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La favola del figlio cambiato: dall’infanticidio all’abbandono

CAPITOLO SECONDO

2. La favola del figlio cambiato: dall’infanticidio all’abbandono

Il percorso tratteggiato nel precedente paragrafo, teso più a delineare una storia dell‟immaginario collettivo sull‟abbandono, ha fatto riferimento indiscriminatamente a due atti in realtà molto differenti accomunati dalla violenta separazione della madre (e del padre) dal neonato. Sulla base di quest‟ultima analogia spesso infanticidio e abbandono sono stati sovrapposti e indicati come fenomeni gemelli legati alle medesime cause e condizioni. È Langer a vedere nel rifiuto e nell‟abbandono un preludio all‟infanticidio. Esporre, sia per strada che sul sagrato di una chiesa o nella ruota, un neonato ritarderebbe semplicemente la morte certa della creatura, estremamente debole e indifesa da stenti,

92 Cfr, E. Elli, La rappresentazione dell‟orfano nella letteratura italiana dell‟Ottocento, in C. Cenedella-L.

Giuliacci (a cura di), La vita fragile. Infanzia, disagi e assistenza nella Milano del lungo Ottocento, Milano, ed. Vita e Pensiero, 2013, pagg. 35-47

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freddo, fame e maltrattamenti. Fenomeno largamente diffuso, la rinuncia alla prole sarebbe interpretabile per Langer come una risposta popolare alla sovrappopolazione ed alle precarie condizioni socioeconomiche caratterizzanti diverse epoche storiche. Un fenomeno, tuttavia, condizionato, come si vedrà meglio in seguito, dalle politiche religiose e dall‟intervento dello Stato, finalizzati entrambi ad una ridefinizione del ruolo della famiglia ed a politiche nataliste favorevoli ad un incremento della popolazione94.

Sono studiosi come Hunecke a confutare questa analogia, discriminando i due fenomeni. Se l‟abbandono è un comportamento che vede l‟affidamento del neonato da parte dei genitori al destino o ad un‟istituzione assistenziale, l‟infanticidio è inequivocabilmente legato ad un fine delittuoso che prevede una parte attiva dei genitori nell‟uccisione del bambino. Analizzando il caso di Milano, lo studioso tedesco distingue i due fenomeni e nega il nesso che assegnerebbe alle madri indifferenza nei confronti dell‟abbandono del figlio, destinato a morte certa. L‟esposizione come atto obbligato, in assenza di alternative in una società che trova nell‟assistenza agli esposti il solo ripiego alla miseria. Secondo la Di Bello, l‟abbandono non può essere assimilato all‟infanticidio per il solo fatto che l‟esposizione del neonato, magari accompagnata da segni di riconoscimento, legherebbe anche se con un filo sottile la madre al bambino nella vana speranza di un ricongiungimento futuro o, almeno, di una sopravvivenza95.

Grazie a questa sottile speranza, differenza resa sottile dalla realtà storica, che registra comunque un elevato tasso di mortalità tra i bambini affidati ai brefotrofi, l‟abbandono viene percepito come alternativa all‟infanticidio, soprattutto da quando vengono istituite le strutture adatte all‟accoglienza.

94 A riguardo cfr. G. Di Bello –P. Merigolo, Il rifiuto della maternità: l‟infanticidio in Italia dall‟Ottocento

ai giorni nostri, Edizioni ETS, Pisa, 1977, pag. 16; Langer, Infanticidio, cit. pagg. 225-227; A. Santoni

Rogiu, Introduzione a, J. H. Pestalozzi, Sull‟infanticidio, a cura di G. Di Bello, Milano, La Nuova Italia, 1999, pagg. VIII-X

95 Cfr. V. Hunecke, I trovatelli di Milano, Bologna, Il Mulino, 1990; pagg. 30-34; citate anche da G. Di

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Diventa interessante, quindi comprendere quali siano stati i passaggi evolutivi che hanno portato l‟infanticidio dall‟essere una pratica socialmente accettata ad un nefando crimine da punire con pene esemplari ed estreme.

Il racconto della triste storia di Lucia Cremonini, madre assassina condannata alla pena capitale dal tribunale bolognese nel 1709, è spunto di ricerca ed analisi del tema dell‟infanticidio e dell‟evoluzione nella storia. Adriano Prosperi, in Dare l‟anima (2005) analizza il fenomeno nella sua complessità, “misto di orrore e di attrazione96”, in un percorso diacronico e tematico che porta l‟uccisione del figlio appena nato ad essere percepita ora come ossessione ed atto di accusa per gruppi sociali e religiosi, ora come pratica sociale, finalmente come reato. Una dialettica tra politica, sociologia, giurisprudenza e religione che fa dell‟infanticidio un‟arma, strumento di esclusione sociale, se non di vera e propria persecuzione, la cui punizione con atroci torture e con la morte si erge a bandiera per la tutela della famiglia istituzionalizzata, con conseguenti danni per la prole naturale. Dietro la soppressione di un figlio indesiderato, e le cause che spingono a questo gesto, si legge la storia di una società, della famiglia, di uno Stato e di una Chiesa sempre più partecipi della quotidianità umana.

L‟accusa di infanticidio letta come infamia per gruppi di persone legate da credo religioso- o politico- è legata anche a rituali cannibalistici. Rapire bambino, ucciderlo, berne il sangue e cibarsi della sua carne è l‟esecrabile gesto di cui sono stati accusati, in condizioni storiche diverse, cristiani, ebrei, eretici, streghe e, a distanza di secoli, comunisti e rom. Sorvolando su queste ultime due categorie, citate in questa sede solo per onor di cronaca, se ai primi cristiani fu addossato questo orrore in equivoco del rituale della comunione, gli ebrei ricevono analoghe accuse per presunti rapimenti di fanciulli cristiani per i sacrifici

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rituali della Pasqua ebraica97. Dal XIII secolo fino al periodo dell‟Inquisizione spagnola fioriscono i racconti di rapimenti e uccisioni di bambini ad opera di presunti ebrei sanguinari. È la reconquista di una cristianità che vuole il suo posto preminente di controllo della popolazione in Europa. Prosperi ricorda come l‟arte partecipa di queste tendenze citando il Miracolo dell‟ostia di Paolo Uccello o la novella dell‟abbadessa nei

Canterbury Tales Di G. Chaucer. E se un bambino battezzato rappresenta un cristiano in

più, allora le madri ebree che non battezzano ovviamente i loro figli diventano, nell‟immaginario europeo e cristiano, feroci madri sanguinarie98

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In un secondo momento, sarà la volta delle streghe. Figura dai contorni annebbiati, la strega-mammana è quella donna che si occupa e si preoccupa del parto di altre donne. È il caso citato da Prosperi di Bellezze Ursini, accusata di stregoneria e infanticidio dal tribunale romano nel 1527. Quella di Bellezze Ursini è una storia comune a tante altre donne travolte dalla caccia alle streghe. Depositarie di un‟arte della medicina a tradizione orale, queste donne aiutavano nella gravidanza, nel parto e, anche, nella decisione estrema dell‟aborto o del rifiuto della creatura. E se al mistero della nascita si vogliono attribuire virtù magiche, si può ben comprendere come dietro alla figura della strega si celasse quella più comune della levatrice. Fin dall‟antichità fu dato a questo mestiere un valore magico perché detentore del segreto legato a quell‟attimo che unisce la vita con la morte e

97 Sull‟argomento è opportuno ricordare anche: D. Julia, L‟infanzia agli inizi dell‟epoca moderna, in E.

Becchi- D. Julia (a cura di), Storia dell‟infanzia dal Settecento a oggi, cit., pag. 240-242: l‟autrice ricorda che è tra il XV e il XVI secolo che i processi contro gli ebrei per infanticidio rituale raggiungono l‟apogeo, grazie anche alla diffusione delle leggende del nino de la Guardia e del piccolo Simone di Trento. Dalle leggende e dall‟iconografia correlata gli ebrei vengono ritratti come cannibali sanguinari.D. Quaglioni, La

giustizia nel Medioevo e nella prima età moderna, Bologna, Il Mulino, 2004;A. Toaff, Pasque di sangue. Ebrei in Europa ed omicidi rituali., Bologna, Il Mulino, 2007; T. Caliò, La leggenda dell‟ebreo assassino. Percorsi di un raccont antiebraico dal medioevo ad oggi., Roma, Viella, 2007; A. Toaff, Pasque di sangue. Ebrei in Europa ed omicidi rituali., Bologna, Il Mulino, 2007. In particolare, Caliò vede nell‟istituzione del

culto di Simonino di Trento (caso di infanticidio di cui furono accusati gli ebrei) nel 1588 un esempio della popolarità della lotta antiebraica del tempo. (pag. 24). A sostegno della tesi, lo studioso cita due altri casi di accuse di infanticidio imputati ad ebrei: ad Asti nel 1553 e a Roma due anni più tardi, il caso di un bambino inchiodato in Campodoglio. Vengono inoltre citate agiografie di infanticidi ebraici del XVII secolo nelle quali si parla di martiri fanciulli a Iudaeis necati (pag. 31).

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viceversa. Nei tribunali dell‟inquisizione romana, ad esempio, l‟imputata Faustina Orsi viene indifferentemente appellata come strega o come ostetrica. Al di là di motivazioni esoteriche, Prosperi assegna giustamente alle levatici-streghe una valenza sociale, interpretando la loro figura come quella di donne poverissime che, in virtù della loro passata esperienza di madri, offrono il loro aiuto alle puerpere in cambio di denaro99. Sarà soltanto dopo il Concilio di Trento che la Chiesa vorrà accostare a sé la figura della levatrice, allontanando così la pratica ostetrica dal demonio ed attribuendole una rinnovata sacralità. La collaborazione di una levatrice con medici e parroci, infatti, poteva garantire alla chiesa maggior proselitismo tra la popolazione, soprattutto quando il rituale del battesimo viene posto come mezzo per la salvezza dell‟anima. Sarà in questo periodo, infatti, che si comincia a sottoporre le levatrici ad esami per valutare la possibilità di poter concedere loro la capacità di amministrare il sacramento del battesimo. Scrive Prosperi, infatti, che la collaborazione delle levatrici poteva essere preziosa per un clero al quale premeva sempre di più “garantire l‟amministrazione del battesimo in tutti i casi in cui il bambino rischiava di non sopravvivere.”100

Il peccato di infanticidio, corredato dai macabri accostamenti, ma praticato diffusamente, viene però presto a definirsi come reato punibile e punito aspramente dalla legge. Definire un anno spartiacque non è semplice operazione. Appare fuori di dubbio, tuttavia, che il XVIII secolo segna un periodo di grandi rivoluzioni sia, per come si è già visto in questa sede, per quel che riguarda la percezione dell‟infanzia in sé, sia per un rinnovato interesse delle istituzioni, già esistenti, per l‟infanzia abbandonata ed il ruolo dello Stato su di esse. Gli elementi che contribuiscono a tali cambiamenti sembrano riguardare un‟attenzione particolare alla riforma delle pene, una nuova condizione sociale della donna, la battaglia

99 A. Prosperi, Dare l‟anima., cit. , pag. 31 100

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in difesa della vita nascente condotta dalla Chiesa, le scoperte in campo medico e, non da ultimo, “l‟intervento statale per garantire la crescita demografica”101

. È merito della Chiesa se l‟assassinio della prole viene ad essere considerato, oltre che un‟esecrabile colpa, criticabile ma accettata, anche un crimine, con l‟aggravarsi della condizione della madre che fa “il suo ingresso come penitente in un campo che le apparteneva ma nel quale doveva trovarsi sempre più sola”102

. Langer ricorda come agli albori della cristianità come religione di Stato l‟infanticidio venisse etichettato come pratica pagana da non tollerare. Nel 318 infatti, Costantino lo inserisce nell‟elenco dei crimini e nel IV secolo spetterà agli imperatori Valentiniano, Valente e Graziano ascriverlo come reato punibile con la morte103. Tra le possibili cause lo studioso inserisce, oltre ad una comprensibile promozione di un atteggiamento più umano anche un disegno politico mirato al ripopolamento. Le difficili condizioni politico-sociali caratterizzanti gli ultimi secolo di un Impero romano oramai finito e per metà in declino rendono auspicabile un aumento della fecondità ed apre a tutte le nascite, anche quelle indesiderate. Ci si avvia verso una progressiva criminalizzazione dell‟infanticidio, da parte della Chiesa prima e dalla legge penale in un secondo momento. Nel Medio Evo, invece, l‟abbandono da parte di genitori poveri non veniva punito, era anzi accettato e giustificava la nascita di prime strutture che curavano l‟assistenza dei bambini104

. Con il passare dei secoli, la demonizzazione dell‟infanticidio come crimine diviene strumento adottato anche dallo Stato per un maggiore esercizio di controllo sulla popolazione. Prosperi, a riguardo cita il capitolare di Carlo Magno che lo equipara all‟omicidio, ma si possono elencare anche le pene assegnate

101 A. Prosperi, Dare l‟anima., cit. , pag. 47 102 Ivi, pag. 50

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Langer, Infanticidio, cit. pag. 226

104 Cfr. V. Hunecke, I trovatelli di Milano, cit.; A. Prosperi, Dare l‟anima., cit. , pag. 51: confutando la

veridicità del lascito per la fondazione di un ospedale milanese per trovatelli nel 787, lo storico, alla nota 20, fa comunque riferimento ad un documento, la Historia Mediolanensis di Landolfo Iuniore nel quale si descrive una struttura atta al ricovero di figli di genitori indigenti

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tra Quattro e Cinquecento alle donne cui il bambino era morto in circostanze misteriose: da un anno di penitenza e astinenza sessuale per le donne sposate alla pena capitale per le nubili. Era tuttavia, complicato stabilire il reale concorso di colpa nell‟omicidio del fantolino, non sempre era facile attestarne la premeditazione e assicurarsi che non si fosse trattato di uno dei più frequenti incidenti domestici: il soffocamento nel sonno. Nella maggior parte dei casi, infatti, per motivi legati alla praticità, allo spazio ed all‟insufficiente riscaldamento domestico, i neonati, anche quelli dati a balia, dormivano nel letto insieme ai genitori o alla nutrice: non era improbabile, quindi, che rischiassero di venire schiacciati o soffocati dai corpi degli adulti durante la notte. La morte nel letto è documentata come evento frequente, per cui a prevenzione di tali episodi, ad esempio, a Fiesole, nel 1500, si dispongono sanzioni pecuniarie per quei genitori che si coricano nel letto con il piccolo; a Firenze come nella Milano di Carlo Borromeo si promuove l‟utilizzo dell‟arcuccio o del cunico, ossia strumenti per separare genitori e bambini durante il sonno; in Austria fino al 1784 si proibiva l‟abitudine a dormire nel letto dei genitori fino ai cinque anni105. Quello che Prosperi definisce “l‟avanzare del potere politico nella zona della produzione umana” fa sì che in età moderna lo Stato inizi ad interessarsi di politiche demografiche e di famiglia. In uno Stato in costruzione, la sua legittimazione passa anche dall‟istituzione della famiglia, la cui unità va protetta e caldeggiata; l‟onore del territorio viene associato all‟onore della donna e del nucleo familiare, motivo per cui tutto ciò che mina la solidità di questa istituzione va eliminato o messo ai margini. L‟affermazione dello Stato moderno si associa, dunque, con l‟affermazione della famiglia legittima subordinata e controllata dal potere centrale. Vengono quindi create strutture d‟assistenza e di controllo per quelle “categorie pericolose o esposte a rischi: prostitute e trovatelli,

105 Langer, Infanticidio, cit. pagg. 229; M. Barbagli, Sotto lo stesso tetto. Mutamenti della famiglia in Italia

dal XV al XX secolo, Bologna, Il Mulino, 1984; C. Klapish-Zuber, La famiglia e le donne nel Rinascimento a Firenze, Roma, Laterza, 1988; A. Prosperi, Dare l‟anima., cit. , pag. 55

49 fanciulle nubili e donne vedove”106

. Vengono criminalizzati i rapporti fuori dal matrimonio. Viene ridefinito il concetto di filiazione. Gli atti processuali tra Tre e Cinquecento ritraggono il profilo delle madri assassine: oltre alle vedove, a prevalere sono le serve di casa107. Nel Settecento il fenomeno esplode letteralmente. Ad una liberalizzazione dei costumi sessuali fa seguito un aumento delle gravidanze indesiderate a danno delle serve. False promesse di matrimonio da parte di soldati e gli abusi da parte dei signori e dei loro rampolli aumentano il numero di parti che finiscono in omicidio o in abbandono108. Come si vedrà, è in questo periodo che le politiche centrali intervengono maggiormente sia sulla revisione del reato di stupro109, sia per limitare gli infanticidi che per incentivare il ricorso agli ospedali per trovatelli. Da un lato si esacerbano le pene per le infanticide e, contemporaneamente, si avvia alla responsabilizzazione della figura materna obbligando la denuncia dello stato di gravidanza, pena la morte. Pratica già in atto, del resto, in Francia dove la declaration de grossesse diventa legge nel 1556, con l‟editto di Enrico II110. Nel settembre del 1711, un‟ordinanza di Leopoldo di Lorena obbliga tutte le donne nubili o vedove rimaste incinte a dichiarare alle autorità locali il

106 cfr. A. Prosperi, Dare l‟anima., cit. , pagg. 55-61

107 Ibidem, pag. 65. Lo storico cita in nota anche: C. Povolo, Dal versante dell‟illegittimità, in L. Berlinguer-

F. Colao (a cura di), Crimine, giustizia e società veneta in età moderna, Milano, Giuffrè, 1989

108 A. Santono Rogiu, Introduzione a J. H. Pestalozzi, Sull‟infanticidio, a cura di G. Di Bello, Milano, La

Nuova Italia, 1999, pag. IX

109 cfr. G. Arrivo, Seduzioni, promesse, matrimoni. Il processo per stupro nella Toscana del

Settecento.,Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2000. L‟autrice ricostruisce l‟evoluzione dei processi per

stupro, la progressiva scomparsa della responsabilità del seduttore e l‟iter politico di riorganizzazione giudiziaria a riguardo operata dai Lorena in Toscana nel XVIII secolo. L‟argomento sarà approfondito nel par. 3 del presente capitolo.

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J.L. Flandrin, Amori contadini. Amore e sessualità nelle campagne della Francia dal XVI al XIX secolo., Milano, Mondadori, 1975,. A pag. 176 viene citato un brano dell‟Editto: “Essendo stati debitamente avvertiti d‟un delitto enorme & esecrabile, frequente nel nostro reame, cioè che numerose donne, dopo aver concepito Bambini disonestamente [….]mascherano, occultano & nascondono la loro gravidanza; & quando viene il tempo del loro parto & della liberazione del loro frutto, occultamente se ne liberano, poi lo soffocano e massacrano & altrimenti lo sopprimono, senza aver fatto loro impartire il santo Sacramento del Battesimo; fatto questo, lo gettano poi in luoghi segreti e immondi, o lo seppelliscono in terra profana, provandolo in tal modo della sepoltura abituale ai Cristiani”.; cfr. anche D. Lombardi, Padri e madri: una questione di

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loro stato e l‟eventuale paternità111. Se per secoli l‟abbandono e l‟infanticidio vengono a costituire due pratiche sovrapponibili e complementari, nel momento in cui il secondo viene ascritto come reato l‟atto dell‟esposizione diventa un‟alternativa promossa anche dal potere centrale e dalle istituzioni religiose. Scrive Di Bello che “l‟infanzia abbandonata diviene, in Italia e in Europa, un soggetto privilegiato della carità ospedaliera112. Ma è nell‟età moderna fino a tutto il „700, come si vedrà nel capitolo successivo, che i brefotrofi conoscono la loro fase di massima diffusione. La ricerca storiografica ha raccontato le storie dei brefotrofi sparsi per tutto il territorio italiano ed europeo. Tra le finalità ricorre spesso quella di scongiurare la morte dei bambini abbandonati per strada dai genitori. A riguardo Di Bello cita le tavole di fondazione delle strutture assistenziali, tra cui quella dello Spedale degli Innocenti fiorentino, nato nel 1445. Strumento di carità adottato da queste strutture diviene la ruota, a garanzia dell‟anonimato dei genitori113

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