3. Un’analisi dei rischi idrici ad Arborea: complessità intrinseche che emergono nel sistema
3.4 Epistemologia del rischio
Nonostante questa non-oggettività del rischio, i linguaggi oggettivanti presentati dal pensiero scientifico, dal discorso politico e dal lessico giornalistico sembrano veicolare un messaggio di tipo differente, che infonde nella società fiducia nella possibilità di calcolare il rischio, cosicché viene creata l’aspettativa che esso possa essere davvero reso tangibile e, dunque, controllabile, eliminabile o, quantomeno, limitabile. Vediamone alcuni esempi.
Linguaggio scientifico:
The TMI5 accident forced safety professionals to consider the role of human factors – or even of the human factor – and made it necessary to include human failures and
5 TMI: Three Mile Island, una centrale nucleare in Pennsylvania, dove nel 1979 si verificò un gravissimo
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malfunctioning as potential risks, first in operation but later also in design, construction, and maintenance. (Hollnagel, 2014: 2)
102 Linguaggio politico:
Ridurre i rischi di conseguenze negative derivanti dalle alluvioni soprattutto per la vita e la salute umana, l’ambiente, il patrimonio culturale, l’attività economica e le infrastrutture, connesse con le alluvioni, è possibile e auspicabile (Direttiva 2007/60/CE).
Linguaggio giornalistico:
La giunta regionale ha infatti ripartito i fondi destinati a interventi urgenti di ripristino di infrastrutture e opere pubbliche danneggiate dalle recenti alluvioni in Sardegna e per la mitigazione del rischio idrogeologico. […] Altri 25 milioni e 250mila euro sono stati destinati per interventi urgenti di mitigazione del rischio: saranno messi in sicurezza undici punti che si trovano vicino a centri abitanti. (La Nuova Sardegna, 22/02/2014)
Nel contesto di Arborea la natura dialettica del rischio è osservabile in maniera molto chiara nel caso, ad esempio, del Progetto Eleonora. Innanzitutto, come visto, i posizionamenti di Saras e del comitato civico No al Progetto Eleonora rivelano come una identica “condizione ambientale” possa tuttavia prevedere differenti posizionamenti circa lo stesso rischio. Questo riguarda non solo la prospettiva dei differenti punti di vista (gli interessi di Saras sono, chiaramente, molto diversi da quelli del comitato civico), ma anche nella presentazione degli stessi dati scientifici, portati a sostegno argomentativo di ciascuna delle due parti ed investiti di un’aura di “oggettività”. Come abbiamo visto nel capitolo 2, infatti, Saras prevedeva nel proprio fascicolo che il progetto comportasse un rischio per le falde e la
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salute locale pressoché nullo, posizione fortemente contrastata dal movimento cittadino, che nelle proprie argomentazioni valuta al contrario questi rischi come molto alti.
Come in altri casi di rischi ambientali, dunque, si può osservare che le motivazioni puramente tecniche non sono sufficienti a prendere una decisione. Anzi, come visto, queste tipologie di informazioni sono spesso chiamate in causa a sostegno di valutazioni differenti, che interpretano il dato in base a diverse letture. In altri casi, come argomentato precedentemente, è possibile che gli esperti concordino sulle questioni tecniche, eppure nella situazione concreta al dilemma non venga attribuita una risposta considerata soddisfacente. Quali sono le motivazioni di queste ambiguità interpretative?
Douglas ha sostenuto che esse derivano da un dissenso circa i margini di sicurezza
auspicabili e nell’accettabilità del rischio. Questa, difatti, è un’area grigia che chiama in causa
un posizionamento di tipo politico in senso lato e che deve tener conto di variabili sociali e ambientali che esulano dai dati scientifici (Douglas, 1996: 41). Per questo motivo, ha argomentato l’antropologa, coloro che sono generalmente considerati gli esperti del rischio, ovvero gli scienziati, tendono ad prendere le distanze dall’ambiguità intrinseca che emerge nei dibattiti di tipo politico, ovvero da quei dibattiti che chiamano in causa argomentazioni altre rispetto al dato quantificabile e misurabile. Basando la propria analisi su giudizi derivanti da dati probabilistici, modelli ed esperimenti, questi gruppi di esperti ritengono che il proprio ruolo sia quello di fornire elementi al mondo istituzionale e sociale, che rappresenta la sfera considerata adatta a prendere concreti posizionamenti e decisioni. Così facendo, gli scienziati possono in qualche modo prendersi la libertà di esulare da valutazioni “personali” e offrire invece argomentazioni che appaiono oggettive.
Difatti, ha continuato l’autrice, leggendo i testi scientifici che si occupano di rischio, è spesso difficile intravedere tra le righe le implicazioni politiche che tali testi chiamano in
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causa. Ciononostante, è assolutamente fondamentale mettere in evidenza che non solo, come abbiamo visto, i giudizi scientifici sono essi stessi originati da un posizionamento individuale e inter-soggettivo. A complicare il quadro, infatti, si aggiunge il fatto che la lettura di questi scritti viene poi ulteriormente interpretata dal pubblico destinatario, il quale fa uso dei discorsi scientifici a sostegno delle proprie argomentazioni e per promuovere le proprie posizioni nel dibattito circa il rischio all’interno di un determinato contesto sociale. Dibattito che dunque mira ad assolvere funzioni politiche e simboliche in quanto negoziazione di significati e determinazione priorità. Se teniamo presente poi, come argomentato precedentemente, che il contesto d’uso del concetto di “rischio” spesso si sovrappone a quello di “pericolo inaccettabile”, possiamo osservare dunque che in qualche modo il concetto di rischio diviene non solamente uno strumento di controllo con cui una determinata società seleziona quali siano i fattori più importanti da tenere in considerazione. Allo stesso tempo, infatti, questo processo di selezione diventa uno strumento di osservazione, per mezzo del quale i membri appartenenti a diversi gruppi sociali valutano le istituzioni che essi ritengono responsabili della prevenzione e della tutela dal rischio stesso (Douglas, 1996: 42). Questo è il motivo per cui Douglas ha ripetutamente sottolineato come nell’analisi del rischio sia assolutamente necessario indagare i ruoli che le istituzioni ricoprono nei dibattiti sul rischio, nonché le percezioni che ruotano attorno alla loro affidabilità, colpevolezza, autorità, responsabilità.
Ritengo molto valida l’osservazione dell’autrice circa l’importanza dello studio delle istituzioni, che approfondirò nel capitolo 4. Allo stesso tempo, tuttavia, ritengo che l’autrice semplifichi in maniera eccessiva la categoria di “scienziati”, poiché nella mia esperienza di campo la dialettica delle parti è molto più complessa e sfaccettata. Il rapporto ed i dialoghi che ho osservato in situ tra i vari attori sociali, tra i quali figurano anche i “tecnici”6, rivelano
6 Nel contesto di Arborea, con tecnici si intendono tutti coloro che hanno una qualifica professionalizzante a
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posizionamenti molto diversi a seconda degli individui e delle professionalità coinvolte, nonché delle situazioni contestuali. Nonostante la consapevolezza che Arborea può essere considerato un contesto peculiare sotto molti punti di vista, essa rappresenta tuttavia una realtà concreta e per questo meritevole di riflessioni ermeneutiche ed epistemologiche.
Ad Arborea, nella fattispecie, vi sono molte situazioni in cui la partecipazione politica scientifica è evidente. Sebbene questo aspetto sarà approfondito nel capitolo 4, in questo momento è utile fornire quantomeno un esempio emblematico e molto concreto di questo aspetto. All’interno del comitato civico No al Progetto Eleonora una ricercatrice biologa, Manuela Pintus, si è schierata in maniera molto determinata nel contrasto al pozzo di esplorazione di Saras. Ella stessa è consapevole del fatto che la sua partecipazione attiva alla causa ha giocato un ruolo importante nell’accettazione delle ragioni del comitato civico da parte della cittadinanza e delle istituzioni locali. Il fatto che la ricercatrice non facesse parte di alcun tipo di schieramento politico, in combinazione con le sue competenze che le conferivano autorevolezza nel sostenere le proprie argomentazioni in una maniera che i concittadini hanno ritenuto valida, proprio in ragione della sua qualificazione di “ricercatrice”, ha fatto sì che le posizioni di coloro che si opponevano al Progetto Eleonora fossero ascoltate anche dagli scettici o dagli attori sociali che, inizialmente, si erano schierati a favore della realizzazione del pozzo esplorativo.
Il caso del Progetto Eleonora, però, è un esempio dai contorni in qualche modo ben definiti. È possibile individuare infatti l’evento scatenante, cioè la presentazione del progetto stesso, a cui ha fatto seguito la formazione del comitato civico che ad esso si oppone. Sono inoltre molto chiari quali siano le esigenze e gli obiettivi portati avanti delle due parti in disputa7. Vi sono tuttavia altre situazioni nel contesto di Arborea e nelle pratiche quotidiane o,
7 In realtà nella vicenda che ha coinvolto il paese di Arborea e le zone limitrofe sul Progetto Eleonora i
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comunque, esperte dei suoi abitanti, che ci aiutano comprendere come a modellare questa realtà contestuale e le percezioni emiche dei rischi concorrano tutta una serie di dinamiche relazionali tra: imprenditori agricoli in quanto individui, in quanto base sociale delle cooperative e in quanto cittadini; le istituzioni, locali e non, come le cooperative, il comune, la regione, i vari enti territoriali; altri attori sociali, come i ricercatori, i “tecnici”, i media. Per questo motivo è importante ora andare ad analizzare più approfonditamente il rilievo della componente sociale nelle dinamiche percettive del rischio.