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La zona presbiteriale: il luogo più sacro

4 «Un archivio a cielo aperto»: le iscrizioni della Cattedrale

7. La zona presbiteriale: il luogo più sacro

“Il “luogo” che la Chiesa costruisce per abitarvi non è il banale contenitore per un insieme di uomini e di donne o l’occasione per erigere sulla piazza un’opera d’arte di cui potersi gloriare. Lo scopo essenziale di quel “luogo” è accogliere l’incontro di una comunità che crede in Gesù Cristo, Figlio di Dio disceso in Terra a vivere come partecipe e protagonista della storia dell’uomo, per proclamare la Sua lode e per riviverne la presenza, godere della Sua azione salvifica nella celebrezione dei Suoi sacramenti e riceverne vigore per affrontare la vita quotidiana”138.

Troppo spesso gli storici dell’arte, concentrati sull’analisi dei loro oggetti di studio, tralasciano lo scopo principale e la funzione che motivò la creazione di tali manufatti. Perciò nel nostro studio è interessante fare un breve approfondimento riguardo la progettazione e l’organizzazione della zona presbiteriale, fortemente pregna di significato e detentrice dei simboli del potere in una chiesa cattedrale. Nonostante l’importanza di tale argomento attualmente sono ancora pochi gli studi che mettnono in risalto questa tematica. Abbiamo ritenuto utile il saggio di don Dianich, per un’impostazione metodologica del problema che lega indissolubilmente lo studio dell’organizzazione presbiteriale all’evolversi della liturgia, focalizzandosi sull’esempio pisano. Un altro studio di carattere generale è quello di Piva, il quale fa un’analisi delle trasformazioni della zona presbiteriale in area mediterranea, dal periodo paleocristiano fino al XV secolo139.

Dianich, con la sua sensibità di religioso ritiene che il rapporto fra l’edificio e la comunità che vi si raduna scorre sempre su una duplice linea che coinvolge inestricabilmente Chiesa e città, fede e politica, aspirazioni di vita evangelica e costume imperante. Un percorso che secondo lui sarebbe assurdo ignorare è quello della coscienza della fede, dato che è ad majorem Dei gloriam che si costruisce una chiesa e se ne articolano gli spazi, in funzione dei “santi misteri” che vi si celebrano. Anche questo secondo fattore consiste in un percorso storico

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DIANICH, S., Architettura viva, in Arti in dialogo studi e ricerche sul Duomo di Pisa, Modena, Franco Cosimo Panini,2014, p. 11.

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PIVA, P., Lo ‘spazio liturgico’: architettura, arredo, iconografia (secoli IV-XII), in

“Architettura medievale la pietra e la figura”, a cura di Paolo Piva, Milano, Roma, Jaca Book Città Nuova, 2008, pp.221-264.

50 ed è assolutamente necessario tenerlo presente nell’interpretazione dell’architettura di una chiesa. La fede non è acquisizione di una verità atemporale ma è un’esperienza vissuta durante la quale mutano le espressioni, se ne difersifica nel tempo la prassi, se ne evolve il pensiero, e cambiano le forme rituali con cui la si celebra. Come cambia la forma ecclesiae, così variano le dinamiche della sua azione liturgica e allo stesso modo si evolvono le forme spaziali dei suoi luoghi. Per cui lo studio delle modificazioni delle forme della chiesa sono fortemente legate all’evoluzione della coscienza di fede, sia del popolo cristiano che dei suoi amministranti, e del modo in cui la Chiesa percepisce se stessa e i suoi rapporti con la società140.

Piva invece ritiene che la liturgia non può essere considerata il “codice” esclusivo che determina la struttura della chiesa e il suo “allestimento” interno, pur essendo l’esercizio del culto divino lo scopo istituzionale per cui un’aula di culto nasceva. Nel suo saggio, facendo un’analisi estesa e schematica, osserva che nel Medioevo non ci fu solo una liturgia ma molti usi locali, il peso o l’intensità del “fattore” liturgico furono diversi a seconda delle fasi storiche e infine la liturgia non fu mai l’unica componente in gioco. Per quanto attiene la sfera liturgica, l’analisi di un edificio non deve rinunciare a prendere in considerazione: la funzione, la destinazione e l’uso liturgico propriamente detto. Per funzione si intende la “ragione” istituzionale della chiesa, fondamentale elemento che influiva nella conformazione e dimensione architettonica. Per destinazione intende la categoria di utenti che erano stati previsti, infine per uso liturgico la fruizione attiva dello spazio dettata dalla liturgia141.

I cambiamenti succedutisi nele chiese in relazione all’evoluzione delle forme celebrative della liturgia, conseguenza e causa dell’evolversi della prassi di vita, della spiritualità e della teologia, si presentano particolarmente significativi nel mutare delle forme dell’ambone e dell’altare, i luoghi alti della celebrazione e i

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DIANICH, S., Architettura viva, in Arti in dialogo studi e ricerche sul Duomo di Pisa, Modena, Franco Cosimo Panini,2014, pp. 11-13.

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PIVA, P., Lo ‘spazio liturgico’: architettura, arredo, iconografia (secoli IV-XII), in

“Architettura medievale la pietra e la figura”, a cura di Paolo Piva, Milano, Roma, Jaca Book Città Nuova, 2008, pp.221-223.

51 più significativi entro lo spazio ecclesiale142. Proprio per la sua importanza, il presbiterio generalmente veniva fondato ed innalzato per primo partendo dalla fondazione dei pilastri centrali e disegnando i confini esterni. A sostegno di questa ipotesi di metodologia costruttiva, l’abside del Duomo di Pisa fu progettata nei primi anni successivi la fondazione e completata intorno al 1092143.

Inoltre è da notare che i due altari minori non sono ravvicinati a quello principale, come era di consueto constatare nelle coeve cattedrali ma in corrispondenza dei bracci del transetto. Questo fattore non può essere un puro dato stilistico ma denota una precisa intenzione politica che è interessante analizzare. Lo spazio riservato al coro occupava l’intero capocroce fino alla campata della cupola, offrendo al presule un vastisstimo spazio riservato alle proprie funzioni e visivamente terminante nell’enorme abside. Fin dalle origini questo spazio fu danotato in posizione preminente rispetto alle altre, tenendo a modello gli altari papali delle maggiori basiliche romane, contrariamente alle scelte consuete in quel periodo, visibili a Firenze e Modena, dove l’abside maggire è affiancata e legata a quelle minori. Questo legame lo si riscontra nache l’intervento di papa Gelasio II per la consacrazione dell’altare maggiore il 26 settembre 1118144

.

Gli altari minori comunque sono ripagati di avere a disposizione la propria basilichetta costituita dai due bracci del transetto oltre che contenere importanti reliquie come quelle dei santi Efisio e Potito situati esattamente nel braccio meridionale, poi sostituiti con i resti di San Ranieri145. Ascani ipotizza che a loro si rifesisce verosimilmente la consacrazione di due altari da parte di papa Callisto

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DIANICH, S., Architettura viva, in Arti in dialogo studi e ricerche sul Duomo di Pisa, Modena, Franco Cosimo Panini,2014, p. 13.

143 ASCANI, V., La cattedrale com eprodotto culturale: il Duomo di Pisa, in “La pietra e le pietre la fondazione di una cattedrale: conferenze in occasione del 950° anniversario della fondazione della Cattedrale di Pisa”, Opera Della Primaziale Pisana, Pisa, Pacini, 2015, pp. 56-58.

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SCALIA, G., La consacrazione della cattedrale pisana, 26 settembre, 1118, Bollettino storico pisano 61, 1992, pp. 1-31.

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CECCARELLI LEMUT, M.L., Santi nel Mediterraneo dalla Sardegna a Pisa, «Bollettino Storico Pisano», n. 74, 2005, Pisa, Pacini, 2005, pp. 201-208.

52 III nel 1121146.

Non è posibile definire l’assetto originario dell’arredo liturgico almeno sino al 1100 ma un’importante indicazione ci è data dalla scelta di collocare il sarcofago antico reimpiegato per accogliere le spoglie della madre della Contessa Matilde di Canossa (Beatrice di Canossa), benefattrice della cattedrale, morta nel 1076, all’esterno del coro, sulla parete meridionale del presbiterio e non all’interno, il che mostra il desiderio di non rompere il grande spazio destinato all’azione liturgica dei presuli147. Il sarcofago fu in seguito spostato all’interno della chiesa durante i lavori per le gradulae del duomo, e ricollocato poi sulla parete meridionale, come certifica l’iscrizione presente nel punto in cui era addossato e dettata dall’operaio Borgondio di Tado nel 1303. Quindi il fatto che nell’epigrafe si indichi come sostiene Ascani che il sarcofago sia stato spostato due volte, tornando al luogo d’origine, è sufficiente ad escludere una sua collocazione interna al presbiterio.

Negli anni evidentemente i presupposti storici mutano e quindi ci si imbatte nella necessità di doversi spiegare come mai ci furono due altari nello stesso spazio del coro. Nel Trecento Pisa appoggiò l’impresa dell’imperatore Arrigo VII, disceso in Italia per sedare le lotte tra guelfi e ghibellini, fallendo nel tentativo. I pisani collocarono il suo potente sepolcro niente meno che al fondo dell’abside principale, così da risultare il punto di convergenza di tutto il complesso spaziale, quasi l’imperatore fosse il santo patrono della città, come ha considerato don Dianich. Sembra ovvia la ricollocazione di questo stesso sarcofago nel transetto sud, tre secoli dopo, nella stessa posizione di uno stallo dedicato al Granduca, quando appunto il potere forte era rappresentato dalla famiglia Medici anche a Pisa148.

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ASCANI, V., La cattedrale com eprodotto culturale: il Duomo di Pisa, in “La pietra e le pietre la fondazione di una cattedrale: conferenze in occasione del 950° anniversario della fondazione della Cattedrale di Pisa”, Opera Della Primaziale Pisana, Pisa, Pacini, 2015, p. 60.

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ASCANI, V., La cattedrale com eprodotto culturale: il Duomo di Pisa, in “La pietra e le pietre la fondazione di una cattedrale: conferenze in occasione del 950° anniversario della fondazione della Cattedrale di Pisa”, Opera Della Primaziale Pisana, Pisa, Pacini, 2015, nota 14.

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DIANICH, S., Architettura viva, in Arti in dialogo studi e ricerche sul Duomo di Pisa, Modena, Franco Cosimo Panini,2014, p. 15.

53 In accordo con le proposte innovative di Ascani e includendo le osservazioni di don Dianich, riteniamo di poter fare alcune considerazioni personali. Proprio nella sua conformazione absidale che il Duomo di Pisa dimostra la sua eccezionalità rispetto ad altri esempi coevi, quando era usanza predisporre un presbiterio poliabsidato per permettere le funzioni dei canonici, insieme a quelle vescovili, in una degna collocazione. Esempi emblematici sono il Duomo di Modena, la cui costruzione iniziò meno di trent’anni dopo quella di Pisa e il duomo di Firenze intorno alla fine del XIII secolo. Ne può derivare un confronto fruttuoso se si considera che alle soglie del Trecento a Firenze di sentiva l’esigenza di dare ai canonici dignità simil vescovile; una sorta di uguaglianza, soprattutto visiva, perché il presbiterio presenta tre altari molto ravvicinati, dove lo spettatore con una semplice torsione poteva rivolgere l’attenzione all’uno o all’altro, comodamente dal suo posto nella navata. Per questo le funzioni “minori”, quelle dei presbiteri della cattedrale, variavano poco dalle solenni vescovili. È lo specchio di una città fortemente in espansione, dove le corporazioni artigiane gradualmente definivano una società democratica. Non esisteva un potere forte che soggiogava gli altri, ma più detentori di un unico potere, quello economico. Tale situazione costituiva una primitiva parità, tanto da sentire calzante un presbiterio con più altari affiancati.

Modena è un altro esempio peculiare. La fondazione quasi coeva al duomo pisano, ne presuppune un background politico-religioso simile, nel periodo delle lotte per le investiture dei presuli. Il presbiterio è tra i primi del suo genere: presenta una cripta sopraelevata in corrispondenza del coro, la quale relega l’altare maggiore in fondo al presbiterio, insieme a due altari minori nelle absidiole, ad una visuale sacrificata rispetto all’osservatore. Il vero fulcro visivo è l’altare dedicato al santo patrono di Modena, San Geminiano, nella maestosa cripta. La genesi di questo duomo ne spiega una così singolare organizzazione della zona presbiteriale. La fondazione è attestata da una lapide nel 1099, in un periodo di vacanza cattedratica, sotto unica spinta e volontà del popolo149. L’ultimo vescovo in carica,

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Qui ne riportiamo il testo: "La costruzione di questa casa del grande Geminiano è iniziata quando la costellazione del Cancro intraprende il suo corso, mentre quella dei Gemelli se ne va salutando, cinque giorni prima delle idi del mese di giugno nell'anno dell'Incarnazione di Dio mille

54 Eriberto, nel 1081 fu scomunicato da papa Gregorio VII per le sue simpatie verso l’antipapa Clemente III e filoimperiali, pur amministrando un territorio dei domini di Matilde di Canossa, notoriamente sostenitrice del papato150. Dunque un personaggio scomodo su una cattedra importante. Il popolo in questo contesto gioca un ruolo fondamentale, che i poteri forti preferivano non inimicarsi per non avere un territorio strategico in rivolta. E in tale contesto la sede vescovile restò vacante per diciannove anni data la difficoltà da parte del papa di trovare un nuovo vescovo che conquistasse le simpatie dell’impero e del popolo, in modo tale da trovare un equilibrio. Il popolo, che avvertiva la necessità di mettere mano a una nuova chiesa, approfittando anche dell'assenza del vescovo, decise di costruire una nuova grande cattedrale, cosicché quando il neopresule Dodone, nominato pur con qualche difficoltà nel 1100 da papa Urbano II, riuscì a farsi accettare da tutti e giunse a Modena, trovò il cantiere del nuovo duomo già aperto151. La decisione presa dal popolo, in piena indipendenza rispetto ai poteri imperiali ed ecclesiastici, è indicativa dell'aspirazione all'autogoverno e alla libertà dei modenesi. Il Duomo rappresenta dunque il simbolo della rivendicazione di autonomia e libertà di una comunità devota ma insofferente allo strapotere sia imperiale che ecclesiastico, che sfociò qualche tempo dopo nella costituzione del libero Comune. Di questo substrato politico-religioso è pregno il presbiterio, manifestando la forte devozione popolare nell’assegnare il fulcro visivo all’altare di San Geminiano, al quele era possibile accedere in pellegrinaggio anche mentre il presule svolgeva le solenni funzioni, in alto, nel presbiterio, lontano dal popolo, insieme ai canonici. Nel momento della funzione in cui era necessario coinvolgere il popolo, il vescovo doveva fisicamente avvicinarsi ad esso sull’alto pontile, esprimendo, quasi, la necessità di sottomettersi andandogli incontro.

cento meno uno. Ora, per opera della tua scultura, è chiaro, o Wiligelmo, di quanto onore tu sia degno fra gli scultori"

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GUYOTJEANNIN, O., s.v. Eriberto, in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 43, 1993. 151

55 Il Duomo di Pisa è stato fondato nel 1063 sullo sfondo, come il Duomo di Modena, delle lotte tra papato ed inpero, ma ponendosi in una situazione completamente differente. Peculiare in qusto contesto politico-religioso la presenza di un’epigrafe celebrativa del vescovo che fondò la cattedrale, Guido, nella stessa collocazione fisica dei carmi in memoria delle imprese marittime dei pisani152. Gli studi precendenti hanno evidenziato il legame del vescovo con il popolo, i quali insieme hanno trovato motivo per la fondazione del nuovo duomo. Molti studi si sono soffermati nel’analisi dell’epigrafe celebrativa di Guido che recita: «Quanto buona tanto bella, non lontana dalla città ecco la casa che fu costruita dai suoi cittadini al tempo di Guido di Pavia, suo presule, che per fama è noto al re e al papa stesso»153. Per cui la “casa” fu costruita dai suoi cittadini, ma il tempo favorevole a tale edificazione fu quello di “Guido di Pavia, suo presule, che per fama è noto al re e al papa stesso”. Tanti hanno messo in luce la notorietà di Guido alle maggiori autorià del tempo ma noi desideriamo sottolineare l’eccezionalità del caso, visto il contesto politico-religioso di lotta, tanto da poter giustificare un’epigrafe celebrativa. Dalla morte del precedente presule pisano, Opizio nel 1059, si dovette aspettare più di un anno affinché Papa Niccolò II, poco dopo la sua condanna dell’investitura laica dei vescovi e l’affermazione dell’esclusione imperiale dall’elezione papale, scegliesse il nuovo vescovo154

. Momento di incertezza, dunque che lascia trasparire debolezza e la necessità di ponderare bene la scelta del presule che amministrasse un territorio così forte. Facendo il dovuto paragone con il contesto di fondazione del Duomo di Modena emerge la presenza di un potere forte, quello vescovile, capace di attirare la benevolenza sia del papa che dell’imperatore, così da ricavarsi un largo spazio di autonomia ed imporre la propria volontà. Tale posizione politica era rafforzata dal legame con il popolo che riusciva a incamerare ingenti ricchezze che permettevano alla città di Pisa di diventare un punto di riferimento politico per i poteri forti. Architettonicamente questo si traduce nell’organizazione della zona

152 Vedi passim. 153 Vedi passim. 154

56 presbiterale innovativa, con una grande abside principale terminante le navate, un trono che diventa il punto di fuga delle rette visuali, un amplissimo spazio per il coro che lascia autonomia di movimento al presule. In fondo alle navate dei transetti stanno le absidi laterali, invisibili allo spettatore stante nelle navate maggiori, per cui non interferiscono visivamente con le cerimonie dei presule. Ma ad esse sono dedicati i due transetti, come due piccole basilichette, nelle quali i presbiteri potevano officiare degnamente i loro sacramenti. Lo spettatore deve spostarsi fisicamente dalla navata al transetto, secondo le celebrazioni per assistere alle funzioni, a differenza di quello che accade nel Duomo di Firenze e di Modena.

Gelasio II nel 1118 consacra la cattedrale trovando sosta a Pisa mentre fugge in Francia dopo aver negato la riconferma dei privilegi dati all’Imperatore Enrico IV e aver rifiutato la consacrazione del nuovo Imperatore Enrico V che a sua volta nominò il quarto antipapa155. Pisa allora diventa il rifugio alleato nella lotta all’imperatore e ricava da questa posizione la consacrazione papale.

Questo scenario si ripete più volte nella storia, ponendo Pisa come città pronta ad accogliere il papa nei momenti di difficoltà, oltre ad essere evidentemente un luogo consono a grandi cerimonie di dignità papale. Questo accade nel 1130 quando Innocenzo II, allontanandosi da Roma dove era minacciato dalla nobiltà romana la quale nominò un altro antipapa, si rifugia un anno intero a Pisa prima di raggiungere la Francia156. Nel 1134 la Cattedrale di Pisa diventa sede di un sinodo, durato qusi un anno, indetto da Innocenzo II disceso dalla Francia, durante il quale ribadirà l’autorità papale rispetto all’antipapa157

. A questo punto Pisa fu scelta, con la sua cattedrale, per contenere un evento cruciale nell’affermazione della “superiorità” del papa. Capiamo quindi che questa cattedrale diventa punto di riferimento prediletto per le funzioni papali, soprattutto per l’organizzazione del suo presbiterio il quale visivamente lascia ampio spazio al massimo potere in carica nella funzione.

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FREUND, S., s.v. Gelasio II, in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 52, 1999.

156DI CARPEGNA FALCONIERI, T., s.v. Innocenzo II, in Dizionario Biografico degli Italiani,

Volume 62, 2004.

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57 Uno dei presuli pisani di maggior rilievo è Daiberto, partecipò alla I Crociata e divenne il primo Patriarca Latino di Gerusalemme158. Uomo acuto, dal passato burrascoso quando sosteneva l’imperatore e l’antipapa Clemente III e con un sapiente passaggio di posizione politica si avvicinò alla contessa Matilde di Canossa, gli venne annullata una prima consacrazione irregolare e divenne vescovo di Pisa nel 1088 con il forte consenso dei canonici e dei cittadini159. Un personaggio emblematico nel quale evidentemente la città si rifletteva e con la quale compirono grandi imprese.

Pur essendo luogo di rifugio papale, Pisa non disdegnava anche l’appoggio imperiale, dimostrando all’occorrenza la sua forza oltre che un’avveduta politica di mediazione tra i poteri per il maggior suo interesse. E così già dall’XI secolo si attestano riconoscimenti imperiali: Enrico IV concedeva a Pisa di eleggere i propri consoli nel 1081, ratificando uno stato di fatto derivante da un accordo tra arcivescovo e visconte; nel 1162 e nel 1165 Federico I concede due diplomi che ratificano la giurisdizione sul contado pisano, la libertà nei commerci nell’impero e nuovi territori, confermati poi da Enrico VI, Ottone IV, Federico II160.

Nel XIII secolo la contrapposizione tra guelfi e ghibellini si fece allora viva in Italia, assumendo caratteristiche del tutto nuove dalle originarie motivazioni che identificarono i due partiti. È in questo contesto che Pisa diventa apertamente filoimperiale, tanto che le valse la scomunica nel 1241, revocata solo nel 1257, ma soprattutto nel panorama politico toscano entra in lotta con le maggiori città guelfe161.

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Vedi paragrafo sui vescovi pisani.