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4. La pianificazione anticipata

5.3. Gli ordinamenti a tendenza permissiva

5.3.1. La legislazione olandese e Svizzera

L'Olanda è stato uno dei primi paesi in Europa ad affrontare e risolvere questioni spinose di etica giuridica, riconoscendo il diritto del paziente di rifiutare il trattamento medico, ovvero la cosiddetta eutanasia passiva, e ad aprirsi all'eutanasia attiva58.

Come in gran parte degli ordinamenti, a fondamento del riconoscimento del diritto di rifiutare le cure vi sono i principi costituzionali dell'inviolabilità del corpo umano e il principio consensualistico secondo il quale: “il trattamento medico può essere avviato solo con il consenso del paziente”. Si esonera così il medico

56 C. CASONATO, Morte dignitosa e sospensione delle cure: ordinamenti giuridici a confronto, reperibile al sito

http://www.jus.unitn.it/biodiritto/pubblicazioni/06_pubblicazioni.html 57 Ibidem

58 G. CIMBALO, la società olandese tra tutela dei diritti del malato, diritto all'eutanasia e crisi della solidarietà, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 1994, 1,35.

dall'obbligo di curare e pertanto la condotta non integra gli estremi del reato.59

Alla base della previsione di legge sull'eutanasia si pone inoltre l'aspirazione ad una vita qualitativamente degna di essere vissuta, diritto che trova fondamento e tutela nei principi di libertà personale.

Non si può imporre con la forza l'obbligo di vivere all'individuo che ha scelto e deciso che la vita non è più degna di essere vissuta.60

La legge del 2001 sul controllo dell’interruzione volontaria della vita e dell’assistenza al suicidio attraverso l’introduzione di una specifica scriminante nel codice penale, legalizza espressamente tali pratiche se compiute nel rispetto di determinate procedure e criteri di adeguatezza previsti dalla legge61.

La legge olandese non riconosce infatti un diritto soggettivo all’eutanasia o al suicidio assistito né, da un punto di vista formale, legalizza tali condotte. Solo, rende non punibile il medico che le abbia praticate alle condizioni previste62.

Affinché l’azione del medico sia lecita, la legge richiede innanzitutto il preventivo accertamento sulla spontaneità e ponderatezza della richiesta del paziente e sulla sua condizione di sofferenza fisica intollerabile, in fase terminale, l'adeguata informazione al malato circa la sua situazione e le prospettive, la valutazione della mancanza di alternative alla luce del quadro clinico, il consulto con un altro medico indipendente che abbia visitato il paziente e redatto un parere sulla presenza di questi requisiti, e infine l’aver posto fine alla vita del paziente o l’aver fornito assistenza al suicidio con le opportune cure mediche e la dovuta attenzione63.

Dopo l'esperimento della pratica eutanasica si avvia una procedura di controllo che obbliga il medico a denunciare all'autorità competente la “morte per cause non naturali” che verificherà il rispetto dei criteri di adeguatezza64.

59 M. GUGLIELMI, Aspetti comparati di eutanasia, Giurisprudenza di merito, 1999 fascicolo 4-5, parte 4, 920-933

60 M. GUGLIELMI, Aspetti comparati di eutanasia, Giurisprudenza di merito, 1999 fascicolo 4-5, parte 4, 920-933

61 C. TRIPODINA, Il diritto nell'età della tecnica: il caso dell'eutanasia, profili comparatistici, Jovene, Napoli, 2004, p. 315 ss.

62 C. CASONATO, Morte dignitosa e sospensione delle cure: ordinamenti giuridici a confronto, reperibile al sito

http://www.jus.unitn.it/biodiritto/pubblicazioni/06_pubblicazioni.html

63 M. GUGLIELMI, Aspetti comparati di eutanasia, Giurisprudenza di merito, 1999 fascicolo 4-5, parte 4, 920-933

La legge predispone anche l’attuazione delle direttive anticipate e prevede inoltre una disciplina anche per i soggetti minorenni, le cui richieste di eutanasia o di suicidio assistito possono ugualmente essere accolte attraverso il coinvolgimento dei genitori65.

L’ordinamento olandese, quindi, attraverso un approccio che permette di valutare i casi concreti sulla base di una procedura predefinita, ha saputo offrire una risposta alle esigenze sociali, senza rinunciare alle scelte pregresse sulla tutela dei beni fondamentali, quale quello della vita66.

Sulla scia della scelta olandese in tema di fine vita, anche il Belgio ha previsto una disciplina della pratica eutanasica attiva e del suicidio assistito che pur traendo spunto dalla legislazione olandese, ha previsto una regolamentazione più rigida e dettagliata su alcuni aspetti trascurati dalla legge olandese67.

L'approccio di questi ordinamenti parte dal presupposto di anteporre in tutto e per tutto la volontà del paziente, senza entrare necessariamente nel merito delle scelte che spettano solo all’individuo, ma piuttosto predisponendo le condizioni affinché possa reagire concretamente alla sua situazione.68

Osserviamo adesso la particolare situazione della Svizzera. L'ordinamento in questione manifesta infatti un'apertura verso il suicidio assistito. Sebbene tuttavia l'eutanasia attiva propriamente detta continui a rimanere vietata, la Svizzera può comunque essere annoverata tra gli ordinamenti a tendenza permissiva.

In Svizzera il codice penale sanziona fin dal 1937 l’omicidio su richiesta della vittima mentre l’assistenza al suicidio viene perseguita solo se compiuta per “fini egoistici”. Tale ultima disposizione ha favorito il sorgere di organizzazioni di “assistenza al suicidio” che assicurano un supporto medico logistico alla scelta di porre fine alla propria vita, provvedendo al ricovero ospedaliero o all’assistenza domiciliare e fornendo la somministrazione di un farmaco letale69.

65 C. TRIPODINA, Il diritto nell'età della tecnica: il caso dell'eutanasia, profili comparatistici, Jovene, Napoli, 2004, p. 315 ss.

66 A. GIACALONE, Profili giuridici dell'eutanasia, in www.filodiritto.com, 2005, p. 64 67 G. CIMBALO, Eutanasia, cure palliative e diritto ad una vita dignitosa nella recente

legislazione di danimarca, olanda e belgio

68 G. CIMBALO, Eutanasia, cure palliative e diritto ad una vita dignitosa nella recente legislazione di danimarca, olanda e belgio

69 E. CRIVELLI, La Corte di Strasburgo chiede alla Svizzera nuove e più precise norme in tema di suicidio assistito, Associazione italiana dei costituzionalisti, osservatorio settembre 2013

Nonostante un intenso dibattito a livello politico e sociale e diverse proposte di riforma, la norma penale sul suicidio assistito non è stata affiancata da altre disposizioni di legge volte a precisare gli obblighi gravanti sulle organizzazioni di assistenza al suicidio, anche al fine di prevenire possibili abusi.

Il quadro normativo risulta invece integrato a livello sublegislativo, dalle direttive etico-mediche che nel novembre 2005 si è data l’Accademia svizzera delle Scienze mediche in tema di “Assistenza dei pazienti terminali”.70

Con la sentenza Gross c. Svizzera del 14 maggio 2013 la Corte europea ha dichiarato che la normativa svizzera viola l’art. 8 della Cedu laddove non precisa in modo sufficientemente chiaro le condizioni per accedere al suicidio assistito71.

La Sig.ra Alda Gross, cittadina svizzera, aveva presentato ricorso contro la Federazione Svizzera, davanti la Corte di Strasburgo, in quanto questa non aveva assecondato il suo desiderio di morire. Tale desiderio si basava sul fatto che la signora, poco più che ottantenne, stava invecchiando e non riusciva ad accettare il suo calo fisico e mentale dovuto all'età.

Le motivazioni del rigetto delle richieste della Sig.ra Gross fanno riferimento al fatto che, stando alla giurisprudenza, l’ordinamento svizzero riconosce il diritto di porre fine alla propria vita a quei cittadini affetti da malattie terminali; in questi casi, i medici che praticano l’eutanasia non sono soggetti a responsabilità penale. Al contrario, fuori da queste ipotesi, chi assiste qualcuno al suicidio per motivi egoistici è sottoposto alla responsabilità penale così come disposto dall’ Art. 115 c.p. svizzero72.

Esperiti tutti i ricorsi interni, la Sig. Gross si rivolge alla Corte CEDU lamentando la violazione dell’ Art. 8 della Convenzione Europea (Diritto al rispetto della vita privata e familiare) in quanto le autorità svizzere, negandole la dose di pentobarbital di sodio, avevano violato il suo diritto di decidere con quali mezzi e in quale momento la sua vita sarebbe dovuta finire73.

Fin dal caso Pretty c. Regno Unito del 2002, attraverso l’interpretazione estensiva della nozione di vita privata garantita dall’art. 8 della Cedu la Corte ha dato ingresso a numerose posizioni

70 E. CRIVELLI, La Corte di Strasburgo chiede alla Svizzera nuove e più precise norme in tema di suicidio assistito, Associazione italiana dei costituzionalisti, osservatorio settembre 2013

71 Ibidem

72 Sentenza Gross v. Svizzera, 14 Maggio 2013 73 Ibidem

soggettive, tra le quali anche la facoltà di poter decidere come e quando terminare la propria vita, purché l’individuo sia in grado di formarsi una volontà liberamente e agire di conseguenza.

Nella sentenza in commento i giudici di Strasburgo negano che il diritto di morire rappresenti un principio fondamentale in quanto non derivabile, come diritto negativo, dall’art. 2 Cedu che tutela il diritto alla vita, bensì si riconosce agli Stati la facoltà di prevederne la liceità in virtù di un ampio margine di apprezzamento del diritto all’autodeterminazione della sfera privata garantita dall’articolo 8 Cedu.

La Corte non entra in merito alla decisione del Governo svizzero di praticare l’eutanasia (delicato argomento che rimane nel c.d. margine di apprezzamento di ogni Stato), ma rileva l’incertezza causata proprio dalla mancanza di una previsione di legge chiara e precisa sull’argomento, condannando la Svizzera ad una più adeguata regolamentazione della pratica74.

La conclusione della corte di Strasburgo rappresenta in definitiva una valida testimonianza di come non ci sia a priori alcuna preclusione della questione eutanasica lasciando agli Stati la facoltà di decidere.