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2. Scelte di fine vita: tra diritto al rifiuto di cure ed eutanasia

2.2. Eutanasia attiva e passiva a confronto

Ricercare nella Costituzione una risposta sull'ammissibilità e sui limiti dell'eutanasia è certamente un obiettivo molto ambizioso. Tuttavia, qualche solida risposta può derivare dalla lettura del principio costituzionale del diritto alla salute35. Proviamo allora a cominciare da qui questa analisi costituzionale sull'eutanasia.

Il nuovo approccio interpretativo prodotto dalla recente giurisprudenza ha trasformato il tradizionale modello di relazione medico-paziente, nel quale tutto ruotava intorno alle decisioni del primo, in un modello in cui la cura è una scelta di autonomia e di consapevolezza del malato, conseguendo un alto livello di coerenza con la Costituzione e in particolar modo all'articolo 3236.

La formula del consenso informato è lo strumento più adeguato a dar voce a quella libertà ed autonomia decisionale nelle cure e rende possibile avvalersi del diritto negativo alla salute espressamente previsto nello stesso articolo 32 della Costituzione37. La traduzione del diritto alla salute come diritto di rifiutare la continuazione di un determinato intervento medico terapeutico ha, perciò, una sicura base costituzionale e non può essere limitato da una norma di rango meramente legislativo38.

Questo ha come conseguenza che se un diritto è direttamente ricavabile dalla costituzione, la sua effettività non può essere lasciata alla totale discrezionalità del legislatore39; né si può sostenere, come ha fatto il giudice civile nel caso Wellby40 che fino a quando il legislatore non interviene a precisare modalità e forme di quel diritto al consenso/dissenso terapeutico, in linea di principio

34 P. VERONESI, Il corpo e la Costituzione, Milano, Giuffrè, 2007, p. 228

35 A. D'ALOIA, Eutanasia, Digesto delle materie pubblicistiche, aggiornamento V, pag. 307

36 A. D'ALOIA, Eutanasia, Digesto delle materie pubblicistiche, aggiornamento V, pag. 308

37 Ibidem

38 È la tesi di MANGIAMELI, Autodeterminazione: diritto di spessore costituzionale?, In www.formacostituzionale.it, 2009.

39 A. D'ALOIA, Eutanasia, Digesto delle materie pubblicistiche, aggiornamento V, pag. 311

comunque identificato e riconosciuto, tale diritto è come sospeso e non tutelabile, senza nemmeno aver prima verificato che la formale mancanza di un parametro normativo specifico possa essere compensato attraverso la lettura degli enunciati costituzionali41.

Dunque, la cura non è solamente una prestazione alla quale si ha diritto ma è anche una scelta di consapevolezza e di libertà che viene valutata non solo sulla base di indicazioni tecniche o valutazioni di appropriatezza medico-scientifica, ma anche alla luce di una scelta che ha innegabili significati morali e personali42.

La conseguenza è che l'eventuale rifiuto o rinuncia di una cura, a prescindere delle conseguenze negative che possono derivare, non può dipende dalla gravità o dall'esito degli effetti di tale decisione43. Si può scegliere di non curarsi anche se questo determina il lasciarsi morire.

Questo è un punto importante, perché collega i due temi, quello dell'eutanasia e quello del diritto al rifiuto delle cure; quando infatti il rifiuto comporta un esito infausto va a configurare il nucleo iniziale della più complessa e articolata nozione di eutanasia passiva44.

Per sostenere il contrario, bisognerebbe riuscire a costruire un'argomentazione costituzionale incentrata sul dovere di vivere e di mantenersi in salute, come un dovere verso la collettività. Ma questo non appare una strada costituzionalmente possibile, alla luce degli articoli 2, 13 e 32 Cost., al di là di quelle situazioni in cui non sia la legge a prevedere trattamenti sanitari obbligatori, perché la malattia di un soggetto può condizionare o influenzare la salute di altri soggetti.

Il rispetto della persona umana e della sua libertà di autodeterminarsi sono inoltre espressione del principio personalista, che contraddistingue l'intera Costituzione, e non sembra ulteriormente possibile ricavare viceversa una chiave concettuale capace di vincolare l'individuo alla sua integrità.45

Se quanto si è detto fino ad ora è corretto, allora ne deriva la sussistenza di una rilevante differenza tra il “lasciarsi morire” e il

41 A. PIZZORUSSO, Il caso Welby: il divieto di non liquet, Quaderni Costituzionali, n.2, 2007.

42 D'ALOIA, diritto di morire? la problematica dimensione costituzionale della fine della vita, in PD, 1998, 601 s.s.

43 Ibidem

44 E. LECALDANO, Bioetica. Le scelte morali, laterza, roma-bari, 2005, 94.

45 A. D'ALOIA, Eutanasia, Digesto delle materie pubblicistiche, aggiornamento V, pag. 318

“chiedere a qualcuno di essere aiutato a morire”46.

La prima critica che solitamente viene posta contro chi sostiene la liceità dell’eutanasia attiva, si basa sul fatto che chiedere a qualcuno di essere aiutati a morire, comporta il coinvolgimento di un’altra persona nell’evento morte, il che apparirebbe alquanto “antirelazionale”47 in quanto se da un lato chiedere la morte fosse

quindi un diritto dall'altro si configurerebbe la possibilità di uccidere scientemente in capo ad un terzo48.

È anche vero però che sono previsti nell'ordinamento delle situazioni eccezionali e determinate, che non escludono a priori tale possibilità (si consideri la scriminante per le forze dell'ordine di utilizzare le armi da fuoco, anche uccidendo)49.

Il problema si sposta quindi sul considerare o meno l’esigenza del paziente di ottenere la morte meritevole di essere accolta, ma è una scelta che attiene all'ordinamento, che potrebbe dare luogo anche ad una risposta affermativa, prevedendo la possibilità di esaudire il desiderio del soggetto50.

Tale obiezione nei confronti dell'eutanasia attiva, in realtà, potrebbe essere avanzata anche nei confronti dell’eutanasia passiva. Se chiedere e ottenere la morte è ordinariamente una facoltà inconcepibile nell'ordinamento, sembrerebbe che possa esserlo anche il caso in cui si chieda al medico di staccare la spina, alla stregua di quando si inietti un veleno51.

La risposta della prevalente dottrina favorevole all'eutanasia passiva considera che nei casi di rifiuto/interruzione di cure, la morte è conseguenza della scelta di non contrastare più la malattia attraverso gli strumenti terapeutici, diritto fondamentale dell'individuo. Diversa è invece la struttura della pratica eutanasica attiva o del suicidio medicalmente assistito, dove la causa della morte è determinata direttamente dal comportamento del medico che lo assiste o lo aiuta52.

È su questa linea di distinzione che si fonda la liceità

46 T. CHECCOLI, Brevi note sulla distinzione fra eutanasia attiva e passiva, in www.forumcostituzionale.it, 2008

47 D'ALOIA, diritto di morire? la problematica dimensione costituzionale della fine della vita, in PD, 1998, 615 s.s.

48 Ibidem

49 T. CHECCOLI, Brevi note sulla distinzione fra eutanasia attiva e passiva, in www.forumcostituzionale.it, 2008

50 Ibidem 51 Ibidem

52 A. D'ALOIA, Eutanasia, Digesto delle materie pubblicistiche, aggiornamento V, pag. 318

dell'eutanasia passiva da parte dell'elaborazione giurisprudenziale, in diversi ordinamenti, ovvero mettere in risalto la volontà del paziente di interrompere un trattamento, coerentemente al principio costituzionale del rispetto del legittimo desiderio del malato di sottrarsi alle cure mediche53.

Cambia la modalità di coinvolgimento dei terzi nelle due situazioni e l'atteggiamento del medico che assiste il paziente nelle sue fasi finali. Ciò che rileva dunque è l'animus agendi, non la modalità di esecuzione.

Nei casi di suicidio medicalmente assistito e di eutanasia attiva l'intervento di un altro soggetto è necessario a provocare la morte in quanto è quest'ultimo che somministra il farmaco letale o lo mette a disposizione del paziente, manifestando la volontà di concorrere direttamente nell'evento54.

L'altra critica individua come elemento che ostacolerebbe la liceità dell’eutanasia attiva l’irreversibilità della decisione.

Ordinariamente, il rifiuto di cure è una scelta che lascia il tempo e la possibilità di “tornare indietro”, che significa anche libertà di sbagliare e di modificare le proprie decisioni; il diritto di rifiutare le cure non annienta immediatamente ogni altro diritto del soggetto, compreso quello di cambiare le proprie scelte, e di tentare di nuovo un approccio terapeutico alla malattia55.

L'atto eutanasico diretto invece ha una ricaduta istantanea ed irreversibile, “l'effetto si realizza immediatamente ed è difficile parlare di una libertà o di un diritto quando l'esercizio di questa posizione soggettiva cancella la possibilità stessa di godere di un qualsiasi altro diritto, tornare indietro e scegliere diversamente”56.

Quanto all’immediatezza dell’evento infausto, ciò può comunque verificarsi anche nella forma passiva di eutanasia.

Tuttavia si potrebbe ancora una volta opporre il fatto che il medico, che attua la richiesta di distacco del ventilatore artificiale o del sondino nasogastrico, pur nella consapevolezza che la conseguenza di questa scelta è la morte più o meno rapida e immediata del soggetto, non ha il senso e l'intenzione di uccidere o di aiutare a togliersi la vita, ma pensa che l'obiettivo principale della sua condotta sia rispettare una volontà legittima e accettare che non c'è

53 A. D'ALOIA, Eutanasia, Digesto delle materie pubblicistiche, aggiornamento V, pag. 321

54 Ibidem

55 A. D'ALOIA, Diritto e Diritti di fronte alla morte. Ipotesi ed interrogativi intorno alla regolazione normativa dei comportamenti eutanasici, in AA. VV., Bioetica e diritti dell'uomo, Torino, Paravia, 2000, 202-203

più niente da fare per contrastare la malattia57.

In linea di principio dunque la distinzione tra rifiutare le cure e chiedere di essere uccisi o aiutati a morire mantiene una sua rilevanza, sebbene le critiche generali all’eutanasia attiva possono essere rivolte anche all’eutanasia passiva58.

Tuttavia seppure l'eutanasia passiva trova la sua diretta liceità nei principi della Costituzione allo stesso modo si è visto che l’inammissibilità dell’eutanasia attiva non trova una così netta esplicitazione e sembra piuttosto che la soluzione a favore dell'ammissibilità della pratica eutanasica attiva in Italia sia più che altro legata ad una questione prettamente interpretativa e di scelte legislative dell'ordinamento.