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Il legislatore ha precisato che quanto stabilito in relazione al deposito del lodo presso la Camera arbitrale non ha nulla a che fare con il deposito presso il tribunale

ex art. 825 c.p.c., necessario ai fini della esecutività del

lodo stesso.

In questo senso, infatti, l'art. 241, comma 10, c.c.p.,

ante novella del 2010, precisava che “resta ferma, ai fini della esecutività lodo, la disciplina contenuta nel codice di procedura civile”.

Non diverso è il senso dell'attuale art. 241, comma 10, c.c.p., il quale prevede che “il deposito del lodo effettuato

ai sensi dell'articolo 825 del codice di procedura civile è preceduto dal suo deposito presso la Camera arbitrale”, e

che l'originale del lodo è restituito alla parte “ai fini, degli

adempimenti di cui all'articolo 825 del codice di procedura civile”.

Pertanto, per quanto concerne la disciplina dell'esecutività del lodo arbitrale pronunciato all'esito dei giudizi arbitrali di cui agli artt. 241 e ss. c.c.p., ci si potrebbe limitare a rinviare alla disciplina di cui all’art. 825 del codice di rito238, non essendovi negli articoli del

238

Così dispone il primo comma dell’art. 825 c.p.c. dopo le modifiche apportate dal D. Lgs. N. 40 del 2006”La parte che intende fare eseguire il lodo nel territorio della Repubblica ne propone istanza depositando il lodo in originale, o in copia conforme, insieme con l'atto contenente la convenzione di arbitrato, in originale o in copia

Il lodo arbitrale e la sua impugnazione

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171 Codice dei contratti pubblici alcuna prescrizione

particolare.

Infatti, in materia di esecutività del lodo arbitrale, la disciplina è la stessa contenuta nel codice di rito laddove si stabilisce che il deposito del lodo, in originale o copia conforme, insieme con l’atto contenente la convenzione di arbitrato, nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione ha sede l’arbitrato serve a rendere esecutivo il lodo239.

Gli effetti del lodo arbitrale reso esecutivo sono equipollenti a quelli della sentenza del giudice togato passata in giudicato; è pertanto possibile proporre il giudizio di ottemperanza ex art. 27, n. 4, del Regio Decreto n. 1054 del 26 giugno 1924240.

Secondo quanto disposto dal primo comma dell’art. 825 c.p.c., il tribunale deve accertare la regolarità formale del lodo; tale indagine ha carattere sommario nel senso che i risultati di essa non pregiudicano l’esame che il giudice fosse chiamato a compiere in sede di impugnazione per nullità. Pertanto il tribunale non può mai spingere il suo esame sul merito della decisione ma la sua indagine deve limitarsi all’estrinseco del lodo e

conforme, nella cancelleria del tribunale nel cui circondario è la sede dell'arbitrato. Il tribunale, accertata la regolarità formale del lodo, lo dichiara esecutivo con decreto. Il lodo reso esecutivo è soggetto a trascrizione o annotazione, in tutti i casi nei quali sarebbe soggetta a trascrizione o annotazione la sentenza avente il medesimo contenuto”.

239

Il Tribunale procede, tuttavia, ad un mero controllo di regolarità formale del lodo accertando la presenza di tutti i requisiti previsti a pena di nullità (cfr. Cass., sent. n. 2601/1976).

240 Sul punto si veda una recente pronuncia dei giudici amministrativi del TAR Lazio, II Sezione, n. 4277 del 5 giugno 2006.

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172 accertare solo l’esistenza dei requisiti prescritti241. E’ da

ricordare che per gli arbitrati, sia liberi che amministrati, nella materia de qua, tra i requisiti prescritti soggetti al predetto controllo è l’avvenuto previo deposito del lodo presso la Camera arbitrale.

È necessario, tuttavia, chiarire un punto relativo al rapporto tra il deposito del lodo presso la Camera arbitrale e il controllo che il giudice dell'exequatur deve effettuare sulla regolarità formale del lodo per poterlo dichiarare esecutivo (art. 825, comma 1, c.p.c.).

La lettera dell'art. 825, comma 1, c.p.c. potrebbe indurre a credere che il controllo che il giudice

dell'exequatur deve effettuare in ordine alla regolarità

formale del lodo riguardi anche l'avvenuto deposito presso la Camera arbitrale e che, pertanto, sia anche e soprattutto a tal fine che la Camera deve rilasciare l'attestazione di avvenuto deposito.

Se si seguisse tale ordine di considerazioni, il tribunale, in assenza della attestazione di avvenuto deposito, non potrebbe omologare il lodo e quindi attribuirgli efficacia esecutiva.

In questa direzione si è espressa la stessa Camera arbitrale. Nel comunicato n. 18 del 10 gennaio 2006, la Camera arbitrale, nel dettare alcune regole concernenti le modalità operative per il deposito dei lodi, ha infatti stabilito che la segreteria della Camera arbitrale fornisce apposita attestazione del rispetto dell'art. 9, comma 4, del d.m.

241 In ordine all’ambito dell’indagine rimessa al tribunale nella predetta sede si veda Rascio N., in Diritto dell’arbitrato rituale, Torino, 2000, 267 ss.

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173 398/2000 “ai fini dell'accertamento della regolarità

formale del lodo in sede di richiesta di esecuzione (cfr. art. 825, comma 3, c.p.c.)”.

Quest'idea, tra l'altro, sembrerebbe essere coerente con la funzione assolta dal deposito del lodo presso la Camera arbitrale e con l'ambito della cognizione che si è soliti riservare al giudice dell'exequatur.

Il ragionamento da effettuarsi, infatti, potrebbe essere, nella sostanza, il seguente: dal momento che, secondo la tesi che prevale, la regolarità formale del lodo riguarda innanzitutto la sussistenza dei requisiti di cui all'art. 823, comma 2, c.p.c. e in particolare quindi anche la verifica della sottoscrizione del lodo242, e di tutto ciò che è indispensabile al fine di consentire al lodo di acquisire i suoi effetti tipici, e visto che nel sistema del codice dei contratti pubblici il deposito del lodo presso la Camera è elemento indispensabile per il perfezionamento del lodo, allora anche il deposito del lodo diviene requisito controllabile dal giudice in sede di exequatur.

Una seria ed insuperabile controindicazione rispetto a questo modo di ragionare consiste, tuttavia, nel rilievo che in tal modo si graverebbe il giudice dell'exequatur di una valutazione in molti casi estremamente difficile e per la

242

Boccagna S., L'impugnazione per nullità del lodo, I, Napoli 2005, 412; La China S., L'arbitrato. Il sistema e l'esperienza, II, Milano, 2004, 207; Punzi C., Disegno sistematico dell'arbitrato, op. cit., II, 117 ss.; Rascio N., La decisione, in AA.Vv., Diritto dell'arbitrato, III, a cura di Verde G., op. cit., 379 ss.; Ruffini G., Boccagna S., Art. 825. Deposito del lodo, in Codice di procedura civile commentato, III, a cura di Consolo C. e Luiso F. P., Milano, 2007, III, 5992 ss., spec. 5996; Verde G., Lineamenti di diritto dell'arbitrato, II, op. cit., 149.

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174 quale il procedimento immaginato dal legislatore in sede

di exequatur appare del tutto inadeguato.

Il problema, ovviamente, non si pone nel caso in cui il lodo presenti l'attestazione della Camera arbitrale, essendo in tal caso agevole per il giudice riscontrare tale attestazione, ma per tutti gli altri lodi carenti dell'attestazione. In tali casi, infatti, il giudice per potere concedere l'exequatur dovrebbe verificare che il lodo degli arbitri non esigeva per il proprio perfezionamento l'attestazione della Camera arbitrale.

Il lodo viene dichiarato esecutivo con decreto: il decreto del tribunale fa sussumere il lodo tra i comandi autoritari dello Stato, e cioè, lo fa diventare equipollente in

toto a sentenza e, quindi, produttivo di tutti gli effetti

giurisdizionali anche esecutivi ed esecutori.

Del deposito e del provvedimento del tribunale viene data comunicazione alle parti a cura della cancelleria nei modi stabiliti dall’art. 133 c.p.c. (art. 825, secondo comma, c.p.c.). Da tale comunicazione decorre il termine di trenta giorni per proporre avverso il decreto che concede o nega l’esecutorietà del lodo, reclamo mediante ricorso alla Corte d’appello, la quale, sentite le parti, provvede in camera di consiglio (art. 825, comma terzo, c.p.c.)243.

243 Tale previsione, introdotta dall’art. 23 del D. Lgs. n.40 del 2006, innova notevolmente la procedura sul punto. In precedenza, infatti, il reclamo era ammesso solo nei riguardi del decreto che negava l’esecutorietà. Ove fosse, invece, intervenuto il decreto positivo, soggetta ad impugnazione era direttamente la sentenza arbitrale. In secondo luogo il reclamo andava proposto davanti allo stesso tribunale in composizione collegiale del quale non poteva far parte il giudice che aveva emesso il provvedimento reclamato.

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