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2. Water taskscapes: pratiche idrosociali dove l’acqua racconta il paesaggio

2.4 Gli eventi estremi

Un altro fattore che deve essere tenuto in considerazione quando si parla di paesaggio è l’eventualità che vi siano fenomeni climatici o comunque “naturali” imprevisti, che determinano stati di allerta o di emergenza. Ad Arborea, i ricordi associati con eventi di questo tipo sono fondamentalmente riconducibili a due episodi particolari di un passato relativamente recente. Da una parte vi è il periodo di siccità che ha interessato le estati intercorse tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000. Dall’altra, l’episodio molto più recente

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dell’alluvione che ha interessato la vicina cittadina di Terralba nel novembre del 2013 (dunque pochi mesi prima della mia presenza sul campo). In entrambi i casi, si può rilevare come la percezione locale delle risorse idriche, intese come assenza oppure come eccesso di acqua, consideri l’evento estremo come un fenomeno naturale e incontrollabile. Allo stesso tempo però, proprio in quanto intesi all’interno di un taskscape, questi eventi sono interpretati come strettamente connessi alle dinamiche sociali.

La siccità

Per quanto concerne la siccità, tutti ricordano le secche estati dei primi anni 2000, come anche confermano i dati climatici relative a quel periodo23. Come mi ha rivelato Gianni Sardo:

C’è stato tutto un periodo […], veramente annate.. povere di pioggia. Quindi cosa è successo? Ci siamo, ci siamo avvicinati noi a fine anni ’90 con la diga asciutta, o ai minimi termini. Quindi […] abbiamo avuto per 2-3 anni proprio il razionamento dell’acqua da parte del Consorzio. Un anno addirittura non abbiamo potuto irrigare più del 50% dei terreni che avevamo. È un dramma qui. Cioè già, già terra ne abbiamo poca in rapporto agli animali che abbiamo, se tu ci togli il 50% della terra l’equilibrio si sballa completamente. (Intervista a Gianni Sardo, 06/08/2014)

Dunque risulta evidente che la siccità è stato un problema davvero percepito ad Arborea, una realtà che, in quanto agricola, necessita di un importante apporto di acqua, soprattutto in annate dalle temperature particolarmente calde. Oggigiorno, grazie alla

23 Fonte: sito di Sardegna Clima, http://www.sardegna-clima.it/index.php/pluviometrie, ultima consultazione

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costruzione della nuova diga sul Tirso inaugurata nel 1997 e chiamata Eleonora d’Arborea, la capacità di accumulare riserve idriche importanti è notevolmente aumentate. Ciononostante, i problemi di gestione di queste risorse, quella che viene chiamata governance dell’acqua, non sono stati del tutto risolti. Da un lato, la potenzialità della diga è infatti tuttora sotto il livello massimo di capacità dell’invaso. Dall’altro, un certo quantitativo di acqua è riversato in mare anziché essere conservato. A questo si aggiunge il fatto che problemi di tipo infrastrutturale causano la perdita di acqua dalle tubazioni. Tutti questi producono nel cittadino arborense la percezione di una generalizzata inefficienza nel sistema della governance dell’acqua. Il ciclo idrosociale, dunque, sembra essere caratterizzato da una diffusa mala gestione, dove individuare le responsabilità risulta piuttosto complesso. Questo è un nodo di estremo interesse per la comprensione del water taskscape e dei rischi ad esso collegati e, per questo motivo, analizzerò più approfonditamente questa questione nei prossimi capitoli24.

L’alluvione

Il caso dell’alluvione di Terralba è forse ancor maggiormente classificabile come un evento estremo e improvviso. Avvenuta nel novembre del 2013 a causa dell’esondazione del Rio Mogoro25, l’alluvione di Terralba ha suscitato nella popolazione arborense una serie di critiche nei confronti delle istituzioni responsabili nella gestione delle allerte meteo. Molti dei miei interlocutori mi hanno riferito che, a loro avviso, la gestione dell’emergenza da parte dei pompieri non sia stata adeguata e che la sicurezza pubblica fosse carenze di mezzi per far fronte all’evento improvviso. La comunità di Arborea ha invece dimostrato una veloce capacità di reazione: essi si sono organizzati e hanno messo a disposizione le loro “botti”, i

24 Su questo tema si incentra parzialmente anche La Rasgioni, si veda Appendice.

25 Fonte: sito Meteoweb, http://www.meteoweb.eu/2013/11/alluvione-in-sardegna-a-terralba-oristano-notte-

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loro mezzi per il trasporto del letame, e si sono accorsi in soccorso dei loro vicini, prosciugando l’acqua riversatasi nelle strade della cittadina. Molti dei miei interlocutori sostengono che questa organizzazione così rapida per aiutare il vicino in difficoltà sia uno dei tratti positivi che Arborea ancor oggi conserva dello spirito cooperativistico il quale, seppur affievolito rispetto al passato, è stato tramandato nella cittadina sardo-veneta.

Alla mancata percezione popolare di un sostegno dalla parte delle istituzioni si oppone naturalmente la visione delle istituzioni stesse. Queste ritengono la propria funzione importante come mediazione tra vari interessi. Nella diga Eleonora d’Arborea, ad esempio, è compito degli enti che gestiscono le risorse idriche valutare come gestire l’acqua: se invasarla per limitare il rischio di siccità, oppure scaricarla in mare per limitare il rischio di alluvioni. Anche questo argomento sarà ripreso nei prossimi capitoli. In questo momento mi interessa tuttavia cominciare a rendere evidente come le variabili del water taskscape arborense siano strettamente interconnesse e come la gestione dei diversi fattori complicata e soggetta a diverse interpretazioni a seconda del posizionamento degli attori sociali coinvolti, dei loro interessi e delle loro priorità.

2.4 Le falde

Le falde sono serbatoi idrici particolarmente rilevanti in una realtà come quella di Arborea che basa la propria sussistenza sull’allevamento e sull’agricoltura. L’acqua utilizzata dalle aziende locali è erogata, come visto, dal Consorzio di Bonifica dell’Oristanese. In aggiunta, ogni azienda di Arborea è dotata di un pozzo privato che estrae la risorsa dalle falde piuttosto superficiali di Arborea. L’acqua proveniente dal pozzo, risorsa sicuramente non sufficiente per coprire il fabbisogno idrico di un’intera azienda, è utilizzata generalmente per

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coprire i bisogni della parte di allevamento, come ad esempio l’acqua per dissetare il bestiame e la pulizia della sala mungitura.

Ciò detto, è possibile notare che anche nel caso delle falde, molteplici sono le dinamiche idrosociali che influiscono sul taskscape. I riflettori sullo stato delle falde si sono accesi difatti negli ultimi due decenni, in connessione con due tematiche idrosociali che hanno contribuito a incrementare la percezione dei rischi emicamente percepiti: la questione dei nitrati e il Progetto Eleonora.

I nitrati

Il problema dei nitrati è stato sollevato in maniera importante a livello europeo al momento dell’emanazione della Direttiva 91/676/CEE, denominata Direttiva Nitrati. Lo scopo di questa direttiva era ridurre l’inquinamento delle acque, causato da nitrati di origine agricola e prevenire eventuali impatti ambientali ad essi collegati. Questa legge europea prevedeva innanzitutto uno studio preliminare da condurre nei terreni degli stati membri, nei quali si sarebbero dovute identificare quelle che la direttiva indicava come Zone Vulnerabili ai Nitrati (ZVN), ovvero zone in cui le analisi edafiche e idriche evidenziavano valori eccessivi di azoto. Secondo studi condotti da ricercatori esperti, Arborea risultò l’unica ZVN della Sardegna e, di conseguenza, l’unica a cui si applicasse la direttiva. A questo periodo di indagini sul campo risalgono i primi contatti tra gli allevatori arborensi e i ricercatori dell’università di Sassari che, come si vedrà in maniera approfondita al capitolo 4.

Nonostante la direttiva europea sia stata emanata nel 1991, la sua ricezione nella legislazione italiana è avvenuta solamente 8 anni dopo, all’interno del D.lgs. 11 Maggio 1999 n.152, che si occupa proprio della tutela delle acque dall’inquinamento. I tempi di ricezione della regione Sardegna sono stati ulteriormente allungati, ma tramite la deliberazione n.1/12

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del 18/01/2005 la Direttiva Nitrati ha cominciato ad essere implementata anche ad Arborea26. Applicando i parametri della direttiva europea, anche la delibera regionale ha stabilito che all’interno delle ZVN (e quindi ad Arborea in buona sostanza) deve essere rispettato il limite di spargimento di 170 kg di azoto all’anno. Al di fuori di queste zone, invece, il limite raddoppia e giunge ai 340 kg di azoto annui.

Anche in questo caso le relazioni che intercorrono tra sfera sociale locale, sfera legislativa e sfera ambientale si sono rivelate problematiche e contraddittorie. Nonostante i lunghi tempi di implementazione, infatti, per gli allevatori arborensi l’applicazione della direttiva è giunta come un fulmine a ciel sereno. Gli allevatori, colti impreparati, hanno dovuto sostenere ingenti spese per la costruire dei vasconi che potessero contenere liquami durante i periodi in cui lo spargimento è vietato, ovvero tra metà novembre e metà febbraio. La costruzione dei vasconi, tuttavia, ha inciso sui bilanci delle aziende, creando ulteriori difficoltà per quelle già in crisi economica. Questi e altri fattori hanno contribuito a percepire forti rischi nel taskscape locale, come si vedrà nel capitolo 3, ma è anche servito da stimolo per trovare soluzioni alternative che tutelassero società, economia e ambiente.

Oggi tutti coloro con i quali mi sono interfacciata ammettono che una regolamentazione sui nitrati era necessaria, e affermano che la situazione è decisamente migliorata rispetto al passaggio, dove il liquame era gestito in maniera «selvaggia». Gli imprenditori di Arborea, inoltre, notano decisi miglioramenti nella qualità delle acque di falda, ma anche nelle loro stesse colture. Ciononostante, alcuni dubbi sulla direttiva e sulla sua adeguatezza pratica permangono nella percezione di molti degli interlocutori con i quali mi sono interfacciata. Dunque la direttiva, tuttora percepita in modo ambivalente, ha portato profondi effetti sul taskscape locale: ha mutato la percezione emica del territorio e la

26 Un richiamo ulteriore all’implementazione da parte dello stato italiano è avvenuto con il D. Lgs. 152/2006

“Norme in materia ambientale”, varato ad aprile, e con la sua implementazione regionale a dicembre dello stesso anno.

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concezione di “inquinamento” e ha determinato profonde modifiche nelle pratiche di allevamento e di agricoltura, determinando così la formazione di una varietà di posizionamenti diversi che arricchiscono la prospettiva idrosociale su questa questione.

Il Progetto Eleonora

Così come la questione dei nitrati, anche il prospetto della realizzazione del pozzo esplorativo proposto dal Progetto Eleonora ha dato avvio a una serie di interrogativi e discorsi emici circa la questione dell’inquinamento ambientale in generale e delle falde in particolare. Saras S.p.A, la società che ha proposto il progetto, sostiene che non esiste «nessun rischio di contaminazione delle falde» (Saras, 2013: 9). Il comitato civico No al Progetto

Eleonora tuttavia si trova in disaccordo e argomenta:

Esistono altresì preoccupazioni per le ripercussioni che un intervento di questa invasività può avere su un territorio che vive di allevamento di bovine da latte, che vengono abbeverate grazie ai pozzi realizzati sfruttando le falde acquifere, le quali sarebbero a rischio inquinamento da agenti chimici utilizzati dalle compagnie estrattive durante le attività di scavo; e per i possibili danni arrecati all'immagine delle principali Cooperative di trasformazione dei prodotti agricoli, latte,carne,ortofrutta e dei prodotti ittici nonché il cospicuo indotto che da queste si dirama in un numero imprecisato di piccole e medie attività (Comitato No al Progetto Eleonora,2014: 10).

Si può osservare come il discorso legato all’inquinamento delle falde verta su due argomentazioni che vedono intrecciarsi la preoccupazione per la salute umana, animale e ambientale da una parte; la tutela dell’immagine delle Cooperative e, dunque, della loro economia dall’altra. Si vede dunque ancora una volta come l’interpretazione del taskscape sia

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un costante gioco di equilibri tra prospettive e interessi diversi che talvolta possono sovrapporsi e talvolta si scontrano. La prospettiva dell’inquinamento delle falde, in questo caso, unisce gli allevatori arborensi ad opporsi contro il Progetto Eleonora, ma li divide nel momento in cui il problema all’origine dell’inquinamento si trova all’interno delle loro aziende (con lo spargimento eccessivo di liquame).