CAPITOLO SECONDO
II.1. Ernst Jentsch e il germe del perturbante
Analizzando la questione della duplicazione non possiamo non menzionare quegli esponenti della psicoanalisi che hanno studiato in varie modalità questo fenomeno. Primariamente è fondamentale per una visione d'insieme citare Freud. Lo sdoppiamento dell'individuo contiene al suo interno quell'aggettivo di cui il padre della psicoanalisi parlò in un
saggio: Il perturbante.2 L'epiteto non fu una invenzione freudiana poiché precedentemente lo psichiatra tedesco Ernst Anton Jentsch trattò dell’argomento in una sua opera.3
Il perturbante fu oggetto di revisioni e venne riscritto nel 1919 sulla base di un saggio
che Freud conservava.
Nel 1906, Jentsch aveva definito Unheimlich «un felice atto di creazione» attuato dalla lingua tedesca, e «pare che attraverso di essa venga espresso con sicura efficacia che una persona a cui capita qualcosa di Unheimlich non si trova, in tale occasione, propriamente “a casa” e “come in patria”, e che la cosa gli risulta estranea o per lo meno così gli appare».4 Jentsch evidenzia che Unheimlich è una impressione di perturbanza che è correlata alla mancanza di orientamento.
L’articolo non ha l’intenzione di dare rilievo al concetto del termine, poiché la perturbanza rappresenta un elemento che si esplicita in modi eterogenei in ciascun individuo; ogni essere umano può avvertire il perturbante o non percepirlo affatto. Invero Jentsch trova che interrogarsi su cosa sia effettivamente non conta, ma l’approssimazione nei confronti della sua essenza richiede un’indagine su «come si manifesta lo stato d’animo dell’Unheimliche, quali devono essere le condizioni psicologiche perché la sensazione si riveli come Unheimlich».5 La percezione del perturbante è facilmente rinvenibile negli episodi che si presentano nella vita quotidiana. È noto che tutto ciò che è frutto di un percorso, del tempo e dell'esperienza sia considerato con valenza positiva. Al contrario, tutte le cose che incarnano la novità, lo sconosciuto, l'ignoto, vengono accolte negativamente. Questo accade perché
2 SIGMUND FREUD, Il perturbante (Das Unheimliche), in Saggi sull’arte, la letteratura e il linguaggio I - Leonardo e
altri scritti, a cura di Cesare Musatti, Torino, Boringhieri, 1969 (Wien 1919).
3 Zur Psychologie des Unheimlichen, Psychiat.-neurol. Wschr., vol. 8, 195 (1906). Jentsch influenzò notevolmente Freud per la stesura de Il perturbante.
4 ERNST JENTSCH, Sulla psicologia dell’Unheimliche, in La narrazione fantastica, diretta da Remo Ceserani, Lucio Lugnani, Gianluigi Goggi, Carla Benedetti, Emanuela Scarano , Pisa, Nistri-Lischi, 1983, p. 399.
[...] con la difficoltà di stabilire in maniera rapida e completa le connessioni di idee cui l'oggetto tende nell'ambito delle rappresentazioni [psichiche] dell'individuo e quindi con la difficoltà di stabilire il controllo dell'intelletto con la cosa nuova. Il cervello è spesso spaventato dal dover superare le resistenze che ostacolano l'inserimento al posto giusto, attraverso l'associazione, del fenomeno che è fonte di dubbio. Non ci meraviglieremo perciò se il misoneismo risulta più debole laddove queste resistenze sono minori, laddove l'attività associativa opportunamente indirizzata funziona in maniera particolarmente pronta e vivace o anche semplicemente in modo particolare (giovane età, alta intelligenza, costante avversione contro un modo equilibrato di giudicare e un modo corrispondente di reagire, come avviene per esempio nel carattere isterico).6
Esistono cose che siamo abituati a pensare e percepire come consuete, atti banali, verità conosciute dalla molteplicità di persone; se come ha fatto Jentsch riflettiamo sul sorgere del sole, nessuno mai si meraviglierà di questo, perché fa parte di tutta quella sfera di cose che consideriamo come ovvie; ma se andassimo in fondo alla questione e analizzassimo in modo preciso ciò che succede al sole nel suo sorgere, ci accorgeremmo che non dipende da esso ma dal movimento della Terra. Pertanto un approccio di questo tipo è in grado di generare perplessità.
La “connessione psichica” che si crea tra esperienza/noto/familiare e
sconosciuto/novità/stranezza presenta una fortissima correlazione, e l'insicurezza che provoca il secondo elemento, può dar luogo al perturbante. Certamente, se l'insicurezza o «la mancanza di orientamento» si trovano in alto grado, questo per lo più è causato dall'ignoranza che un individuo presenta, quindi quanto una persona può sapere. Infatti «certi stati d’animo di insicurezza psichica sorgono in maniera particolarmente facile se l’ignoranza è molto vistosa o se la percezione soggettiva dell’esitazione è particolarmente pronunciata».7 Jentsch riporta come caso più evidente il bambino, che «ha così poca esperienza che per lui le cose semplici possono non essere chiare e situazioni soltanto un poco complicate possono presentarsi come oscuri
6 Ibidem.
segreti».8 Dunque ciò che non è abituale è in grado di suscitare nell’uomo emozioni contrastanti, di insicurezza, ma «non è assolutamente necessario che i processi che generano dubbio debbano esprimersi in termini molto chiari per provocare la sensazione ben caratterizzata di insicurezza psichica»,9 al contrario molte persone, sebbene abbiano la consapevolezza di esser tratte in inganno da situazioni che di fatto sono innocue, non sono in grado di gestire l’emozione momentanea. Ad ogni modo, circostanze di questo genere possono «costituire la forma di transizione a quella incapacità generale di orientarsi che si manifesta nelle malattie psichiche».10
Nel suo saggio Jentsch tratta anche del fatto che questa sensazione perturbante può aver luogo altresì in situazioni in cui si è di fronte a copie perfette della forma umana, escamotage interessante utilizzato in letteratura per suscitare tale sentimento:
Il piacere di un’opera letteraria, di una pièce teatrale e così via, consiste in misura non scarsa nel fatto che tutte quelle emozioni cui sono soggetti i personaggi della pièce, del romanzo, di una ballata, sono condivise dal lettore o dallo spettatore. Nella vita non amiamo esporci a scosse emotive acute; a teatro o durante la lettura invece ci lasciamo volentieri scuotere in tale modo: proviamo così certe forti eccitazioni che suscitano in noi un forte sentimento vitale, senza doverci addossare le conseguenze di ciò che causa gli stati d’animo spiacevoli. La sensazione di tali eccitazioni sembra essere spesso direttamente legata in maniera fisiologica al piacere artistico. Per quanto possa suonare strano, sono forse soltanto poche le sensazioni che sono senza eccezione, per sé e in ogni circostanza, di ripugnanza. Quanto meno, l’arte può renderci in qualche modo piacevole la maggior parte delle emozioni.11
Determinati elementi, movenze particolari di un personaggio creato dalla fantasia di un autore possono divenire il perfetto espediente per suscitare nel lettore, o nel fruitore dell’opera d’arte in generale, effetti perturbanti; molti scrittori si sono avvalsi di questa metodologia di
8 Ibidem. 9 Ivi, p. 402. 10 Ivi, p. 403. 11 Ivi, p. 406.
scrittura, uno tra i tanti E.T.A. Hoffmann,12 nelle cui opere è presente l'effetto di perturbanza, e questo «oscuro sentimento di insicurezza [...] è uguale in tutto e per tutto alla tensione piena di dubbi creata in qualche modo da una situazione Unheimlich, ma attraverso l'abile manipolazione dell'autore esso è posto al servizio degli scopi della ricerca artistica».13 Oltre alla possibilità di provocare questo genere di sensazione mediante il particolare atteggiamento di un personaggio che tende a portare il pubblico nell'incertezza e nel dubbio, l'Unheimlich
[...] si può facilmente raggiungere se ci si mette a interpretare in termini fantastici o poetici una cosa priva di vita come parte di una creatura organica, e in particolare se ci si mette a interpretarla in termini antropomorfici. Così nell'oscurità una trave del tetto ricoperta di chiodi diventa la mascella di un animale da favola, un lago solitario diventa l'occhio gigantesco di una smorfia diabolica minacciosa. La fantasia, che ha sempre qualcosa di poetico, può talvolta creare con apparizioni innocue e in differenti dettagliatissime immagini terrificanti: fenomeno, questo, che si produce con tanto maggiore abbondanza quanto più debole è lo spirito critico e quanto più emotivamente colorato è lo sfondo psicologico del momento. Perciò donne, bambini e visionari soggiacciono con particolare facilità alle emozione dell'Unheimliche e al pericolo della visione di spiriti e spettri.14
Non sono esenti dal subire la sensazione perturbante nemmeno individui sotto l'effetto di droghe o psicofarmaci, giacché un qualsiasi oggetto o persona può essere trasformato e plasmato da una mente annebbiata, assumendo connotati disumani; e al contempo scrutare un individuo accecato dalla follia concorre a generare l'effetto. Lo psichiatra mette in luce altresì il metodo di
12 Ernst Theodor Amadeus Hoffmann (1776-1822), fu un narratore tedesco, ma anche compositore, direttore d’orchestra e magistrato. Esponente di spicco del Romanticismo, buona parte delle sue opere è attraversata da una sequela di “doppi”, partendo dall’esordio con Le avventure della notte di San Silvestro (1815-1816), racconto notevolmente influenzato dall’esperienza di Chamisso con il suo Schlemihl. Ritroviamo anche Gli elisir del diavolo (1815-1816), La principessa Brambilla (1820) e come ultimo esempio anche l’Uomo di sabbia (1816). Nel suo Io e
l’altro. Racconti fantastici sul Doppio (Torino, Einaudi, 2004), Guido Davico Bonino afferma che Hoffmann non fu
giudicato positivamente da Goethe, ma che fu molto apprezzato dai romantici francesi. Considerato sia da Jentsch che da Freud forse il miglior autore di racconti sul Doppio, nonché maestro indiscusso di questo genere di letteratura.
13 E. JENTSCH, Sulla psicologia dell’Unheimliche, cit., p. 407. 14 Ibidem.
rivelare, dopo pagine e pagine di incertezze e cose orribili, che tutto ciò che si è letto è semplicemente frutto di un sogno, espediente peraltro ampiamente utilizzato anche nel cinema.15
Precedentemente è stato trattato il fenomeno concernente le credenze, dove i popoli primitivi avevano fede in particolari simboli o manifestazioni di esseri. Allo stesso modo «il selvaggio popola il suo ambiente di demoni, i bambini piccoli parlano con tutta serietà con una sedia, con il loro cucchiaio, con un vecchio straccio e così via»,16 creando autonomamente bizzarrie:
Non è perciò strano che quel che l'uomo stesso ha messo di suo nelle cose cominci a un certo punto a sua volta a spaventarlo, e che egli non sia in grado di scacciare dalla sua testa gli spiriti che la sua testa ha creato. Questa impotenza provoca con facilità la sensazione di essere minacciati da un qualcosa di sconosciuto, di incomprensibile, che all'individuo risulta enigmatico nella stessa misura in cui la sua psiche gli risulta invece ovvia. Ma se esiste una grande capacità di orientarsi nei processi psichici e una sufficiente sicurezza nel giudicare i processi del mondo esterno, allora e, beninteso, nell'ambito di rapporti psicofisiologici normali, le condizioni descritte non potranno mai darsi.17