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L’ALTRO NEL CINEMA

IV.2. Lo studente di Praga

Il primo esempio degno di nota è costituito da un film muto tedesco del 1913 (già citato precedentemente), Lo studente di Praga (Der Student von Prag) del danese Stellan Rye, il cui

soggetto è di Hanns Heinz Ewers. Prima del capolavoro di Ewers la questione della duplicità è stata affrontata grazie ad altre esperienze cinematografiche già nel 1898; sempre Fusillo nel suo saggio menziona l'apporto francese alla tematica con La caverna Maledetta (Le caverne

maudite), Sdoppiamento cabalistico (Dedoublement cabalistique) di Méliès, mentre sul fronte

inglese abbiamo Il fantasma (The Ghost) di Smith. «Da questa fase aurorale fino ai giorni nostri, il doppio - includendovi tutte le varianti dell'identità sdoppiata - è uno dei temi più amati dal linguaggio cinematografico, presente in tutti i suoi generi e in tutte le sue aree [...]».1

Paul Wegener, uno tra i migliori attori del cinema espressionista di matrice tedesca, è stato in grado di restituire attraverso la recitazione e l'esposizione multipla un tema pregno di significato. Lo studente di Praga in nemmeno un’ora di proiezione ha esposto una tematica profonda quale è quella dello sdoppiamento proveniente da un’antica tradizione letteraria. La metodologia cinematografica ha potuto rendere visivamente e oggettivamente quell'immagine che il lettore è abituato a creare con la fantasia; ne consegue che «il cinema, che per tanti aspetti ricorda il meccanismo del sogno, può esprimere in un linguaggio figurativo chiaro ed evidente, facilitandone così la comprensione, anche certi fatti psicologici e relazioni che il poeta spesso non può esprimere chiaramente con parole».2

Hoffmann, chiaramente influenzato da Schlemihl, aveva creato il suo Spikher, particolarmente affine al personaggio uscito dalla penna di Chamisso. Entrambi vittime di una perdita, diventano così legati da un filo rosso a Baldovino.

In questo senso, il protagonista de Lo studente di Praga viene inserito in una vicenda sicuramente più affine a quella di Erasmo Spikher, in cui avviene la privazione dell'immagine e del riflesso. Sempre di perdita però si tratta. Ma se Peter ed Erasmo al termine della loro storia si mettono alla ricerca di ciò che non hanno più, lo spadaccino praghese non è più in grado di

                                                                                                                         

1 M.FUSILLO,L’altro e lo stesso, cit., p. 153. 2 O.RANK, Il doppio, cit., p. 16.

liberarsene. Il doppio di Baldovino assume i caratteri della persecuzione, elemento significativo nella duplicazione. L'aspetto cinematografico da questo punto di vista ha sicuramente la meglio. L'atteggiamento persecutorio si palesa efficacemente grazie al fatto che il doppio assume una consistenza autonoma: Baldovino lo vede effettivamente.

Il film si apre con l'immagine di Baldovino, studente di Praga appunto, che presenta il medesimo problema che affliggeva Schlemihl: la mancanza di denaro; vediamo immediatamente il protagonista in una situazione di «isolamento rispetto alla collettività dei suoi compagni in festa: questa dissonanza fra il protagonista e l'universo sociale è una costante ben radicata nel corpus del doppio, quasi a concretizzare l'origine dello sdoppiamento in un blocco narcisistico».3 Se però la risoluzione ai problemi di Schlemihl giunge gradualmente attraverso la figura dell'uomo in grigio, ne Lo studente di Praga la precaria situazione economica del protagonista viene sanata quasi sin dal principio.

L’uomo in grigio di Baldovino assume il nome di dottor Scapinelli, che si affaccia nel film proprio quando il protagonista si distacca dai propri compagni, «disgustato dalla vita dissoluta che conduce».4 Durante la conversazione con Scapinelli si assiste all’entrata in scena di una figura femminile, che incarnerà poi l'immagine amorosa: la contessa Margit di Schwarzenberg. Quest’ultima, in passeggiata con il cugino e futuro sposo che non ama (Barone Waldis-Schwarzenberg), ha un incidente e cade da cavallo finendo in acqua. Baldovino assiste alla scena e la salva, guadagnandosi la riconoscenza del padre della ragazza.

L'entrata nel vivo del film avviene nella scena successiva, quando il protagonista si trova di fronte allo specchio nella sua camera e inizia a simulare un combattimento con se stesso: già questa situazione è di per sé emblematica dal punto di vista dello sdoppiamento. Baldovino afferma di essere il miglior spadaccino di Praga. Un’altra frase, altrettanto significativa è la

                                                                                                                         

3 M.FUSILLO,L’altro e lo stesso, cit., p. 160. 4 O.RANK, Il doppio, cit., p. 16.

seguente: «posso anche essere conosciuto come Balduin, il miglior spadaccino, però, il mio vero nemico, è la mia immagine riflessa».5 Affermazione rivelatrice dal momento che, come sottolinea Fusillo, la scena è investita di un valore prolettico. Infatti è necessario tener presente che «lo scioglimento del plot dipenderà da un duello e sfocerà in un omicidio-suicidio, mentre da un punto di vista tematico condensa il narcisismo del protagonista».6

Dopo il fittizio duello allo specchio Baldovino va a trovare Margit ed apprende che la donna è promessa sposa del barone. Questo evento fa sprofondare il protagonista nella desolazione. Mancanza di denaro e mancanza d’amore rappresentano il disagio; ma, come per magia, nella sua stanza appare nuovamente il misterioso Scapinelli.

La proposta di Scapinelli è, non c'è dubbio, analoga a quella che l'uomo in grigio fa a Schlemihl. Baldovino è un povero e non può certo competere con il futuro sposo di Margit: ma Scapinelli ha la soluzione. Un borsellino pieno d'oro in cambio di qualcosa nella stanza del protagonista. La scelta di Scapinelli, avvenuto l'accordo, ricade sull'immagine riflessa di Baldovino.

Di fatto, non si può però parlare di un vero e proprio accordo, com’era avvenuto per lo Schlemihl, dal momento che quest’ultimo ben sapeva che avrebbe scambiato la propria ombra per denaro. Baldovino non sa che scambierà una parte di se stesso, dunque «più che vendersi al diavolo, subisce in realtà un furto d'identità».7 Un furto di cui gradualmente prenderà coscienza. Inizialmente Baldovino non ha la consapevolezza della gravità di questa cessione. Tutt’altro, come i suoi compagni di dualità, accoglie positivamente l'evento perché grazie allo scambio ha ottenuto ciò che bramava sin dal principio: il denaro che poi diventa anche il veicolo per raggiungere l'amore.

Per quanto riguarda la variante della dualità, più che con Chamisso l'analogia si manifesta

                                                                                                                         

5 Frase tratta dal film.

6 M.FUSILLO,L’altro e lo stesso, cit., p. 161. 7 Ivi, p. 163.

con Hoffmann, perché la cessione riguarda l'immagine riflessa, come per Spikher. Tematica antica quella del riflesso, che si intreccia con quella della duplicità. Incrocio che «si trova già nella cultura greca, che attribuiva allo specchio poteri perturbanti, ad esempio il riflettere di realtà latenti, mostruose; d'altronde lo specchio è sempre percepito come un "doppio asimmetrico della realtà”: un riflesso che in qualche modo la deforma».8

Il denaro proietta così Baldovino in una felice condizione di agiatezza: può finalmente entrare a far parte di una dimensione mondana. Incontra a una festa la bella contessa e le dichiara il proprio amore, nonostante quest’ultima non possa ricambiare in quanto promessa a un altro uomo. Qui fa la comparsa un nuovo personaggio, Lydiuschka: questa figura femminile è una ballerina che si scorge all'inizio del film e che inizia a spiare i due innamorati in segreto.

Dopo essersi congedato da Margit avviene il fatidico incontro: il doppio fa la sua apparizione di fronte agli occhi stupiti di Baldovino che «cade in un'angoscia totale, e si chiede se non si tratti di un sogno, finché il doppio scompare all'improvviso con un effetto di dissolvenza incrociata».9 Non c'è dubbio che questo primo incontro col doppio generi nel protagonista un forte senso di inquietudine (oltre al fatto di non riuscire più a specchiarsi), ma sembra che l'evento non scuota notevolmente l'animo di Baldovino.

La scena si sposta sulla contessina Margit, che viene avvisata da Lydiuschka del pericolo che correrà se andrà all'incontro con Baldovino. I due innamorati si vedono ancora. Questa volta lo scenario è diverso, quello tipicamente gotico del cimitero; qui Baldovino esprime ancora il proprio amore per la contessa, ma nel momento del bacio spunta nuovamente il doppio, producendo terrore negli occhi della donna che fugge via.

Nel frattempo Lydiuschka, venuta a conoscenza della relazione amorosa tra i due, informa il promesso sposo di Margit che vuole sfidare a duello Baldovino. Il padre della futura

                                                                                                                         

8 Ibidem. 9 Ivi, p. 164.

sposa, però, prega il protagonista di non uccidere il conte poiché egli è l'ultimo discendente a portare il nome della famiglia, e Baldovino acconsente.

Da questo punto in poi per lo spadaccino di Praga inizia il declino della propria esistenza, dal momento che il proprio doppio prende le parti di Baldovino e uccide egli stesso il conte. Chiaramente l'accaduto getta l'uomo nella disperazione, che affoga i propri dispiaceri nell'alcol e torna alla vita da studente che conduceva al principio del film.

Gli incontri con l'altro iniziano così a intensificarsi: emblematica è sicuramente la scena in cui Baldovino gioca a carte e il doppio fa la sua consueta apparizione. Due identità che si trovano l'una di fronte all'altra: il doppio squadra con ghigno malefico il protagonista, quasi a ricordargli che sarà sempre con lui.

Gli incontri proseguono diventando sempre più angoscianti e pian piano in Baldovino si insinua il delirio causato dalla persecuzione. Riusciamo a vedere un ultimo incontro amoroso prima della fine del film. Il protagonista si reca da Margit per dimostrarle la sua innocenza riguardo la morte del conte (il tutto avviene in una stanza in cui vi è uno specchio, dove ovviamente Baldovino non può riflettersi), ma l'immagine del doppio appare inaspettatamente facendo svenire la contessina.

A questo punto vi è un succedersi sempre più veloce della persecuzione del doppio, che si conclude poi nella casa di Baldovino, ormai sfinito dalla corsa per sfuggire al proprio Io. Esasperato dalle terribili circostanze, il protagonista prega il malefico Scapinelli di riprendersi i suoi soldi e di restituirgli la propria immagine. Nello stesso momento il doppio appare, quasi fosse lui il diavolo tentatore accecato dalla follia. Baldovino, determinato a voler concludere quel martirio, decide di uccidere il proprio doppio con una pistola: fatto questo, gioisce dell'accaduto ma presto realizza di aver sparato a se stesso.

straccia in pezzetti il contratto firmato da Baldovino. La scena si chiude con l’inquadratura sulla tomba del protagonista.

Il saggio rankiano (che non a caso si apre proprio con l’analisi del capolavoro di Ewers) mette in luce il fatto che il concetto di base in questo film è «che l'uomo è inevitabilmente legato al suo passato e che gli è fatale ogni tentativo di sfuggirgli».10 Secondo Rank il passato sarebbe simboleggiato proprio da quell'immagine riflessa che a causa del patto col diavolo viene smarrita. Un passato che rappresenta Baldovino studente, povero, squattrinato e stanco della sua vita. Il denaro sembra sempre essere alla base di questa prodigiosa forma di baratto, come ha peraltro dimostrato efficacemente Chamisso; di fatto Baldovino dichiara a Scapinelli che gli servirebbero dei soldi e magari anche una ricca ereditiera. La vita da studente non lo interessa più, Scapinelli arriva nel momento giusto, facendolo cadere nella rete del diavolo tentatore. Rank ricorda che anche la figura di Lydiuschka incarna il passato. Questo personaggio ha in realtà più rilievo di quanto si possa pensare. Ella è la rappresentazione di ciò che Baldovino disprezza e non vuole più, e quanto più il protagonista detesta la sua vita passata e cerca di accantonarla, più la donna inizia un'opera persecutoria.

Lydiuschka e il doppio sembrano avere allora una forte analogia, entrambi iniziano a frapporsi tra i due innamorati, dando vita insieme a uno dei tratti cardine della duplicità: l'impossibilità di amare. La persecuzione della zingara ha probabilmente ragion d'essere poiché ella prova qualcosa per Baldovino: quasi tutte le sue apparizioni avvengono nel momento in cui lo spadaccino è solo con Margit. È come se la ballerina e Margit rappresentassero un binomio di opposti. Una incarna il passato e l'amore che non c'è, mentre la seconda raffigura il presente e la possibilità dell'amore.

L'amore nel suo germogliare viene impedito dalla costante presenza di Lydiuschka che,

                                                                                                                         

tra l'altro, intima a Margit di non andare all'appuntamento con Baldovino e ostacola la loro relazione raccontando tutto al promesso sposo.

Baldovino all'inizio del film si osserva in uno specchio a grandezza naturale, affermando di essere il miglior spadaccino di Praga; ed è forse qui che risiede la sua incapacità di amare: contempla se stesso narcisisticamente, ma poi finisce per vendere proprio quell'immagine a cui, alla fine dei conti, non dà molta importanza. Il doppio rappresenterebbe «la proiezione di una parte del sé: la parte più arcaica della vita psichica, il narcisismo primario che tende alla connessione simbiotica e indifferenziata fra amante e amato, e vede in ogni relazione una minaccia di morte».11 Se il non avere più un riflesso sin dal principio appare una cosa di poco conto, più avanti non fa che accentuare il disagio; un disagio intimamente collegato alla considerazione sociale, come più volte sottolineato, anche questo è un tema portante nel motivo del doppio. Schlemihl e Spikher avevano il medesimo problema: che si tratti di mancato riflesso di privazione dell'ombra, la mancanza di una parte del sé sembra essere sinonimo di non rispettabilità, come del resto anche la questione della ricchezza.

Quello che doveva essere un fruttuoso affare si rivela poi un incubo. Quell'altro Io tanto detestato, facente parte di un passato non più voluto, dà inizio al presupposto persecutorio.12 Rank ha messo in luce il fatto che il Doppio «debba disturbare proprio solo “tutti i momenti di dolce incontro” con l'amata e che si renda visibile solo a lei e al protagonista. Il Doppio, inoltre, diventa tanto più terrificante quanto più intimo si fa il rapporto d'amore».13 Dapprima con l'apparizione in terrazza (dove Baldovino accenna un equilibrato stupore), poi con lo scenario gotico del cimitero ebraico (in cui l’Altro impedisce la consacrazione amorosa del bacio) e infine a casa di Margit, dove il doppio si manifesta dividendo definitivamente i due amanti.

                                                                                                                         

11 M. FUSILLO, L’altro e lo stesso, cit., p. 168.

12 La persecuzione si accentua sempre di più anche grazie ai cartelli che si insinuano tra le varie immagini, riportando citazioni di De Musset.

Interessante è inoltre l'analisi che Fusillo propone in merito a un'altra tematica che emerge nel film, quella dello snobismo. La bramosia di cambiare vita, la mancanza di denaro e il diabolico patto con Scapinelli portano Baldovino all'alienazione e alla perdita della propria identità. «L'apparizione del doppio sempre nell'abito da studente delle prime scene concretizza senz’altro una spinta narcisistica [...]: nell'interazione sociale l'io diventa sempre un altro, e nel caso specifico di Baldovino questo significa uno snaturamento totale».14

È indubbio che Lo studente di Praga – tra i primi apporti cinematografici al motivo del doppio – sia stato in grado di trasferire sulla pellicola tutte quelle manifestazioni psichiche che la produzione letteraria restituisce in modi differenti. Una sceneggiatura originale, partorita dal brillante Ewers, che ha poi avuto il merito di essere il film inaugurale del tema del doppio,15 mettendo in rilievo il «significativo problema del rapporto dell'uomo con il proprio io, qui rappresentato, nella sua deviazione, quale destino dell'individuo».16

IV.3. Psycho

«Ognuno di noi è stretto nella propria trappola, avvinghiato,

e non riesce mai a liberarsene… e mordiamo e graffiamo, ma solo l’aria, solo il nostro vicino e, con tutti i nostri sforzi, non ci spostiamo di un millimetro… Nella mia trappola, io ci sono nato e non me ne importa più niente, ormai…».17

La dualità non è e non può essere solo un fatto concreto; lo sdoppiamento dell’individuo può trasformarsi in qualcosa di impercettibile all’occhio umano. Può accadere che in un soggetto coabitino due realtà distinte, ma solo una di esse è celata all’interno: non sempre ciò che vediamo corrisponde alla realtà.

                                                                                                                         

14 M. FUSILLO, L’altro e lo stesso, cit., p. 169. 15 Lo afferma Ewers.

16 O.RANK, Il doppio, cit., p. 20. 17 Frase di Norman Bates nel film.

Anche nel cinema lo sdoppiamento ha avuto differenti esperienze: partendo dal caso iniziale costituito da Lo studente di Praga, datato 1913, passiamo poi a quello che potrebbe essere definito il film cult del cinema hitchcockiano, Psycho del 1960.18

Hitchcock non era partito dall’idea di produrre un film importante, al contrario voleva vedere se fosse possibile creare un lungometraggio nelle condizioni di un film per la televisione (lo testimonia il basso budget, di circa 800.000 dollari), e ci è riuscito.

Il maestro del brivido ha creato dunque questa singolare opera che affonda le sue radici nei meandri più oscuri dell’inconscio, riuscendo a trasporre figurativamente sulla pellicola la scissione di una personalità disturbata. Il personaggio di Norman Bates, interpretato con astuta maestria da Anthony Perkins, proviene dalla penna di Robert Bloch, che nel 1959 scrisse l’omonimo romanzo; ma Norman ha anche un corrispettivo con la realtà, in particolare con il

                                                                                                                         

18  Marion Crane ha un amante. Lei è impiegata in un’agenzia immobiliare di Phoenix, Arizona. Lui, un certo Sam, vende ferramenta in California. Il film si apre sul loro incontro clandestino in un motel, all’ora di pranzo. Di ritorno in ufficio, Marion deve depositare in banca l’ingente somma di 40.000 dollari. La tentazione di appropriarsene è forte: con quei soldi si potrebbe sposare con Sam. Marion prende la macchina e parte, col bottino, alla volta della California. La sera del secondo giorno, sorpresa da un violento temporale, si ferma nel motel di Norman Bates. Questi le mostra la stanza e la invita a cenare con lui. Rientra in casa e Marion lo sente litigare a voce alta con una donna. La voce femminile rimprovera Norman per aver invitato un’altra donna. Poco dopo il giovane ritorna con dei sandwiches e si lamenta della durezza della madre, una vecchia invalida che non ha il coraggio di lasciare sola. Marion si prepara per la notte ed è assalita dal rimorso per il furto. Si spoglia, entra nella doccia e viene orrendamente massacrata a pugnalate. Fuori campo si sentono nuovamente le voci di Norman e della madre: lui la accusa di aver fatto del male alla ignara cliente. Norman infatti accorre in soccorso di Marion ma la trova ormai morta. Dopo aver pulito con cura ogni cosa, carica il corpo in macchina e lo getta nello stagno vicino. Intanto a Phoenix si accorgono del furto e la notizia mette in ansia Lila, la sorella di Marion. La donna raggiunge Sam in California ma anch’egli ignora tutto della sua amante. Contemporaneamente giunge anche Arbogast, un detective assunto dalla compagnia d’assicurazioni per ritrovare il denaro. Le sue ricerche negli alberghi lungo la strada lo portano al motel di Bates dove scopre la registrazione di Marion. Insospettito dai dinieghi di Norman ne vorrebbe interrogare la madre e si introduce di nascosto nella vecchia casa. Mentre sale le scale è assalito e accoltellato. Sam e Lila non vedendo più tornare Arbogast rintracciano il motel e apprendono dallo sceriffo che la vecchia Bates è morta da almeno dieci anni. Mentre Sam distrae Norman, Lila si intrufola in casa. Bates si accorge del raggiro e stordisce Sam ma non può impedire che Lila scopra il cadavere, mummificato, della vecchia madre. Dal buio qualcuno si precipita su Lila brandendo un coltello. È Norman truccato da donna, in preda a una evidente crisi di sdoppiamento della personalità. Per fortuna Sam si è ripreso e ferma la mano dell’omicida. Portato alla polizia, Norman viene visitato da uno psichiatra che spiega come il ragazzo, rimasto orfano a cinque anni, preda di una madre egocentrica e possessiva, abbia perso il senno. Dalla conversazione con il maniaco emerge un’altra verità: quando la madre si mise con un altro uomo, Norman uccise entrambi con la stricnina e poi, lacerato dal rimorso, fece rivivere la donna con la sua seconda personalità. Questo trauma lo spinge – o più esattamente spinge una parte