2. Funzione
3.1. Erogazioni liberali
Nel valutare il regime agevolativo previsto per le erogazioni liberali salta im- mediatamente all’occhio la diseguaglianza che intercorre tra il mecenate per- sona fisica o ente non commerciale e il mecenate impresa, infatti, mentre i primi, soggetti a IRPEF, “risparmiano” il 19 per cento della donazione me- diante detrazione dall’imposta lorda, i titolari di redditi soggetti a IRES rispar- miano il 24 per cento mediante la totale deduzione dall’imponibile delle spese destinate alle erogazioni83.
Indubbiamente, il legislatore preferisce agevolare le donazioni provenienti dalle imprese piuttosto che quelle individuali. Contestualmente i dati si mo- strano in linea con ciò. I numeri più aggiornati sono quelli risalenti al 2019, e provano un numero di donazioni effettuato dalle imprese decisamente più ele- vato rispetto a quello dei “privati”. Nell’anno 2019, per quanto riguarda l’applicazione dell’art. 100, comma 2 lettera m del TUIR, l'importo comples- sivo delle erogazioni liberali in base alle dichiarazioni effettuate dai beneficiari è stato di € 18.592.686,00. Nello stesso anno, il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ha registrato, in applicazione dell'art. 15 lettera h del TUIR, erogazioni liberali per € 714.871,14. Inoltre va osservato che tra i sog- getti erogatori beneficianti della detrazione del 19 per cento, i principali dona- tori sono le grandi fondazioni bancarie84.
82Commento a sentenza della Corte Costituzionale n. 346 del 2003, M. Annecchino,
Osservazioni sulla costituzionalità dell’esenzione riconosciuta ai proprietari di immobili vincolati,
in Il Foro Italiano, 2004, pag. 3288 e ss.
83S. Lucia, Proposte fiscali per la valorizzazione del patrimonio culturale, in Corriere Tribu-
tario, 2014, pag. 489 e ss..
84Circolare n. 97 del 15 dicembre 2020 DG-BI: Esiti relativi all’applicazione dell’art. 100,
comma 2, lettera m) e dell’art. 15 lettera h) del D.P.R. n. 917/1986 (T.U.I.R.) anno 2019,
Particolare attenzione va posta in riferimento alle fondazioni bancarie. Esse sono delle vere e proprie istituzioni filantropiche senza scopi lucrativi che de- stinano ingenti risorse al settore dei beni culturali85 ma che sono state oggetto
di critica, su più fronti. Secondo alcuni le loro donazioni sono puramente stru- mentali e l’incremento apportato dal loro contributo è apparente, dal mo- mento che sarebbe comunque stato destinato alla cultura ma viene fatto passare per l’art 15 del TUIR al solo fine di giovare della detrazione86. Altri poi, riten-
gono che non sempre le scelte di intervento compiute da tali enti siano volte ai veri bisogni della cultura ma, piuttosto, siano decisioni dipendenti dagli inte- ressi dei solidi e immobili “gruppi dirigenti”, capaci di influenzare incisiva- mente le politiche culturali del territorio cui appartengono87. L’opinione di chi
scrive è nel senso che il fine e il movente non possono condizionarsi l’un l’altro e confluire nel medesimo giudizio; perciò è irrilevante la scarsa bontà del mo- tivo dell’atto quando il fine che raggiunge è positivo. Anzi, consapevole della parvenza di cinismo che ne deriva, ritengo che, in considerazione della princi- pale funzione di attrazione di risorse finanziarie che le agevolazioni sulle dona- zioni svolgono, sia preferibile una massiccia erogazione mossa da subdoli motivi piuttosto che uno scarso contributo derivante da nobili cause.
Tornando alla questione della discrasia tra le agevolazioni dei singoli e quelle delle imprese, appare a chi scrive che ciò sia dovuto a due fattori:
-vi è un’ampia differenza di capacità finanziaria tra i due che porta il legisla- tore a ritenere, giustamente, che le imprese siano più disposte a donare;
-dipende dalla tipologia di aliquota: fissa per i redditi IRES e variabile per quelli IRPEF. Rendendo deducibile la donazione per il singolo, questo po- trebbe arrivare a risparmiare sino al 43 per cento dell’imposta, ed anzi, è molto probabile che ciò avvenga visto e considerato che è altrettanto probabile che siano le persone più ingenti a destinare parte del loro reddito al settore cultu- rale.
Vien da chiedersi se un aumento dell’aliquota agevolativa sarebbe in grado di aumentare l’ammontare delle donazioni. A tal riguardo, stando ai dati emersi dalla ricerca compiuta dalla Associazione Civita del 2009, il 48 per cento dei donatori, si dice disposto ad incrementare di circa il 55 per cento la somma of-
85F. Pistolesi, Il ruolo delle agevolazioni fiscali nella gestione dei beni culturali in tempi di
crisi, 2014, pag. 1211 e ss.
86P. A. Valentino, Fiscalità e mecenatismo culturale, Ufficio studi Ministero dei Beni e delle
Attivita culturali, 2010, urly.it/3cqvm .
87G. Severini, Il patrimonio culturale e il concorso dei privati alla sua valorizzazione, 2015, pag. 322 e ss.
ferta se la detraibilità dell’imposta fosse pari al 50 per cento88. Facendo un sem-
plice calcolo ci si accorge che non sarebbe una scelta strategica. Supponiamo che il donatore allo stato attuale doni 100 euro, ciò vorrebbe dire che grave- rebbe sul fisco un importo pari a 19 euro. Se tale donatore donasse 155 euro, e, di contro, lo stato dovesse partecipare per il 50 % vorrebbe dire che l’inter- vento del fisco sarebbe pari a 75 euro. Ovviamente è sconveniente perché vor- rebbe dire che 5o euro in più, costerebbero alla collettività 66 €.
Certamente sarebbe favorevole nell’ambito delle erogazioni, una politica volta ad includere maggiormente i privati, puntando non tanto sull’ammontare dei loro contributi ma sul numero di questi. A tal riguardo sarebbe utile pro- spettare una facilitazione burocratica dell’operazione e una maggiore consape- volezza e attaccamento del singolo alla cultura con cui viene personalmente in contatto. Una proposta in tal senso, ai fini esemplificativi è quella di trattare le donazioni culturali come l’acquisto dei farmaci, perciò il contribuente po- trebbe dopo aver terminato la visita del museo, donare in contante la cifra che ritiene (sempre nel rispetto della norma antiriciclaggio sull’uso del contante) e contestualmente riceverne la ricevuta da utilizzare in sede di dichiarazione. L’autore dell’esempio appena riportato, nel proporlo, prende a dimostrazione l’abbazia di Westminster a Londra in cui è possibile trovare una busta gialla dentro la quale lasciare la propria donazione in contanti per poi ricevere a casa, dall’ente beneficiario, la ricevuta valida ai fini fiscali89.
In ultimo, occorre tenere a conto che uno degli effetti negativi dovuti all’intervento dei privati nella valorizzazione del patrimonio, attraverso il mezzo della donazione, è il rischio di svantaggiare il pluralismo culturale. In- fatti potrebbe accadere che eventi o interventi culturali più “popolari” e reddi- tizi attirino maggiormente verso di sé le donazioni, a discapito di aspetti culturali più complessi e magari meno apprezzabili dal neofita. Ne consegue che la parte agevolata, quindi la risorsa pubblica, verrebbe destinata in base a scelte effettuate dai singoli90.
88A. Valeri, Gli italiani e le donazioni per la cultura: una valutazione contingente , in Econo-
mia della Cultura, 2010, pag. 283 e ss..
89P. A. Valentino, Fiscalità e mecenatismo culturale, Ufficio studi Ministero dei Beni e delle
Attivita culturali, 2010, urly.it/3cqvm .
90F. Rimoli, La dimensione costituzionale del patrimonio culturale: spunti per una rilettura, 2016, pag. 505 e ss.