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Gli esposti: una strage di innocenti, tra segni di riconoscimento ed identità

CAPITOLO TERZO

6. Gli esposti: una strage di innocenti, tra segni di riconoscimento ed identità

ricostruite

L‟esposizione dei neonati segue una prassi sempre uguale, quale che sia la persona che si faccia carico di depositarli alla ruota, un anonimo, un genitore che si autodenuncia, confessando il proprio stato di indigenza, un‟ostetrica, o un passante caritatevole che dice di aver trovato il bambino per strada. Al suono del campanello che avverte della presenza di un neonato nella ruota, si procede alla registrazione delle sue generalità sugli appositi registri. Le prime cure sono di competenza della Direttrice e della Sopra balia, che provvedono anche alla sistemazione del bambino e, in assenza di attestazione, al loro battesimo. In una fase successiva, prima di procedere all‟assegnazione del baliatico, avviene la registrazione, con l‟applicazione al collo di una medaglia inamovibile che porta la lettera del Registro ed il numero di inserimento. Questa medaglia riveste un ruolo molto importante perché segna il legame, anche in termini giuridici, tra l‟esposto e l‟istituto. Essa, infatti, è portata al collo fino al giorno in cui sarebbe venuta a cessare la dipendenza degli esposti dall‟Ospizio, cioè in caso di morte, adozione o agnizione.

La massima attenzione e l‟ordine nella registrazione sono garanzia e tutela della ritrovata identità del trovatello, pur consistendo essa in un numero di serie progressivo ed in un nome spesso inventato301. Questi registri, finalizzati al controllo contabile delle spese, riassumono, tuttavia, la vita del gettatello e quanto lo lega alla società, dal giorno

superata l‟età , i trovatelli dovevano cercarsi un lavoro ed inserirsi in qualche modo nella società, allontanandosi definitivamente dall‟istituto di assistenza. In alcuni casi come a Pisa esistevano dei Conservatori, riservati a quelle fanciulle che o non avevano mai lasciato l‟istituto o erano state restituite dai tenutari”.

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dell‟esposizione fino a tutti gli spostamenti, compresi i pagamenti delle nutrici e degli allevatori.

Rosalinda nasce il 10 gennaio del 1794 ed alle otto della sera stessa viene esposta alla ruota dello Spedale dei Trovatelli di Pisa, ove riceve il battesimo. Muore pochi giorni dopo302. Non è un caso raro: gran parte dei bambini, infatti, andavano incontro alla medesima tragica sorte della piccola Rosalinda.

Dalla breve ricerca di archivio che ha preceduto il presente lavoro di tesi, a corredo di uno studio sulla storia del brefotrofio pisano, si è potuto constatare quanto i Registri dei Baliatici siano costellati da piccole croci, indicanti la scomparsa prematura del neonato. Soltanto pochissimi riescono a raggiungere l‟età dell‟emancipazione dalla tutela giuridica dell‟istituto, per accedere alla società attraverso il lavoro o il matrimonio. L‟alto tasso di mortalità tra gli esposti è conseguenza sia dell‟altrettanto elevato numero di abbandoni che delle difficili condizioni alla nascita. Il rischio di morte o di deperimento fisico, che all‟epoca era comunque molto elevato, lo era ancora di più in caso di abbandono sia per i bambini legittimi quanto soprattutto per gli illegittimi. Le precarie condizioni igienico- sanitarie delle strutture di accoglienza e la scarsa nutrizione, infine, contribuiscono a quello che viene definito dagli storici un infanticidio sociale, se non addirittura una strage degli innocenti303. L‟elevata mortalità, soprattutto se confrontata con quella dei bambini

302 ASP 2552, Registri di Baliatici e di esposti. Dal 1794 al 1818, c. 7:” Rosalinda di Pisa del dì 10 gennaio

1794 il dì 14 fù posta in ruota di questo Spedale da persone non conosciute a ore otto della sera e si è fatta battezzare in questo San Giovanni in detto nome; morta.”

303

A riguardo cfr. L. Gorni-M.Pellegrini, Un problema di storia sociale, cit., pag. 56; G. Da Molin,

L‟infanzia abbandonata in Italia nell‟età moderna: aspetti demografici di un problema, Bari, Università

degli Studi, 1981; D. Bolognesi- C.Giovannini, Gli esposti a Ravenna tra Sette e Ottocento, cit., pag. 317; M.A. Teti, L‟amministrazione della pubblica beneficenza in Calabria Ultra dal 1809 al 1830, in E. Sori,

Città e controllo sociale in Italia, cit.; V. Hunecke, I trovatelli di Milano, cit; citato anche in L. Trebbi, La “ruota” di via S. Maria, cit., pag. 160-161; C.Corsini, “Era piovuto dal cielo e la terra l‟aveva raccolto”,

cit.; S. Onger, Andrea Buffini e il dibattito su ruota e infanzia abbandonata nella Lombardia dell‟Ottocento, in Enfance abandonnée, cit., pag. 317; C. Corsini, “Era piovuto dal cielo e la terra l‟aveva raccolto”, cit.; J.P. Bardet- O.Faron, Bambini senza infanzia. Sull‟infanzia abbandonata in età moderna, in E. Becchi-D.

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non ricoverati, può dare misura delle misere e precarie condizioni di vita dei bambini. Questa arrivava a percentuali alte come il 62% per i bambini entro un anno di vita, ma restava notevole anche negli anni successivi304, a causa, oltre che delle già citate condizioni igieniche e alimentari, anche delle malattie e dei continui spostamenti per il baliatico o l‟affido.

Per i bambini malati, con malformazioni o invalidità, o in pericolo di vita, che non costituiscono fonte di reddito o forza-lavoro per i tenutari, le condizioni sono anche peggiori. Data la misera cifra elargita per il “mortorio”, ossia per le spese di tumulazione, il bambino invalido o malato, nemmeno da morto sarebbe stato redditizio per gli affidatari. Il suo destino era quello di restarsene in istituto e, se per caso trovava un affidatario, correva il rischio di essere abbandonato una seconda volta L‟Ospedale cerca in ogni caso persone, balie e custodi, disposti ad occuparsene305. I bambini che si fossero ammalati fuori dalla struttura avrebbero potuto tornarvi temporaneamente per ricevere le cure adeguate ed essere riconsegnati alle famiglie affidatarie.

Nei primi anni dell‟Ottocento la mortalità degli esposti resta molto elevata, a tal punto che gli amministratori stessi delle strutture parlano di “fatal resultato” o di “eccidio che non ha esempio nell‟istoria degli Ospedali306”. A titolo esemplificativo, si possono riportare dei dati statistici riguardanti lo Spedale dei Trovatelli di Pisa durante il dominio Napoleonico (1808-1814), oggetto di studio di Trebbi. Sui 2568 bambini esposti nell‟Ospedale dei Trovatelli ne muoiono precocemente 2099, circa l‟82, 3%, e di questi, 1588, cioè il 62,3%,

Julia ( a cura di), Storia dell‟infanzia dal Settecento a oggi; G.Da Molin(a cura di ), Senza famiglia, cit., Cacucci, 1997

304 L. Trebbi, La “ruota” di via S. Maria, cit., pag. 156

305 ASP 87, Fondo Ospedali Riuniti, c. 481. L‟articolo XXXIV del Regolamento del 1784 sottolinea quanto

l‟Ospedale dovesse preoccuparsi maggiormente di questi piccoli assistiti consegnandoli a custodi esteri con facoltà in questo caso al Commissario pro tempore di accrescere e di prorogare gli stipendi oltre alla quota, e tempi prescritti col debito riguardo all‟età, e stato di tali infelici, o all‟economia del Luogo Pio guardandosi soprattutto dal tenerli soverchiamente nello Spedale. Citato anche in cit anche in L. Trebbi, La “ruota” di

via S. Maria, cit., pag.158

306

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entro il primo anno di vita307. Il dato di maggiore fragilità è costituito dai lattanti, che spesso non sopravvivono al primo mese. Va sottolineata, inoltre, la differenza di mortalità tra i bambini collocati a baliatico esterno e quelli rimasti nel brefotrofio, che, rispetto ai primi, sono più vulnerabili, probabilmente per un mancato rispetto delle misure igienico- sanitarie indicate dai nuovi regolamenti e per la scarsità di balie sedentarie, oppure perché, come già accennato, a restare negli istituti sono spesso bambini già debilitati da malattie o malformazioni308. Per ridurre il tasso di mortalità vengono proposti sia un maggiore ricorso alle balie di campagna che il limite di due bambini ciascuna nutrice interna.

I bambini sopravvissuti restano comunque segnati a vita non solo fisicamente ma anche psicologicamente e socialmente per le deprivazioni affettive causate dai continui spostamenti e per l‟identità indelebile di trovatello309

.

Corsini riporta che circa l‟86,5% dei bambini entrati in istituto fu esposto il giorno della nascita310. È comprensibile che si tendesse a disfarsi del bambino appena nato per ragioni diverse: gli illegittimi vittime di vergogna o miseria; i legittimi per povertà, cattiva salute materna o anche bisogno di fruire del servizio assistenziale. In assenza di dati certi per i legittimi, si può supporre che lo fossero quei pochi bambini esposti relativamente tardi rispetto alla nascita. Tra le ragioni di questa dilazione dell‟abbandono si può immaginare il tentativo iniziale da parte della famiglia di provvedere con le proprie forze all‟allevamento del neonato, oppure che “il periodo intercorso tra la nascita e

307

L.Trebbi, La “ruota” di via S. Maria, cit., pag. 160

308 Ibidem. Ma, rapportando la lettura delle relazioni ufficiali del tempo allo stato finanziario della struttura è

facile intuire quanto le percentuali relative alla mortalità venissero manipolate allo scopo di sensibilizzare l‟interesse delle autorità preposte al sovvenzionamento dell‟istituto.

Landi, infatti, riferisce di relazioni inviate al prefetto circa la situazione nel quinquennio anteriore a 1809, nelle quali il tasso di mortalità raggiunge la soglia del 95%, percentuale che si abbassa notevolmente dopo un finanziamento.

309

L. Gorni-M.Pellegrini, Un problema di storia sociale., cit. pag. 56

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l‟affidamento all‟istituto sia quello necessario per l‟inoltro della domanda di beneficio di baliatico”311

. Un esempio può essere quello di Luisa Francesca, riconsegnata ai genitori a termine del baliatico312, o di Filippo che, nato il 10 settembre, viene accolto solo il 14 novembre dopo aver ricevuto la concessione di un anno di baliatico da parte dell‟amministrazione dell‟istituto313.

Le date di nascita sono ricavabili dai certificati di battesimo o dai bigliettini inseriti dalle madri tra i segni di riconoscimento lasciati per tutelare l‟identità del bambino.

In altri casi si fa coincidere la data di nascita con il giorno dell‟accoglimento, oppure, come nel caso milanese studiato da Hunecke , l‟età veniva definita dai medici che visitavano i piccoli arrivati314. L‟esposizione è, comunque, quasi sempre molto precoce. Indizio, questo, che anche il ricorso alla ruota e la ricerca del beneficio garantito dall‟istituzione assistenziale sono entrate a far parte di un costume abbastanza consolidato e considerate una sorta di diritto.

Tra la fine del Settecento e per tutto il XIX secolo, il fenomeno dell‟esposizione di neonati e bambini raggiunge numeri preoccupanti per le istituzioni dell‟epoca.

Quelli che per gli studiosi sono soltanto dei dati celano storie di drammi familiari, legate a strappi affettivi, perdita d‟identità. Un trovatello, difatti, giunge alla ruota il più delle volte senza nessuna indicazione di quelle che possano essere le sue origini. Su di lui,

311

C. Corsini, “Era piovuto dal cielo e la terra l‟aveva raccolto”, cit., pag. 104

312 ASP 2554, Registri di Baliatici e di esposti, c. 400:” Luisa Francesca di Pisa de‟ 29 marzo 1808 n. 800

nata il 18 febbraio detto anno figlia legittima di Angiolo Anselmi di Pisa ottenne […] il beneficio di baliatico per mesi nove da decorrere da questo suddetto giorno. Il 12 dicembre fù consegnata la detta creatura s suoi genitori.”

313 ASP 2551, Registri di Baliatici e di esposti. Dal 1784 al 1818, c. 145:” Filippo del dì 14 novembre 1785

n. 289 fù posto in Ruota da Luigi Trasieri di Lucca abitante in Pisa suo legittimo padre nato sino sotto dì 10 settembre da Caterina del fù Domenico Barontini sua moglie ambi della Cura di San Paolo all‟Orto, ed attesta l‟impotenza della madre e la miserabilità di farlo allattare si è ricevuto l‟ordine dell‟Ill.mo Sig. Commissario da pagarseli il baliatico per un anno come dai recapiti in filza. A dì 14 novembre a balia a Monna Lucia Moglie di Lorenzo Possenti di Asciano Commissariato de‟ Bagni di San Giuliano. Il 17 agosto del 1786 fu restituito a Caterina Trasieri madre[…]”

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quindi, pende a vita il marchio allora infamante di trovatello, senza un nome vero che non denunciasse a tutti il suo status di emarginato. In alcuni casi, i piccoli esposti recano con sé alcuni oggetti o immagini divisi a metà o brevi scritte su pezzetti di carta piegata. Piccoli, ma significativi indizi grazie ai quali si può risalire ad una paternità o maternità quindi non nascoste. Si tratta ovviamente per lo più di figli legittimi, eppure tra questi oggetti e scritte si possono leggere dei segni di speranza lasciati da madri illegittime per un ricongiungimento futuro. Bambini e bambine abbandonati senza storia né famiglia, spesso vengono esposti senza neanche un nome.

L‟istituto per l‟assistenza ai trovatelli, che sostituisce la famiglia, se non proprio in termini affettivi, comunque da un punto di vista giuridico e di responsabilità morale, ha l‟onere della costruzione della nuova identità del bambino, a partire dagli elementi base, un nome ed un cognome, che per molti anni non tacciono la condizione di esposto, contribuendo alla creazione di un‟immagine negativa del trovatello, il più delle volte associata a quella di illegittimo. Infine, il problema della filiazione e, di conseguenza, delle origini illegittime o presunte tali del bambino, costituiscono una chiave di lettura tanto del ruolo dei brefotrofi quanto dell‟iter di definizione e ridefinizione dell‟identità perduta-o nascosta- del trovatello. L‟idea che gli ospedali per esposti fossero esclusivamente destinati a bambini non riconosciuti dai legittimi genitori viene sfatata dai fatti documentati in archivio. Non è raro, infatti, per gli storici, avere avuto la possibilità di ricostruire e poter narrare le vite, seppur brevi, di alcuni piccoli ospiti dei brefotrofi. I registri delle strutture, libri de‟ projetti in alcune zone d‟Italia, recano sempre, infatti, giorno ed ora in cui viene depositato il neonato nella ruota; vi vengono segnate, inoltre, tutte quelle informazioni utili ad un suo eventuale riconoscimento, come certificato di battesimo, nome, segni di riconoscimento.

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“Aveva segno un foglio scritto colla preghiera di tenerla con cura, un breve, un piccolo orecchino d‟oro, una mezza medaglia d‟ottone infilata in cordino nero.-Vi fu trovato nelle fasce un foglio che diceva: Erminia figlia di legittimo matrimonio nata il 18 Febbraio, con madre priva di salute, con la speranza di riaverla-315”

Della piccola Erminia, infatti, conosciamo il nome e la vera data di nascita, oltre al fatto di avere due genitori legati da un “legittimo matrimonio”. E se viene affidata alla struttura assistenziale pisana è perchè la madre è ammalata, ma mantiene “la speranza di riaverla”. Queste informazioni sono tratte da un foglietto che accompagnava la bambina e ne raccomandava la massima cura, insieme ad un “piccolo orecchino d‟oro, una mezza medaglia d‟ottone infilata in cordino nero”: oggetti dimezzati che recano la speranza di un ricongiungimento tra la madre ed il figlio. Sono i segnali di riconoscimento, usanza diffusa tra chi abbandonava i piccoli alla ruota. Corsini attribuisce ai segni che accompagnano i gettatelli, a prescindere dalla forma o dal materiale di cui è fatto, una valenza culturale316. Molti bambini vengono lasciati nelle ruote con qualche oggetto particolare come una medaglia, l‟immagine di un santo, un biglietto in cui si informa dell‟avvenuto battesimo e la precisazione del nome. Le amministrazioni dei brefotrofi hanno il compito di annotarli, oltre al numero d‟ordine della registrazione negli atti d‟ingresso, come “potenziali elementi di riconoscimento” 317

. Si ritiene, infatti, che essi indicassero la volontà, come la madre di Erminia, di rintracciare un giorno i propri figli. Oppure, il metodo di apporre questi segni sembra “fosse adottato da parecchie madri legittime, che poi si presentavano agli istituti come nutrici mercenarie per ottenere i

315 cfr. A. Palombarini, Sedotte e abbandonati. , cit. Il documento, riportato, invece, è presente in AS di

Pisa e viene anche citato in L. Trebbi, La “ruota” di via S. Maria, cit., pag.107. ASP 2554, Registri di

Baliatici e di esposti, c.n.n.

316 C. Corsini, Una “inondante scostumatezza”., cit., pag. 17

317 A. Palombarini, Gettatelli.I bambini abbandonati in Ancona in età moderna, in G. da Molin(a cura di),

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figlioletti a baliatico esterno”318. Quelli che Grandi definisce “viatico verso una potenziale

identità”319

sono interpretabili anche come oggetti dal valore simbolico, tra il magico e il

religioso, per accompagnare il bambino in un viaggio che era per lo più “senza ritorno”320 . Resta, tuttavia, ancora difficile attribuirne un‟interpretazione univoca. Nel suo saggio sull‟argomento, Renzetti espone le due tesi legate al possibile significato dei segnali di agnizione. La prima, che vede nell‟abbandono una scelta drastica e dolorosa, legge il segno come uno strumento, emotivamente fondato, per evitare che la rottura del legame madre-figlio possa essere definitiva. La seconda, invece, vi intravede un comportamento non arbitrario ma condizionato dalla società, in contraddizione con il significato dell‟abbandono come atto legittimato per evitare la condanna morale. Il segnale viene visto come uno strumento di aggregazione, utile allo scopo di introdurre il bambino nel mondo e nella società, “al pari dell‟imposizione del nome e del battesimo”321

. Per questo l‟apposizione di un segnale, spesso scelto secondo criteri stereotipati o privi della possibilità di essere ricongiunto con l‟altra metà, non avrebbe un solo significato, ma diventa una delle possibili manifestazioni di quel cerimoniale previsto “per il passaggio obbligato dal naturale al culturale, passaggio che l‟abbandono attiva in modo brusco rispetto alla norma, ma che comunque deve avvenire”322

.

Questi segni, siano pegni di un futuro migliore o talismani per entrare nel mondo, sono l‟unico corredo del bambino abbandonato e recano le uniche informazioni sulla sua

318 L. Gorni-M.Pellegrini., Un problema di storia sociale., cit., pag.12; L. Trebbi, La “ruota” di via S.

Maria, cit., pag. 109-110

319 C. Grandi, Il segno del segreto, in C. Grandi(a cura di), Benedetto chi ti porta, maledetto chi ti manda,

cit, citato in A. Palombarini, Gettatelli, cit., pag. 68.

320 A riguardo cfr. F. Doriguzzi, I messaggi dell‟abbandono: bambini esposti a Torino nel „700, in Quaderni

storici, 53, 1983; G. Andreotti, I contrassegni degli esposti. Forme di una sensibilità magico-religiosa nel

Polesine del secondo Ottocento in C. Grandi(a cura di), Benedetto chi ti porta, cit.; E. Renzetti, Il segno degli esposti, in C. Grandi(a cura di), Benedetto chi ti porta, cit.

321 E. Renzetti, Il segno degli esposti, cit., pag. 24 322

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identità, costituendo perciò un discrimine, un limite sottile, come scrive Corsini, “nel sistema di opposizione tra legittimo e illegittimo, conosciuto e sconosciuto”323

. Secondo lo studioso, i segni di riconoscimento andrebbero dunque intesi come “strumento di identificazione, come mezzo per riportare in seguito alla luce uno status che è stato

momentaneamente occultato”324

. Lo status di figlio legittimo. Di Erminia, infatti, si sa soprattutto che è frutto di un‟unione legittimata dal sacro vincolo del matrimonio, anche se non si conosce l‟identità genitoriale. Questo sembra essere tollerato, però, dalle amministrazioni dei brefotrofi, nonostante che molti genitori cercassero di riprendersi i figli non alle scadenze previste dal regolamento, spesso solo dodici mesi, ma quando le loro condizioni economiche lo avrebbero permesso325. A Pisa, ad esempio, sui 2568 esposti registrati negli anni della dominazione francese, solo 164 avevano dei segni di riconoscimento che, tuttavia, non sempre sono stati conservati nei volumi delle Giustificazioni di baliatico, diversamente dal brefotrofio di Milano, dove viene adottata la pratica di allegare i segni di riconoscimento agli atti di ingresso o ai processi di esposizione.326 Nell‟ospedale milanese i segni sono custoditi con cura per evitare la perdita dell‟identità del piccolo esposto, identità che poteva essere letteralmente legata ad un filo alla cui estremità era fissata una mezza medaglietta, una mezza monetina, un cuoricino, un foglio di carta, una santina.

323 C. Corsini, Una “inondante scostumatezza”, cit., pag. 17 324

Ibidem

325

D. Lombardi, Padri e madri: una questione di responsabilità, in (a cura di D. Lombardi), “Ricerche storiche”, cit., pag. 219

326 In questo caso, Hunecke descrive il metodo inventato dal Buffini, ossia fissare i segni con spilli invece

che con ceralacca per evitarne lo smarrimento. V. Hunecke, I trovatelli di Milano., cit., pag. 61; L. Trebbi,

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All‟atto del battesimo a quei piccoli abbandonati senza alcuna identità vengono imposti un nome ed un cognome327. E se il nome lascia sfogo alla fantasia del funzionario incaricato,

d‟altra parte, invece, ogni bambino ha come cognome Trovatello328, nell‟esempio pisano, altrimenti Trovato, Esposito, Degl‟Innocenti. La grande quantità di esposti, e quindi di nomi da assegnare, porta, però, come conseguenza, ad una composizione di nomi e cognomi che lascia spesso trasparire la condizione di gettatello.

Ogni istituzione segue i propri criteri. A Milano, ad esempio, le iniziali del nome e del cognome sono uguali329. A Firenze, invece, all‟Ospedale Degl‟Innocenti, l‟accorgimento