcaicità, così come testimoniato dalla coniazione di monete della metà del IV sec. a. C. in cui è presente il nome dell’eroe METABO associato ad una NIKA nel periodo di coalizione tra Taranto

e Metaponto a fronte della guerra contro i Lucani.418

Fig.25 Moneta coniata nel IV sec. a.C. con riferimento all’eroe Metabo (da ALESSIO 1984).

Dunque ancora una volta il mito è piegato a rendere conto, in maniera esplicita, di meccanismi di natura politica che di volta in volta si succedono nella storia delle poleis magno greche e siceliote, non solo nel momento della fondazione, ma anche in un contesto successivo alla stessa, in cui può sempre tornare utile riesumare determinati contesti e tradizioni mitiche. Nel caso del culto degli eroi che secondo le diverse versioni del mito risultano essere i responsabili della fondazione di Metaponto, non disponiamo di elementi che possano ricondurre all’effettiva presenza di luoghi di culto, ma l’indagine condotta sulle fonti ha comunque fornito una spiegazione chiara della validità dei miti di fondazione i quali, correttamente interpretati, forniscono dati utili ad una complessiva visione delle vicende storiche proprie di un dato territorio.

417 Cfr. DE JULIIS 2004, pp. 25 ss e MELE 1998 p. 87 in cui è a più rivolte sottolineata la volontà

di screditare la città di Metaponto con l’attribuzione ad essa di un fondatore sacrilego.

418

Cfr. STAZIO 1974, pp. 67 ss. La spiga, invece, è interpretata come simbolo di fertilità: l’espansione territoriale al fine di poter sfruttare una più estesa porzione di terra compresa tra i fiumi Bradano e Basento, è stata fin da subito una delle motivazioni che ha spinto alla fondazione di Metaponto e il simbolo della spiga compare fin dalle prime monete in argento, coniate dalla zecca locale a partire dalla metà del VI sec. a.C. ; cfr. LA TORRE 2011a, p. 92.

126

4.7 POSEIDONIA

La fondazione di Poseidonia è attribuita, a seconda delle fonti che si prendono in esame,419 a un gruppo di Sibariti,420 ai Dori421 o ai Trezeni.422

L’ipotesi più accreditata dagli studiosi prevede che la fondazione sia da attribuire all’iniziativa di un gruppo di Achei provenienti da Sibari e che dunque sia una subcolonia di essa. L’influenza achea è d’altronde testimoniata anche dalla

rilevante importanza assunta da Hera nei culti posidoniati.423 In base ai dati

archeologici emersi dallo studio dell’area urbana e dal santuario alla foce del

Sele,424 la fondazione è collocata agli inizi del VI secolo a.C., ma dalle fonti non è

stato tramandato il nome dell’ecista, al quale però, come presenterò nel corso del paragrafo, è probabile venissero tributati onori. Come in altri casi esaminati, l’area in cui si colloca il luogo sacro che testimonia la presenza del culto, con molta probabilità rivolto al mitico fondatore della città, è l’agora. La localizzazione non è casuale e sottolinea il valore civico, politico, economico e religioso insieme che tale luogo pubblico rivestiva nel tessuto sociale delle nuove fondazioni, come già evidenziato sopra. A Poseidonia l’ubicazione dell’agora rispetto al tessuto urbano circostante, mostra un orientamento differente, così come anche un programma architettonico distinto, con ciò manifestando la volontà di differenziare le due

aree.425 L’agora è collocata nella parte centrale della città e ha un’estensione pari

a 300 m2; è delimitata a nord e a sud da due platèiai che si estendono in direzione

est-ovest e che presentano dimensioni differenti: quella a nord è larga 12 m,

mentre quella a sud 18,20 m.426 Esse la separano dalle aree sacre localizzate

419 Informazioni che è necessario tenere in considerazione per comprendere meglio gli sviluppi

relativi all’interpretazione dell’heroon che sembra possa essere attribuito all’eroe fondatore.

420 Strabone, VI, 1, 1, che recupera l’informazione da fonti greche locali, e Pseudo Scimno,12, 14,

che risale a fonti di IV sec. a.C.; trattasi di Eforo ed in secondo luogo Timeo.

421 Solino II, 10.

422 Aristotele, fr. 495 Rose = 505 Gigon, cui si aggiunge il fatto che la Trezenia era in origine

chiamata anch’essa Poseidonia per il legame con il dio del mare, sugellando così una diretta analogia con Poseidonia, colonia greca.

423 Cfr. MELE 2009, pp. 220 ss., cui rimando per ulteriori approfondimenti non volendo scendere

nel dettaglio in questa sede.

424 Cfr. LA TORRE 2011a p. 194; lo studioso prende come punto di riferimento le tombe più

antiche rinvenute nella necropoli nord orientale del Laghetto e dalla datazione dei materiali rinvenuti nell’area urbana, ma anche in area extraurbana, ovvero nel santuario di Hera alla foce del Sele.

425 Per una riesamina del caso di Poseidonia dal punto di vista dell’urbanistica e della topografia

cfr. GRECO 2000, p. 81.

426 Esse sono intervallate da stenopoi che corrono in direzione nord-sud, della larghezza di 5 m

ciascuna, intersecando le quali vengono definiti i reticolati degli isolati di 35 x 273 m. Tali isolati presentano nella parte mediana un ambitus, ed erano suddivisi in lotti quadrati edificabili di 17 m ca per lato; cfr. GRECO 2011a, p. 194.

127 rispettivamente a nord, dove si trova il tempio di Atena, e a sud dove si trova il santuario di Hera ed Apollo. Il diverso orientamento degli edifici sacri più importanti rispetto agli assi viari, orientamento che si concretizza con una divergenza di circa 6°, porta a pensare che vennero realizzati in momenti diversi: dall’originaria suddivisione dello spazio deriva l’orientamento dei templi, quello dedicato ad Apollo, quello dedicato ad Hera e quello dedicato ad Atena. Una prima suddivisione dello spazio sembra essere attuata già nel corso del VI sec.

a.C., due o tre generazioni successive all’arrivo dei primi coloni.427

Fig.26 Planimetria relativa agli spazi pubblici di Poseidonia (da MERTENS 2006).

Nell’agora si colloca il cosiddetto sacello ipogeico, all’interno di un peribolo delimitato da un muro; il sacello non è perfettamente inserito nel tessuto urbano e costituisce un ostacolo alla corretta viabilità, ciononostante viene mantenuto

inalterato fino a tarda età imperiale.428 L’edificio ipetrale ed il temenos che lo

427 Cfr. LA TORRE 2011a, pp. 194 ss. 428

Cfr. SESTIERI BERTARELLI 1985, pp. 674 ss., la quale giustifica un atteggiamento di riverenza di tale portata solo nel caso si tratti del culto indirizzato a divinità greche di notevole importanza, per cui è prescritto da regole ben precise, che si fondano sul principio di continuità religiosa, di non alterare la sacralità del luogo in alcun modo. A conferma di ciò, l’ipogeo venne letteralmente sigillato, in modo tale da impedire successive contaminazioni. Un’analoga situazione

128 racchiude non sono coevi: è emerso da indagini stratigrafiche che il recinto risale

al tardo IV sec. a.C.429 Il temenos si presenta costituito da blocchi di pietra

reimpiegati, e venne realizzato 0,10 m al di sopra del tetto dell’heroon, costituendo un’ulteriore conferma del fatto che esso era concepito come

interrato.430 Si tratta di un muro atto a definire l’area sacra e a contenere la gran

quantità di oggetti in esso riversati nel momento di consacrazione dell’edificio, ma anche in un periodo successivo. In prossimità del tetto dello stesso è stata rinvenuta un’area con un’alta concentrazione di cenere mista ad ossa di animali che ha fatto supporre possano essersi accumulati dei resti provenienti da sacrifici

vari a formare una sorta di altare di ceneri.431 L’area compresa all’interno del

temenos ha restituito un grande quantitativo di reperti ceramici; si tratta probabilmente delle offerte votive collocate a partire dalla consacrazione del

sacello, databile al 520-510 a.C., così come evidenziato dalla

defunzionalizzazione rituale riscontrata sui materiali ceramici, resi inutilizzabili prima di essere depositati. Essi non sono in giacitura primaria, ma costituiscono un riempimento e sono datati dal VI sec. a.C. fino al III sec. a.C.; di conseguenza

si ebbe un rimaneggiamento dell’area fino ad età romana.432 Nell’area del temenos

sono stati rinvenuti frammenti di un’olpe riportanti la dedica alla Ninfa ΤΑΣ

ΝYΝΦΑΣ ΕΜΙ ΙΑ [ρον].433

di “rispetto” si riscontra nel caso dell’heroon di Selinunte realizzato su un banco roccioso soggetto a carsismo, mantenuto inalterato nonostante determini lo spostamento dell’isolato.

429 Le fondazioni della struttura muraria sono realizzate nello strato datato al IV sec. a.C., cfr.

GRECO, THEODORESCU 1983, pp. 25 ss.

430 L’assisa di fondazione del muro di temenos è costituita da un filare di blocchi tranne che nel

lato est che si trova difronte al lato d’ingresso del sacello e che presenta tre filari, cfr. ibidem, pp. 75 ss.

431 Per la definizione di ash altar rimando a YAVIS 1949, pp. 208, ss. in cui vengono presentati

ulteriori esempi di altari di cenere il cui impianto è perlopiù derivato da un accumulo di materiali derivanti dal sacrificio.

432 Cfr. GRECO, THEODORESCU 1983, pp. 73 ss.

433 Cfr. SESTIERI BERTARELLI 1985, pp. 666 ss., in cui è data l’esatta ubicazione del

rinvenimento: nell’area a nord, ad 1,20 m dall’ultima assisa del temenos, in una zona in cui si ritiene che vi sia assenza di rimaneggiamento. Questo aspetto renderebbe la scoperta un utile ausilio per l’interpretazione dei culti che avevano luogo nell’area. Cfr. di contro GRECO, THEODORESCU 1983 p.76, i quali ritengono che essa sia stata rinvenuta in un’area soggetta a rimaneggiamento, dunque non necessariamente la Ninfa cui è con molta probabilità dedicata l’olpe, è in relazione col culto che doveva svolgersi nel sacello.

129

Fig.27 Frammento dell’olpe rinvenuta nell’area del temenos (da GRECO, THEODORESCU 1983).

Negli strati inferiori, oltre a frammenti ionici, corinzi e attici, sono stati rinvenuti anche un frammento di antefissa arcaica con alcune tracce di pittura ed inoltre una

maschera in terracotta con la raffigurazione di un volto femminile velato.434 In

aggiunta, sono state trovate diverse coppe ioniche e coppe attiche a vernice nera

del tipo Bloesch C con la lettera “mi” graffita.435

Per quanto concerne la descrizione del sacello, si riscontra una particolare condizione di rinvenimento: la presenza di uno strato di travertino, formatosi naturalmente a seguito delle frequenti inondazioni del Capodifiume contiguo, o a seguito di riaffioramenti di acqua a contenuto minerale elevato, ha sigillato perfettamente l’area del sacello, che, dopo essere stato interrato, ha continuato a sussistere come luogo di culto fino ad età medievale. Quest’ultimo elemento contribuisce ulteriormente a confermare il rispetto e l’inviolabilità di un’area consacrata a una divinità il cui ruolo, stando alle condizioni di rinvenimento, e alle caratteristiche della struttura, non doveva essere secondario. La zona pertinente al sacello è rimasta inviolata dal VI sec. a.C., periodo in cui venne consacrata, fino al momento dell’inizio degli scavi moderni, dunque costituisce un attendibile campo di studi per la destinazione dell’edificio sacro. L’heroon era concepito fin dall’inizio come una struttura interrata: tale infatti risulta essere fin dal momento

434 Il rinvenimento si colloca ad 1,70 m di profondità dall’ultima assisa del temenos ed anch’esso

risulta coevo al periodo di consacrazione dell’edificio, cfr. GRECO, THEODORESCU 1983 p.76.

435 Come vedremo in seguito, l’alta concentrazione della stessa lettera può con molta probabilità

130

del suo rinvenimento.436 Alcuni particolari tecnici del frontone non rivelano una

cura tale da ritenere che dovesse essere visibile, piuttosto si ha la presenza di fori