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Epoche di estrazione, tecniche di lavorazione e analisi stratigrafica

I MATERIALI DEI PARAMENTI MURARI ESTERNI DEL DUOMO

3. Epoche di estrazione, tecniche di lavorazione e analisi stratigrafica

Il bacino delle Alpi Apuane è il più grande giacimento di marmo del mondo, costituito per massima parte di varietà bianche ma ricco anche di venati e di brecce403. Il giacimento si estende attraverso tutte le Apuane, dal mare fino alla Garfagnana, con consistenti variazioni di metamorfismo e conseguente elevato numero di varietà di marmi di estrazione. Tuttavia gli unici marmi che hanno trovati largo impiego in epoca romana e medievale sono i marmi della zona di Carrara. Si possono definire quattro categorie fondamentali: i bianchi, i venati, gli arabescati e brecce e i bardigli404.

Queste cave furono coltivate fin dall’epoca romana quando erano contraddistinte dal toponimo Luni, successivamente l’estrazione si interrompe e la data di ripresa non è nota con precisione. Gli scultori della taglia di Maestro Guglielmo a Pisa, Pistoia e Luccca eseguono le loro sculture quasi esclusivamente in marmo di Carrara alla metà del XII secolo, ma trattandosi di opere di dimensioni modeste non è possibile definire se esse furono cavate appositamente o sono blocchi di reimpiego405. Biduino poi nella seconda metà del XII secolo utilizza marmo del Monte pisano per realizzare gli architravi dei portali di San Casciano, così come a Pistoia. Tale scelta lascia presupporre una indisponibilità di marmo di Carrara406. Nicola Pisano nel XIII secolo utilizza marmi del Monte Pisano e altri greci per realizzare l’ambone del Duomo di Pisa. Per il Duomo di Lucca sceglie una varietà del Monte Pisano così raffinata che solo ad una attenta osservazione si rende

403 È doveroso precisare che in questo paragrafo ci occupiamo delle epoche di coltivazione dei

marmi più importanti della Toscana occidentale: il Marmo di Carrara e il Marmo del Monte Pisano che, per l’appunto sono presenti in quantità rilevante sul Duomo di Pisa.

404 Niveo de Marmore. L'uso artistico del marmo di Carrara dall'XI al XV secolo, a cura di E.

Castelnuovo, cat. (Sarzana 1992), Genova 1992. Pp. 27-51. 405

Niveo de Marmore. L'uso artistico del marmo di Carrara dall'XI al XV secolo, a cura di E.

Castelnuovo, cat. (Sarzana 1992), Genova 1992. Pp. 27-51. 406

Niveo de Marmore. L'uso artistico del marmo di Carrara dall'XI al XV secolo, a cura di E.

126 distinguibile da quello di Carrara407. Invece, Giovanni Pisano, a cavallo tra XIII e XIV secolo utilizza in prevalenza marmo di Carrara. La più antica architettura realizzata in Marmo Apuano sembra essere il Duomo di Carrara iniziato nel XII secolo. “A Pisa la struttura più antica nella quale compare in abbondanza il marmo di Carrara è la parte absiale del duomo (fine dell’XI secolo). Buona parte dei blocchi sono di sicuro reimpiego come testimoniato da scritte e ornati di epoca romana; i restanti devono essere anche loro di reimpiego se non altro per le dimensioni irregolari e la presenza, nella stessa abside, di marmi vari, di diversa provenienza, tutti sicuramente impiegati già in epoca romana” 408 . Solo nell’architettura del Camposanto Monumentale sono presenti sicuramente marmi di Carrara non reimpiegati, risalenti però al XIV secolo e, come conclude Castelnuovo: “La ripresa dell’attività estrattiva nel giacimento di Carrara andrebbe quindi posta all’inizio del XII secolo; progressivamente l’estrazione aumenta e si esportano modeste quantità di marmo, per uso di scultura nel XIII secolo; nel XIV secolo Carrara è in grado di esportare volumi di materiali sufficienti a soddisfare le richieste di cantieri architettonici409.

Per quanto riguarda il marmo del Monte Pisano sono scarse le testimonianze di coltivazione di questo materiale in epoca romana, infatti a Pisa, secondo Castelnuovo, sono accertati solo due blocchi che presentano scritte romane, già in opera nel Duomo ed ora in Camposanto, mentre a Lucca ci sono altri rocchi di colonne scanalate di epoca romana. Questi scarsi elementi tuttavia sembrano sufficienti, secondo il parere di Castelnuovo, a garantire un’attività estrattiva di questo materiale in epoca romana410. Per quanto riguarda l’epoca medievale le testimonianze sono abbondanti, da prendere comunque con cautela in quanto

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Niveo de Marmore. L'uso artistico del marmo di Carrara dall'XI al XV secolo, a cura di E.

Castelnuovo, cat. (Sarzana 1992), Genova 1992. Pp. 27-51.

408 Niveo de Marmore. L'uso artistico del marmo di Carrara dall'XI al XV secolo, a cura di E. Castelnuovo, cat. (Sarzana 1992), Genova 1992. Pp. 27-51.

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Niveo de Marmore. L'uso artistico del marmo di Carrara dall'XI al XV secolo, a cura di E.

Castelnuovo, cat. (Sarzana 1992), Genova 1992. Pp. 27-51. 410

Niveo de Marmore. L'uso artistico del marmo di Carrara dall'XI al XV secolo, a cura di E.

127 potrebbero trattarsi bensì di reimpieghi. A Lucca, ad esempio, sono presenti marmi di Santa Maria Del Giudice, località lucchese del versante del Monte Pisano, tra le opere architettoniche più antiche della città come Sant’Alessandro della seconda metà del XI secolo e San Frediano datato alla prima metà del XII secolo. Per quanto riguarda il versante pisano del Monte Pisano la situazione è più complessa dato che tra i monti e la città si estendeva una zona paludosa che rendeva difficili i trasporti via terra e comunque impossibili quelli via acqua. Nel 1157, per sopperire a tale difficoltà, fu creata una via d’acqua artificiale che, rettificando un ramo dell’Auser, collegava Pisa a San Giuliano Terme, trasportando le enormi quantità di materiale necessarie alla costruzione delle antiche mura cittadine411. Castelnuovo afferma che “I materiali da costruzione fino a quel momento erano rappresentati esclusivamente da Panchina proveniente da Livorno, quarziti del Verrucano e brecce calcaree, provenienti rispettivamente da Crespignano e Caprona, nelle vicinanze di Calci, calcari e calcari marnosi neri, provenienti dalle pendici del Monte Bastione a nord di Avane, furono per buona parte soppiantati, a partire dalla secnda metà del XII secolo, dal calcare selcifero e dal marmo, provenienti da San Giuliano”412. A questa ricostruzione fa eccezione la presenza del marmo del Monte Pisano nella parte più antica della struttura del Duomo che, sino all’innesto della navata. Quindi si può concludere che la ripresa dell’estraizone medievale, seguendo queste tracce di ricostruzione e identificazione, sarebbe avvenuta prima sul versante lucchese dei monti e, successivamente, su quello pisano. Per i due versanti l’attività estrattiva divenne intensa nella seconda metà del XII secolo, lavorato in cava, mentre nel XV secolo l’estrazione si attesta pressocchè terminata, salvo piccoli quantitativi413

.

Ogni costruzione è il risultato di una equazione complessa i cui fattori sono:

411 L’argomento verrà approfondito più avanti nel paragrafo sui trasporti dei materiali lapidei. Niveo de Marmore. L'uso artistico del marmo di Carrara dall'XI al XV secolo, a cura di E.

Castelnuovo, cat. (Sarzana 1992), Genova 1992. Pp. 27-51. 412

Niveo de Marmore. L'uso artistico del marmo di Carrara dall'XI al XV secolo, a cura di E.

Castelnuovo, cat. (Sarzana 1992), Genova 1992. Pp. 27-51. 413

Niveo de Marmore. L'uso artistico del marmo di Carrara dall'XI al XV secolo, a cura di E.

128 committenza, disponibilità dei materiali e maestranze, pubblico414. Gli studi storici hanno permesso di ricostruire le fasi iniziali che portarono alla fondazione del duomo pisano, la ricerca dei fondi per avviare il cantiere, la provenienza dei materiali, le alte personalità artistiche e sociali che furono coinvolte, tuttavia poco si può definire riguardo all’influenza che un grande cantiere come quello del Duomo di Pisa può aver esercitato nella determinazione degli avanzamenti dei saperi tecnici di un periodo cruciale per la storia costruttiva medievale415. Questa grande domanda ha spinto gli studiosi ad indagare quali potessero essere le tecniche di estrazione e lavorazione medievali, partendo dal materiale stesso che si racconta da solo agli occhi dell’esperto osservatore. Le fondamentali pubblicazioni a riguardo sono sia il catalogo della mostra Niveo de Marmore che il progetto del ’97 di indagine sui paramenti murari delle fiancate del duomo416

. A queste ha fatto da apripista un’ insostituibile pubblicazione del ’73 di Klapisch- Zuber su Carrara e la produzione del marmo dal 1300 al 1600 che si basa

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ASCANI, V., Il Duomo di Pisa, Architettura e scultura architettonica dalla fondazione al

Quattrocento, in "La Cattedrale di Pisa”, a cura di Gabriella Garzella; Antonino Caleca; Marco

Collareta. Foto di Irene Taddei, San Miniato, Cassa di Risparmio di San Miniato; Pisa, Pacini, 2014, pp. 85-110.

BECHMANN, R., Le radici delle cattedrali. L'architettura gotica espressione delle condizioni

dell'ambiente, Casale Monferrato, 1984, ed. orig. Les racines des cathedrales, Paris, 1981.

PARENTI R., I materiali del costruire, in Architettura civile in Toscana. Il Medioevo, a cura di A. Restucci, Siena-Cinisello Balsamo, 1995, pp. 369-399.

KIMPEL, D., Les methodes de production del cathédrales, in Les bàtisseurs des cathedrales

gothiques, catalogo della mostra, Strasbourg 3 septembre-26 novembre 1989, a cura di R. Recht,

Strasbourg, 1989, pp. 91-101.

SANDERS, D., Behavioral conventions and archaeology: methods for the analysis of ancient

architecture, in Domestic architecture and the use of space. An interdisciplinary cross-cultura/ study, S. Kent ed. Cambridge, 1990, pp. 43-72.

415 Vedi passim. 416

MANNONI, T., Le tecniche di estrazione e lavorazione del marmo nel Medioevo, in “Niveo de Marmore. L'uso artistico del marmo di Carrara dall'XI al XV secolo”, a cura di E. Castelnuovo, cat. (Sarzana 1992), Genova 1992. Pp. 27-28.

FABIANI, P., Linee di progetto per la conoscenza delle strutture materiali del duomo di Pisa i

litotipi, in «Archeologia dell'architettura», n. 2, 1997, pp. 47-52.

FABIANI, P., MENNUCCI, A., NENCI, C., Indagini sui paramenti murari esterni del Duomo di

Pisa: rapporto preliminare, (Atti del I Congresso Nazionale di Archeologia Medievale Pisa, 29-31

129 soprattutto su fonti archivistiche e lettaratura storica417. Tanti passi in avanti sono

stati fatti dalla data di questa pubblicazione ad oggi e quindi il nostro sguardo può essere definito un po’ più locido rispetto a quello di Klapisch-Zuber, forte delle conoscenze acquisite. Inoltre il periodo di riferimento è posteriore alla costruzione del duomo pisano ma per quanto riguarda le tecniche di scelta della cava, metodi di cavatura e trasporto egli da per assunto che dall’età romana all’età moderna quasi nulle sono state le innovazioni tecniche e, quindi, le variazioni di lavorazione. Quindi ritaniamo possiblile prendere questo studio, con le dovute cautele, come punto di riferimento per la definizione delle tecniche di estrazione e trasporto dei marmi dai Monti Pisani al cantiere del duomo che illustreremo più avanti.

Diversamente l’articolo del progetto di indagine del ‘97 pone come obbiettivo quello di studiare le fasi costruttive del Duomo in un periodo cronologico che va dal XI al XII secolo. Per far ciò hanno individuato come metodo di studio “l’analisi del sapere tecnico dei costruttori nei vari momenti di avanzamento del cantiere, con una attenta caratterizzazione dei materiali, degli attrezzi, delle dimensioni, dei modi legati alla stereotomia e posa in opera delle archeggiature”418

. Per il caso pisano non è possibile determinare una presenza consistente dei marchi degli scalpellini sui singoli conci, dettaglio che ha permesso di individuare con precisione le fasi costruttive del Duomo di Bamberga419.

In questo studio si è cercato di determinare la natura del materiali da costruzione e delle cave di provenienza, la “cronotipologia relativa”, le caratteristiche delle apparecchiature murarie come le dimensioni dei conci, le tracce degli attrezzi sia per individuare la tipologia degli stessi che per definire una cronologia di

417 KLAPISCH-ZUBER, C., CHERUBINI, B., Carrara E I Maestri del Marmo (1300-1600),

Biblioteca Nuova Serie Deputazione Di Storia Patria per Le Antiche Province Modenesi, 26, Massa, Palazzo Di S. Elisabetta, 1973.

418

FABIANI, P., Linee di progetto per la conoscenza delle strutture materiali del duomo di Pisa i

litotipi, in «Archeologia dell'architettura», n. 2, 1997, pp. 47-52. 419

130 impiego420. Fondamentale risulta sovrapporre a tali analisi gli interventi di restauro dei paramenti murari, dato che “si sono immadiatamente riscontrate tracce di interventi di manutenzione, integrazione, restauro e sostituzione dei materiali originari, variamente distribuiti nel tempo e nei modi che sembrarono rendere assai più complesse le vicende costruttive”421

.

Molti sono stati gli studi riguardanti le tecniche di estrazione del marmo in età romana, ma per quanto riguarda il Medioevo vale ancora l’ipotesi positivista che considera questo periodo come tecnicamente deficiente. Dobbiamo tuttavia riconoscere la qualità artistica delle sculture e architetture medievali, sepre più numerose dopo il Mille, che presupponevano conoscenze e saperi sulle caratteristiche naturali del marmo per poter scegliere la materia prima consona, estrarla, trasportarla e lavorarla adeguatamente. Nei paesi del Mediterraneo orientale le tecniche antiche e le conoscenze sono sopravvissute per tempi molto lunghi, così come in Francia gli studi hanno dimostrato una notevolte continuità teccnica nelle estrazioni delle materie prime422. Nel caso delle cave di Carrara, invece, non si può parlare di continuità di estrazione ma risulta di uso comune il reimpiego di materiali già sbozzati in cava o risultanti da altri cantieri. Mannoni conclude quindi che chi abbia ripreso la coltivazione nelle cave di Carrara dovesse provenire da una zona geografica dove i metodi di estrazione erano ancora tramandate di generazione in generazione, vista l’inmpossibilità di una applicazione empirica di teli tecniche423.

Come anticipato, secondo Klapisch-Zuber, nell’eredità dell’Antichità è compresa

420

GABBRIELLI, F., Osservazioni di cronotipologia sulle aperture a sesto acuto della facciata

dello Speda/e, in Santa Maria della Scala. Archeologia e edilizia sulla piazza dello Speda/e, a cura

di E. Boldrini, R. Parenti, Firenze, 1991, pp. 138-160.

GABBRIELLI, F., La "cronotipologia relativa" come metodo di analisi degli elevati: la facciata

del palazzo Pubblico di Siena, «Archeologia dell'Architettura», I, 1996, pp. 17-40.

421

FABIANI, P., Linee di progetto per la conoscenza delle strutture materiali del duomo di Pisa i

litotipi, in «Archeologia dell'architettura», n. 2, 1997, pp. 47-52.

422 BESSAC, J.C., L’outillage tradittionnel de tailleur de pierre de l’Antiquitè à nos jours, Paris,

1986, pp. 151-177.

131 anche la tradizione tecnica della lavorazione del marmo, infatti confrontando gli utensili greci conosciuti attraverso le rappresentazioni dell’epoca o descritti nei testi antichi si intuisce che sono cambiati di poco fino all’età moderna424

. Ma oltre agli attrezzi la coltivazione di un marmo prevedeva allora come oggi una serie di conoscienze specifiche sulla formazione geologica che si andava a cavare. Infatti nel Medioevo i cavatori erano costretti a sfruttare le irregolarità naturali della roccia, dette “peli”: venature di calcare più scuro che tavolta sono più resistenti del marmo che attraversano e che offrono il vantaggio di formare nella massa un piano discontinuo utile alla cavatura425. L’abilità del cavatore sta nell’intuire, prima di attaccare il blocco, l’oriantamento delle fessure e le segrete imperfezioni. Quindi, fatta la scelta del blocco, il principio di cavatura sta nel saper riconoscere il “verso dei peli” e, moltiplicando la forza umana con semplici leve, agire secondo i piani di minor resistenza e peremetterne lo stacco426. Generalmente la parete rocciosa veniva attaccata dall’alto a gradoni ma, qualche volta si preferiva scavare al di sotto di un blocco, in maniera che esso si staccasse dalla montagna per il suo stesso peso427. Generalmente si praticava una “tagliata”, un solco di 15 o 20 cm. di profondità sui lati che dovevano essere staccati dalla roccia, si determinavano i peli del verso e successivamente si procedeva a realizzare dei fori nella spaccatura e alcuni operai in fila conficcavano nei fori dei cunei di ferro a forza di colpi di un grosso martello a testa quadrata428. Gli antichi invece preferivano usare delle grosse zeppe di legno le quali, versandovi sopra dell’acqua,

424 MARTIN, R., Manuel d’architecture greque. Materiaux et tecniques, t. I, Parigi, 1965, p. 152. 425

KLAPISCH-ZUBER, C., CHERUBINI, B., Carrara E I Maestri Del Marmo (1300-1600), Biblioteca Nuova Serie Deputazione Di Storia Patria per Le Antiche Province Modenesi, 26, Massa, Palazzo Di S. Elisabetta, 1973, p. 88.

426

KLAPISCH-ZUBER, C., CHERUBINI, B., Carrara E I Maestri Del Marmo (1300-1600), Biblioteca Nuova Serie Deputazione Di Storia Patria per Le Antiche Province Modenesi, 26, Massa, Palazzo Di S. Elisabetta, 1973, p. 91.

427

MARTIN, R., Manuel d’architecture greque. Materiaux et tecniques, t. I, Parigi, 1965, p. 147.

428 KLAPISCH-ZUBER, C., CHERUBINI, B., Carrara E I Maestri Del Marmo (1300-1600),

Biblioteca Nuova Serie Deputazione Di Storia Patria per Le Antiche Province Modenesi, 26, Massa, Palazzo Di S. Elisabetta, 1973, p. 94.

132 si dilatavano e facevano spaccare la roccia429. Il blocco staccato, quindi, veniva fatto ribaltare a mezzo di pali sul pendio di detriti; momento che metteva alla prova la qualità del marmo cavato rivelando eventauali imperfezioni nascoste che avrebbero potuto provocare la rottura del blocco.

Klapisch-Zuber ritrova un documento del 1300, un pagamento dell’Opera del Duomo ad un abitante di Asciano di fascine di paglia da inviare alla cava del Monte Pisano per attutire la caduta di un blocco di marmo430. Arrivato sul piano della cava, il blocco doveva subire una prima lavorazione per raggiungere le dimensioni richieste, la sbozzatura fatta spesso con un piccone a due punte. Una seconda sbozzatura poteva essere fatta poi con strumenti più fini e a volte il lavoro veniva portato a termine con l’uso della subbia431

. Dopo questa fase era necessario trovare i modi per poter trasportare i blocchi che avevano già una forma semidefinitiva. Il piano della cava spesso era lontano dai luoghi dove i carri potevano essere caricati per il trasporto via terra e poiché il marmo già lavorato non poteva essere fatto rotolare, il trasporto richiedeva tecniche e attrezzi specifici. Quindi si sistemava il blocco su una specie di slitta, detta “lizza” che scivolava su legni insaponati, disposti sul davanti della lizza mano a mano che il blocco avanzava, sfruttando così tutto il peso del blocco e l’inclinazione del pendio432. Per questioni si sicurezza, certo sì comunque molto precarie, il blocco veniva trattenuto a mezzo di corde di canapa allentate progressivamente per permettere lo scivolamento e quando esse cedevano spesso significava la morte di vari operai o la loro mutilazione; uno dei tanti lavori rischiosi del medioevo. La lizzatura è un sistema di trasporto attestato tanto nell’antica Grecia quanto durante il

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DUBUOIS, C., Études sur l’administration et l’exploitation des carrières dans le monde

romain, Parigi, 1908, pp. XLI-XLII.

430 KLAPISCH-ZUBER, C., CHERUBINI, B., Carrara E I Maestri Del Marmo (1300-1600),

Biblioteca Nuova Serie Deputazione Di Storia Patria per Le Antiche Province Modenesi, 26, Massa, Palazzo Di S. Elisabetta, 1973, p. 94, nota 22.

431 KLAPISCH-ZUBER, C., CHERUBINI, B., Carrara E I Maestri Del Marmo (1300-1600),

Biblioteca Nuova Serie Deputazione Di Storia Patria per Le Antiche Province Modenesi, 26, Massa, Palazzo Di S. Elisabetta, 1973, p. 96.

432 KLAPISCH-ZUBER, C., CHERUBINI, B., Carrara E I Maestri Del Marmo (1300-1600),

Biblioteca Nuova Serie Deputazione Di Storia Patria per Le Antiche Province Modenesi, 26, Massa, Palazzo Di S. Elisabetta, 1973, p. 100.

133 Rinascimento, è verosimile iporizzare quindi che esso continui tradizionalmente anche nel Medioevo433. Quando la pendenza diventa più dolce e il solo peso del blocco non basta, diventa necessario il traino dei buoi, ancora su una slitta insaponata o su una carretta. È verosimile che fin dall’età romana, così come è testimoniato allora, si usassero marchingegni come leve e rulli per sollevare il blocco e caricarlo sui carri434.

Tutti quegli approfondimenti che possono sembrare divagazioni scientifiche in realtà sono funzionali soprattutto allo studio dello sviluppo del cantiere del Duomo di Pisa per approdare alle azioni costruttive omogenee attraverso lo studio delle murature e delle diverse caratteristiche dei conci. Il progetto del ’97 ha permesso di produrre degli elaborati grafici delle USM che sono state confrontate con i rapporti fra gli elementi architettonici e i risultati ipotizzati attraverso lo studio delle fonti materiali. L’obbiettivo della ricerca era individuare la caratterizzazione dei materiali da costruzione da confrontare con gli studi precedenti435; l’individuazione delle dimensioni medie dei singoli conci; la ripresa fotografica delle tracce delle finiture dei conci con i diversi attrezzi, allargando l’osservazione anche al altre parti dell’edificio e agli altri monumenti; l’analisi dei sistemi costruttivi delle archeggiature.

Analizzando i risultati prodotti da tali ricerche, come prima osservazione è da notare la corrispondenza tra uso di materiali costruttivi diversi e cambiamenti dell’attrezzatura usata per la sbozzatura. Nelle due fasce inferiori costituite da calcari palombini e calcare selcifero i conci vengono spianati senza la realizzazione del nastrino e con attrezzi a punta. Diversamente nella parte realizzata con conci di calcare a Rheatavicola contorta si nota l’introduzione della martellina dentata a punte abbastanza fini con i nastrini perimetrali. Questa

433 KLAPISCH-ZUBER, C., CHERUBINI, B., Carrara E I Maestri Del Marmo (1300-1600),

Biblioteca Nuova Serie Deputazione Di Storia Patria per Le Antiche Province Modenesi, 26,