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Evoluzione del rapporto banca-impresa in Italia

Nel documento INDICE. Premessa CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA (pagine 73-83)

L‟analisi del sistema finanziario per le pmi, con riferimento alla situazione economico italiano, deve basarsi su un‟attenta valutazione del percorso evolutivo che ha interessato il sistema finanziario nel suo complesso, e gli ambiti di specializzazione che si riferiscono alle aziende di minori dimensioni. Questo consente di valutare l‟effettivo grado di differenziazione del sistema nel suo complesso, con riferimento ai fabbisogni particolari delle pmi, sotto il profilo delle strategie di intervento dei policy maker, e di rappresentare l‟assetto del sistema in termini di relazioni fra operatori del sistema finanziario. In seguito si può procedere all‟analisi delle strategie di offerta che gli operatori del sistema possono mettere in atto per soddisfare la struttura dei bisogni segnalati dalle pmi.

L‟analisi dell‟evoluzione storica del rapporto fra il sistema finanziario e quello imprenditoriale è indispensabile per comprendere le dinamiche attuali e le prospettive future del rapporto nonché le scelte strategiche compiute dagli operatori del sistema. Il comparto industriale italiano ha subito, dal dopoguerra a oggi, diverse fasi di sviluppo caratterizzate da differenti scelte di gestione del management aziendale, da diversi riflessi sull‟economia nel suo complesso e da

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mirate politiche intraprese dai policy maker. Questo percorso evolutivo ha modificato oltre che l‟industria italiana anche la natura e le modalità di scambio fra intermediari finanziari e imprese, da semplici rapporti creditizi a forme di scambio più complesse e interagenti con i circuiti di mercato. Nel corso degli anni

‟60 le imprese italiane erano protagoniste di un processo di crescita dimensionale finanziato prevalentemente attraverso il credito bancario data la scarsa propensione all‟autofinanziamento e il basso sviluppo dei mercati mobiliari. Il bilancio di un‟impresa era caratterizzato dalla presenza di immobilizzazioni nell‟attivo e debiti verso la banca nel passivo. Il processo di crescita è stato spinto dalle scelte di politica economica70 del governo italiano. Questo modello di sviluppo scelto dallo Stato, fondato sui finanziamenti agevolati, trova giustificazione anche nel quadro normativo tracciato dalla legge Bancaria del 1936-38 che ha introdotto un vincolo di specializzazione funzionale alle aziende di credito attraverso gli istituti di credito speciale (Ics) e di specializzazione settoriale e territoriale. Ciò con la creazione di sezioni degli Ics destinate al finanziamento dei diversi comparti economici e con l‟istituzione dei Mediocrediti regionali destinati al sostegno finanziario delle imprese della regione di appartenenza. Attraverso questa politica denominata “via finanziaria allo sviluppo”, il credito a medio lungo termine agevolato è diventato il surrogato dei mezzi propri per le imprese, consentendo al sistema produttivo italiano di

70Agevolazioni alle imprese, consistenti in contributi in conto interessi erogati sotto forma di finanziamenti a tasso agevolato da istituti di credito speciale, e una sostanziale neutralità dei criteri di destinazione dei fondi rispetto a qualsiasi parametro di efficienza e di performance dell‟impresa richiedente. Ruozi R., “Sul rapporto tra banca e impresa,Impresa e stato” 2002 (pag102)

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innescare un processo di crescita dimensionale, di penetrare in nuovi mercati e di acquisire nuove tecnologie riducendo in modo significativo il peso degli oneri finanziari per le imprese. All‟inizio degli anni ‟70 questo modello di sviluppo, basato sulla concessione di credito bancario a basso costo, entra in crisi a seguito dello shock petrolifero e della conseguente contrazione della domanda.

L‟aumento dei costi di produzione influenza la capacità delle imprese di generare margini di reddito sufficienti a sostenere il carico di interessi passivi dei debiti contratti con le banche. Molte imprese entrano in crisi danneggiando conseguentemente le banche finanziatrici. Le uniche imprese che hanno saputo affrontare la crisi controllando i costi sono quelle medio-piccole, più flessibili rispetto a quelle di grandi dimensioni. La crisi degli anni ‟70 si manifesta prevalentemente con squilibri di ordine finanziario ma è strettamente legata all‟evoluzione dell‟economia reale perché è determinata dall‟aumento dei costi degli input produttivi dovuto al fenomeno inflattivo. Per uscire dalla crisi si rendeva quindi necessario una ristrutturazione produttiva che riducesse la funzione di costo, e una ristrutturazione finanziaria che svincolasse il sistema produttivo italiano dall‟unico canale di raccolta di risorse finanziarie rappresentato dalla banca. Negli anni successivi alla crisi, infatti, l‟attività delle imprese è stata rivolta a riorganizzare i processi produttivi sostituendo le immobilizzazioni tecniche e introducendo la tecnologia per ridurre l‟onere dei fattori produttivi e rendersi più competitive sul mercato internazionale cercando anche di aumentare i margini di autofinanziamento. Nel sistema produttivo si applica la politica della

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qualità e di controllo dei costi e attraverso l‟aumento di produttività e il conseguente aumento dei redditi si sono generate risorse finanziarie destinate all‟autofinanziamento. Per diversificare la raccolta di risorse finanziarie invece si è fatto maggiore ricorso ai mercati attraverso emissioni azionarie e obbligazionarie e grazie all‟aumento dell‟autofinanziamento sono stati pagati parte dei debiti contratti negli anni precedenti. A questo processo di ristrutturazione non hanno preso parte le piccole e medie aziende perché queste hanno trovato difficoltà sia nel reperire capitale diverso dai debiti, a causa della condizione di debolezza nei confronti dei circuiti finanziari, sia nella creazione del know how necessario alla gestione della tecnologia e della qualità. A sostegno del processo di ristrutturazione è intervenuta anche la politica economica che ha coordinato l‟erogazione delle risorse a condizioni agevolate nella selezione dell‟investimento abbandonando la logica tradizionale del finanziamento indifferenziato alle imprese preferendo criteri di efficienza allocativa.

Alla fine degli anni Ottanta71 avviene un‟inversione di tendenza dovuta alla diminuzione dei margini di autofinanziamento che, senza una conseguente riduzione degli investimenti ha determinato un aumento del fabbisogno finanziario coperto prevalentemente attraverso il debito bancario.

I primi anni ‟90 sono caratterizzati da una nuova fase inflattiva che ha danneggiato soprattutto le imprese minori che si sono trovate in condizioni finanziarie più deboli perché dipendenti dal credito bancario, soprattutto a breve

71 Banca Commerciale Italiana, ''La strategia finanziaria delle imprese italiane negli anni 80'', Tendenze reali, n.28 luglio 1985.

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termine, avendo queste, a differenza delle imprese di grandi dimensioni, una minore diversificazione delle fonti di finanziamento. Nel biennio 1995-1996 si assiste a una ripresa economica che consente il superamento del periodo di caduta d‟inizio decennio, e nel biennio successivo 1997-1998 si ha una successiva fase di rallentamento.

In particolare i tratti comuni dell‟ultima parte degli anni Novanta sono sintetizzabili in questi elementi:

- la riduzione strutturale dei tassi d‟interesse agevola il ricorso al finanziamento bancario e stimola lo sviluppo dell‟autofinanziamento per effetto della riduzione del peso degli oneri finanziari;

- la produzione tende a crescere per effetto della svalutazione della lira,avvenuta nel ‟92, rispetto alle altre monete europee e per effetto della crescita dei consumi;

- l‟attenzione ai costi di produzione come leva per incrementare l‟efficienza produttiva genera una progressiva perdita di forza lavoro a livello di sistema industriale complessivo;

L‟assetto complessivo del sistema italiano sebbene sia contraddistinto da

“basso orientamento al mercato- alto orientamento al debito bancario” potrebbe evolvere verso un progressivo riequilibrio fra le scelte “debito-capitale di rischio e mercato-banche”.

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Questo processo può essere determinato sia dalle scelte dei policy maker, ma anche dall‟evoluzione del sistema industriale e finanziario.

L‟attore pubblico ha abbandonato la logica della finanza agevolata72 e ha introdotto l‟azione incisiva e continuata della leva fiscale quale fattore di stimolo e incentivo alla crescita dei mezzi propri delle imprese e un conseguente rafforzamento della loro struttura finanziaria.

I principali provvedimenti73 adottati dai policy maker italiani per risolvere il problema della sottocapitalizzazione delle imprese sono in successione temporale i seguenti:

- legge n. 466 del 1994 (legge “Tremonti”) che concede nel periodo 1994-1996 un vantaggio fiscale alle imprese che reinvestono gli utili nell‟attività aziendale e a quelle che si quotano in borsa;

- d.l. n.357 del 20 giugno 1996 (legge “Prodi”) che, ponendo una tassazione addizionale del 20% sulle attività finanziarie depositate in garanzia presso le banche, tende a colpire le operazioni “ triangolari” di finanziamento dell‟impresa;

- d.l. n.466 del 18 dicembre 1997 che introduce l‟Irap (Imposta regionale sulle attività produttive) e la „Dit‟ (Dual Incom Taxation) con l‟obiettivo di ridurre il vantaggio fiscale generato dall‟indebitamento, attraverso l‟eliminazione dell‟Ilor, e creare gli incentivi per il ricorso al capitale di rischio;

72Caselli S. “Le tendenze evolutive della finanza agevolata nell‟ambito delle relazioni fra banca e pmi”, in Lettera Newfin n.2, aprile-giugno 1996.

73 FONTE: Ministero delle attività Produttive

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- decreto legge n. 63 del 23 marzo 1999 (legge “Visco”) che potenzia nel biennio 1999-2000, l‟azione della Dit e che premia la raccolta dei mezzi propri destinata all‟investimento in attività materiali e immateriali.

L‟azione dei policy maker è inoltre rivolta allo sviluppo dei circuiti di mercato attraverso il processo di privatizzazione della Borsa Valori e al riposizionamento delle strategie d‟intervento di finanza agevolata. Da una logica di erogazione indiscriminata di finanziamento alle imprese si passa a una logica di concessione che tenga conto della qualità del progetto imprenditoriale e del profilo dei fabbisogni dell‟impresa richiedente. Il cambiamento delle strategie di finanza agevolata è influenzato dalle direttive definite a livello comunitario e consiste nel preferire criteri di efficienza allocativa rispetto alla logica tradizionale di finanziamento indifferenziato alle imprese.

L‟effetto sul settore industriale sarà fondamentalmente un cambiamento della struttura finanziaria delle imprese, che diventerà più equilibrata grazie alla diversificazione delle fonti di finanziamento offerta dallo sviluppo dei circuiti di mercato svincolandola dal credito bancario. Il processo di capitalizzazione conferisce, sia alle grandi sia alle piccole e medie imprese, maggiore solidità finanziaria, elemento strategico per la crescita dimensionale e per affrontare l‟internazionalizzazione.

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L‟evoluzione74 del sistema finanziario comporta invece la progressiva caduta di attrattività dell‟intermediazione creditizia tradizionale con il completamento tecnico e legislativo dei circuiti di mercato e l‟introduzione di figure d‟intermediari finanziari specializzati (le Sim nel 1991 e le Sgr nel 1997, i fondi chiusi nel 1994). Le banche devono quindi riorganizzare il proprio modello competitivo per gestire in maniera più efficiente la componente del rendimento e del rischio. L‟attività di concessione di finanziamento in senso stretto è progressivamente sostituita, o comunque affiancata, da un‟area di business più ampia incentrata sul corporate banking75 che, diversificando l‟offerta di servizi finanziari alle imprese amplia i margini di profitto e consente lo sviluppo di processi di gestione per il controllo del rischio di credito.

Tuttavia, l‟attività creditizia rappresenta tuttora il core business per la banca ed è destinata a restare tale anche nel prevedibile futuro pur se necessariamente riveduta e adeguata alle mutevoli esigenze del mercato.

Nella storia recente della nostra realtà bancaria, quindi, possiamo individuare tre periodi fondamentali con riferimento alla centralità dell‟attività di prestito:

- il primo, parte con la specializzazione funzionale degli intermediari, culmina con

74Le banche devono quindi riorganizzare il proprio modello competitivo per gestire in maniera più efficiente la componente del rendimento e del rischio. Corigliano, “Il governo del cambiamento culturale in banca”,Egea, 2002(pag.60-61)

75 Forestieri G., “Corporate e investment Banking”, Egea, 2002

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la pratica del multi-affidamento76 e termina con l‟introduzione della nuova legge bancaria.

In questo periodo il rapporto banca-impresa è connotato da sostanziale debolezza: al perseguimento della struttura finanziaria ottimale per l‟impresa si frappongono l‟insufficiente sviluppo della funzione finanziaria e la scarsa trasparenza delle condizioni sul mercato dei finanziamenti; all‟efficienza allocativa della banca si frappone invece l‟incompletezza delle informazioni, le limitate dimensioni delle banche, la bassa capitalizzazione delle imprese. Da questa situazione sono derivati comportamenti opportunistici da entrambe le parti e il perseguimento di una logica assicurativa da parte delle banche tipica del rapporto transazionale;

- il secondo, prende l‟avvio da questa, si caratterizza per la nuova tipologia di banca (universale), sviluppa il credito di relazione e integra l‟attività creditizia con quella mobiliare della banca arricchendo il pacchetto di servizi destinati alle imprese;

- il terzo, appena avviato, esalta il peso dei rischi collegati all‟attività creditizia e introduce la necessità di gestione degli stessi con il conseguente sviluppo della securitization e dei derivati creditizi.

76 In media una PMI italiana ha rapporti con 3 o 4 banche diverse. Le motivazioni che giustificano il fenomeno del multi-affidamento sono duplici, da una parte le banche tendono a co-assicurare fra loro il rischio di credito, senza puntare con convinzione al modello della banca unica di riferimento. Dall'altra parte le imprese hanno sempre temuto di instaurare rapporti esclusivi con il sistema bancario per la possibilità di deriva monopolistica della relazione a favore della banca e per mantenere una certa forza negoziale sulle condizioni di prezzo.

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Per il futuro quindi si apre la possibilità per la banca di procedere alla copertura dei fabbisogni finanziari dell‟impresa giudicate meritevoli anche con la sottoscrizione di capitale di rischio costituendo o rafforzando le unità di merchant banking. L‟evoluzione del mercato rende necessario l‟ampliamento del ventaglio di servizi destinati all‟impresa, integrando attività creditizia e quella mobiliare.

La banca dovrebbe perciò puntare a instaurare relazioni sempre più durature ed esclusive cambiando la sua funzione produttiva: da semplice vendita di prodotto a gestione di processo e cioè ricerca della soluzione dei problemi finanziari di un‟impresa cliente realizzando la cosiddetta concentrazione del rapporto di clientela (da Transation lending a Relationship lending). Un passo preliminare per affrontare questo cambiamento è la divisionalizzazione della struttura organizzativa attraverso la costituzione di una rete commerciale e di una funzione produttiva dedicate e separate rispetto a quelle che operano nel retail/private banking. Anche le politiche di diversificazione e di segmentazione della clientela vanno riviste, e quelle distributive e di contatto con l‟impresa: la figura del direttore d‟agenzia andrebbe sostituita da un addetto specializzato (key account) nel ruolo di consulente gestore che sia in grado di interpretare le reali esigenze dell‟impresa e indirizzare l‟intervento della banca nei differenti servizi offerti. Anche l‟analisi dell‟affidabilità sta subendo un processo di cambiamento, dalla logica assicurativa basata sulle garanzie accessorie si da maggior peso alle analisi di settore e quelle previsionali.

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Nel documento INDICE. Premessa CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA (pagine 73-83)