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4. La pianificazione anticipata

5.3. Gli ordinamenti a tendenza permissiva

5.3.2. Gli Stati a tendenza permissiva negli USA

Per quanto riguarda la questione dell'eutanasia attiva negli Stati della federazione si rileva un atteggiamento ancora prevalentemente orientato al divieto delle pratiche di eutanasia attiva e suicidio assistito, pur in un contesto culturale e giuridico in cui il right to die viene generalmente ricompreso nella sfera di autodeterminazione individuale75.

Tuttavia si riscontra “una sorta di propensione sociale nei confronti del fenomeno eutanasico”76 a testimonianza di un

atteggiamento teso a valorizzare particolarmente le scelte dell’individuo. Il materiale legislativo e giurisprudenziale di alcuni

74 E. CRIVELLI, La Corte di Strasburgo chiede alla Svizzera nuove e più precise norme in tema di suicidio assistito, Associazione italiana dei costituzionalisti, osservatorio settembre 2013

75 C. FARALLI, Aspetti del recente dibattito filosofico-giuridico in tema di eutanasia e di suicidio assistito negli Stati Uniti d’America, in S. CANESTRARI – G.

CIMBALO – G.PAPPALARDO (a cura di), Giappichelli, Torino, 2003

76 A. D’ALOIA, Diritto di morire? La problematica dimensione costituzionale della “fine della vita”, in Politica del diritto, 1998, p. 607 ss.

Stati della federazione evidenzia l’interesse a voler dare una risposta adeguata e coerente a queste esigenze77.

Significativo, a tal proposito, l'esempio della disciplina normativa dello Stato dell’Oregon che per primo ha regolamentato il suicidio medicalmente assistito attraverso il Death with Dignity Act, approvato a seguito di un referendum nel 199478.

Dopo l’Oregon anche la Colombia, Washington, e Montana hanno superato la concezione tipica della tradizione giuridica americana sul right to die, di cui la normativa dello Stato della California è espressione, fino al punto da ricomprendervi la facoltà del malato di richiedere farmaci letali al medico.

La legge dell'Oregon prevede infatti che un malato terminale, adulto e residente nello Stato, possa avanzare richiesta scritta, secondo un modello standardizzato e firmata davanti a due testimoni, da accompagnare ad una richiesta orale, poi ribadita nel tempo, per ottenere la prescrizione di farmaci finalizzati a porre fine alla sua esistenza.

La condotta del medico che prescrive il farmaco letale, ai sensi della legge, non costituisce reato se svolta in ossequio alle disposizioni della legge stessa, che prevedono che egli debba rendere al paziente tutte le informazione utili intorno alla patologia e alle alternative rispetto alla sua scelta, valutare la condizione terminale della malattia e chiederne conferma ad un medico consulente, disponendo la perizia psichica o psicologica in caso di disturbi riscontrati nel paziente.

Il medico, di cui la legge fa salva la facoltà di opporre obiezione di coscienza, deve far intercorrere almeno quarantotto ore tra la richiesta scritta e la prescrizione del farmaco letale, affinché questa risulti valida, e inoltre può anche presenziare all’assunzione del farmaco senza incorrere in responsabilità di qualche tipo.79

Tuttavia la somministrazione del farmaco deve sempre essere effettuata autonomamente dal paziente, in quanto viceversa si incorrerebbe nella fattispecie dell’eutanasia, che continua a costituire un reato.

77 A. D’ALOIA, Diritto di morire? La problematica dimensione costituzionale della “fine della vita”, in Politica del diritto, 1998, p. 607 ss.

78 C. TRIPODINA, Il diritto nell'età della tecnica: il caso dell'eutanasia, profili comparatistici, Jovene, Napoli, 2004, p. 331-332

79 C. TRIPODINA, Il diritto nell'età della tecnica: il caso dell'eutanasia, profili comparatistici, Jovene, Napoli, 2004, p. 331-332

Conclusioni

A diversi mesi dalle vicende che si sono susseguite dalla sentenza del GUP sul caso Welby e della Cassazione sul caso Englaro, sembra che l'effetto mediatico che ha contraddistinto le due vicende sia progressivamente svanito.

Lo dimostra il fatto che il disegno di legge del 26 marzo 2009 sul testamento biologico in Italia, che seppur inadeguato, si è arenato da tempo al Senato.

Si è visto che nell'ordinamento italiano il diritto di autodeterminarsi nelle cure mediche è un principio fondamentale ed inviolabile della Costituzione e la maggior parte della dottrina e la stessa recente giurisprudenza di legittimità è unanime nel ritenere la portata e i limiti di tale diritto.

Nonostante ciò la problematicità della questione verte ancora sull'incapacità di parte delle forze politiche a mettere di lato le proprie convinzioni morali e a non opporsi ad un diritto fondamentale dell'individuo riconosciuto non solo nel nostro ordinamento ma anche a livello Internazionale.

Sebbene l'ostracismo, il diritto di autodeterminarsi si è imposto nel nostro ordinamento per via giurisprudenziale, rimanendo ben salde comunque le limitazioni relative alle pratiche eutanasiche attive.

Tale dissidio ha come risultato quello di ostacolare qualsiasi forma di approccio normativo inerente alla tematica, ne è un esempio l'incapacità di giungere alla risoluzione delle problematiche legate alla manifestazione delle volontà pregresse nei pazienti in stato di incoscienza.

Proprio mentre mi accingevo a scrivere le conclusioni della tesi, dal Quirinale una esortazione al Parlamento riaccende i riflettori sulla condizione di migliaia di malati terminali in Italia, esortando il legislatore ad una possibile apertura verso l'eutanasia attiva e il suicidio assistito.

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in una lettera del 18 marzo 2014 all’Associazione Luca Coscioni, promotore di Eutanasia Legale, dichiara: «Richiamerò l’attenzione del Parlamento sull’esigenza di non ignorare il problema delle scelte di fine vita».

L'intervento del Presidente della Repubblica giunge, dopo sei mesi di silenzio sull'iniziativa depositata in Parlamento dal Comitato promotore il 13 settembre 2013, per esortare il Parlamento affinché

esamini il progetto di legge di iniziativa popolare per la legalizzazione dell'eutanasia che ha raccolto 67 mila firme autenticate1.

Tutto ciò allo scopo di dare voce all'istanza di coloro che chiedono una maggiore libertà di decidere sul proprio fine vita ed impedire che vengano lasciati nel dimenticatoio gli sforzi di coloro che hanno contribuito a raccogliere le firme necessarie per presentare l'iniziativa in Parlamento2.

Come esposto dal capo dello Stato, il Parlamento non dovrebbe ignorare il problema delle scelte di fine vita e si auspica anzi l'intervento delle Camere affinché si sviluppi un sereno e approfondito confronto di idee sulle condizioni estreme di migliaia di malati terminali in Italia3.

Eloquenti, prosegue il capo dello Stato, sono d’altronde i dati resi noti da diversi istituti che seguono il fenomeno della condizione estrema di migliaia di malati in Italia.

Da un’elaborazione dell’associazione Luca Coscioni su dati Istat del 2008, in dieci anni si sarebbero verificati in Italia 10.000 suicidi, e 10.000 tentati suicidi di malati4.

Secondo Mario Riccio, il medico anestesista che ha seguito Welby fino alla sua morte, nonostante la mancanza di una adeguata normativa che dia attuazione alla pratica dell'eutanasia attiva, nei reparti di rianimazione l'istanza di decidere del proprio fine vita è molto sentita. Numerosi sono infatti i casi di pazienti che decidono di non iniziare una terapia o interromperla, o ridurla5.

1 ANSA, “Napolitano, Parlamento non ignori tema scelte fine vita Ferma proposta iniziativa popolare depositata in Cassazione”, 18 marzo 2014, in

http://www.ansa.it/saluteebenessere/notizie/rubriche/salute/2014/03/18/Napolitano- Parlamento-ignori-tema-scelte-fine-vita_10252385.html

2 M. PAPPAGALLO, Settantamila firme per la legge sull'eutanasia - L'Associazione Luca Coscioni: il ministro Lorenzin non faccia come Ponzio Pilato, 23 settembre 2013 in http://www.corriere.it/salute/13_settembre_23/raccolta-firme-

stamina_ef213b2a-2435-11e3-952d-4ca9735c4400.shtml

3 ANSA, “Napolitano, Parlamento non ignori tema scelte fine vita Ferma proposta iniziativa popolare depositata in Cassazione”, 18 marzo 2014, in

http://www.ansa.it/saluteebenessere/notizie/rubriche/salute/2014/03/18/Napolitano- Parlamento-ignori-tema-scelte-fine-vita_10252385.html

4 LA STAMPA online, Eutanasia, Napolitano: richiamerò l’attenzione del Parlamento, 18/03/14, http://www.lastampa.it/2014/03/18/italia/politica/eutanasia-napolitano- richiamer-lattenzione-del-parlamento-GKQK3NRQrzn2afQoG6Yg2J/pagina.html 5 LA STAMPA online, Eutanasia, Napolitano: richiamerò l’attenzione del Parlamento,

18/03/14, http://www.lastampa.it/2014/03/18/italia/politica/eutanasia-napolitano- richiamer-lattenzione-del-parlamento-GKQK3NRQrzn2afQoG6Yg2J/pagina.html

Il testo di iniziativa popolare dell'associazione Luca Coscioni

Può essere utile a questo punto analizzare il testo di iniziativa popolare proposto dall'associazione Luca Coscioni intitolato: “Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell’eutanasia”.

La relazione che apre il documento prende in considerazione la necessità di un intervento in tema di autodeterminazione nelle scelte di fine vita puntando l'attenzione da un lato sull'interesse mediatico che coinvolge l'opinione pubblica sul tema, dall'altro facendo leva sulla drammatica situazione di cui sono protagonisti i migliaia di pazienti costretti a vivere in situazioni estreme6.

In particolare si ritiene che il diritto costituzionale a non essere sottoposti a trattamenti sanitari contro la propria volontà venga costantemente violato, dal momento che manca una concreta regolamentazione e in considerazione dei diversi ostacoli, da superare da parte del malato terminale, che comporta tale mancanza prima di ottenere che venga rispettato il diritto inviolabile di rifiutare le cure, anche di sostegno vitale.

Ancor più grave inoltre, secondo sempre la relazione introduttiva, è l'impossibilità per il malato terminale di chiedere di porre fine alle sue sofferenze chiedendo di morire.

Ciò che ne deriva è dunque il rafforzamento della piaga tanto dell'eutanasia clandestina che dell'accanimento terapeutico7.

Per rimediare a questa situazione, il testo si propone di elencare “poche regole e chiare, che stabiliscano con precisione come ciascuno possa esigere legalmente il rispetto delle proprie decisioni in materia di trattamenti sanitari, ivi incluso il ricorso all'eutanasia”8.

All'articolo 1 il testo di iniziativa popolare ribadisce il diritto di ogni cittadino di rifiutare l’inizio o la prosecuzione di trattamenti sanitari, nonché ogni tipo di trattamento di sostegno vitale e/o terapia nutrizionale. Si chiede quindi che l'ordinamento recepisca, attraverso la legge, un principio fondamentale di caratura costituzionale.

Affinché ciò sia possibile è necessario che anche il personale medico e sanitario sia obbligato a rispettare la volontà del paziente. Ciò consente di rafforzare la valorizzazione del consenso del malato, a patto che esso abbia determinati requisiti, ovvero provenga da soggetto capace, informato e libero.

6 www.associazionelucacoscioni.it/sites/default/files/Luca_4.pdf‎ 7 Ibidem

Allo stesso modo si sottolinea l'importanza di prevedere la centralità del tutore legale nei casi di incoscienza del malato quale unico interlocutore dei medici e portatore dei suoi interessi affinché venga rispettata, anche in queste particolari circostanze, la volontà del malato.

L'articolo 2 prevede la responsabilità penale e civile, oltre che il risarcimento del danno morale, nei confronti del personale medico e sanitario che non rispetti la volontà manifestata dai soggetti e nei modi indicati nell’articolo precedente.

Si passa successivamente, nell'articolo 3, ad affrontare e delimitare la questione dell'eutanasia.

Attraverso la previsione di una scriminante, non si applicano al medico ed al personale sanitario, che abbiano praticato trattamenti eutanasici provocando la morte del paziente, gli articoli 575, 579, 580 e 593 del codice penale. È evidente dunque che si dia liceità anche alla pratica del suicidio assistito.

Dopo aver esposto il meccanismo scriminante la condotta del medico, attraverso una ricca elencazione, il testo di iniziativa popolare provvede a definire indirettamente l'eutanasia attiva e a delinearne i confini di legittimità.

I primi tre punti dell'articolo in questione richiamano le modalità del consenso già esposte nell'articolo 1, tuttavia ciò che colpisce è la previsione al punto quattro di lasciare la libertà al paziente di non comunicare ai parenti entro il secondo grado e al coniuge della scelta, probabilmente per valorizzare ulteriormente la libertà del consenso del malato.

Il punto 5 entra nel vivo della questione eutanasica limitando la facoltà di chiedere di essere uccisi a quei casi in cui il paziente sia affetto da una malattia produttiva di gravi sofferenze, inguaribile o con prognosi infausta inferiore a diciotto mesi.

Si prevede inoltre al punto 6 che il paziente sia stato congruamente ed adeguatamente informato delle sue condizioni e di tutte le possibili alternative terapeutiche e prevedibili sviluppi clinici ed abbia discusso di ciò con il medico.

L'articolo in parola si conclude affermando la necessità che il trattamento eutanasico rispetti la dignità del paziente e non provochi allo stesso sofferenze fisiche.

Infine si predispone a garanzia del rispetto delle condizioni predette che il medico e il responsabile della struttura sanitaria attestino per iscritto il trattamento eutanasico.

Infine l'articolo 4 si concentra principalmente sulla forma che deve assumere l'atto di richiesta e autorizzazione della pratica.

A prescindere dall'orientamento sulla tematica che verrà seguito da parte dell'ordinamento italiano, siffatta istanza, dal punto di vista Costituzionale, non incontrerebbe alcuna opposizione in quanto l'illegittimità delle pratiche eutanasiche attive non trova una così netta esplicitazione, anzi sembrerebbe che la Costituzione consenta, in linea di massima, il rispetto di una siffatta scelta in quanto tendente alla valorizzazione della volontà dell’individuo. Le riserve infatti che si pongono all'eutanasia attiva non sono altro che frutto di un'interpretazione limitante nei confronti delle istanze di fine vita che non trova un'univoco riferimento nella Costituzione.

Incerto è comunque se tale proposta verrà presa in considerazione dalle camere, allo stesso modo è incerto se l'ordinamento italiano si aprirà all'ampliamento delle scelte di fine vita legalizzando l'eutanasia attiva.

Il legislatore non sembra essere disposto a confrontarsi sulle tematiche concernenti il diritto di vivere e di morire, l'autodeterminazione, sul significato dell'esistenza, sulla sofferenza, sulla malattia quando non lascia più alcuna speranza.

Questo poiché prendere atto di tali questioni significa affrontare la discussione su Eutanasia, Testamento biologico, Suicidio assistito, argomenti sui quali i partiti sono divisi tra di loro e, spesso, al loro interno. Viceversa invece bisognerebbe auspicare un dibattito sereno, non condizionato da pregiudizi ideologici e religiosi.

Sta di fatto che, qualunque sia la scelta dell'ordinamento italiano in merito alla possibilità di legalizzare o meno le pratiche eutanasiche, la regolamentazione del diritto di rifiutare le cure risulta necessaria e doverosa sia dal punto di vista Costituzionale sia, in particolar modo, dal punto di vista umano.

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