Nel precedente paragrafo si è accennato alla complessa articolazione del dibattito sulla storiografia. Se per Ariès l‟evoluzione dell‟infanzia porta all‟imposizione di un modello pedagogico punitivo e segregante, mentre per De Mause l‟evoluzione porta a risultati del tutto antitetici, quasi tutti gli autori sono comunque concordi nel tratteggiare un percorso evolutivo dello stato del bambino nella famiglia e nella società. Sono state descritte le diverse tipologie di approccio, uno legato ai sentimenti e il secondo allo sviluppo economico. In entrambi i casi, la storia dell‟infanzia viene ovviamente collegata alla storia
67 F. Cambi-L. Trisciuzzi, L‟infanzia nella società moderna., cit., pag.33 68 Ivi., 31
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della famiglia, come anche a quella della donna, nello specifico della madre70. Shorter, ad esempio, individua come momento di svolta quello della nascita dell‟amore materno, inteso come spontaneità ed empatia, che viene ad imporsi nella società non solo aristocratica o alto borghese dalla seconda metà del Settecento, quando prende piede anche la consuetudine dell‟allattamento materno a discapito del baliatico oltre all‟abbandono della pratica della fasciatura71
. Secondo lo storico, la società tradizionale e l‟alta mortalità infantile inibivano l‟istinto materno della donna, troppo impegnata sui campi anche per poter concedersi il dolore per la perdita di un figlio. Sarebbe anche l‟avvento di un nuovo modello economico oltre che culturale, a modificare il ritmo di lavoro e le economie familiari ed a regalare alle madri il tempo per le cure ai propri figli72. Questo, secondo l‟autore, verrebbe a costituire un momento importante anche per la formazione di quella che egli stesso ha definito una “nuova base emotiva” per la famiglia73.
Quello che sembra profilarsi, dunque, è un quadro -culturale e sociale- in cui attorno al bambino viene costruito, sempre da parte degli adulti, un nuovo mondo, fatto di affetti, segni e spazi. La riscoperta, o meglio l‟esternazione, di un amore genitoriale, più che altro materno, santificato da una lunga tradizione iconografica, troverebbe la sua concretizzazione anche nella fisionomia delle nuove case borghesi, in cui compare la cameretta privata per i bambini74. È un lungo percorso che trova il suo acme nel XVIII secolo, periodo che vede l‟infanzia indossare un habitus proprio, acquisire una propria individualità e significato.
70 Cfr. G. Di Bello –PAG. Merigolo, Il rifiuto della maternità: l‟infanticidio in Italia dall‟Ottocento ai
giorni nostri, Edizioni ETS, Pisa, 1977
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E. Shorter, Famiglia e civiltà. L‟evoluzione del matrimonio e il destino della famiglia nella società
occidentale, Milano, Rizzoli, 1978, pag. 176-177
72 Ivi, pagg. 163-167
73 Ivi, pag. 163
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Il bambino, foriero di futuro e speranze per l‟avvenire, diventa il primo mattone per una società nuova. Motivo questo, per cui, oltre ad una dinamica degli affetti che appare rinnovata75, viene assegnato un ruolo sempre più centrale all‟educazione ed alla formazione. La crescita dell‟uomo del domani è ora oggetto di attenzione e studio per gli adulti. Se, da un lato, la famiglia sembra scoprire le gioie e i dolori appartenenti alla sfera genitoriale, dall‟altro il figlio viene osservato, controllato, istruito ed istradato. Ariès, come altri studiosi, citano i celebri diari del dottor Heroard relativi alla cronaca del piccolo Luigi XIII. Esempio appartenente al secolo precedente e che non riesce a costituire un efficace paradigma per l‟ovvio motivo che si tratta della formazione di un futuro re, ma che viene comunque preso in considerazione per l‟interesse che suscitano negli adulti i progressi di un bambino, dai primi giochi ai vezzi.
A partire dal „700, le classi medie, messi i bambini al centro delle loro famiglie, innalzano un muro atto a privatizzare la vita loro da quella dei figli76. Secondo quanto teorizzato da Ariès, la vita di comunità tipica del mondo medievale verrebbe soffocata da quel lungo processo di moralizzazione della società, iniziato in epoca moderna-quando nasce anche il sentimento dell‟infanzia-. L‟educazione del fanciullo non sarebbe più un processo naturale, ma compito assegnato a istituzioni preposte.
L‟istruzione scolastica, legata al mondo dell‟infanzia, viene letta come ponte, fase di transito, tra la vita entro le mura domestiche- la stanza dei giochi- e la società degli adulti. L‟intento moralistico sposa il sentimento dell‟infanzia al fine di una rigida educazione del
bambino77. Cunningham sottolinea l‟importanza di questo cambiamento secondo la chiave
di lettura di matrice economica. Il bambino, infatti, nel percorso tra XVI e XIX secolo, da risorsa a breve termine, ossia sfruttamento di manodopera, riceve dagli adulti aspettative
75 F. Cambi- S. Ulivieri, Storia dell‟infanzia nell‟Italia liberale, cit, pag.12
76 P. Ariès, Padri e figli nell‟Europa medievale e moderna, cit.; H. Cunningham, Storia dell‟infanzia, cit.,
pag. 12
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diverse: l‟istruzione diviene strumento affinchè il figlio sia considerato una forma di investimento a lungo termine78. L‟educazione deve essere rigida, l‟educando viene separato dalla famiglia e dal mondo esterno per rientrarvi una volta adulto, solo dopo un duro percorso formativo79.
Il quadro appena tratteggiato, tuttavia, appare monco, in quanto ha come oggetto solo una fetta sociale dell‟infanzia. Stanze dei giochi, abiti su misura ed istruzione- per quanto dura e spesso punitiva- restano, nell‟ampio intervallo di tempo preso in esame, appannaggio di una ristretta cerchia sociale, composta dall‟aristocrazia e dalla emergente classe borghese. L‟infanzia controllata, punita e repressa, ma anche caricata di aspettative, altro non sarebbe che proiezione di una futura classe dirigente. Risulta difficile inserire, in questo quadro, un breve chiarimento di genere. Finora, infatti, si è descritta l‟infanzia come un fenomeno di per sé asessuato, senza distinguere tra bambine e bambine. Come si vedrà nei capitoli successivi, la vita delle bambine, soprattutto le trovatelle, era destinata all‟invisibilità se non alla segregazione. Invisibilità perché la bambina viene considerata una piccola donna oppure, quando nasce l‟idea dell‟infanzia, scompare dentro l‟immagine di bambino tout court. L‟abbigliamento e le acconciature infantili, infatti, fatti di ampie gonnelle e lunghi boccoli, hanno per molto tempo contribuito a disegnare un‟idea di infanzia asessuata. Ma anche quando educazione ed infanzia diventano centro di indagine, l‟attenzione sembra essere sempre declinata al maschile. Avviene la separazione di genere. Al di là dei soldatini o delle bambole, sia nel gioco che nell‟educazione, alla bambina si riserva una vita di sposa e madre a fianco di un nuovo modello di uomo: una figura complementare. Sofia per Emilio. Rousseau, nel forgiare la compagna ideale per il suo ideale di uomo, definisce le differenze di genere. “L‟uno dev‟essere attivo e forte, l‟altro
78 H. Cunningham, Storia dell‟infanzia, cit., pag. 102
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passivo e debole: necessariamente occorre che uno voglia e possa, l‟altro basta che resista poco80.” Se la donna è nata per accudire la casa e la famiglia, deve possedere doti diverse dall‟uomo, già visibili nel gioco con le bambole, ad esempio. Alle donne è data la grazia, la capacità di opinione, sensibilità e abilità di intuizione soprattutto per le piccole cose ed i particolari. Sofia avrà queste qualità e sarà educata secondo natura per essere compagna di una nuova idea di umanità.
Le riflessioni pedagogiche, le evoluzioni culturali che modificano la percezione del bambino, che da essere innocente diviene specchio di una società rinnovata, appartengono comunque solo ad una parte minoritaria della società. Il quadro sociale è ovviamente più complesso e tale sarà anche il mondo del bambino. Cambi, infatti, per quel che riguarda la tarda età moderna, parla di “infanzia di classe”81
, ossia della coesistenza di almeno tre concezioni diverse del bambino e del suo rapporto con il mondo degli adulti in base alle differenziazioni sociali. Accanto all‟infanzia aristocratico-borghese, stretta in quelle che lo studioso ha definito “catene dorate”82
, fatte di cure ma anche di severi controlli contro pericoli del mondo esterno e vizi, si affiancherebbero le infanzie del popolo, lontane ancora dall‟eco delle novità pedagogiche e legate a metodi di allevamento e ad una concezione del bambino tradizionali. La prole è manodopera a breve termine, braccia da lavoro: il destino di un fanciullo è segnato non dai giochi o dalle vergate di un maestro, ma da fatica, sfruttamento nelle fabbriche, nella realtà urbana europea, o nei campi. Tre modelli di infanzia, sottolinea Cambi, legati insieme dal duplice fil rouge del “dominio” e della “diversità”83
. I primi anni di vita del bambino sembrerebbero davvero ricordare così
80 J.J. Rousseau, Emilio, cit., V, pag. 213
81 F. Cambi- S. Ulivieri, Storia dell‟infanzia nell‟Italia liberale, cit,, pag. 13 82 Ibidem
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la celebre definizione di De Mause, secondo cui l‟infanzia è un “incubo”84
, fatto di sfruttamento, violenza, abbandono e distanza dal mondo adulto. Sia borghese o sia popolano, l‟adulto infatti tende a controllare e guidare l‟infanzia, punendola o sfruttandola, mantenendo l‟indifferenza per la sua peculiare diversità rispetto alle altre età dell‟uomo. Che sia considerato una risorsa o un problema, che sia amato o abbandonato, il bambino resta sempre proiezione di ciò che sarà da adulto, parte di una società altra, adulta, che non gli può appartenere.
Dagli inizi dell‟età moderna al secolo scorso, il bambino viene scoperto, non per il suo valore in sé, ma per ciò che può rappresentare: l‟innocenza su cui costruire il futuro,
tabula rasa su cui incidere nuovi pilastri morali, classe dirigente o braccia da fatica. Un
problema, in alcuni casi, da trasformare in risorsa.
È il caso di quella che potrebbe essere definita l‟infanzia di quarta classe, quella dei figli indesiderati, considerati un peccato da occultare o bocca impossibile da sfamare: è l‟infanzia abbandonata, costituita dai piccoli esposti, prole legittima o figli illegittimi salvati alla morte per arricchire le fila del vagabondaggio o della delinquenza di strada85. Come si cercherà di spiegare nel capitoli seguenti, l‟infanzia indesiderata conosce una storia complessa e articolata in fasi spesso anche coesistenti. Un figlio non voluto può costituire una macchia nell‟onore di una famiglia o, come capita più spesso, un problema di mantenimento in una famiglia già afflitta dalla povertà. Un nuovo nato diventa un problema, la cui dolorosa soluzione può essere condannarlo all‟ombra dell‟oblio, uccidendolo o abbandonandolo. Si delinea, quindi, un quadro, di piccole esistenze perdute, nascoste, sommerse, difficile da definire con la freddezza dei dati statistici.
84 L. De Mause, L‟evoluzione dell‟infanzia, cit., pag. 1
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L‟ampia bibliografia sul tema del trovatelli e sull‟infanticidio aiuta, tuttavia a seguire una linea evolutiva diacronica sul rapporto che la società ha avuto nella gestione di questa problematica. Dalle mammane o vicini di casa complici o delatori delle “madri assassine” alle balie mercenarie ed ai trasportatori d‟infanti; dagli ospedali medievali ai brefotrofi di Stato: sia essa istituzionalizzata o composta da popolani, la società umana si è nel corso dei secoli confrontata con il destino del neonato abbandonato, ora contribuendo alla sua soppressione, ora considerandolo una fonte di lavoro o di potere. Se per le famiglie degli affidatari un trovatello costituisce reddito e braccia da sfruttare, per lo Stato, a partire dalla fine del Settecento, diventa preziosa risorsa: lavoratore, soldato, suddito fedele. Sullo sfondo di uno scenario burocraticizzato, tuttavia, l‟esistenza sommersa di madri, padri e bambini invisibili resta senza parole.
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