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L’evoluzione in materia di religione

I ncredulITà e daTazIone

1. L’evoluzione in materia di religione

Darwin aveva applicato la sua teoria dell’evoluzione nel campo della biologia. Hegel la applicò a quello della storia. Gli studiosi conquistati dell’alta critica proposero di espanderla nel campo religioso. Essi pretesero allora che lo sviluppo religioso si fosse evoluto dalla credenza primitiva negli spiriti per arrivare al monoteismo. Wellhausen tentò anche, applicando la teoria hegeliana all’Arabia pre-islamica e islamica, di riscoprire l’evoluzione della religione di Israele.

Ecco come C. E. Wright spiega il concetto di Wellhausen e di altri studiosi della stessa opinione:

Nella sua ricostruzione della storia religiosa di Israele, la teoria Graf-Wellhausen parte dal principio che la Bibbia ci offrirebbe la prova perfetta di un’evoluzione che partirebbe dall’animismo, praticato ai tempi dei patriarchi per arrivare al monoteismo. Quest’ultima tappa non sarebbe stata raggiunta, nella sua forma più pura, che nel VI e V secolo a.C.

I patriarchi (Abramo ed i suoi figli nel 1800 a.C.) adoravano gli spiriti nascosti negli alberi, nelle pietre, nelle sorgenti, nelle montagne, ecc… Il Dio d’Israele anteriore all’epoca dei

profeti (1000 a.C.) era un Dio tribale, il cui potere si limitava alla Palestina. I profeti sono stati i veri innovatori e fautori del monoteismo…

Ci sarebbe stata quindi secondo questa teoria dapprima una religione animista, poi il culto di una divinità tribale locale e infine un monoteismo esplicito e generalizzato.

Partendo da qui gli adepti dell’alta critica hanno concluso che un’opera letteraria poteva essere datata secondo la natura della sua concezione religiosa. Essi erano persuasi che la concezione di Dio che la Torà attribuisce ad Abramo e agli altri patriarchi era troppo elevata e troppo pura per quell’epoca. In una parola questa idea di Dio era impossibile. Gli spiriti dell’epoca patriarcale erano troppo limitati per concepire un Dio unico e Spirito. Parlando della creazione del mondo da parte di un Dio unico, Wellhausen scrive:

“Mai un popolo giovane, un popolo che si è appena costituito, ha concepito simile astrazione teologia”.

Ma il ragionamento non si ferma qui. Dopo aver dichiarato che esiste un’evoluzione in materia di religione, si constata che il quadro in cui si svolge la storia di Abramo, come la descrive la Torà, non concorda con le idee stabilite per quell’epoca. Così, quando Genesi 22:18 dichiara:

Tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua discendenza perché tu hai ubbidito alla mia voce.

Ciò non può essere applicato ad Abramo. Infatti secondo la teoria documentaria Abramo non era ancora abbastanza “evoluto”

per sapere che c’era un solo Dio “su tutta la Terra”. È PER QUESTO che questa frase della Torà non può essere scritta che 1000 anni più tardi.

Se questo ragionamento fosse fondato, che cosa diventerebbe il Corano? Nella Sura Al-‘An’âm (Il Bestiame) 6:79, del periodo meccano tardivo, Abramo dichiara:

In tutta sincerità rivolgo il mio volto verso Colui che ha creato i cieli e la terra: e non sono tra coloro che associano.

La teoria critica pretende che Abramo non ha potuto pronunciare queste parole con il pretesto che egli era ancora allo stadio di adorazione degli spiriti nascosti negli alberi o nelle pietre. Se quindi

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la teoria documentaria accettata dal dott. Bucaille è vera, allora il Corano non deve sfuggire al giudizio che, secondo lui, deve colpire la Torà: il Corano è un falso.

Recenti ricerche sulle civiltà primitive hanno rivelato che l’idea di evoluzione in materia religiosa era un inganno. In un libro intitolato L’eternità nel loro cuore, l’autore Don Richardson dimostra, prove alla mano, che oltre all’animismo o al politeismo, la maggioranza delle popolazioni e delle civiltà primitive credevano in un “creatore supremo” autore dei cieli e della Terra. Spesso questi popoli hanno conservato delle tracce di un racconto che spiega perché il contatto con la divinità suprema è stato perduto.

Non era precisamente il caso della tribù dei Coreisciti della Mecca, ai tempi di Maometto? Il padre di Maometto si chiamava Abd Allah. Secondo il Corano i Meccani consideravano Allah come il dio supremo, le altre divinità, di rango inferiore, intercedevano presso Allah in favore dei Coreisciti.

Le prove antropologiche negano la validità della teoria dell’evoluzione della religione. Esse confermano piuttosto l’insegnamento biblico secondo il quale fin dall’origine, gli uomini conoscevano il Dio supremo, creatore di tutte le cose. È stato il peccato che ha allontanato gli uomini dal loro Creatore.

2a. L’ambiente socio-culturale di Abramo

L’alta critica aveva considerato come mitici e leggendari i costumi sociali che la Bibbia descrive al tempo del patriarca. Ora una clamorosa conferma del racconto biblico è stata fornita dalla scoperta delle tavolette di Nuzi che risalgono al 1500 a.C.

A. Parecchi racconti parlano di donne sterili che chiedono ai mariti di far loro nascere un bambino tramite le loro serve. Fu esattamente ciò che fece Sara dando Agar come sposa ad Abramo.

In un contratto di matrimonio scoperto a Nuzi la sposa Kelim-ninu s’impegna per iscritto a dare la sua serva come moglie a suo marito Shennima, nel caso in cui lei stessa si fosse rivelata sterile.

S’impegna inoltre a non cacciare la discendenza di una tale unione, contrariamente a Sara che cacciò Agar e Ismaele.

B. La vittoria di Abramo su Chedorlaomer e sui re mesopotamici, menzionata in Genesi 14 della Torà, erano stati considerati come

“immaginari” dall’alta critica e le cinque città della pianura (Sodoma, Gomorra, Adma, Seboim e Soar) come appartenenti alla leggenda. Negli archivi di Ebla (che saranno esaminati in dettaglio nella sezione che segue), i ricercatori hanno trovato delle citazioni di cinque città della pianura; su una tavoletta, le città sono citate nello stesso ordine di Genesi 14.

Inoltre, Genesi 14 contiene alcune parole raramente usate, o uniche, così come delle espressioni poco comuni. È il caso della parola hanikh del versetto 14, che significa “un seguito armato”.

Genesi 14:14 è la sola citazione di questa parola nella Bibbia per descrivere uomini nati nella casa di Abramo e addestrati da lui. Ma questa parola si trova nei testi egiziani di esecrazione che risalgono al XIX e XVIII secolo a.C. Essi sono quindi contemporanei di Abramo.

Se ne trovano ancora delle tracce in una iscrizione cuneiforme del XV secolo a.C., trovata a Taanak in Palestina.

C. Genesi 31 riporta che Giacobbe, nipote di Abramo fu perseguitato da suo suocero Labano che lo sospettava di aver rubato i dèi domestici o “terafim”. Dei commentatori per lungo tempo si sono posti il problema di sapere perché il fuggitivo si era dato tanta pena per portare con sé questi dèi domestici mentre avrebbe potuto procurarsene in qualunque negozio. Le tavolette di Nuzi gettano una nuova luce su questo episodio. Esse citano il caso di un genero che, facendo valere che possedeva i dèi domestici, esigeva legalmente una parte della proprietà del suocero. Si comprende allora meglio l’inquietudine di Labano. Temeva che Giacobbe ritornasse e si servisse di questi idoli per diseredare completamente i suoi propri figli.

Cyrus Gordon, che rifiutò l’ipotesi documentaria dopo aver studiato la storia e l’archeologia antica del Medio Oriente scrisse:

I contratti in scrittura cuneiforme trovati a Nuzi hanno fornito la prova che le istituzioni sociali del tempo dei patriarchi (Abramo, Isacco, Giacobbe, ecc…) sono come la Bibbia li descrive; esse appartengono ad un’epoca pre-mosaica. Esse non possono essere state inventate da un qualunque autore J, E, D o P dell’era post-mosaica.

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2b. Il silenzio prolungato riguardante gli Ittiti

Nel 1946, quarant’anni dopo che Hugo Winckler ebbe scoperto la capitale dell’Impero ittita di Bogazkoy, nella Turchia centrale, continuavano ad insegnarmi al College di Wooster che la Bibbia si era sbagliata poiché nessuna traccia di Ittiti era stata scoperta, al di fuori delle citazioni bibliche! Winckler trovò delle tavolette d’argilla, una delle quali si dimostrò essere la versione babilonese del trattato concluso tra l’Egiziano Ramses II e un re ittita, 1300 anni a.C.

Un’altra scoperta ha confermato questa: è stata ritrovata una tavoletta egiziana che riporta la terribile battaglia che oppose Ramses II agli Ittiti a Kades sull’Oronte, nel 1287 a.C.